Il concorso di persone nell’autoriciclaggio

Il concorso di persone nell’autoriciclaggio

L’art. 3 della l. n. 186/2014 recante “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio” ha introdotto, nel nostro ordinamento, all’art. 648 ter. 1 c.p., il delitto di autoriciclaggio e, attraverso un’interpretazione dell’art. 25 octies del d.lgs. n. 231/2001, ha incluso tale figura nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità degli enti.

L’inserimento nel codice penale del reato di autoriciclaggio rappresenta l’ultimo intervento legislativo in materia di riciclaggio e sancisce la transazione del nostro ordinamento dal modello sistematico di tipo sussidiario, che consente di configurare il reato solo al di fuori dei casi di concorso con il delitto base, a quello cumulativo, che prevede invece il concorso tra riciclaggio e partecipazione nel reato presupposto.

Occorre evidenziare che mentre alcuni ordinamenti appartenenti alla tradizione del civil law sanciscono la non punibilità dell’autoriciclatore, altri si discostano da tale scelta.

Si consideri poi che in alcuni Stati in cui l’autoriciclaggio non è penalmente sanzionato, le corti ne hanno introdotto la punibilità mediante interventi normopoietici.

Si ricava nel complesso l’impressione di una diffusa preferenza per la punibilità dell’autoriciclaggio, che trova peraltro conferma in Convenzioni internazionali e in fonti ad efficacia non vincolante.

L’incriminazione dell’autoriclaggio, infatti, è prevista dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione del 1999, nell’art. 6 della Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale.

In particolare, il Fondo monetario internazionale, nel Rapporto sull’Italia del 2006, pur rilevando come la punibilità dell’autoriciclaggio non fosse prevista come necessaria nelle quaranta Raccomandazioni del GAFI, ne raccomandava l’introduzione, “anche alla luce delle esigenze investigative rappresentate dalle stesse autorità italiane”.

A sua volta,  l’OCSE, nel Rapporto sull’Italia del 2011, aveva rilevato come una simile lacuna normativa rischiasse di indebolire la legislazione anticorruzione.

Nei più recenti progetti di riforma le Commissioni studio in materia, sulla scia delle raccomandazioni internazionali, si sono espresse nel senso di introdurre la punibilità dell’autoriciclaggio individuando il bene giuridico tutelato nell’ordine economico, concepito come un complesso di regole pubblicistiche preordinate a presidiare il corretto funzionamento del mercato, in particolare sotto il profilo della libera concorrenza e della tutela del risparmio-investimento.

La contaminazione dell’economia legale da parte di flussi di denaro “sporco”, infatti, compromette enormemente il corretto andamento dei mercati concorrenziali.

Tali effetti distorsivi sulle regole di mercato si verificano a prescindere dall’identità del riciclatore, ossia indipendentemente dalla circostanza che questi sia, a sua volta, autore del reato presupposto, rendendo palese la ingiustificatezza di una indiscriminata impunità dell’autoriciclatore.

Poiché la scelta di incriminare l’autoriciclaggio costituisce la necessaria conseguenza del riconoscimento del suo autonomo disvalore, occorre interrogarsi sull’idoneità dell’art. 648 ter 1 c.p. ad individuare le condotte lesive dell’ordine economico precisando come la formulazione di una fattispecie incriminatrice ad hoc, piuttosto che la mera abrogazione della clausola di riserva dell’art. 648 bis c.p., sembri dettata dall’esigenza di plasmare la struttura del reato conformemente alla predetta ratio incriminatrice.

Sotto questo profilo, il legislatore si è allineato alla posizione espressa da una delle Commissioni in cui si suggeriva l’opportunità della scissione tra il reato di autoriciclaggio e di riciclaggio, argomentando come fosse preferibile rinunciare all’unificazione normativa, in base al rilievo che l’impatto offensivo delle due diverse forme di condotta ha ad oggetto beni giuridici differenti rispettivamente individuabili nell’ordine economico e nell’amministrazione della giustizia.

Procedendo all’analisi dell’art. 648 ter 1 c.p. si rileva che la condotta incriminata consiste nel fatto di chi, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Non possono essere considerate tali, e non sono quindi punibili, le condotte “per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale”.

Il delitto di autoriciclaggio è un reato proprio, che può essere commesso esclusivamente dall’autore del reato presupposto o dal concorrente, materiale o morale, nello stesso.

In mancanza della qualifica soggettiva, la condotta ricade nel più grave delitto di riciclaggio.

Particolarmente delicato è il tema della realizzazione plurisoggettiva della fattispecie: tema che investe, più in generale, i rapporti tra autoriciclaggio e riciclaggio.

Il problema emerge rispetto al concorrente estraneo, colui cioè che non abbia preso parte al delitto presupposto.

Ci si chiede, in particolare, se, in caso di concorso dell’autore del reato presupposto con un terzo estraneo alla commissione del reato fonte del profitto nella ripulitura dei proventi illeciti, entrambi siano chiamati a rispondere della meno grave figura di autoriciclaggio oppure la norma si applichi solo all’autore del reato presupposto, il terzo rispondendo solo di riciclaggio.

La dottrina si è mostrata divisa.

Non è univo è il fronte che ha sostenuto l’applicabilità di più titoli di reato, rispettivamente di autoriciclaggio e riciclaggio, a seconda della partecipazione o meno nel reato presupposto: soluzione argomentata richiamando la natura di reato di mano propria dell’autoriciclaggio in cui l’individuazione del soggetto qualificato si presenta come vettore insostituibile di tipicità e componente decisiva del nucleo di disvalore del fatto.

D’altro canto, come risaputo, nei reati di mano propria la distribuzione dei ruoli, in caso di esecuzione plurisoggettiva, non ammette deroghe: la personale esecuzione dell’intraneus è condizione essenziale perché possa consumarsi l’offesa al bene giuridico.

Secondo altra dottrina, invece, nei casi in cui la condotta del terzo extraneus risulti in astratto sussumibile nell’ambito della fattispecie di riciclaggio, ma integri, al tempo stesso, un contributo causale alla fattispecie di autoriciclaggio posta in essere dall’autore del delitto non colposo-presupposto, il dilemma tra unicità e pluralità di reati, in capo al terzo extraneus, dovrà essere risolto in base agli ordinari criteri che consentono di risolvere nel senso dell’apparenza il concorso di norme.

Pur in difetto di un rapporto di specialità strutturale tra le due fattispecie ed in assenza di clausole di sussidiarietà che regolino le reciproche interferenze, dovrebbe ritenersi che l’art. 648 bis c.p., reato più grave che incorpora l’intero disvalore oggettivo e soggettivo del fatto, assorba, nei confronti del terzo extraneus, il meno grave delitto di autoriciclaggio.

Diversamente, non essendo la condotta dell’autore presupposto neppure astrattamente sussumibile nell’ambito dell’art. 648 bis c.p., in ragione dell’operare della clausola di riserva “fuori dai casi di concorso nel reato”, egli risponderà di autoriciclaggio, sia che abbia posto in essere in prima persona la condotta tipica, sia che si sia limitato a fornire un contributo concorsuale atipico dotato di efficienza causale alla sua realizzazione da parte del terzo extraneus.

Pertanto, la condotta del terzo ricade sotto due norme incriminatrici, integrando plurisoggettivamente il reato di autoriciclaggio e monosoggettivamente quello di riciclaggio; sarà però solo quest’ultima norma a prevalere, in applicazione del principio di sussidiarietà.

L’autore del reato presupposto resterà invece punibile per il solo reato di autoriciclaggio, non essendo la sua condotta rilevante ai sensi dell’art. 648 bis cp.

Sul punto è intervenuta la seconda sezione della Corte di Cassazione con sentenza n. 17235 del 18 aprile 2018.

A parere del collegio la premessa dalla quale l’interprete deve muoversi è che la nuova incriminazione è stata concepita, in ossequio agli obblighi internazionali gravanti pattiziamente sull’Italia, essenzialmente al fine di colmare la lacuna riguardante l’irrilevanza penale delle condotte di autoriciclaggio, poste in essere dal soggetto autore di, o concorrente in, determinati reati-presupposto, che il legislatore ha ritenuto di individuare nei soli delitti non colposi, art. 648 ter 1, co. 1, c.p., come previsto anche in tema di riciclaggio.

Da tale premessa discende l’impossibilità di interpretare la normativa allo stato vigente: sia nel senso della previsione di un trattamento sanzionatorio più favorevole di quello precedente, per il soggetto che non abbia preso parte al reato-presupposto, ed abbia successivamente posto in essere una condotta lato sensu circolatoria, agendo in concorso con l’intraneus chiamato a rispondere di autoriciclaggio. Ciò accadrebbe nel caso in cui si si ritenesse che la predetta condotta dell’extraneus integri non più, come si riconosceva pacificamente prima dell’introduzione del reato di autoriciclaggio, il delitto di cui all’art. 648 bis c.p., bensì quello di concorso, ex artt. 110 o 117 c.p., nel delitto di cui all’art. 648 ter 1 c.p., con la conseguenza della sostanziale abrogazione dell’art. 648 bis c.p.; sia nel senso della perdurante irrilevanza della condotta dell’intraneus che si sia limitato a mettere a disposizione il provento del delitto nelle mani del terzo, perché lo reimpieghi, senza compiere in prima persona la condotta tipica di autoriciclaggio, come risulterebbe necessario ritenere ove si configurasse l’autoriciclaggio come delitto “di mano propria”.

In assenza di clausole di sussidiarietà che regolino le reciproche interferenze tra le due fattispecie, ed in difetto di un rapporto di specialità strutturale tra gli artt. 648 bis e ter c.p. e l’art. 648 ter 1 c.p., valorizzabile ex art. 15 c.p. viene meno la possibilità di risolvere la questione in esame argomentando come se essa ponesse unicamente un problema di concorso apparente di norme.

Ciò premesso, il collegio ha ritenuto che il soggetto il quale, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio, o comunque contribuisca alla realizzazione da parte dell’intraneus delle condotte tipizzate dall’art. 648 ter 1 c.p., continui a rispondere del reato di riciclaggio ex art. 648 bis c.p. e non di concorso nel meno grave delitto di autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 c.p.

In tale ipotesi, soltanto l’intraneus risponderà del delitto di autoriciclaggio.

La diversificazione dei titoli di reato in relazione a condotte latu sensu concorrenti non deve meravigliare, non costituendo una novità per il sistema penale vigente, che ricorre a questa soluzione in alcuni casi di realizzazione plurisoggettiva di fattispecie definite dalla dottrina “a soggettività ristretta”.

Si richiamano, in proposito, gli esempi dell’evasione e, per l’ extraneus, della procurata evasione, dell’infanticidio e, per il terzo, dell’omicidio.

Anche la previsione di un trattamento sanzionatorio meno grave per il delitto di autoriciclaggio trova giustificazione unicamente con la considerazione del minor disvalore che anima la condotta incriminata, se posta in essere non da un extraneus, bensì dal responsabile del reato presupposto, il quale abbia conseguito disponibilità di beni, denaro ed altre utilità ed abbia inteso giovarsene, pur nei modi oggi vietati dalla predetta norma incriminatrice, risultando responsabile di almeno due delitti, quello non colposo presupposto e l’autoriciclaggio, non necessariamente in concorso ex art. 81 c.p.; di qui, l’ulteriore esigenza di mitigare, almeno in parte, le possibili conseguenze del cumulo materiale tra delitto presupposto e autoriciclaggio, attraverso la previsione, per quest’ultimo di limiti edittali meno severi rispetto a quelli previsti per il riciclaggio.

D’altro canto, prima dell’introduzione dell’art. 648 ter c.p. nessun dubbio era stato mai nutrito con riferimento alla configurabilità del reato previsto dall’art. 648 bis c.p. in casi nei quali l’autore del delitto-presupposto, pur non punibile, avesse fornito un contributo rilevante alla condotta tipica del riciclatore extraneus; ed, invero, il concorso nell’attività riciclatoria del soggetto responsabile del reato presupposto è, secondo l’id quod plerumque accidit, ordinario essendo naturale che la predetta attività illecita venga ordita su impulso e nell’interesse di quest’ultimo.

La novità consiste unicamente nel fatto che, prima dell’introduzione del reato di autoriciclaggio, egli era un concorrente non punibile, mentre oggi è punibile.

Tale orientamento giurisprudenziale è stato criticato in dottrina.

Si è rilevata, innanzitutto, la non decisività del criterio interpretativo teleologico su cui la Corte ha organizzato il proprio percorso motivazionale, specie laddove tale ratio ispiratrice non abbia trovato nel diritto positivo limpida traduzione. Neppure del tutto pertinenti sono gli esempi di concorso a titoli alternativi richiamati in sentenza: in tali casi, infatti, la diversificazione dei titoli di reato è dovuta a chiarire scelte del legislatore, che ha tipizzato determinate condotte di partecipazione riservando loro uno specifico trattamento sanzionatorio più o meno severo, ciò che invece non è avvenuto in ordine all’autoriciclaggio.


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