Il contenuto e il valore dell’accordo raggiunto in sede di mediazione familiare
Una delle principali ragioni per le quali la mediazione familiare ancora oggi non viene concepita come un ottimo strumento (stragiudiziale) per la risoluzione dei conflitti tra le coppie, gli ex coniugi nonché per la ridefinizione dei rapporti tra gli stessi e rispetto al ruolo della cogenitorialità riguarda i numerosi interrogativi sia sulla validità dell’accordo raggiunto al termine degli incontri sia sulla tipologia delle questioni che possono essere affrontate davanti e insieme al mediatore.
Cerchiamo, dunque, di fare chiarezza sul punto, partendo dagli aspetti definitori.
Cos’è un accordo di mediazione
Innanzitutto, un accordo è tale se è firmato da entrambe le parti/genitori e ha comunque per sua stessa natura un valore contrattuale. Qualora sia uno solo dei due partner o coniugi a volerlo e, quindi, non sia anche dall’altro sottoscritto si tratta solo una proposta che può essere considerata alla stregua di un promemoria, utile come punto di partenza per la ricerca di una nuova riorganizzazione dell’assetto familiare e dei ruoli e dei rapporti rispetto ai figli, il cui best interest è il fulcro della mediazione familiare.
Pertanto, il progetto d’intesa vincola le parti in base alla volontà espressa e messa per iscritto dalle medesime di condividerne e osservarne “prassicamente” il contenuto.
Compreso, del resto, il ruolo del mediatore e l’importanza dello strumento nonché creatosi un ambiente di fiducia e buona fede reciproca, sono gli stessi genitori a mostrarsi tendenzialmente disponibili alla sottoscrizione degli accordi, consapevoli dell’impegno che comportano.
Gli accordi di mediazione costituiscono comunque, sia scritti che orali, sia firmati che non, un tentativo quantomeno di sintesi delle soluzioni di problematiche organizzative e relazionali negoziate dalla coppia nel corso degli incontri di mediazione.
Essi dovrebbero essere spontaneamente rispettati o comunque oggetto di una maggiore propensione all’osservanza rispetto a una sentenza “calata dall’alto” proprio perché il contenuto degli stessi è scelto e voluto dalla coppia durante la negoziazione (e non imposto unilateralmente) dopo essere stato ampiamente discusso e modificato durante i vari incontri.
Il contenuto e lo stile dell’accordo
Occorre precisare che il contenuto di un accordo raggiunto in mediazione non coincide necessariamente con quello di un ricorso per separazione, poiché spesso si entra nel merito di scelte e regole educative o di dinamiche relazionali di cui il giudice non si occupa per ragioni di incompetenza tecnica.
Del resto, tra i vantaggi della mediazione c’è l’assenza del rigorismo e del formalismo delle procedure svolte all’interno delle mura giudiziarie e questo permette alla coppia di poter affrontare alcuni aspetti della conflittualità che in sede di ricorso e giudizio non potrebbero essere minimamente posti al vaglio del giudice, non potendo quest’ultimo pronunciarsi.
Inoltre, ampio spazio può essere dedicato all’esplicitazione dei bisogni prioritari non solo dei figli (ricercando il mantenimento della cogenitorialità nella ridefinizione di compiti e ruoli), ma anche dei diversi componenti della famiglia, il cui ausilio talvolta risulta essere parte rilevante del raggiungimento di un accordo sull’affidamento dei figli. L’analisi dei bisogni dei figli rappresenta, infatti, uno dei principali terreni di condivisione tra i genitori durante la negoziazione.
Ordunque, il contenuto di un accordo raggiunto in sede di mediazione familiare dipende dalle specifiche questioni che le parti stanno cercando di risolvere, ma generalmente concerne i seguenti aspetti:
l’affidamento dei figli e la cura parentale: si tratterà di scegliere tra la prospettiva di un affidamento condiviso (se i genitori sono d’accordo e se il minore non è troppo piccolo) o di un affidamento esclusivo (stabilendo verso il genitore non affidatario i diritti in merito alle visite e alla comunicazione con il bambino);
il mantenimento dei figli: è uno degli aspetti economici principali da affrontare durante gli incontri. L’accordo stabilisce l’importo che ciascun genitore dovrà versare per il mantenimento dei figli, definendo le modalità di pagamento e l’eventuale suddivisione delle spese straordinarie (mediche, scolastiche e così via dicendo);
il contributo al mantenimento del coniuge: qualora uno dei coniugi (economicamente più debole) ne abbia diritto. L’accordo può prevedere l’importo, la durata e le modalità di pagamento;
divisione dei beni: se non è stato raggiunto un accordo in separata sede, la mediazione familiare può trattare anche il tema della divisione dei beni comuni (come la casa coniugale, i risparmi e altri beni di valore);
l’assegno di mantenimento o divorzile: se le parti si stanno separando o divorziando, l’accordo può includere l’assegno di mantenimento, con l’indicazione dell’importo e delle modalità di pagamento. Questo può essere mensile o una somma unica, a seconda delle circostanze.
la gestione delle decisioni future: su come gestire situazioni future che potrebbero sorgere, come la possibilità di modificare l’accordo in caso di cambiamenti significativi (dalla crescita dei figli, a trasferimenti per motivi di lavoro o studio, a cambi di residenza);
altri aspetti specifici inerenti alle peculiarità del caso concreto: dal diritto di vedere i nonni, all’educazione religiosa e così via dicendo.
Dal punto di vista del registro linguistico utilizzato, quello assunto dal mediatore durante gli incontri si riflette nella stesura dell’accordo: è semplice e chiaro, affinché sia fruibile dalla coppia come un utile strumento organizzativo facile da seguire e che è può essere ben compreso. Deve essere, pertanto, privo dei consueti tecnicismi giuridici che connotano una sentenza. La terminologia è in ogni caso precisa e non ambigua o generica, così da evitare problemi di carattere interpretativo che potrebbero generare fraintendimenti, equivoci o dimenticanze o, peggio ancora, riaccendere la conflittualità inizialmente risolta.
Inoltre, come appare evidente dal loro contenuto, gli accordi presi in mediazione si proiettano essenzialmente verso il futuro e forniscono dei criteri di riferimento utili per negoziazioni future, richieste dai cambiamenti evolutivi del ciclo di vita della famiglia: tengono conto, considerato lo sviluppo dei figli e il mutare costante e progressivo delle esigenze e dei bisogni, della necessità di doversi riadattare.
Sarà, pertanto, utile esprimere nel progetto d’intesa le soluzioni in modo sufficientemente astratto per renderle flessibili e modificabili, ma supportandole con esempi che riportino anche il dettaglio più minuzioso emerso nel sic et nunc della negoziazione, onde evitare situazioni conflittuali sull’esecuzione quotidiana dell’accordo.
Pertanto, la scelta del linguaggio riflette le necessità espresse nel contenuto.
L’efficacia dell’accordo
Quando le parti raggiungono un accordo e lo sottoscrivono, hanno la possibilità di farlo ratificare dal tribunale. L’accordo può, dunque, essere omologato dal giudice e divenire non solo definitivo ma anche esecutivo (a meno che successivamente non subentrino altre questioni che richiedano una nuova decisione del tribunale). In concreto, il giudice, verificato attraverso un atto formale, denominato omologazione, che l’accordo rispetta gli interessi e i diritti di tutte le parti coinvolte e, in particolare, il best interest della prole, ratificandolo lo trasforma in una sentenza esecutiva, che può essere fatta valere in caso di inadempimento.
Anche senza tale omologazione, tuttavia, è bene precisare che comunque l’accordo ha valore legale: quello di contratto privato tra le parti, pur non acquisendo la forza coercitiva di una sentenza e non potendo pertanto essere direttamente fatto rispettare dal tribunale.
E qualora l’accordo raggiunto non dovesse essere rispettato?
Se le parti non rispettano o violano un accordo di mediazione occorre distinguere due ipotesi: se lo stesso sia stato omologato dal giudice, oppure no.
Solo nel primo caso l’accordo assume, come si è visto, la forma di una sentenza esecutiva. Pertanto, in caso di violazione da parte di una delle parti, l’altra può chiedere l’esecuzione forzata dell’accordo tramite il tribunale e la parte che non adempie agli obblighi previsti nell’accordo può essere soggetta a procedimenti esecutivi, cui consegua il pignoramento di beni o l’adozione di misure coercitive.
Altrimenti, laddove l’inadempimento di una parte derivi da modifiche sostanziali delle condizioni che avevano portato all’accordo, l’altra parte può chiedere al giudice di modificarne alcuni aspetti.
Inoltre, se la violazione riguarda il mantenimento dei figli o un altro impegno legato al benessere dei minori, la parte che non adempie potrebbe essere anche sanzionata con la perdita dei diritti di visita o dell’affidamento del figlio: si pensi all’ipotesi di un affidamento condiviso che diventi esclusivo.
Se, invece, l’accordo di mediazione non è stato omologato dal giudice, esso ha valore di contratto tra le parti e la violazione comporta una responsabilità contrattuale. In questo caso, dunque, non si porranno in essere azioni coercitive dirette da parte del tribunale, ma la parte lesa potrà comunque:
rivolgersi al tribunale, avviando una causa civile per ottenere l’esecuzione dell’accordo o per chiedere un risarcimento dei danni derivanti dalla violazione dello stesso;
cercare di risolvere il conflitto attraverso una nuova mediazione o una negoziazione, anche con l’intervento di un legale.
Appare evidente, dunque, l’efficacia e l’importanza delle conseguenze giuridiche del mancato rispetto dell’accordo raggiunto in mediazione in ogni caso: l’assenza della ratifica non impedisce alla parte che veda il mancato rispetto dell’accordo da parte del ex coniuge o ex partner di ricorrere alle vie legali con i rimedi tipici che entrano in gioco in caso di inadempimento contrattuale. Il giudice stesso, una volta instauratosi un giudizio, dopo il raggiungimento di un accordo in mediazione non rispettato, potrebbe considerare queste circostanze come indicatore dell’intenzione delle parti e valutarne così il comportamento sulla base dello scostamento più o meno ampio dal contenuto di un accordo un tempo ricercato e sottoscritto da entrambe.
E se non viene raggiunto?
Occorre, tuttavia, precisare che il rischio di raggiungere accordi prematuri è frequente, poiché i genitori possono avere fretta di voltare pagina ed essere ansiosi di arrivare ad un accordo senza rendersi conto delle conseguenze effettive di intese raggiunte con fretta e inconsapevolezza. E’ importante, invece, che i genitori comprendano la differenza tra un accordo temporaneo in itinere (che fa parte del processo di negoziazione e che permette la verifica pratica della fattibilità e della soddisfazione dei bisogni della scelta), che è discutibile proprio perché non definitivo, e il progetto d’intesa definitivo e sottoscritto (che invece rappresenta la volontà condivisa della coppia genitoriale). Altro strumento e altro contenuto ha poi il ricorso per separazione consensuale nonché la sentenza del giudice.
Pertanto, frequenti possono essere i casi in cui è la stessa coppia che si presenta dal mediatore a ritenere inizialmente dopo solo qualche incontro di avere già chiarito tutti gli aspetti rilevanti della loro crisi e così definito le questioni economiche, legali e genitoriali per poi scoprire esperienzialmente quanto in realtà molto non sia stato affrontato e altro ancora sia necessariamente da ridefinire.
Ciononostante, anche nell’ipotesi in cui non si dovesse raggiungere l’accordo, la coppia può comunque avere tratto giovamento dal percorso di mediazione, rilevando un nuovo stile di comunicazione verbale e non verbale, anche nell’affrontare la conflittualità della loro crisi, e riuscendo a esprimere le proprie emozioni e a comprendere quelle dell’ex partner o ex coniuge.
Alla luce di quanto evidenziato è chiaro che il tempo dedicato al processo di mediazione costituisce un vero e proprio investimento in termini di relazione e di prospettive future: un’occasione per sostituire all’iter giudiziario (e all’austerità che manifesta agli occhi soprattutto dei minori) un percorso che, quand’anche non propriamente ed esclusivamente psicologico, permetta una ricostruzione dell’assetto familiare, genitoriale e relazionale nell’interesse delle parti e, soprattutto, dei figli.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News