Il concorso di cause umane imputabili e cause naturali
Sommario: 1. La colpa come parametro di commisurazione della responsabilità civile nella determinazione del danno finale risarcibile – 2. Lo squilibro fra contributo causale umano ed estensione di responsabilità all’evento dannoso generato da concause umane e naturali – 3. Il concetto di responsabilità parziale in Francia e proporzionale negli Stati Uniti
1. La colpa come parametro di commisurazione della responsabilità civile nella determinazione del danno finale risarcibile.
Il danno finale risarcibile può essere cagionato dal concorso di cause umane imputabili alla condotta di più persone o essere conseguenza del concorso di cause naturali e umane imputabili.
Il codice civile disciplina il concorso di cause umane imputabili negli artt. 2055 e 1227 c.c., nei quali prevede una graduazione della responsabilità corrispondente all’ efficienza causale della condotta colposa.
Per attuarsi la diminuzione del quantum del danno risarcibile causato dal danneggiante col concorso colposo del creditore /danneggiato ( art.1227 1°comma c.c.) è necessario che il creditore sia tenuto, per legge o per contratto o per generico dovere di correttezza, ad adottare un determinato comportamento inerente all’esecuzione dell’obbligazione, idoneo a diminuire o a escludere gli effetti pregiudizievoli ( es : si è escluso il concorso di colpa del mercante d’arte che avendo acquistato un’opera poi risultato falso , non ne aveva controllato l’originalità al momento dell’acquisto e si era affidato alle garanzie del venditore, non essendo egli giuridicamente tenuto a detto controllo).
Invero è principio di diritto consolidato che l’espressione “fatto colposo” non va intesa come elemento psicologico della colpa che ha rilevanza esclusivamente ai fini dell’ affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilità da norme positive o dettate dalla comune prudenza ( ex multis, Cass. Civ. n.14548/2009 e Cass. Civ.,n.3242/2012).
E’ chiaro che quando il concorso del danneggiato è colposo spetterebbe ad entrambi una percentuale di responsabilità, conforme al apporto causale , invece, se la condotta del danneggiato è priva del connotato di colpevolezza sarebbe equiparata ad una causa naturale e sarebbe irrilevante ai fini del quantum del danno risarcibile.
Riferendosi all’orientamento consolidato della giurisprudenza , l’ordinamento mira attraverso il meccanismo della solidarietà (art 2055.c.c) a facilitare il danneggiato ad ottenere il pieno risarcimento conciliandosi così con la moderna concezione di responsabilità extracontrattuale che pone al centro del suo interesse il danno ingiusto subito dalla vittima.
L’art 2055 c. c. presuppone che ogni contributo sia stato causalmente efficiente per poi circoscrivere la misura dell’ efficienza causale da imputare ad ogni singolo responsabile attraverso l’elemento della colpa: in base ad essa, la colpa, sarà possibile determinare la quota di danno, che ogni singolo coautore è tenuto a risarcire.
Dopo questa breve osservazione risulta pacifico che nell’ ordinamento la responsabilità civile viene regolata dal grado di rilevanza eziologica della condotta antigiuridica e non potrebbe addebitarsi al danneggiante quella quota di danno che deriva da altre cause,riconoscendo cosi la responsabilità proporzionale. Precisiamo che per “altre cause” si riferisce unicamente a cause imputabili a una condotta umana colposa.
2. Lo squilibro fra contributo causale umano ed estensione di responsabilità all’evento dannoso generato da concause umane e naturali.
La questione è complicata se l’evento dannoso è il risultato dell’ interazione tra una causa umana e una causa naturale , nel senso che nessuna di queste due da sole sarebbe in grado di produrlo , ma solo interagendo fra loro provocano l’evento dannoso.
La dottrina e giurisprudenza prevalente, ritengono che l’incidenza delle concause naturali affondi le proprie radici nell’art. 1218 c.c. : esse dunque, o si presentano in modo talmente pregnante da recidere il nesso di causalità oppure non sono affatto rilevanti ai fini della delimitazione del quantum del danno risarcibile che seguirà la regola di integralità.
In tema di concorso di cause naturali e umani la Corte di Cassazione ha affermato più volte : “la valutazione di una situazione di concorso tra cause naturali non imputabili e cause umane imputabili può sfociare, alternativamente, o in un giudizio di responsabilità totale per l’ autore della causa umana o in giudizio di totale assolvimento da ogni responsabilità, o secondo che il Giudice ritenga essere rimasto operante nel primo caso ( si sensi del comma 1°comma dell’art.41 c.p.) oppure essere venuto meno nel secondo caso (ai sensi del 2 ° comma 41 c.p. ) il nesso di causalità tra detta causa umana imputabile ed evento” (Cass. 16.2.2001, n. 2335 Cass. 21.7.2011, n.15991).
Un altro profilo problematico della causa è altresì l’equilibro tra misura del contributo causale ed estensione della responsabilità. La logica del “tutto o nulla” potrebbe guidarci verso conseguenze inique e poco prevedibili ; non consentirebbe a sanzionare quelle condotte illecite, le quali non superano la soglia del più probabile che non ; non si rivelerebbe efficiente assegnare il risarcimento dell’intero danno al soggetto che poteva aver causato il danno in misura non esclusiva.
La Suprema Corte , però, ha asserito: il non operarsi di una riduzione proporzionale in ragione della minore gravità della colpa, in quanto una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, ma non tra una causa umana imputabile ed una concausa naturale non imputabile. Risulterebbe cosi non equo far gravare per intero sul danneggiante le conseguenze negative dell’evento dannoso, qualora su quest’ultimo convergono anche cause naturali non riconducibili alla sua condotta.
Nel 2009 la S. C. ha affermato che “ qualora la produzione di un evento dannoso, quale la morte di un paziente, riconducibile sotto il profilo eziologico, alla concomitanza della condotta del sanitario e del fattore naturale rappresentato dalla situazione patologica del soggetto deceduto, il Giudice dovrà procedere eventualmente anche con criteri equitativi, alla valutazione della diversa efficienza delle varie concause, onde attribuire all’autore della condotta dannosa la parte di responsabilità correlativa, cosi da lasciare a carico del danneggiato il peso del danno alla cui produzione ha concorso a determinare il suo stato di salute” ( Cass. Civile. Sez., III del 16 gennaio 2009 n.975).
Questo però risulta un caso isolato in quanto la giurisprudenza tradizionale e più recente l’ha superato e ha adoperato e adopera tutt’ora la teoria del “tutto o nulla”. E’ opportuno precisare che il criterio equitativo dell’art 2056 .c.c, che rinvia all’art 1226 c.c, ha lo scopo di evitare che, qualora vi sia una impossibilità da parte del danneggiato a provare il quantum di danno sofferto, questo possa rimanere privo di tutela : la valutazione del danno da parte del Giudice non attiene alla delimitazione del danno risarcibile ( l’ an dell’ obbligazione risarcibile), bensì alla liquidazione della misura del danno ( il quantum dell’ obbligazione risarcitoria).
E’ più che chiaro che la valutazione della efficienza delle concause nella produzione del danno viene effettuata col criterio ‘ più probabile che no’ inoltre il potere di liquidare equitativamente il danno è subordinato due condizioni: 1) l’esistenza del danno e l’impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare da parte dell’attore; 2) l’obbligo per il Giudice di indicare i criteri utilizzati nella liquidazione del danno .
Perveniamo alla conclusione che il criterio equitativo non si può utilizzare nella determinazione della misura dell’efficienza causale imputabile al responsabile in base all’elemento della colpa, poiché il Giudice non può colmare le lacune e le inerzie probatorie.
3. Il concetto di responsabilità parziale in Francia e proporzionale negli Stati Uniti.
Analizziamo come hanno risolto questo problema gli ordinamenti degli stati esteri.
In Francia le cause esteriori le quali hanno le caratteristiche della forza maggiore producono due conseguenze: l’autore del danno è totalmente esonerato dalla sua responsabilità in questa , ipotesi, qualsiasi sia la forma di manifestazione della causa esteriore (l’intervento di un terzo, il fatto colposo della vittima o il caso fortuito) ostacola la sussistenza dell’obbligazione di riparazione perché il nesso di causalità è stato interrotto, ad eccezione dei casi in cui, l’autore del danno ha commesso il fatto illecito, allo stesso tempo è intervenuta una causa esteriore, che presenta le caratteristiche della forza maggiore il danneggiante può solo esonerarsi parzialmente dalla responsabilità.
Poiché questa soluzione è stata applicata nella sentenza Lamoricièr, che rifiuta di esonerare totalmente dalla responsabilità i Trasporti Marittimi dello Stato i quali sono considerati come guardiani delle navi pertanto afferma che l’incidente è stato causato, principalmente, da una tempesta caratterizzata da una violenza estrema ai connotati di un ciclone e conferma altresì l’attribuzione alla nave, autorità competente, per il carbone difettoso che se fosse stato di qualità migliore , la tragedia poteva essere evitata o sarebbero prodotti danni minori e per questo riconosce una responsabilità parziale ai Trasporti Marittimi dello Stato (com.19 juin 1951).
Qualora l’evento fortuito (evento naturale o azione collettiva) non assume le caratteristiche di forza maggiore (irresistibile,imprevedibile,esteriore) l’autore del danno non può beneficiare di alcuna esenzione, anche parziale, della sua responsabilità (2 ° civ., 30 Giugno 1971) è obbligato a risarcire la vittima dell’infortunio per l’intero. E’ evidente che la giurisprudenza più recente adopera la stessa teoria dell’ordinamento italiano del “tutto o nulla”.
Negli Stati Uniti, invece, è stata introdotta la nozione di responsabilità proporzionale non estesa all’intero danno, ma proporzionata al rischio creato dal responsabile, questo approccio innovativo è stato offerto dal caso Sindell V. Abbot Laboratories .
Nel caso in esame viene utilizzato il principio alternative liability, già utilizzato nella giurisprudenza statunitense nei casi di incertezza relativa oa più possibili danneggianti, i quali vengono ritenuti tutti responsabili, nel caso in esame la Corte di California utilizzo il principio di market liability, in cui tutti convenuti furono ritenuti responsabili in proporzione alla quota di mercato detenuta da ciascuno.
La teoria di market liability ha introdotto il concetto di rischio cioè suddivide il risarcimento in base al rischio creato da ciascun danneggiante. Si può osservare che in molti casi non può dirsi con certezza che un dato antecedente sia causa di un evento ma può dirsi soltanto che abbia aumentato la possibilità di verificazione di quest’ultimo.
Tale incremento del rischio può essere valutato come danno ingiusto, chiunque può pretendere che gli altri non ne incrementino illecitamente il rischio di lesione, ove tale lesione si verifichi e la responsabilità non potrebbe essere affermata per la lesione finale subita dal danneggiato, ma soltanto in relazione all’incremento del rischio, il danno sarebbe l’illecito incremento del rischio, il risarcimento sarebbe in misura a tale incremento.
Lo stesso ragionamento si utilizza nella responsabilità per perdita di chance, potrebbe indicarsi come responsabilità per aumento di rischio. Per chance si intende perdita del risultato probabile positivo la quale si utilizza soventemente nell’ambito della responsabilità medica , proprio al fine di evitare, in tale situazione di incertezza, di imputare una responsabilità piena ed estesa all’intero danno comunque prodottosi (perdita del risultato utile sperato) intesa come pregiudizio a se stante. Lo stesso filo logico si percorre nella teoria del rischio , l’aumento del rischio , corrisponde alla diminuzione del chance di evitarlo in questa prospettiva il pregiudizio risarcibile, non sarebbe il danno finale ma l’illecito incremento del rischio (pregiudizio autonomo). La responsabilità proporzionale (parziaria) è compatibile con l’ ordinamento interno in quanto viene prevista negli artt . 2055 e 1227 c.c.
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