Il caso Taricco

Il caso Taricco

Il principio. In relazione al contrasto tra diritto interno e ordinamento comunitario, vi è da rilevare che con la sentenza n. 115/2018, caso Taricco, la nostrana Corte Costituzionale, ha specificato che sebbene vi sia la supremazia dell’ordinamento europeo, che obbliga il giudice interno ad applicare la norma comunitaria piuttosto che quella interna, in caso di contrasto, tale obbligo incontra alcuni limiti.

Difatti, nell’ipotesi in cui la norma dell’ordinamento comunitario sia opposta ad un principio cardine della nostra Costituzione, essa non potrà essere preferita e quindi resta l’obbligo di rispettare il principio interno.

Pertanto, nell’ipotesi in cui ad esempio, il giudice nazionale debba decidere se applicare la norma comunitaria violando però il principio di legalità o qualcuno dei suoi corollari, allora la sentenza di cui sopra fissa un limite e difende i nostri postulati, su cui si basa l’intero Stato di diritto nostrano.

2. La vicenda. Nello specifico, la vicenda aveva ad oggetto il contrasto tra le due diverse legislazioni per quanto concerne la disciplina della prescrizione del reato contenuta negli artt. 160 co. 3 e 161 co. 2 c.p.: il contrasto è stato ravvisato in particolare nella previsione di un limite massimo di durata del termine di prescrizione, in presenza di atti interruttivi, tale da comportare un rischio di prescrizione del reato anche quando l’autorità giudiziaria non sia inerte, ma stia procedendo all’accertamento di fatti e responsabilità.

Secondo la Corte di Giustizia, la normativa citata “sarebbe idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’art. 325 TFUE”, impedendo “di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea”. In forza del principio della prevalenza del diritto dell’UE sul diritto nazionale, la Corte ha pertanto affermato che il giudice nazionale è tenuto a disapplicare all’occorrenza le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostogli dall’art. 325 TFUE .

Pertanto, risulta controverso se l’obbligo di applicare la norma comunitaria debba essere rispettato anche quando quest’ultima sia in contrasto con un principio di fondamentale importanza per l’ordinamento nazionale come ad esempio il principio di legalità.

Ed è proprio il caso Taricco, che pone le linee guida nel risolvere tale controversia. Difatti, per la prima volta la Corte Costituzionale nostrana, è stata chiamata a decidere se azionare il principio di legalità come limite al rispetto dell’obbligo di disapplicare la disciplina della prescrizione del reato contenuta negli artt. 160 co. 3 e 161 co.2 c.p. , nella misura in cui, quella disciplina è stata ritenuta dalla Corte di Giustizia UE confliggente con l’art.325 TFUE. In un primo tempo la Corte si è però espressa solo con una pronuncia interlocutoria, investendo in via pregiudiziale della questione la Corte di Giustizia UE.

In particolare, preannunciando il proposito di azionare il principio di legalità quale contro-limite in caso di risposta affermativa, la Corte costituzionale ha chiesto alla Corte di Giustizia UE se l’art.325 TFUE  debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione del reato che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale ordine sia in contrasto con i principi supremi della Costituzione dello Stato.

La Corte di Giustizia ha risposto in senso negativo: il giudice nazionale è tenuto a disapplicare le disposizioni interne sulla prescrizione che ostino all’inflizione di sanzioni penali effettive in casi di frodi gravi che ledono gli interessi finanziari dell’UE o che prevedano, per tali casi, termini di prescrizione più brevi di quelli previsti per i casi di frodi gravi che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro, a meno che una disapplicazione comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell’indeterminatezza della legge, o di un regime di punibilità  più severo di quello vigente al momento della commissione del reato.

Tanto premesso si deduce che la Corte di Giustizia Europea, ha dunque riconosciuto, in linea di principio, che il primato del diritto dell’UE incontra un limite nei principi di legalità e irretroattività in materia penale che appartengono alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri: verificare caso per caso la compatibilità tra gli obblighi derivanti dal diritto dell’UE e quei principi costituzionali è compito d’altra parte che deve essere assolto dal giudice nazionale.

La vicenda Taricco si è conclusa con la sentenza della Corte costituzionale n. 115 del 31.5.2018, la quale stabilisce che gli artt. 160 co.3 e 161 co.2 c.p. rimangono applicabili ai casi di frode grave che ledono gli interessi dell’UE nel campo finanziario .

3. Conclusione. In conclusione, in considerazione di quanto sopraesposto è possibile affermare che: l’obbligo di disapplicazione della disciplina penale contrastante con il diritto dell’UE viene meno quando la disapplicazione comporterebbe una violazione dei principi cardine dell’ordinamento interno.

Dunque, anche in ragione di quanto sopraesposto, non sussiste alcun dubbio sulla supremazia del diritto eurounitario, ragion per cui il caso Taricco ha rappresentato una particolare eccezione di fondamentale importanza, perché ha lo scopo di tutelare l’intero ordinamento nazionale nostrano, che in specifici casi di particolare rilevanza, ove vi è in gioco la forza e l’efficacia del nostro ordinamento interno, tutelato appunto dal principio di legalità e dagli altri principi annessi, il principio che prevale è quello interno.


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Dott. Marco De Chiara

Laureato in Giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli, nel 2019. Praticante Avvocato Abilitato, presso lo studio civile-penale di Napoli, iscritto all'albo dei praticanti avvocati del Tribunale di Napoli dal 2020. Diploma di Scuola di specializzazione per le professsioni legali.

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