Identificazione diretta dei soggetti non residenti (Art. 35-ter d.P.R. 633/72)
L’articolo 35-ter del Decreto IVA, rubricato “Identificazione ai fini IVA ed obblighi contabili del soggetto non residente” ed emanato in attuazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b) della VI Direttiva (come modificato dalla Direttiva 2000/65/CE), disciplina l’identificazione diretta nel territorio dello Stato da parte dei soggetti non residenti che effettuano in Italia cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti ad imposta (1).
Trattasi di uno strumento alternativo alla rappresentanza fiscale (di cui all’art. 17, comma 3, Decreto IVA), posto in essere in assenza di una stabile organizzazione, di cui possono beneficiare tutti i soggetti non residenti che esercitano attività d’impresa, arte o professione in altro Stato membro ovvero in un Paese extra-UE con il quale esistano strumenti giuridici che disciplinano la reciproca assistenza in materia di imposizione indiretta analogamente a quanto previsto dalle direttive del Consiglio n. 76/308/CEE del 15 marzo 1976 e n. 77/799/CEE del 19 dicembre 1977 e dal regolamento (CEE) n. 218/92 del Consiglio del 27 gennaio 1992.
Differentemente da quanto previsto in caso di soggetti stabiliti in uno Stato membro, per i quali la possibilità di identificarsi direttamente ai fini IVA in altri Stati membri è attribuita automaticamente, per i soggetti residenti in Paesi terzi tale facoltà è subordinata alla verifica della sussistenza di accordi di cooperazione amministrativa analoghi a quelli vigenti in ambito UE (2) .
L’identificazione diretta è prevista in caso di cessione di beni o prestazione di servizi nei confronti di: – soggetti non titolari di partita IVA (inclusi enti non commerciali); – soggetti non residenti (anche se titolari di partita IVA) (3).
Tale prerogativa esclude dunque lo strumento dell’identificazione diretta qualora il soggetto estero debba fatturare in ambito di B2B.
In questo caso l’assolvimento degli obblighi IVA avverrà ad opera del cliente nazionale attraverso il meccanismo del reverse charge (per cedenti/prestatori UE) o mediante “autofattura” (in caso di prestatori/cedenti extra-UE).
I soggetti esteri che desiderano identificarsi direttamente in Italia (o che debbano comunicare ogni successiva variazione) devono compilare il modello ANR/3, prelevabile dal sito dell’ADE. Le dichiarazioni per l’identificazione diretta nello Stato, con conseguente attribuzione di partita Iva, devono essere presentate esclusivamente all’Agenzia delle Entrate – Centro operativo di Pescara – via Rio Sparto n. 21 – 65100 Pescara, secondo le seguenti modalità: – direttamente all’ufficio (anche a mezzo di persona appositamente delegata); – a mezzo servizio postale, mediante raccomandata, allegando copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante e la certificazione attestante la qualità di soggetto passivo agli effetti dell’Iva posseduta nello Stato di appartenenza. Le dichiarazioni si considerano presentate il giorno in cui risultano spedite.
Le dichiarazioni di variazione dati ovvero di cessazione attività possono invece essere presentate, oltre che secondo le modalità sopra descritte, anche per via telematica, direttamente o mediante intermediari abilitati.
Unitamente al modello ANR/3 si devono allegare i seguenti documenti: – certificato di attribuzione di codice IVA/ISO nel proprio Paese; – certificato rilasciato dalla propria Camera di Commercio; – documento d’identità del firmatario o del legale rappresentante firmatario della richiesta di identificazione diretta; – dichiarazione del legale rappresentante della società in merito alla propria attività, a quella che si intende svolgere, ai soggetti clienti di riferimento ed all’esclusione della presenza di una S.O.
Una volta ricevuta la comunicazione di avvenuta identificazione ed il rilascio di partita IVA, l’operatore identificato si comporta come un normale contribuente nazionale, adempiendo a tutti gli obblighi relativi ai fini dell’imposta.
In merito alla fatturazione elettronica, la Circolare ADE n. 18/E del 2 luglio 2018 ha chiarito che l’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, così come modificato dall’articolo 1, comma 909, della legge n. 205 del 2017, dispone che l’obbligo di fatturazione elettronica riguarda “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato”. Si osserva, peraltro, che la stessa norma indica che i soggetti precedenti trasmettono telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato. Relativamente al trattamento dei soggetti identificati in Italia a fini IVA, tuttavia, l’articolo 11, paragrafo 3, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione.
Ne consegue che, a sensi della normativa comunitaria, tra i soggetti “stabiliti” non possono essere inclusi i soggetti non residenti meramente identificati, a meno che non possa essere dimostrata l’esistenza di una stabile organizzazione. La norma nazionale sulla fatturazione elettronica deve essere, quindi, interpretata in senso conforme alla decisione di autorizzazione, oltre che alla direttiva IVA e ai principi di proporzionalità e neutralità fiscale. Pertanto, in base alla decisione di deroga solo i soggetti stabiliti possono essere obbligati ad emettere fattura elettronica. Di converso, la decisione non richiede che il soggetto ricevente la fattura debba essere stabilito sul territorio nazionale. Non è, quindi, incompatibile con la decisione di deroga (e con il principio di proporzionalità) la possibilità di indirizzare una fattura elettronica a soggetti non residenti identificati in Italia, sempre che a questi sia assicurata la possibilità di ottenere copia cartacea della fattura ove ne facciano richiesta.
In conclusione, le operazioni tra soggetti diversi – ad esempio cessioni da e verso soggetti comunitari ed extracomunitari (fra i quali vanno annoverati, in base all’articolo 6 della direttiva 2006/112/CE e all’articolo 7 del d.P.R. n. 633 del 1972 che vi ha dato attuazione nel nostro ordinamento, coloro che risiedono nei comuni di Livigno e di Campione d’Italia) – non rientrano nell’obbligo di fatturazione elettronica, ma, semmai, in quello previsto dall’articolo 1, comma 3-bis, del medesimo D.Lgs. n. 127 del 2015 e, prima, dall’articolo 21 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, ossia costituiranno oggetto di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati delle relative fatture.
Per quanto attiene, infine, ai rimborsi, la Circolare ADE n. 44/E del 1° agosto 2003 ha previsto che i soggetti esteri identificati possono chiederli al concessionario della riscossione (da intendersi quello di Pescara), utilizzando un conto corrente estero e una fidejussione rilasciata da un’impresa di assicurazione, una banca oppure un intermediario comunitario.
(1) Cfr. Risoluzione ADE n. 44/E del 28 luglio 2020.
(2) Cfr. Risoluzione ADE n. 220/E del 5 dicembre 2003.
(3) Cfr. Risoluzione ADE n 89/E del 25 agosto 2010.
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