Il “clima” delle future generazioni tra Costituzione e contenzioso
Abstract (ITA) La tutela dell’ambiente è diventata formalmente un principio fondamentale della Costituzione italiana e un diritto esplicito delle giovani generazioni. La questione delle generazioni future sta divenendo una costante nel costituzionalismo (‘globale’) del XXI secolo perché, non solo appare con sempre maggiore frequenza nel testo delle Costituzioni, ma è ormai uno dei veri e propri protagonisti delle giurisprudenze costituzionali. Negli ultimi anni è emerso sempre più chiaramente come i cittadini citano in giudizio i governi per inadempienze nella lotta contro il cambiamento climatico. La crisi ecologica determinata dall’intervento umano sulla natura è arrivata ad un punto tale da poter mettere in dubbio la sopravvivenza dello stesso genere umano. Proseguendo sulla strada tracciata sinora, le generazioni future rischiano di non avere le stesse opportunità di sviluppo dei predecessori ed è verosimile che il pianeta che ad esse si presenterà sarà privo di molte delle risorse di cui noi abbiamo beneficiato per conquistare il nostro benessere. È necessario occuparci dell’ambiente, per evitare che le generazioni future paghino la nostra insensata inadempienza sulla natura.
Abstract (EN) Environmental protection has formally become a fundamental principle of the Italian Constitution and one of the younger generation explicit rights. The next generation issue is becoming constant in the (‘global’) constitutionalism of the twenty-first century not only because it appears with increasing frequency in the text of the Constitutions, but it is now one of the real protagonists of constitutional jurisprudence. In recent years, it has become increasingly clear that citizens blame governments for failure to fight climate change. The ecological crisis caused by human intervention on nature has reached a point where it can compromise the survival of mankind itself. Continuing the path traced so far, the next generation risks not having the same opportunities for development as their predecessors and it is likely that the planet, they will live on will be deprived of many of the resources we have benefited from to conquer our well-being. It is necessary to take care of the environment, to prevent the future generation from paying for our senseless neglect of nature.
Sommario: 1. Il riconoscimento delle future generazioni nei Principi costituzionali– 2. La questione delle generazioni future nel testo delle Costituzioni – 3. Il contenzioso sul climate change in italia. Il Giudizio universale – 4. Conclusioni
Summary: 1. The recognition of future generations in the Constitutional Principles – 2. The question of the next generations in Constitution’s texts – 3. The dispute over climate change in Italy. The Last Judgment – 4. Conclusion
1. IL RICONOSCIMENTO DELLE FUTURE GENERAZIONI NEI PRINCIPI COSTITUZIONALI
L’8 febbraio 2022 si è concluso l’iter parlamentare[1], necessario per approvare, dopo anni di proposte e discussioni parlamentari, la tutela dell’ambiente e anche delle generazioni future tra i principi fondamentali della Carta italiana.
La legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1[2], recante Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente, è la terza legge di modifica della Costituzione approvata nel corso della XVIII legislatura[3].
Il testo si compone di tre articoli: l’articolo 1 introduce un nuovo comma all’articolo 9, al fine di riconoscere nell’ambito dei principi fondamentali enunciati nella Costituzione un principio di tutela ambientale. Pertanto, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione, richiamato dal secondo comma, si attribuisce alla Repubblica anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni. Viene, infine, inserito un principio di tutela degli animali, attraverso la previsione di una riserva di legge statale che ne disciplina le forme e i modi.
La rinnovata versione del testo dell’art. 9, infatti, assegna alla Repubblica (e non allo Stato), il compito della custodia dell’ambiente come un dovere verso le generazioni future[4], perché non basta coinvolgere solo i pubblici poteri, ma anche l’intera società nella promozione e nello sviluppo di diversi settori (es. ambiente, biodiversità, patrimonio storico, artistico, naturalistico e culturale)[5].
Il successivo articolo 2 modifica l’articolo 41 della Carta costituzionale in materia di esercizio dell’iniziativa economica. In primo luogo, interviene sul secondo comma e stabilisce che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in danno alla salute e all’ambiente, premettendo questi due limiti a quelli già vigenti, ovvero la sicurezza, la libertà e la dignità umana. La seconda modifica investe, invece, il terzo comma dell’articolo 41, riservando alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l’attività economica, pubblica e privata, a fini non solo sociali, ma anche ambientali.
Questa modifica normativa si chiude, infine, con l’articolo 3, che reca una clausola di salvaguardia per l’applicazione del principio di tutela degli animali, come introdotto dal progetto di legge costituzionale, alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti delle competenze legislative ad esse riconosciute dai rispettivi statuti.
Il voto finale di Montecitorio ha avuto un ampio consenso da esponenti di qualsiasi orientamento politico a dimostrazione di una sempre più crescente sensibilità sul tema ormai trasversale[6]. Un segnale chiaro del Parlamento che dovrà essere ben visibile per le politiche del presente e del futuro.
A ben vedere la proposta è stata approvata[7], infatti, all’unanimità e si segnala, che si tratta di una modifica che incide su quelli articoli che sono indicati come i “principi fondamentali” della Costituzione italiana che mai sono stati modificati dal 1948 ad oggi[8]. Una revisione che coinvolge, altresì, uno degli articoli (41 Cost.) dedicato ai rapporti economici all’ interno del Titolo III della Carta con lo scopo di contenere nuovi limiti alla libertà di iniziativa economica, con il divieto di recare danni alla salute e all’ambiente.
2.LA QUESTIONE DELLE GENERAZIONI FUTURE NEL TESTO DELLE COSTITUZIONI
La questione delle generazioni future (e la connessa categoria-clausola della sostenibilità) sta divenendo una costante nel costituzionalismo (‘globale’) del XXI secolo perché, non solo appare con sempre maggiore frequenza nel testo delle Costituzioni, ma è ormai uno dei veri e propri protagonisti delle giurisprudenze costituzionali.
Non si tratta, quindi, di una tematica nuova perché il tema delle generazioni future lo troviamo nella Costituzione degli Stati Uniti, già nel 1787, che stabiliva “di voler promuovere il benessere generale ed assicurare i benefici della libertà per noi e per i nostri posteri”. Anche la Costituzione della Repubblica federale tedesca del 1949 insiste molto sulla responsabilità dello Stato verso le future generazioni.
“È un primo passo nella direzione giusta”, come ha affermato il presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini, per garantire dignità costituzionale al principio di giustizia intergenerazionale. “Adesso, continua Stefanini, si deve andare avanti e portare a compimento l’iter legislativo di quella che può essere una vera svolta politica e culturale verso una trasformazione ecologica e solidale”[9].
La tutela delle generazioni future non può che considerarsi insita nel concetto stesso di Costituzione rigida tenuto conto che la Carta costituzionale, imponendo un vincolo al Legislatore rispetto alla modificabilità dei valori e del nucleo essenziale dei diritti cristallizzati al suo interno, dispone anche e forse soprattutto per il futuro[10].
A livello nazionale[11], la stessa Corte costituzionale conteneva già un riferimento implicito alle generazioni future. Si pensi, ad esempio, allo stesso art. 9 Cost. che ha “svolto un importante ruolo di apripista”[12]. Quando, infatti, una parola entra stabilmente nel linguaggio costituzionale, pur apparentemente senza imporre obblighi immediatamente azionabili, poi prende la sua strada che può essere anche diversa da quella immaginata dai suoi estensori, e talvolta riesce a produrre conseguenze e cambiamenti molto rilevanti diventando risorse argomentative a disposizione dei giudici e della Corte costituzionale, o elementi di legittimazione del lavoro legislativo.
Tuttavia, altri principi fondamentali della Costituzione italiana racchiudono il tema delle generazioni future: tra questi l’art. 1 Cost dove allo stesso concetto di “popolo” può in qualche modo ricondursi il concetto di generazioni future. Infatti, “l’esercizio delle prerogative sovrane non potrebbe farsi carico, unicamente, di preoccupazioni legate al presente ed ai bisogni contingenti dei soli cittadini elettori” poiché “la compromissione dei bisogni delle generazioni venture finirebbe per contraddire quella stessa nozione di popolo […] che, solo nella sua pienezza e complessità, farebbe dello stesso il legittimo titolare della sovranità”. Secondo alcuni autori è proprio in questa disposizione che si rintraccia l’intenzione del costituente di riferirsi anche alle generazioni future[13]. Essendo minimi gli elementi forniti dal testo utili a precisarne il relativo contenuto, infatti, il concetto di “popolo” sarebbe da intendersi quale “complessivo insieme delle generazioni” susseguitesi nel corso del tempo[14]. Detto altrimenti, per “popolo” dovrebbe intendersi l’insieme non solo dei cittadini “viventi” ma anche di coloro che “vivevano” e di coloro che, potenzialmente o necessariamente, “vivranno”.
A questo pensiero se ne contrappone un altro, che nonostante considerando ammissibile una configurazione astratta del concetto di “popolo” in funzione del costante processo di sostituzione che coinvolge i membri che lo compongono, ritengono necessario riferirsi allo stesso nella sua accezione “in senso stretto”, ovvero quale insieme dei cittadini viventi[15]. È stato evidenziato, infatti, che “quando dall’astratto si passa al concreto, come necessariamente avviene ogni volta che si tratti di libertà, poteri, manifestazioni di volontà, decisioni del popolo, i morti e i non ancora nati, ovviamente, non vengono in considerazione; o in altri termini ci si deve allora riferire al popolo come complesso di cittadini viventi”[16]. Ne deriva che, riducendo il concetto di “popolo” nel perimetro della sua accezione in “senso stretto”, i “cittadini futuri” non possono intendersi quali membri dell’“entità plurale” a cui fa riferimento l’art. 1 Cost., in quanto l’elemento che la caratterizza –appunto l’esercizio della sovranità[17]–sarebbe loro precluso[18].
Numerosi sono i richiami, eppure, la tipologia dei diritti delle generazioni future non è riconosciuta da parte della dottrina[19].
A livello europeo i richiami alle generazioni future sono diventati una costante. La stessa reazione dell’Unione europea alla crisi pandemica, col Next Generation EU (NGEU), può essere considerato un ulteriore tassello dell’attenzione che le istituzioni stanno riservando alle prossime generazioni. In tal senso l’Unione europea ha creato uno strumento per ricostruire l’Europa da e per le nuove generazioni, con una attenzione particolare all’impiego delle spese che verranno fatte a debito, legate ad alcune di quelle riforme che non solo sono a “costo zero”, ma che sono funzionali ad una maggiore crescita economica che permette, essa sola, di poter ripagare l’indebitamento contratto per superare il periodo pandemico e non trasferirlo interamente alle generazioni future.
Gli investimenti della Next Generation EU invero, si focalizzano sul “verde” e sul “digitale”, legando in tal modo la sostenibilità economico-finanziaria a quella ambientale[20].
In molte Costituzioni sono stati introdotti riferimenti alle future generazioni. È il caso della Svezia il cui art. 2 è frutto di una revisione costituzionale del 1974 e costituisce, pertanto, la più risalente disposizione in materia[21].
L’ attenzione alle generazioni future si sono moltiplicati nel tempo in vari documenti internazionali, soprattutto nel campo della tutela ambientale, fino a raggiungere, secondo alcuni, lo status di norme consuetudinarie del diritto internazionale[22].
3.IL CONTENZIOSO SUL CLIMATE CHANGE IN ITALIA. IL GIUDIZIO UNIVERSALE
Sul fronte italiano, il principio costituzionale del diritto all’ambiente tutelato dall’ art. 9 della Costituzione, ha trovato puntuale attuazione in norme di diritto positivo – tra tutte, il cd. Testo Unico Ambientale e il cd. ‘decreto clima’– oltre che in documenti programmatici quali, ad esempio, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC).
Tuttavia, la situazione appare catastrofica. Non più di dodici anni! è questo l’arco temporale entro il quale gli scienziati dell’Ipcc, con il consenso degli Stati sottoscrittori dell’Accordo di Parigi devono attivare azioni risolutive per fronteggiare il riscaldamento globale.
Il cambiamento climatico antropogenico è ormai noto e riconosciuto dalla giurisprudenza italiana[23], sia come conseguenza delle attività di emissioni di gas serra, sia come problema di necessaria riduzione ed eliminazione delle stesse da parte dello Stato.
Infatti, i giudici italiani sono consapevoli tanto dell’esistenza del fenomeno, quanto del ruolo centrale dello Stato nel contrastarlo e della gravità dei suoi effetti nel godimento dei diritti umani salvo poi non essere coerente nelle decisioni che assume. Lo Stato italiano, in definitiva, conosce l’urgenza delle questioni climatiche che lo riguardano. Ciononostante, è come se, per un verso si documentasse in merito all’individuazione di rischi e soluzioni e per altro verso, agisse ignorando tali rischi e soluzioni[24].
Con la causa Giudizio Universale[25], anche[26] in Italia si inaugura una strategia di difesa cittadina per la giustizia climatica[27]. Associazioni, movimenti ambientalisti, cittadini, professionisti del settore hanno deciso di intraprendere nei confronti dello Stato un’azione legale mai intentata prima in Italia perché dove la classe politica non arriva, ci pensano i cittadini. L’azione si inserisce a pieno nel solco di altre climate litigation[28] portate avanti in diversi paesi del mondo dove la società civile e le diverse associazioni sempre più spesso si rivolgono al potere giudiziario per tutelare i propri diritti e quelli delle generazioni future dall’emergenza climatica in uno dei momenti più drammatici dell’esistenza umana sulla terra.
L’obiettivo generale dell’azione giudiziaria è quello di far accertare l’inadempimento da parte dello Stato italiano dei propri obblighi, interni e internazionali, in tema di contrasto alle cause del cambiamento climatico di origine antropica per l’insufficiente impegno di centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra fissati dall’Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015 e degli obblighi stabiliti in altre norme internazionali e dell’Unione europea[29] e per difettare nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti, cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dallo Stato stesso.
Pertanto, è lo Stato italiano, che omette di agire in via preventiva, dovrà rispondere in forza dell’art. 2043 c.c. e secondo le interpretazioni della Corte costituzionale, dimostrando con fondamenta scientifiche la bontà delle sue decisioni.
Tale forma di tutela nei confronti dello Stato, unico ad avere competenza esclusiva su ambiente ed ecosistema come dispone l’art. 117 Cost., è ampiamente riconosciuta nell’ordinamento italiano, soprattutto dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 641 del 1987[30]. Quest’ultima è intervenuta sul contenuto dell’art. 2043 del Codice civile, in tema di responsabilità civile extracontrattuale, imponendone un’applicazione combinata con la Carta costituzionale, in modo da concludere che “il tipo della responsabilità civile ben può assumere, nel contempo, compiti preventivi e sanzionatori”, al fine di scongiurare sul nascere “tutta la gamma delle conseguenze dannose”, derivanti da omissioni di prevenzione e non regressione[31].
In quest’ottica la Corte costituzionale assume un vero e proprio parametro di legittimità costituzionale, lasciando discrezione al giudice nel valutare quelle condotte idonee a ledere gli interessi e i diritti di chi esiste e di chi ancora pur non esistendo, esisteranno.
L’Italia, per la sua posizione geografica, si presenta come un territorio fragile e quindi vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici, infatti, il suo territorio è stato rubricato come hot-spot[32].
I report ufficiali[33] prevedono per il nostro Paese aumenti delle temperature compresi tra +1.8°C e +3.1°C nel corso del secolo, una cifra che toccherebbe quota +3.5° / +5.4°C nei più catastrofici tra gli scenari ipotizzati. Con un aumento di temperatura medio globale di 3°C, circa il 50% della regione mediterranea sarebbe torchiata da periodi di siccità costante, anche per 5 o 6 mesi all’anno e l’Italia potrebbe letteralmente trasformarsi “in un deserto”.
Secondo il World Atlas of Desertification (WAD)[34], le aree ad alto rischio di desertificazione interessano almeno il 20% del territorio italiano. Le precipitazioni potrebbero ridursi del 30% entro la fine del secolo rispetto al 1971-2000, secondo lo scenario peggiore delineato dall’IPCC.
Intere zone costiere sono a rischio scomparsa per via dell’innalzamento dei mari. Non solo Venezia e l’alto Adriatico, ma anche vaste aree di Abruzzo, Puglia (sull’Adriatico) e Toscana, Lazio, Campania, Sardegna e Sicilia (sul Tirreno) sono a rischio erosione costiera o a rischio inondazione.
L’Italia è anche sempre più drammaticamente battuta da eventi estremi. Secondo il Climate Risk Index 2020[35], pubblicato annualmente dalla ONG tedesca Germanwatch, che prende in considerazione il periodo 2000-2019, l’Italia è al 22° posto per vulnerabilità climatica e addirittura al 6° per numero di morti registrati in eventi climatici estremi.
Di fronte a questo tragico scenario, la domanda sorge spontanea: chi è il soggetto responsabile? Ovviamente lo Stato sul quale grava l’onere di tutelare il diritto umano al clima stabile e sicuro[36], in capo a ogni essere umano, ineludibile e necessario per il godimento di tutti gli altri diritti fondamentali “a beneficio della presente e future generazioni”. In caso contrario sarà condannato a fornire tutte le informazioni scientifiche negate ai cittadini e ad agire, nei termini che saranno definiti dal giudice civile, altrimenti si procederà con le impugnazioni dinanzi ai giudici sovranazionali.
Tutti i cittadini hanno diritto al rispetto della scienza (tutelato, tra l’altro dall’art. 15 del Patto ONU sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, vigente in Italia), come alla prevenzione, alla non regressione. Il fine della prevenzione e non regressione è quello di proteggere dall’incremento dei danni causati dall’instabilità del sistema climatico.
In tale ottica, l’emergenza in atto solleva inedite questioni di “giustizia climatica” (intra- e intergenerazionale) che non possono non trovare anche nel “contenzioso climatico” un possibile sbocco di reazione: contro la negligenza, di soggetti pubblici o privati, nell’evitare che i rischi e le situazioni costitutive dell’emergenza aumentino e si diffondano ulteriormente è necessario agire da subito perché il 2030 è all’orizzonte.
4.RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Nel 1979 il chimico e biofisico James Lovelock presentò la sua teoria nel celebre saggio “Gaia. A new look a life on Earth”. In quest’opera l’autore rappresenta il pianeta come un organismo vivente che interagisce e reagisce. Tutto è parte dello stesso sistema. Tutto è in relazione. Si verifica, quindi, o una sostanziale convivenza tra gli attori o il sistema stesso reagisce per ridurre lo squilibrio.
Dobbiamo cominciare ad essere uomini del futuro, e non solo più del presente o del passato. Il che non significa soltanto avere uno sguardo più ampio: l’uomo del futuro, infatti, come scrive Gerhart Husserl, “non vede soltanto più in là; egli vede le cose anche diversamente, poiché il suo sguardo riesce ad abbracciare un’altra dimensione temporale, quella del futuro. Questa visione del tempo è un fattore determinante in rapporto al suo pensare e al suo fare”[37].
Una simile impresa è possibile a patto che gli Stati rispettino i diritti dei loro cittadini (presenti e futuri) a vivere in un ambiente che non sia devastato dal cambiamento climatico. Per realizzare ciò è dovere degli Stati rispettare i diversi vincoli normativi (Convenzioni, Trattati, Accordi, Regolamenti)[38] e scientifici, riconoscendo ai cittadini quella sovranità che la stessa Carta costituzionale “nelle forme e nei limiti” gli attribuisce. Da questo comportamento emerge il “diritto di avere diritti” che dovrà essere accompagnato dal “dovere di avere doveri”[39].
A livello nazionale, possiamo ritenere che l’ingresso esplicito della tutela delle generazioni future nella nostra Costituzione potrebbe dare maggior riconoscimento e tutela come già avviene nella materia ambientale e così allinearci agli altri Paesi.
[1] La Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, la proposta di legge costituzionale A.C. 3156-B recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”. Votazione: 468 voti favorevoli, 1 contrario e 6 astenuti. La proposta di legge costituzionale era stata approvata, in seconda deliberazione, dal Senato della Repubblica con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti il 3 novembre 2021, e già approvata, in prima deliberazione, dal Senato, in un testo unificato, il 9 giugno 2021 (A.S. 83 e abbinati) e dalla Camera il 12 ottobre 2021 (A.C. 3156).
In seguito all’avvenuta approvazione da parte di entrambe le Camere nella seconda votazione con la maggioranza qualificata dei due terzi dei loro componenti, la legge costituzionale sarà promulgata, non essendo possibile in tale ipotesi presentare richieste di referendum confermativo, ai sensi dell’art. 138, terzo comma, della Costituzionale.
[2] Legge Costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 (GU n. 44 del 22-2-2022), in https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/02/22/22G00019/sg.
[3] La prima è stata la legge costituzionale 19 ottobre 2020 n.1, che modifica gli artt. 56, 57 e 59 della Carta intervenendo sulla riduzione del numero dei parlamentari. Legge costituzionale 18 ottobre 2021, n. 1, è la seconda, che interviene, invece, sull’art.58, che uniforma l’elettorato attivo per l’elezione del Senato e della Camera. Il testo, come formulato, incide sull’ art.58, primo comma, della Costituzione, abbassando il limite di età per eleggere i senatori da 25 a 18 anni, uniformandolo a quello già previsto per la Camera dei deputati.
[4] I.A. Nicotra, L’ingresso dell’ambiente in Costituzione, un segnale importante dopo il Covid, in Federalismi.it, 16/2021.
Il riferimento alla Repubblica può assumere un significato importante: non è, infatti, possibile leggervi la volontà di coinvolgere solo i pubblici poteri, ma anche l’intera società nella promozione e nello sviluppo di diversi settori (es. ambiente, biodiversità, patrimonio storico, artistico, naturalistico e culturale).
[5] I. Marconi, L’articolo 9 della Costituzione: cultura, paesaggio e ricerca. Contenuto, genesi e finalità della norma, in Altalex.com, 16 aprile 2021, in https://www.altalex.com/guide/articolo-9-della-costituzione.
[6] ASviS, Le future generazioni fanno il loro ingresso nella Costituzione, in Asvis.it, 20 maggio 2021, in https://asvis.it/notizie-sull-alleanza/19-9822/le-future-generazioni-fanno-il-loro-ingresso-nella-costituzione.
[7] Si tratta di una revisione la cui approvazione è avvenuta in tempi rapidi (circa undici mesi dall’inizio dei lavori). Si distingue altresì per il numero straordinariamente elevato di proposte di legge unificate nel corso della discussione, raccogliendo al Senato della Repubblica otto proposte e alla Camera dei deputati nove.
[8] Leggendo la prima parte della Costituzione si nota che solo tre volte è stata modificata: nel 2000, con il riconoscimento, all’articolo 48 della rappresentanza degli italiani all’estero; nel 2003, con la modifica dell’articolo 51 in materia di parità di genere; nel 2007 con l’abolizione della pena di morte anche dal Codice penale militare.
[9] ASviS, Approvato al Senato un emendamento per introdurre in Costituzione. Lo Sviluppo Sostenibile Stefanini: “Una vittoria dell’ASviS, un primo passo nella direzione giusta”, 20 maggio 2021, in https://asvis.it/notizie-sull-alleanza/19-9822/le-future-generazioni-fanno-il-loro-ingresso-nella-costituzione-.
[10] La questione proposta ha radici antiche e richiama, in particolare, un dibattito sorto nel Nuovo Mondo al tempo della compilazione della Convenzione di Philadelphia. Mentre Thomas Jefferson sosteneva l’idea che la Costituzione, adottando i valori propri di una determinata generazione, dovesse essere modificata al subentrare di una nuova generazione, James Madison trattava la Carta alla stregua di una legge naturale secolarizzata29; riteneva, infatti, che qualsiasi generazione, ispirandosi ai valori di civiltà, libertà e giustizia, avrebbe dovuto rispettare quella stessa Costituzione.
[11] Altri principi fondamentali della Costituzione sul tema delle generazioni future: si pensi all’art. 2 Cost. che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo evoca concezioni giusnaturalistiche secondo le quali i diritti non sarebbero conferiti dall’ordinamento ma da questo semplicemente riconosciuti in quanto preesistenti a ogni istituzione politica”. Anche l’art. 117, primo comma, Cost. richiede che il legislatore garantisca il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dalle normative dell’Unione europea. Per maggior approfondimento si veda: D. Porena, Il principio della sostenibilità. Contributo allo studio di un programma costituzionale di solidarietà intergenerazionale, Torino, 2017; cfr. A. Barbera e C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, Bologna, 2016; G. Arconzo, La sostenibilità delle prestazioni previdenziali e la prospettiva della solidarietà intergenerazionale.
[12] R. Bifulco, Diritto e generazioni future. Problemi giuridici della responsabilità intergenerazionale, Milano, 2008.
[13] G. Palombini, La tutela delle generazioni future nel dialogo tra legislatore e Corte costituzionale, in Federalismi.it, 24/2020; cfr. P. Virga, Il Partito nell’ordinamento giuridico, Milano, 1948, pp. 92 ss., dove si afferma che il concetto di popolo vada interpretato tenendo in considerazione l’incessante variare dei suoi componenti, dovendosi ritenere, pertanto, che lo stesso includa anche l’insieme dei cittadini vissuti in passato e di quelli che vivranno in futuro.
[14] Cfr. R. Bin, I principi fondamentali: Democrazia, sovranità, lavoro, potere, eguaglianza, autonomie, decentramento, in M. Imperato-M. Turazza (a cura di), Dialoghi sulla Costituzione. Per saper leggere e capire la nostra Carta fondamentale, Monte Porzio Catone, 2013, p.17, dove si afferma che “(…) il popolo comprende anche le generazioni passate e future, non solo i cittadini. (…) Il popolo italiano è anche esso un concetto non legato ad un preciso momento storico”.
[15] P. Virga, Il Partito nell’ordinamento giuridico, Milano, 1948, pp. 92.
[16] Cit. V. Crisafulli, Stato, cit., p. 110, nota n. 13.
[17] D. Quaglioni, La sovranità nella Costituzione, in C. Casonato (a cura di), Lezioni sui principi fondamentali della Costituzione, Torino, 2010, pp. 13 ss.
[18] Sul punto, si sottolinei che anche lo status di cittadino, in funzione del quale un individuo è da considerarsi membro del popolo –da distinguere dal concetto di popolazione –si acquista con la nascita o comunque presuppone la nascita. Cfr. T. H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale, a cura di S. Mezzadra, Roma-Bari, 2002.
[19] M. Luciani, Generazioni future, distribuzione temporale della spesa pubblica e vincoli costituzionali, in Un diritto per il futuro.
[20] L. Bartolucci, Il più recente cammino delle generazioni future nel diritto costituzionale, in Osservatorio AIC, 4/2021.
[21] Sul punto si veda: The Instrument of Government, art. 2, comma 3: “The public institutions shall promote sustainable development leading to a good environment for present and future generations”.
[22] Numerosi sono gli ambiti nei quali sono state richiamate le generazioni future: come, per esempio, nel cambiamento climatico (cfr. Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui mutamenti climatici, conclusa a New York nel 1992); sulla diversità biologica (cfr. la Convenzione sulla diversità biologica, Convention on Biological Diversity, adottata a Nairobi il 22 maggio 1992) oppure nella giustizia nelle questioni ambientali (Convention on access to information, public participation in decision-making and access to justice in environmental matters, conclusa ad Århus il 25 giugno 1998; che prevede il diritto delle generazioni future a un ambiente salubre).
[23] M. Carducci, Il cambiamento climatico nella giurisprudenza italiana, in Diritti Comparati (www.diritticomparati.it) 8 marzo 2021. Sul punto diversi giudici si sono pronunciati sul fenomeno del cambiamento climatico. Si pensi, ad esempio, alle decisioni della Corte costituzionale (sentenze nn. 124/2010, 286/2019, 237/2020, 46/2021); della Corte di cassazione (Sezioni unite n. 16013/2018); Addirittura il Consiglio di Stato, nell’Adunanza plenaria n. 9 del 2019, ha affermato il “preminente interesse della collettività alla graduale riduzione della componente di anidride carbonica presente nell’atmosfera”, cui corrisponde il “superiore interesse” a contrastare il cambiamento climatico da parte dello Stato, “da intendersi sia come Stato-persona, in rapporto ai vincoli internazionali …, sia come Stato-comunità in rappresentanza dell’interesse collettivo al miglioramento della qualità ambientale”. La Corte di Appello di Torino, nella sentenza n. 1494/2019, ha persino preso atto della dinamica locale-planetaria-locale degli effetti del cambiamento climatico, in quanto in essa si legge che “le calamità derivanti dal mutamento climatico interessano ormai l’intero globo terrestre e non solo la zona di provenienza dell’appellante”.
[24] L. Saltalamacchia, R. Cesari, M. Carducci, “Giudizio Universale”. Quaderno di sintesi dell’azione legale, Napoli – Lecce, 5 giugno 2021, in https://giudiziouniversale.eu/la-causa-legale/.
[25] L. Saltalamacchia, R. Cesari, M. Carducci, “Giudizio Universale”. Quaderno di sintesi dell’azione legale, op. cit.
[26] Nel breve arco temporale sono state avviate nuove controversie, Si ricordano a titolo semplificativo e in estrema sintesi: sentenza pronunciata dalla Corte distrettuale di Hague (confermata dalla Corte d’appello nel 2018 e dalla Corte suprema olandese nel 2020), su ricorso dell’organizzazione ambientalista Urgenda (contrazione di “Urgent agenda”) contro l’Olanda. È la prima sentenza che ordina a uno Stato di limitare il volume annuale delle emissioni di gas a effetto serra, riducendolo di almeno il 25% entro la fine del 2020 rispetto al livello del 1990. Successivamente si sono registrate un’impennata di azioni legali e una moltiplicazione di casi, il cui esito è stato reclamizzato come una vittoria della società civile, spesso utilizzando la formula della sentenza “storica”: la Corte suprema irlandese, in un processo contro la Repubblica d’Irlanda, nel 2020; di nuovo una Corte distrettuale olandese, nel 2021, in una causa contro la Shell e il suo gruppo, anch’essa condannata ad abbattere il volume annuale delle emissioni di almeno il 45% entro la fine del 2030 rispetto al livello del 2019. Il Tribunale costituzionale tedesco, in un giudizio contro la Repubblica federale tedesca, sempre nel 2021, ha dichiarato incostituzionale la legge federale sul clima, su ricorso diretto di cittadini e associazioni (tra cui Fridays for Future); il Tribunale amministrativo di Parigi nel 2021, in un processo contro la Francia, nella controversia rinominata “Affaire du Siècle”, che ha condannato lo Stato transalpino a pagare la cifra simbolica di 1 euro per danno “morale”, a ciascuna delle quattro associazioni ambientaliste ricorrenti, nonché a “prendere tutte le misure per raggiungere gli obiettivi che la Francia si è prefissata in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.” Altri Paesi, tuttavia, stanno o hanno già iniziato ad istaurare cause a difesa del clima.
[27] Secondo un nuovo rapporto (venerdì 2 luglio 2021) dal “Grantham Research Institute on Climate Change e dal Ambiente alla London School of Economics and Political Science” ha rilevato che dal 2015, anno dello storico accordo di Parigi, sono stati archiviati 1006 casi di contenzioso relativo al clima, rispetto agli 834 tra il 1986 e il 2014. Il rapporto conclude che la maggior parte dei casi è stata intentata contro i governi, in genere da società, organizzazioni non governative (ONG) e individui. C’è stata una tendenza all’aumento del numero di casi presentati da ONG e individui, in particolare dal 2017.
[28] Con l’espressione “contenzioso climatico” si fa generalmente riferimento a quei contenziosi in cui l’oggetto del giudizio è direttamente o indirettamente connesso al cambiamento climatico. Sulla nozione di “contenzioso climatico” si veda S. Valaguzza, v. G. Schinaia, Le “Climate litigations”. La nuova lotta per il Pianeta si fa nelle aule dei tribunali, in Avvenire, 16 febbraio 2021. S. BALDIN, Towards the judicial recognition of the right to live in a stable climate system in the European legal space?, in DPCE online, 2/2020, 1424; M. Carducci, La ricerca dei caratteri differenziali della “giustizia climatica”, in DPCE online, 2/2020, 1357 ss.
[29] P. Pustorino, Cambiamento climatico e diritti umani: sviluppi nella giurisprudenza nazionale, in Rivista OIDU
3/2021.
[30] La Corte costituzionale, con la sentenza 641/1987 “valuta l’elemento determinativo della qualità della vita, come valore primario ed assoluto, sulla base degli artt. 9,32,41 e 42 Cost.”.
[31] M. Carducci, Diritto al clima: i cittadini fanno causa allo Stato, in Rivista terranova.it, 29 settembre 2019.
[32] Si v. il sito www.climatehotmap.org, nonché, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Climate and Health Country Profile: Italy, Genève, 2018.
[33] Su punto si vedano i report Climate Analytics: “Climate Impacts in Italy” e “Gli obiettivi e le politiche climatiche dell’Italia in relazione all’Accordo di Parigi e alle considerazioni di equità globale” .
[34] https://wad.jrc.ec.europa.eu/.
[35] https://germanwatch.org/en.
[36] M. Carducci, Il diritto umano al clima è riconducibile anche all’articolo 27 comma 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, su emergenzaclimatica.it, 19 settembre 2019.
[37] G. Husserl, Diritto e tempo, cit., p. 41.
[38] Sul punto c’è copiosa normativa. Tra questi, a titolo semplificativo, si ricorda: Regolamento UE n. 2018/842 che da disposto le riduzioni delle emissioni di gas serra a carico degli Stati per il periodo 2021-2030, ai fini di concretizzare l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 con un aumento della temperatura massima globale tra 1,5°C e “ben al di sotto” dei 2°C, ma anche quello del dovere dell’equità e solidarietà fra Stati nel definire le quantità parziali di riduzione delle emissioni, necessarie a ottenere l’effettivo controllo dell’aumento della temperatura a livello europeo e planetario; l’art. 3 n. 3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC)che si riferisce al dovere statale di utilizzare il principio di precauzione climatica nelle proprie decisioni. e il rispetto dei diritti umani. Ancora la Convenzione quadro del 1992 (UNFCCC) e l’Accordo di Parigi che impone agli Stati il rispetto dei diritti umani come si legge testualmente nel Preambolo: rispettino, promuovano e tengano conto dei loro obblighi rispettivi nei confronti dei diritti umani, del diritto alla salute, dei diritti delle popolazioni indigene, delle comunità locali, dei migranti, dei minori, delle persone con disabilità e dei popoli in situazioni di vulnerabilità, nonché del diritto allo sviluppo, all’eguaglianza di genere, all’emancipazione delle donne e all’equità intergenerazionale.
[39] S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari 2013, e di L. Violante, Il dovere di avere doveri, Einaudi, Torino 2014.
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avv. Gianvito Campeggio
Laurea in Giurisprudenza presso Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano.
Diploma di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL) – Università del Salento.
Specializzazione in Tecniche normative (Corso di "Drafting Legislativo") conseguito presso la Luiss School of Law.
Le mie esperienze sono, in qualità di avvocato, collaborazioni presso diversi studi professionali, in campo amministrativo e civile, nonché esperienze di docenza e collaborazioni in ambito accademico, sia presso la Luiss sia presso l'Università del Salento.
In Luiss sono assistente di Istituzioni di Diritto Pubblico presso il Dipartimento di Scienze Politiche (cattedra del prof. Guido Meloni) e ho collaborato con il Laboratorio di Tecniche Normative (dott.ssa Elena Griglio - consigliere parlamentare del Senato) e sono stato tutor degli studenti.
Presso l'Università del Salento sono collaboratore presso il Centro di Ricerca Euroamericano sulle Politiche Costituzionali (diretto dal Prof. Michele Carducci) e referente per l’area di ricerca relativa alle Tecniche normative e ricercatore nella sezione Ecologia Costituzionale.
Sono stato, inoltre, tutor di diversi Istituti giuridici e Scuole di formazione politica, nonché membro di diverse realtà associative (es. Gruppo di Pisa).
Sono membro del Consiglio direttivo Aiga (Associazione Italiana Giovani Avvocati) – sez. Lecce e componente del Dipartimento Diritti umani a livello nazionale.
Ho frequentato diversi corsi di formazione in ambito politico – amministrativo.