Identità personale e digitale nel XXI secolo: sfide giuridiche, diritti fondamentali e strumenti di tutela

Identità personale e digitale nel XXI secolo: sfide giuridiche, diritti fondamentali e strumenti di tutela

L’identità personale si trova ad affrontare, nel XXI secolo, sfide date dalle nuove tecnologie e dalla loro diffusione; internet e i social network aprono l’orizzonte a situazioni e a nuove esigenze di tutela dell’identità personale dei soggetti che vi accedono.

La fitta rete di collegamenti informatici consente la conoscenza di una molteplicità di notizie e permette istantaneamente la connessione e la diffusione di informazioni da un soggetto ad un altro, la rapidità delle comunicazioni facilitate dai social networks consente di instaurare e di intrattenere relazioni che, puramente virtuali, possono talvolta concretizzarsi nel mondo reale. Luci ed ombre contraddistinguono questa nuova situazione, possibile è l’utilizzo di un’identità fittizia ben lontana da quella reale, dal furto d’identità all’utilizzo di immagini altrui con una rappresentazione falsa del soggetto a cui appartengono.

Il giurista si trova a scontrarsi con nuove sfide e con la necessità di definire quelli che sono gli strumenti di tutela più adeguati a fronteggiare situazioni del tutto imprevedibili e innovative, primo fra tutti l’interrogativo se l’identità digitale possa godere di una tutela autonoma e se possa essere riconosciuta la tutela della stessa ai sensi dell’art. 2 Cost.[1]

Con la terminologia di identità digitale[2], che appare strettamente connessa a quella personale e che definiremo come fisica, si indica un’identità virtuale contraddistinta da un insieme di informazioni e risorse che delineano in maniera univoca un determinato soggetto rappresentandolo nel web, ma che spesso sfuggono al suo controllo e dalla consapevolezza della diffusione di quei dati[3].

Una definizione di identità è rinvenibile nel Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2014[4], che definisce all’ articolo 1 lettera o) l’identità digitale come <<la rappresentazione informatica   della corrispondenza biunivoca tra un utente e i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l’insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale secondo le modalità di cui al presente decreto e dei suoi regolamenti attuativi>>.

L’accesso alle risorse del web avviene mediante uno scambio: l’utente cede i propri dati personali al gestore delle risorse e quest’ultimo in cambio di tali dati consente all’utente di avvalersi dei suoi contenuti; il gestore però è nella posizione di conoscere i comportamenti del soggetto e l’utilizzo che lo stesso fa dei contenuti di cui questo può usufruire.

La molteplicità dei dati raccolti necessita di una banca dati per la loro conservazione; si delinea così la proliferazione digitale che consiste nel riordino, attraverso l’utilizzo di software adeguati, di informazioni e preferenze dell’utente delineandone così la sua identità; al soggetto sarà associata un’identità digitale che non sempre si sovrappone a quella reale e venga realizzata con il suo consenso: al soggetto presente sul web corrisponderanno non solo dati personali identificativi dello stesso, quali dati anagrafici, ma anche aspetti che rientrando tra i dati sensibili interferiscono nella sfera privata dello stesso, attribuendogli opinioni, preferenze e tanto altro ancora.[5]

Dalla necessità di circoscrivere e limitare l’utilizzo di dati del singolo e regolamentare utilizzo di Internet stesso, il 28 luglio 2015 è stata presentata la Dichiarazione dei diritti in internet, dichiarazione nata con l’intento di garantire a tutti la possibilità di partecipare alla società online, la cosiddetta cittadinanza digitale, evidenziando l’esigenza che questa avvenga nel rispetto della dignità e diversità degli individui; tale documento delinea dei principi il cui rispetto appare necessario allo scopo di realizzare un uso consapevole del web, ponendo una particolare attenzione al diritto all’identità.

Internet viene definito come una risorsa mondiale, appare come un mezzo fondamentale affinché si possa incoraggiare la partecipazione ai processi democratici ma, soprattutto, si possa garantire uguaglianza e dignità ad ogni individuo.

La dichiarazione si pone come finalità quella di garantire la tutela dei diritti fondamentali di ogni individuo; il diritto all’accesso è il primo diritto ad essere affermato e viene definito come <<diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale>>, ogni soggetto deve essere posto nella condizione di accedervi in situazione di parità.

Tale diritto deve essere assicurato in concreto e sarà compito delle istituzioni intervenire nel caso in cui ci si trovi davanti a divari digitali dovuti dalle diverse condizioni economiche e personali dei soggetti.[6]

Si afferma, nell’art.4 come la neutralità della rete sia un presupposto necessario per la tutela e la garanzia dei diritti fondamentali della persona e che i dati trasmessi e ricevuti non siano oggetto di discriminazione; all’art. 5 si asserisce come debba essere posta protezione ai dati personali delineando le modalità del trattamento e introducendo un consenso effettivamente informato come elemento preventivo ma necessario per l’utilizzazione del dato stesso.

L’art. 9 introduce il diritto all’identità a detta del quale <<Ogni persona ha diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata delle proprie identità in Rete. La definizione dell’identità riguarda la libera costruzione della personalità e non può essere sottratta all’intervento e alla conoscenza dell’interessato (…)>>.

La definizione dell’identità spetta unicamente all’interessato che ha diritto ad una rappresentazione integrale e aggiornata della propria identità, essendo questa in continua evoluzione in quanto frutto di scelte quotidiane, prese dall’individuo al di fuori di condizionamenti esterni.

La Dichiarazione è una carta dal valore culturale e politico ma non giuridico per cui non sussiste una tutela di quanto indicato nella stessa; sarà compito del legislatore garantire i principi in essa affermati. Se, quindi, da un lato è emersa la necessità di definire i diritti in internet, dall’altro emerge la necessità di chiarire l’esistenza o meno di un diritto di accesso ad Internet e se questo sia un diritto autonomo o un diritto necessario per il godimento di altri diritti.

Il Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato, il 29 giugno 2012, la risoluzione A/HCR/20/L.13, ove ha riconosciuto il diritto di accesso ad Internet come un diritto fondamentale della persona umana e da questo presupposto ha affermato come i diritti garantiti nella vita reale devono essere garantiti nella rete, ha sottolineato la necessità di diffusione di Internet in quanto strumento di progresso individuale e sociale e, infine,  ha esortato gli Stati circa la promozione e semplificazione dell’accesso alla rete.

Sul fronte italiano, il dibattito sulla necessità dell’affermazione del diritto d’accesso ad Internet è stato portato avanti da Stefano Rodotà[7],  il quale sulla scia della proposta di Gaetano Azzariti, afferma come questo nuovo diritto possa essere costituzionalizzato con la realizzazione di un emendamento all’articolo 21, in quanto il diritto di accesso ad Internet altro non sarebbe che un aspetto del più ampio diritto alla libera manifestazione del pensiero; tale proposta non ha, però ottenuto riscontro con una revisione costituzionale[8]

L’identità digitale non è immutabile, il dato online appare come attuale e agevolmente reperibile mediante i motori di ricerca, ma, nonostante ciò, può essere modificato: emerge così il diritto all’oblio, come diritto alla non riproposizione di una notizia o di un’informazione non più attuale, diritto ad essere dimenticati che nel mondo digitale assume una particolare rilevanza e necessita di apposita tutela.[9]

 

 

 

 

 

 

[1]E. C. RAFFIOTTA, Appunti in materia di diritto all’identità personale, 26 gennaio 2010, online: https://www.forumcostituzionale.it/
[2] Arnold Roosendaal, studioso olandese di privacy e identità, suddivide l’identità che contraddistingue ogni soggetto in tre aree tematiche: un primo aspetto riguarda l’identità che il soggetto autodefinisce senza condizionamenti, la seconda è un’identità digitale che appare come la rielaborazione continua dell’immagine che il soggetto dà di sé sul web, la terza identità non è del soggetto in quanto la creazione della stessa sfugge dalla sua supervisione. A. ROOSENDAAL, Digital personae and profiles as representations of individuals, Privacy and identity management for life, 2010
[3] G. RESTA, Identità personale e identità digitale, in Dir. Informatica, 2007, pp. 511 ss.
[4] Gazzetta Ufficiale n. 285 del 9 dicembre 2014, tale DPCM è stato emanato con la finalità di definire le “caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”.
[5] V. G. GIGLIO, Identità e profilazione digitale: i rischi dei Big Data, 22 novembre 2016,
Online: https://www.filodiritto.com/identita-e-profilazione-digitale-i-rischi-dei-big-data
[6] L’Italia ha la sua Dichiarazione dei diritti in Internet. E ora?,  29 luglio 2015,
Online:https://www.forumpa.it/pa-digitale/litalia-ha-la-sua-dichiarazione-dei-diritti-in-internet-e-ora/
[7] La proposta di Rodotà fu rielaborata successivamente e una nuova formulazione presentata in Parlamento fa emergere il diritto di accesso ad Internet come un diritto autonomo slegandolo dall’articolo 21 e considerandolo in funzione dello sviluppo della persona umana.
Per monitorare lo stato della proposta di legge consultare: https://www.camera.it/leg18/126?tab=1&leg=18&idDocumento=1136&sede=&tipo=.
[8] F. CERQUOZZI, “Diritto di accesso ad Internet” e Costituzione, 31 ottobre 2020 Online: https://www.iusinitinere.it/diritto-di-accesso-ad-internet-e-costituzione-31496
[9] M. SURACE, Evoluzione storico-giuridica del diritto alla riservatezza: da diritto borghese a sinonimo di libertà, 2005, Online: http://www.adir.unifi.it/rivista/2005/surace/cap2.htm

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