Il concetto di sicurezza pubblica e il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica

Il concetto di sicurezza pubblica e il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica

Nell’ambito delle diverse e molteplici attività che lo Stato pone a tutela dei cittadini, e più latamente dell’intera popolazione, nonché a tutela delle stesse istituzioni pubbliche, quella relativa alla sicurezza pubblica rappresenta una delle più complesse e diffuse.

Il concetto di sicurezza pubblica, in particolare, si offre ad una duplice interpretazione, anche alla luce di taluni principi costituzionali che ne fanno da copertura.

La sicurezza pubblica si qualifica, anzitutto, come diritto assoluto nei confronti dei cittadini, collegato specialmente alla loro invulnerabilità fisica ed alla contestuale intangibilità dei consequenziali diritti sociali vigenti nello Stato di diritto. Per converso, il suddetto concetto si qualifica come precipuo dovere, per lo Stato, affinché attui tutte le condizioni possibili per garantire ai consociati il diritto fondamentale ad una pacifica e civile convivenza.

L’art. 2 della Costituzione, a tal uopo, ne rappresenta il paradigma costituzionale, in quanto contempla in sé tanto il dovere dello Stato di garantire tale diritto inviolabile della persona umana, , quanto il correlativo dovere di tutti i consociati di cooperare tra di essi e le istituzioni, in adempimento ai corrispondenti doveri di solidarietà (soprattutto sociale, nel caso di specie).

Ulteriori principi costituzionali utili a definire il concetto di pubblica sicurezza sono contenuti negli artt. 16, 17 e 18 Cost,, nei quali si delinea tale concetto in ragione della tutela dell’ordine pubblico, della pubblica incolumità e del mantenimento della pace e dell’esercizio delle proprie libertà costituzionali in qualunque parte del territorio nazionale, salvi gli eventuali limini imposti dal legislatore.

Alla tutela della pubblica sicurezza il legislatore ordinario ha poi riservato una copiosa quantità di norme, molte delle quali trovano il loro comune denominatore – anche perché cronologicamente più risalente – nel Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.), adottato con Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, ed il successivo Regolamento di Esecuzione di cui al Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635.

In entrambe le anzidette fonti non si ricava un definizione specifica e puntuale del concetto di pubblica sicurezza; tuttavia la stessa è rinvenibile nell’art. 1 del TULPS il quale, implicitamente ed esplicitamente, si rifà ai precetti costituzionali anzidetti.

Il mantenimento dell’ordine pubblico, la sicurezza dei consociati, la tutela della loro incolumità fisica ed economico-patrimoniale, la funzioni di protezione civile e di soccorso a favore degli infortunati, e non ultime le eventuali azioni di bonario componimento – ove possibile – dei dissidi tra privati, rappresentano alcune delle attribuzioni che l’ordinamento affida alle autorità di pubblica sicurezza.

Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza è, in base alle norme vigenti ed in particolare alla legge 1 aprile 1981, n. 121, il Ministero dell’Interno, quale responsabile di vertice della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Egli, nel predetto ruolo, esercita funzioni di alta amministrazione, volte alla superiore direzione dei servizi di pubblica sicurezza ed al coordinamento delle diverse forze di polizia, adottando i necessari provvedimenti amministrativi in materia.

Il Ministero si avvale, in particolare, della struttura burocratico-gestionale rappresentata dall’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, organizzata su basi non militari bensì civili, nel cui ambito è istituito l’omologo Dipartimento ministeriale, al quale viene preposto, come Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, un Prefetto della Repubblica il quale provvede a livello nazionale secondo le direttive e gli ordini del Ministro dell’Interno, e che assume anche il ruolo e le funzioni di Capo della Polizia nell’ambito della forza civile ad ordinamento speciale della Polizia di Stato, quale corpo civile ad ordinamento speciale militarmente organizzato, di cui ne rappresenta il vertice supremo a livello gerarchico e funzionale.

In base al principio costituzionale del decentramento amministrativo e burocratico (art. 5 cost.) le funzioni e i ruoli di autorità nazionale di pubblica sicurezza, nell’ambito di ciascuna provincia, sono ricoperti ed esercitati dal Prefetto e dal Questore, entrambi organi del Ministero dell’Interno.

L’apparente identità di ruoli dettata dalla legge per entrambe le anzidette figure istituzionali locali, deve però integrarsi col fatto che il Prefetto è altresì il rappresentante locale – a livello provinciale – del Governo della Repubblica attraverso le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo, come tale massima autorità dello Stato a livello provinciale e, quale organo periferico di vertice del Ministero dell’Interno, è diretto interlocutore del Ministro di tale Dicastero per tutte quante le molteplici attività istituzionali di sua pertinenza e/o ad esso indirizzate.

Si rileva pertanto che tra Prefetto e Questore vi è un rapporto di coordinamento e di leale collaborazione in tema di pubblica sicurezza locale, tanto più che il Questore non è organo gerarchicamente subordinato al Prefetto, ma lo è solo funzionalmente.

Difatti, mentre il Questore esercita direttamente le funzioni di direzione e di coordinamento delle forze di polizia in ambito provinciale solamente per ciò che concerne il profilo tecnico-operativo, al Prefetto l’ordinamento attribuisce funzioni più ampie di responsabilità generale dell’ordine e della sicurezza pubblica, anche sulla base delle direttive di vertice emanate degli organi centrali dello Stato, assicurandone l’attuazione.

A tale ultimo proposito si rileva, incidentalmente, come il legislatore abbia riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordine e della sicurezza pubblica, escludendovi solamente la polizia amministrativa locale (v. il nuovo art. 117, comma 2, lett. h) Cost., come riferito dalla Legge costituzionale n. 3/2001, nonché l’art. 1, comma 3, lett. l), Legge 15 marzo 1997, n. 59, c.d. “Bassanini bis”; le funzioni e le competenze della polizia amministrativa locale sono state invece oggetto di disciplina con il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, c.d. “Bassanini ter”).

Poiché nell’ambito delle forze di polizia locale il relativo personale può anche esercitare funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza, l’art. 5, comma 2, della legge 7 marzo 1986, n. 65 (legge-quadro sull’Ordinamento della Polizia Municipale), dispone che il Prefetto può conferire al personale della Polizia Municipale, su richiesta del Sindaco quale autorità locale di pubblica sicurezza, la qualità di Agente di Pubblica Sicurezza ai medesimi, previo accertamento del possesso di taluni requisiti di legge.

Sempre nell’ambito del territorio comunale, atteso che il Sindaco quale Ufficiale di Governo, riveste anche l’anzidetto ruolo di autorità locale di P.S. nel caso in cui il comune non sia sede di Commissariato di Pubblica Sicurezza, il D.M. 5 agosto 2008 del Ministro dell’Interno individua le ulteriori funzioni e compiti cui egli è chiamato ad adempiere (indipendentemente dall’eventuale ruolo di autorità locale di P.S. ricoperto) ai fini della tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana.

Tale decreto ministeriale, per il caso che ci occupa, rileva anche per la puntuale definizione degli oggetti di tale tutela (integrità fisica della popolazione, dei beni pubblici insistenti sul territorio al fine di migliorare le condizioni di vivibilità dei centri urbani, in ottemperanza alle regole del vivere civile e della coesione sociale), che si aggiungono agli altri anzidetti.

Quale autorità provinciale di P.S., il Prefetto coordina i compiti e le attività degli operatori di P.S. in ambito provinciale (si annoverano anche gli operatori dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato, del Corpo della Polizia Penitenziaria, del Corpo della Polizia Municipale muniti di decreto prefettizio di conferimento delle funzioni di Pubblica Sicurezza), ed a tal fine riceve tempestive informazione dal Questore e dai comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, trasmettendo altresì al Ministero dell’Interno opportune relazioni sulle attività di polizia svolte in merito.

Nell’ambito delle molteplici attribuzioni che l’ordinamento attribuisce al Prefetto nell’ambito del sistema della pubblica sicurezza nazionale, vi è l’importante funzione di presidenza di un organismo periferico istituito presso ogni Prefettura – U.T.G.: il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Tale organo, avente natura ausiliaria e consultiva in ordine alle successive determinazioni del Prefetto e delle autorità territoriali di Pubblica Sicurezza, è dei tipo collegiale in quanto si compone dal Questore, dai Comandanti Provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale, dal Presidente della Provincia, dal Sindaco del comune capoluogo che ne è membro di diritto, nonché dai Sindaci degli altri comuni interessati con riferimento a questioni che riguardano i rispettivi territori.

Al tavolo del comitato possono poi essere chiamati a partecipare, anche ai fini di prevenzione dei reati, le autorità locali di P.S. (i dirigenti dei Commissariati di Pubblica Sicurezza, i dirigenti degli Uffici regionali e/o provinciali delle Specialità della Polizia di Stato e i responsabili delle amministrazioni statali e locali di volta in volta interessate (ed in particolare coloro che sono indicati nell’art. 20, comma 3, della legge n. 121/1981), nonché i magistrati della Repubblica d’intesa con il competente Capo della Procura.

Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica viene convocato dal Prefetto, che ne fissa l’ordine del giorno e ne cura, mediante un funzionario nella qualità di Segretario, la redazione del relativo verbale della riunione. Tuttavia, il Sindaco del comune capoluogo di provincia può chiedere e ottenere che venga disposta la convocazione del Comitato nei casi in cui sia necessario affrontare questioni inerenti la sicurezza della comunità locale, ovvero al fine di prevenire tensioni o conflitti sociali tali da arrecare il turbamento, nell’ambito del territorio comunale, dell’ordine e della sicurezza pubblica.

La eterogeneità dei componenti del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto rappresentativi di diversi organi della pubblica amministrazione periferica e locale, farà si che il Prefetto, nella triplice veste di organo di rappresentanza generale del Governo sul territorio, di autorità provinciale di pubblica sicurezza di vertice nell’ambito del territorio provinciale, e di Presidente del Comitato provinciale in argomento, dovrà improntare i rapporti con i componenti del Comitato sulla base dell’imprescindibile principio di leale collaborazione (al cui rispetto sono tenute tutte le pubbliche amministrazioni che interagiscono reciprocamente) esplicitato – nel caso che ci occupa – dall’art. 1 del D.P.R. 3 aprile 2006, n. 180 recante il Regolamento in materia di Prefetture – U.T.G. attuativo dell’art. 11 del D. Lgs. n. 300/1999.

Stante la molteplicità delle questioni afferenti alla sicurezza pubblica nel territorio dello Stato, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica può considerarsi come una tavola rotonda di discussione e coordinamento, di elevata competenza e qualificazione idonea a fronteggiare e cercare di risolvere le non poche problematiche, a livello territoriale e locale, che esigenze indefettibili di giustizia e sicurezza sociale impongono alle pubbliche autorità preposte a tali importanti funzioni.

E su tale ultimo aspetto si è concentrato l’indirizzo delle autonomie locali in ordine ad un rinnovato e più pregnante ruolo del Comitato in argomento, stante che nel documento di indirizzo approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome il 20 giugno 2002 e dal Consiglio Nazionale ANCI in data 26 giugno 2002. si legge : ”Il primo problema riguarda il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica che è sempre rimasto, pur con l’inserimento dei Sindaci dei Capoluoghi e dei Presidenti delle Province, organo di consulenza dei Prefetti. Un ruolo che stride con la realtà, sia sul piano formale che sostanziale. Sul piano formale perché è ormai in contrasto con la realtà istituzionale il fatto che Sindaci e Presidenti di Provincia, eletti direttamente dai cittadini, siano consulenti dei Prefetti, sul piano sostanziale perché di fatto, dove si sviluppano politiche locali di sicurezza, il comitato è diventato il luogo di concertazione delle politiche integrate. Inoltre riprendere in mano questo problema, per risolverlo, può dare maggiore organicità a tutto il sistema se si tiene conto che la Conferenza dei Presidenti si è espressa per la creazione di un luogo istituzionale regionale di confronto/concertazione per la realizzazione di politiche integrate di sicurezza, presieduto dal Presidente della Regione, e con la partecipazione, oltre ai Sindaci dei capoluoghi e ai Presidenti di provincia, delle Autorità provinciali di pubblica sicurezza. Una ipotesi potrebbe essere quella di restituire il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica alla sua originaria funzione e composizione, quella di organo di raccordo interno all’amministrazione dello stato, e di prevedere, invece, a livello Provinciale e Regionale la convocazione periodica di Conferenze Provinciali e Regionali per la sicurezza (almeno una volta al mese per le provinciali, tre all’anno per le regionali) per iniziativa del Sindaco del capoluogo e del Prefetto, nel primo caso, e per iniziativa del Presidente della Regione e del Ministro dell’Interno, nel secondo”.

Da ultimo, come corollario della particolare attenzione che il legislatore ha inteso attribuire al Prefetto in ordine alle primarie funzioni di autorità di pubblica sicurezza nel territorio della provincia, a questi l’ordinamento attribuisce la facoltà di adottare tutti gli opportuni e indispensabili provvedimenti per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, contro i quali è data la possibilità di esperire ricorso gerarchico al Ministro dell’Interno (art. 2 T.U.L.P.S.).

Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, nell’ambito delle proprie funzioni consultive, annovera quella ex art. 143, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, secondo cui esso è deputato ad esprimere parere al Prefetto, prima che questi rediga la relazione al Ministero dell’interno con la quale propone lo scioglimento di un Consiglio comunale o provinciale oppure degli organi di vertice di altro ente locale, quale un’Azienda Sanitaria Locale, ai sensi degli articoli 143-146 del medesimo decreto legislativo.

Per inciso, la particolare attenzione che l’ordinamento riserva alle tematiche variegate inerenti la pubblica sicurezza, ed al modo particolarmente intenso con il quale esse sono avvertite e – soprattutto – incidono nella compagine sociale, ha fatto sì che lo stesso Codice Penale vigente abbia dedicato non poche norme volte a tutelare – e per converso a sanzionare – la sicurezza e l’incolumità personale e patrimoniale dei consociati, prevedendo tra le numerose disposizioni nella specifica materia, due titoli dedicati, rispettivamente, ai delitti contro l’ordine pubblico ed ai delitti contro l’incolumità pubblica.


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Avv. Fabio Schepis

Laureato in Giurisprudenza ed abilitato all’esercizio della professione forense, ha esercitato per alcuni anni l'attività di Avvocato. Successivamente è stato immesso nei ruoli del Ministero dell’Interno quale vincitore di concorso pubblico, per esami, per Funzionario dell'Amministrazione civile dell'Interno, e presta servizio presso un Ufficio periferico della Polizia di Stato - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Ha approfondito alcuni rami del diritto, specialmente pubblico e giuslavoristico, attraverso il conseguimento di alcuni Master e la frequenza di numerose attività formative. Ha tra l'altro seguito un corso annuale di perfezionamento in Diritto Processuale Penale tenuto dalla Camera Penale presso la Corte di Appello, due corsi Jean Monnet sul diritto italiano e comunitario presso il centro studi universitario "Eurodip - Salvatore Pugliatti" e un seminario sui procedimenti disciplinari nel pubblico impiego presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Ha inoltre effettuato attività di docenza nei confronti del personale della Polizia di Stato nell'ambito delle attività di formazione ed aggiornamento professionale curate dalla Questura. I settori di competenza riguardano prevalentemente i seguenti rami del diritto: amministrativo, costituzionale, lavoro pubblico, , previdenza e assistenza sociale, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, gestione del personale e relazioni sindacali, ordinamento e attività istituzionali della Polizia di Stato e del Ministero dell'Interno.

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