Il contraddittorio preventivo in materia doganale
La Corte di Giustizia chiarisce che l’atto impositivo emesso dall’autorità doganale, in assenza della preventiva audizione dell’interessato, non viola il principio del contraddittorio preventivo, se la normativa nazionale consente al contribuente di contestare tale atto e chiederne la sospensione nell’ambito di un procedimento amministrativo che non adotti un’interpretazione restrittiva delle condizioni previste dall’art. 244 del Codice doganale. Difatti la medesima autorità doganale è chiamata a sospendere l’esecuzione della decisione impugnata, qualora vi siano motivi di dubitare della conformità con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato. (Sentenza del 20 dicembre 2017 nella causa C-276/16)
1. Caso
L’Agenzia delle Dogane di Livorno emette diversi avvisi di rettifica per la ripresa a tassazione dell’Iva all’importazione nei confronti di una società Italiana che, nella dichiarazione di importazione, sospende il pagamento dell’Iva, impegnandosi a collocare la merce acquistata in un determinato deposito fiscale.
Proprio la mancata introduzione delle merci importate nel deposito fiscale da parte della società accertata ha determinato la violazione dell’art. 50-bis del D.L. 331/93. Il deposito Iva è, infatti, un luogo fisico, situato nel territorio dello Stato italiano, all’interno del quale la merce viene introdotta, permane e poi viene estratta. Tale strumento permette di differire il pagamento dell’Iva, in quanto l’assolvimento della stessa non avviene nel momento in cui i beni sono introdotti nel deposito, bensì quando vengono prelevati. Ciò comporta un evidente vantaggio di natura finanziaria per le aziende che, rinviando il pagamento dell’imposta, possono godere, temporaneamente, di più liquidità.
2. Contrapposte tesi delle parti
La società Italiana asserisce che l’azione dell’Amministrazione Finanziaria determini una violazione del diritto di difesa, poiché gli avvisi di rettifica dell’accertamento impugnati sarebbero stati adottati dall’Ufficio doganale in assenza di un preventivo contradditorio amministrativo. Pertanto secondo la società è stato violato l’articolo 12, paragrafo 7, dello Statuto del Contribuente (L n. 212/2000), il quale riconosce al contribuente il diritto al contraddittorio e, quindi, il potere di partecipare attivamente, avviando un contraddittorio amministrativo, endoprocedimentale, per presentare elementi a propria difesa oppure per motivi di carattere collaborativo.
L’Agenzia delle Dogane, invece, confuta la tesi avversaria, escludendo l’applicazione del predetto articolo ai procedimenti in materia doganale, evidenziando che, conformemente alla giurisprudenza della Corte di legittimità, la tutela del contraddittorio preventivo sarebbe garantita dall’articolo 11, paragrafo 7, del decreto legislativo n. 374/1990. Tale disposizione normativa, seppur implichi una limitazione del diritto del contribuente di essere ascoltato prima dell’emissione di un avviso di accertamento, invita il medesimo a far valere le sue ragioni durante la fase del reclamo amministrativo, ai sensi di quanto previsto dall’art. 66 del TULD[1]. Di conseguenza, la norma in questione non richiede che l’Amministrazione finanziaria, prima di emettere atti impositivi di natura doganale, abbia l’obbligo di ascoltare i destinatari degli avvisi di rettifica dell’accertamento.
3. Respinta la tesi della società
Il ricorso della società non è stato accolto in entrambi i giudizi di merito. Decisioni confermate dal giudizio di legittimità nel quale si è ribadito che, in materia doganale, il rispetto del principio del contraddittorio preventivo è garantito dalle espresse previsioni dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 374/1990. Tale articolo enuncia un principio generale del diritto dell’Unione che trova applicazione ogni qualvolta l’amministrazione si proponga di adottare, nei confronti di un soggetto, un atto che gli arrechi un pregiudizio[2].
4. Rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha deciso di sospendere il giudizio principale e di sottoporre all’attenzione della Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: “Se contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale la normativa italiana laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione dell’atto come conseguenza normale della proposizione dell’impugnazione”[3].
In altre parole, il giudice del rinvio chiede se la normativa italiana contrasti con il principio del contraddittorio procedimentale tutelato dal diritto Unionale. Questo perché, in caso di ricorso amministrativo nei confronti dell’atto adottato dall’autorità doganale, senza preventiva escussione del destinatario, la proposizione dell’azione non sospende automaticamente l’esecuzione dell’atto contestato.
Peraltro, il procedimento nazionale amministrativo attribuisce al contribuente, con rinvio all’articolo 244 del Codice doganale, l’onere di chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento la quale, qualora sussistano i presupposti, può condurre alla sua eventuale riforma.
5. Decisione della Corte di Giustizia
La Corte di Giustizia, nel rispondere al quesito posto dall’organo di legittimità italiano, prende le mosse dall’articolo 243, paragrafo 1, del Codice doganale, in base al quale “chiunque ha il diritto di proporre ricorso contro le decisioni prese dall’autorità doganale, concernenti l’applicazione della normativa doganale, quando esse lo riguardino direttamente e individualmente”. La medesima Corte specifica che, in virtù dell’articolo 244, primo comma del Codice doganale, la proposizione di un ricorso, effettuata in applicazione dell’articolo 243, non produce un effetto sospensivo dell’esecuzione della decisione impugnata. In soccorso del contribuente interviene il secondo comma dell’articolo 244 del Codice doganale che autorizza “l’autorità doganale a sospendere, in tutto o in parte, l’esecuzione di una decisione doganale quando abbia fondati motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato”.
Ciò premesso, la Corte di Lussemburgo, in applicazione dei principi generali della legislazione dell’Unione Europea, risolve il quesito sottopostole statuendo che, in mancanza di preventiva audizione del contribuente destinatario di un atto emesso dalle autorità doganali, le disposizioni nazionali di attuazione dei presupposti richiesti dal suddetto art. 244 non devono essere applicate o interpretate restrittivamente[4].
Dunque, al fine di evitare il pregiudizio dei diritti della difesa, sarà onere del giudice nazionale verificare che, nel corso del procedimento amministrativo, le condizioni previste dall’art. 244 del Codice doganale siano applicate secondo i dettami della Corte di Giustizia.
Infine, è essenziale segnalare che, in base a costante giurisprudenza[5] comunitaria, la violazione del diritto di essere ascoltati comporta l’annullamento del provvedimento soltanto se il contraddittorio tra il contribuente e l’Amministrazione Finanziaria avrebbe potuto determinare l’adozione di un atto impositivo diverso.
[1] Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale D.P.R. 43/1973
[2] (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041)
[3] Punto 32 della sentenza in commento
[4] C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punti 69 e 70
[5] C‑383/13, punto 38; C‑129/13 e C‑130/13, punti 78 e 79
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