Il confine tra dolo eventuale e colpa cosciente. Le sfumature del diritto penale

Il confine tra dolo eventuale e colpa cosciente. Le sfumature del diritto penale

Il dibattito sulla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente prende le mosse dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale di tre diverse intensità dell’elemento soggettivo del dolo. L’art. 43 C.P. rubricato elemento psicologico del reato fornisce la descrizione del dolo, della preterintenzione e della colpa identificandoli quali elementi soggettivi del reato ma senza fornire alcuna gradazione dell’elemento doloso. Cionondimeno, dottrina e giurisprudenza ci offrono tre intensità di dolo: dolo intenzionale, diretto ed eventuale. Nel dolo intenzionale l’agente si rappresenta e vuole l’evento lesivo o pericoloso quale scopo della propria condotta; trattasi della più grave declinazione dell’elemento doloso che giustifica una più aspra risposta punitiva. Nel dolo diretto, l’agente si rappresenta come certo o altamente probabile e vuole l’evento ma non agisce allo scopo di provocarlo. Più controversa è la definizione di dolo eventuale, ove l’agente si rappresenta come probabile l’evento lesivo o pericoloso ma nonostante questo decide di agire accettando il rischio che si verifichi. Sul tema è più volte intervenuta negli anni la Suprema Corte di Cassazione: recenti sentenze affermano che sussiste il dolo eventuale quando l’agente si sia rappresentato chiaramente la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso per il caso in cui si verifichi (Cass. Sez. VI, 15 novembre 2021- 10 febbraio 2022, sent. n. 4854). Ancora, ai fini della configurabilità del dolo eventuale occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria dell’evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa (Cass. S.U. 24 aprile 2014-18 settembre 2014, sent. n. 38343). Inoltre, ai fini della configurabilità del dolo eventuale, la circostanza che l’agente non sia in possesso di specifiche competenze tecnico-scientifiche non vale di per sé ad escludere la rappresentazione dell’evento e l’adesione psicologica allo stesso, dovendosi parametrare la personalità, la storia e le precedenti esperienze del soggetto attivo del reato alle circostanze del caso concreto (Cass. Sez. V, 3 maggio 2021- 19 luglio 2021, sent. n. 27905). Le tesi sopraesposte rappresentano un’impostazione tradizionale nonché maggiormente condivisa della problematica esaminata, ma appare d’uopo esporre che parte della giurisprudenza ha criticato siffatta impostazione. Nello specifico definire il dolo eventuale quale accettazione del rischio che si verifichi l’evento farebbe ricadere l’elemento doloso nell’ambito della colpevolezza, snaturandolo. Il dolo eventuale, pertanto, sul piano della rappresentazione dell’evento non potrebbe tradursi in mero dubbio irrisolto, ossia come meramente possibile, ma più rigorosamente, come concreta possibilità. Altra parte della giurisprudenza ha abbracciato una visione a tendenza maggiormente economica, leggendo il dolo eventuale come un attento temperamento di interessi, valutando il vantaggio conseguito tramite l’illecito e le sue conseguenze negative. Per tale orientamento sussisterebbe il dolo eventuale quando l’agente oltre ad essersi rappresentato l’evento, lo abbia accettato, pur nella sua forma eventuale, quale costo indiretto da pagare per essersi determinato nella condotta criminosa.

Quanto ai reati colposi questi sussistono quando vi è volontarietà dell’atto ma non si rinviene la stessa volontà circa la verificazione di un dato evento, purtuttavia questo si verifica a causa della disattenzione di regole cautelari o in violazione di leggi, regolamenti, ordini e discipline. Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta che ne indica le corrette modalità di svolgimento non potendo il giudice fare genericamente riferimento a negligenza, imprudenza o imperizia senza identificare il comportamento concretamente doveroso che le regole cautelari imponevano di adottare. La colpa cosciente o con previsione dell’evento ricorrerebbe quando il soggetto agente ha previsto l’evento come possibile conseguenza della sua condotta, pur non volendolo, ma ha sicura fiducia che esso non si verificherà.

La sottile linea tra dolo eventuale e colpa cosciente trova ampio spazio nella sentenza Thyssen depositata il 18 settembre 2014. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione in merito al caso Thyssenkrupp si sono interrogate se la irragionevolezza del convincimento prognostico dell’agente circa la non verificazione dell’evento comportasse la qualificazione giuridica dell’elemento psicologico in termini di dolo eventuale. Gli ermellini hanno confermato la responsabilità degli imputati per omicidio colposo annullando in parte la sentenza d’appello e rinviando ad altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Torino per la rideterminazione delle pene. I giudici della Suprema Corte hanno sottolineato in merito all’elemento psicologico che il labile confine tra dolo eventuale e colpa cosciente andrebbe ravvisato nella diversità dei rimproveri giuridici che fondano l’attribuzione soggettiva del fatto di reato. Nella colpa cosciente, spiegano i giudici, si è in presenza del malgoverno di un rischio, della mancata adozione di cautele doverose idonee a evitare le conseguenze pregiudizievoli che caratterizzano l’illecito. Il rimprovero è di inadeguatezza rispetto al dovere precauzionale anche quando la condotta illecita sia connotata da irragionevolezza, spregiudicatezza, disinteresse o altro motivo censurabile. In tale figura manca la direzione della volontà verso l’evento, anche quando è prevista la possibilità che esso si compia. Nel dolo, continuano gli ermellini, si è in presenza di organizzazione della condotta che coinvolge, non solo sul piano rappresentativo, ma anche volitivo la verificazione del fatto di reato.

In particolare, nel dolo eventuale, che costituisce la figura di margine della fattispecie dolosa, un atteggiamento interiore assimilabile alla volizione dell’evento e quindi rimproverabile, si configura solo se l’agente prevede chiaramente la concreta, significativa possibilità di verificazione dell’evento e, ciò non ostante, si determina ad agire, aderendo a esso, per il caso in cui si verifichi. Occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificato nella fattispecie concreta. A tal fine è richiesto al giudice di cogliere e valutare analiticamente le caratteristiche della fattispecie, le peculiarità del fatto, lo sviluppo della condotta illecita al fine di ricostruire l’iter e l’esito del processo decisionale”. La Suprema Corte ha in definitiva ravvisato la responsabilità dei manager che nel 2007 non adottando le doverose cautele determinarono l’incendio che divampò e uccise 7 opera, ma non ha ravvisato alcun elemento volitivo in tal senso escludendo l’attribuibilità del fatto a titolo doloso nemmeno per la figura dolosa più a margine (dolo eventuale). La sentenza Thyssenkrupp ha senz’altro un grande rilievo sociale oltre che giuridico e l’analisi della differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente rappresenta un elemento di grande rilievo giuridico vista l’interpretazione particolarmente analitica operata nel giudizio di legittimità.


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Silvia Mallamaci

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