Il confine tra concorso morale e mera connivenza nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti ex art. 73 DPR 309/1990
L’odierno contributo verte sul confine tra concorso morale ex art 110 c.p. e mera connivenza non punibile, con particolare riguardo alle ipotesi di detenzione di sostanze stupefacenti di cui all’art. 73 DPR n. 309/1990.
L’art. 110 c.p. si occupa del concorso di persone nel reato che si verifica quando più persone partecipano nell’ideazione ed esecuzione di un reato, prevedendo che ciascun partecipe soggiaccia alla pena prevista per la fattispecie posta in essere.
Il suddetto concorso si estrinseca in due tipologie di apporti, uno materiale, consistente nell’esecuzione, in più forme, del reato preso di mira e uno morale, configurabile in termini di impulso psicologico ad un reato commesso materialmente da altri (FIANDACA-MUSCO, Diritto Penale Parte Generale, VII ed., Zanichelli Editore, p. 529).
Mentre in passato, la dottrina distingueva tra correi primari e secondari, in ragione dell’intensità del contributo fornito, attualmente, l’odierno codice penale vigente pone sul medesimo piano la condotta dell’autore materiale con quella dell’ausiliatore o concorrente morale.
Già passata giurisprudenza si era espressa sul punto, individuando la figura dell’ausiliatore nel “concorrente morale che partecipa nella preparazione del reato rafforzando o determinando il proposito criminoso, senza fornire alcun apporto pratico in fase esecutiva” (Cass. Sez. I n. 6105/1981).
Sostanzialmente, il comportamento del concorrente morale si pone in termini di provocazione o rafforzamento del proposito criminoso (istigazione) ovvero in termini di agevolazione, facilitando la preparazione o l’attuazione del reato preso di mira (Cass. Sez. I n. 2148/1988; n. 4663/1989).
Pertanto, il profilo da cui non si può prescindere ai fini della configurazione del concorso morale è quello dell’effettiva influenza, ossia dell’idoneità della condotta posta in essere dal concorrente morale ad incidere sulla psiche dell’autore materiale del reato.
Delineata la figura del concorrente morale, si possono espungere dalla qualificazione quelle condotte meramente omissive o negative che non apportino alcun contributo né in termini ideologici, né materiali, né esecutivi all’intera condotta concorsuale.
Ed infatti, è orientamento costante ritenere che il mero comportamento omissivo o che si sostanzi nella mera presenza in fase di ideazione, preparazione o esecuzione del delitto di un soggetto non consenta di configurare un’ipotesi di concorso, posta l’inidoneità della condotta ad agevolare o rafforzare il proposito criminoso.
Tuttavia, sarà comunque onere del giudice valutare, con rigore logico, in relazione alle concrete circostanze della fattispecie, se vi siano elementi sintomatici atti a sussumere tale condotta in quella del concorrente ovvero se ricondurla alla mera connivenza o adesione morale al fatto di reato, che non consentono la punibilità (Cass. Sez. II n. 8017/1992).
Quanto alle ipotesi di comportamento negativo che si sostanzia nella condotta di un soggetto che si limita a non impedire un evento, posto che nell’odierno sistema giuridico penale non è ravvisabile un generale obbligo per i consociati di impedire un evento di reato, fuori dai casi in cui sia la legge a determinarne i casi, tale condotta non può essere posta a fondamento della configurabilità di un’ipotesi di concorso morale, in quanto si ritiene necessario il profilo dell’idoneità dell’apporto causale (Cass. Sez. V n. 10783/1985).
Nonostante l’orientamento costante richieda il suddetto profilo dell’idoneità dell’apporto causale, vi è parte di giurisprudenza che sostiene che, in alcuni casi, sia ravvisabile il concorso morale nella mera presenza di un soggetto sul luogo dell’esecuzione del reato quando, palesando chiara adesione alla condotta dell’autore del fatto, abbia ingenerato uno stimolo all’azione e un maggiore senso di sicurezza nell’esecutore (Cass. Sez. II n. 40420/2008, conf. Sez. V n. 26542/2009).
Entrambe le condotte sopra esaminate, dunque, rientrano all’interno del concetto di connivenza, ossia nell’assistere passivamente ad un fatto di reato, in quanto inidonee ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato (Cass. Sez. V n. 2805/2014).
Delineati i confini tra concorrente morale e connivente, è possibile trasfondere tali principi nelle ipotesi di reati in materia di sostanze stupefacenti e, più nello specifico, nel reato di cui all’art. 73 DPR n. 309/1990.
La suddetta fattispecie penale incrimina, tra le varie condotte, quella di detenzione di sostanze stupefacenti, la cui pena si differenzia in ragione della qualità della sostanza detenuta.
Per quanto qui di maggior interesse, è configurabile concorso morale nel reato di cui all’art. 73 DPR 309/1990 nella condotta del soggetto che partecipi all’altrui attività criminosa con la semplice volontà di adesione, che può manifestarsi in forme che agevolino detta detenzione, anche solo assicurando al concorrente una relativa sicurezza (Cass. Sez VI n. 2297/2014).
Tale principio è stato ricavato da un caso in cui un soggetto aveva trasportato a bordo della propria auto, fino al luogo concordato con i cedenti, la persona individuata quale acquirente effettivo della droga, oltre ad un pacco contenente il corrispettivo in denaro ed aveva poi partecipato all’incontro con i venditori.
Nel caso di specie, il soggetto trasportatore è stato condannato come concorrente ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 110 c.p. e 73 DPR 309/1990.
Le condotte sussumibili nell’alveo del concorso sono molteplici, tra queste vi è anche l’occultamento, la custodia, il controllo dello stupefacente che costituiscono un apporto concorsuale, in quanto finalizzati ad evitare che lo stesso venga rinvenuto e a protrarre la illegittima detenzione (Cass. Sez. IV n. 12777/2000).
A tal proposito, non è, infatti, ravvisabile il concorso nella condotta di mera partecipazione ad una manifestazione per la quale siano stati programmati dagli organizzatori anche atti dimostrativi di rilevanza penale (nella specie la distribuzione di piccoli quantitativi di stupefacente), in quanto non assume univoca rilevanza ai fini della configurazione del concorso di persone nel reato, che deve invece estrinsecarsi in condotte che, anche se in astratto riconducibili alla figura della partecipazione morale, siano connotate da una tipicità tale da essere considerate e valutate come contributo cosciente e volontario alla realizzazione dell’evento (Cass. Sez. VI n. 224078/2003).
Al pari, rientra nell’ipotesi di connivenza la condotta di un soggetto che si era limitato ad accompagnare un amico in treno, pur consapevole che quest’ultimo doveva acquistare droga, in virtù dell’assenza di idoneità dell’apporto causale (Cass. Sez. IV n. 4055/2014).
Anche il semplice fatto di viaggiare, in qualità di passeggero, a bordo di un’autovettura sulla quale era nascosta sostanza stupefacente, a parere degli ermellini, non integra concorso, bensì connivenza (Cass. Sez III n. 4948/2010).
Sono sorti più problemi in relazione alla figura del convivente o del coniuge del detentore di sostanza stupefacente, in ordine alla consapevolezza dell’attività illecita posta in essere dal congiunto.
Già passata giurisprudenza riteneva che la destinazione da parte del marito dei proventi dell’illecita attività al mantenimento della famiglia nulla aggiungesse al comportamento passivo della moglie, la quale, pur nella consapevolezza dell’attività illecita del marito, non apporti alcun contributo causale alla detenzione della droga, mantenendo un atteggiamento passivo, che come tale non integri la figura del concorso nel reato (Cass. Sez. IV n. 751/1996).
Inoltre, la responsabilità a titolo concorsuale del familiare convivente non può desumersi dalla circostanza che la droga sia custodita in luoghi accessibili della casa familiare, dal momento che la mera convivenza non può essere assunta quale prova del concorso morale (Cass. Sez. VI n 52116/2019), bensì è richiesto che il convivente abbia quanto meno agevolato la detenzione, consentendone l’occultamento (Cass. Sez. III n. 9842/2009).
Più di recente, la Cassazione è tornata ad esprimersi in tema di connivenza e concorso nel delitto statuendo che “la distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile ed il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex art. 110 c.p. è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, l’occultamento ed il controllo della droga, assicurando all’altro concorrente una certa sicurezza o comunque garantendogli, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare. Spetta al giudice di merito indicare il rapporto di causalità efficiente tra l’attività incentivante che indica il concorso modale e quella posta in essere dall’autore materiale del reato, fermo restando che la semplice presenza inattiva non può costituire concorso morale, mentre può essere sufficiente una volontà di adesione all’attività criminosa altrui tramite forme agevolative della detenzione di stupefacenti, con la consapevolezza di apportare un contributo causale, assicurando all’agente una certa sicurezza o garantendo anche implicitamente una collaborazione in caso di bisogno” (Cass. n. 34754/2020).
Alla luce delle superiori considerazioni, appare chiaro il quadro delineato dalla giurisprudenza, nonostante, in alcuni casi, il confine tra i due istituti appaia molto labile.
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Marika Zanerolli
Nata a Piazza Armerina nel 1994. Diplomata al Liceo Classico nel 2013. Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Catania nell'ottobre 2018. Diplomata presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali "A. Galati" di Catania nel luglio 2020.
Ha svolto Tirocinio ex art. 37 L. 111/11 presso la Prima Sezione Civile del Tribunale di Catania e pratica forense presso uno studio legale specializzato in diritto penale.
Attualmente, abilitata all'esercizio della professione forense.
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