Il Consiglio di Stato conferma: «il farmaco “EllaOne” potrà essere venduto anche alle minorenni senza prescrizione medica»
Il 19 aprile 2022, il Consiglio di Stato – in sede giurisdizionale, Sezione Terza- ha emanato una sentenza che certamente farà discutere poiché vertente sul tema della fornitura – alle minorenni – del medicinale per uso umano “EllaOne”, comunemente chiamato “Pillola dei cinque giorni dopo”.
Nel 2020, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) – organismo di diritto pubblico che opera sulla base degli indirizzi e della vigilanza del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia – ha abolito l’obbligo della prescrizione medica al fine di dispensare anche alle minorenni “ulipistral” acetato (EllaOne), il farmaco utilizzato per la contraccezione di emergenza fino a cinque giorni dopo il rapporto.
I Giudici di Palazzo Spada hanno confermato la sentenza del TAR Lazio che, a sua volta, aveva respinto il ricorso, proposto da diverse associazioni “Pro Vita” (tra le quali spiccano Centro Studi Rosario Livatino, Comunità Papa Giovanni Xxiii, Associazione Medici Cattolici Italiani, Osservatorio Parlamentare Vera Lex, Associazione Family Day-Difendiamo i Nostri Figli Aps, Associazione Pro Vita e Famiglia Onlus).
Il Consiglio di Stato ha quindi respinto tutte le motivazioni del ricorso in appello delle associazioni suddette chiarendo in particolare due aspetti di enorme rilevanza: il rapporto tra consenso informato e farmaci e la differenza sostanziale tra farmaco abortivo e farmaco contraccettivo.
Con il terzo e il quinto motivo di appello veniva sollevata la violazione delle disposizioni normative in materia di consenso informato di cui alla legge 219/2017.
Il primo punto di partenza è rappresentato senza dubbio dall’art. 32 Cost. secondo cui «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Più nello specifico, l’art. 33 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833 prevede che i “gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari”, senza però specificare che cosa sia accertamento e che cosa sia trattamento sanitario. Mancando una definizione univoca, secondo i Giudici, per “trattamento sanitario” deve intendersi ogni attività prodromica alla tutela della salute intesa, in senso lato, come benessere psico-fisico. Nel caso di specie, non viene in rilievo un atto medico somministrato ad un paziente – che deve scegliere previa prestazione di consenso personale, libero, esplicito, consapevole, specifico, attuale e revocabile in ogni momento – bensì di volontaria assunzione di un farmaco per il quale le Autorità sanitarie non hanno previsto la prescrizione medica, qualificando lo stesso come farmaco da banco. Diversamente opinando, ogni farmaco da banco richiederebbe l’attivazione del meccanismo di tutela del minore con la contestuale prestazione di consenso da parte dei genitori o di chi ne fa le veci.
Per quanto riguarda la seconda questione sollevata dalle associazioni, ossia quella relativa alla diatriba “farmaco abortivo” e “farmaco contraccettivo”, il CdS ha respinto tutti i motivi sollevati dai ricorrenti secondo i quali la decisone di Aifa di togliere la ricetta medica anche per le minorenni “non avrebbe preso in considerazione tutta una serie di elementi: assenza di studi e sperimentazioni, possibili effetti abortivi del medicinale che sfuggono alle garanzie imposte dalla disciplina sull’interruzione volontaria di gravidanza, effetti collaterali quali danni al fegato e possibili gravidanze extrauterine”.
Anche in questo caso, i Giudici sono stati lapidari: il farmaco “EllaOne” non deve essere confuso con il regime farmacologico usato per l’interruzione volontaria della gravidanza.
Invero, il meccanismo d’azione del farmaco “EllaOne” è antiovulatorio, vale a dire che agisce prima dell’impianto dell’embrione. Nessuna violazione della normativa sull’interruzione volontaria di
gravidanza è quindi configurabile nel caso di specie.
Una sentenza che sicuramente farà storcere il naso a molti, ma che porta dietro di sé la consapevolezza di difendere e tutelare, ancora una volta il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’auto-determinazione della persona, ancorché minorenne.
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Giovanni Vacirca
Il Dott. Giovanni Vacirca ha conseguito la Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Enna “Kore” il 17 luglio 2018 con il voto di 105/110, discutendo la tesi “Investigazioni difensive ed effettività del diritto di difesa”.
Durante il periodo universitario ha frequentato diversi seminari tra i quali spiccano “La mediazione penale tra passato, presente e futuro” e “Crisi e politiche monetarie” e “Workshop informativo sulla disoccupazione giovanile e nuove politiche comunitarie”.
Ha ottenuto la Certificazione delle Competenze linguistico-comunicative Livello B1 del Q.C.R.E. (Quadro comune di riferimento per la conoscenza delle lingue).
Ha iniziato la pratica forense presso due studi legali a Catania subito dopo il conseguimento della Laurea, orientata esclusivamente in diritto penale, conclusa con diligenza nel marzo 2020.
Ha frequentato con assiduità ed impegno la Scuola Forense “Vincenzo Geraci” dell’Ordine degli Avvocati di Catania.
Ha superato brillantemente l'esame di abilitazione alla professione forense nel dicembre 2021.
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