Il concetto di “privata dimora” al vaglio delle Sezioni Unite

Il concetto di “privata dimora” al vaglio delle Sezioni Unite

Il furto in abitazione è disciplinato dall’art. 624 bis del codice penale che punisce la condotta di chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa.

Tale norma è stata introdotta dall’articolo 2, comma secondo, della Legge n. 128 del 2001  e pertanto trattasi di una figura autonoma di reato rispetto al furto semplice di cui all’art. 624 c.p.

Ma cosa si intende per privata dimora ?

Il concetto di privata dimora ha generato notevoli problematiche, nel corso degli anni, dovute a diverse interpretazioni. In primis ci si chiedeva quali fossero i luoghi ad essa destinati e se anche gli spazi esterni all’abitazione, ad esempio un garage, un ripostiglio di un locale commerciale o addirittura una camera d’albergo fossero da considerarsi come tali.

Orbene, si è sempre preferita un’interpretazione piuttosto estensiva e dilatoria del detto termine che ha preso le mosse dal concetto di privata dimora di cui all’art. 614 c.p. In tale contesto ci si riferisce alla privata dimora, in senso ampio, quale luogo ove un soggetto svolge qualsivoglia attività afferente alla sua vita privata.

Non necessariamente quindi, deve trattarsi di abitazione intesa come stabile dimora dell’individuo all’interno della quale svolge la sua vita quotidiana; bensì può trattarsi anche di altro luogo transitorio e frequentato per un periodo di tempo limitato.

Cio’ che rileva, ai fini dell’invocabilità di detto reato, è il necessario carattere tendenzialmente esclusivo del godimento del luogo e il c.d. ius excludendi alios.

La giurisprudenza in un primo momento ha ritenuto che il concetto di privata dimora ricomprendesse anche tutti quei luoghi in cui le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata, e, quindi, anche, ad esempio, studi professionali, esercizi commerciali, stabilimenti industriali.

E’ evidente che la ratio di tale norma è quella di tutelare il patrimonio e l’inviolabilità di domicilio.

Tuttavia, sul punto, sono intervenute nuovamente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, cui è stata rimessa una recente questione. Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, ancora una volta, ha ad oggetto la configurabilità del furto in abitazione ex art. 624 bis c.p. ed in particolare, se rientra nel concetto di privata dimora anche il luogo dove si esercita attività commerciale o imprenditoriale, specie un ristorante.

Ebbene, la Cassazione all’udienza del 23 Marzo 2017 con informazione provvisoria n. 6/2017 si è espressa in modo negativo.

Al riguardo ha precisato che, non sono ravvisabili gli estremi del reato di cui all’art. 624 bis c.p., salvo che il fatto non sia avvenuto all’interno di un’area riservata alla sfera privata della persona offesa.

Evidenziando altresì come, rientrano nella nozione di privata dimora di cui all’art. 624 bis cod. pen. esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionali, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare.

Alla luce di quanto esposto emerge, pertanto, un orientamento più restrittivo e contrastante rispetto alle precedenti pronunce giurisprudenziali che, dal lontano 2003 in seguito al furto di un martello demolitore, sottratto da uno scaffale di un negozio di ferramenta, hanno ravvisato la configurabilità del furto in abitazione anche per i reati consumatisi in centri commerciali o addirittura, nello spogliatoio di un ristorante.


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