Il contratto di avvalimento alla luce del d.lgs. n. 50/2016: analisi e prospettive future
L’istituto dell’avvalimento, esito di un’elaborata riflessione giurisprudenziale di derivazione comunitaria, è ormai divenuto un importante se non, talora, indispensabile strumento sovente adoperato in sede di gare d’appalto con la P.A. ed entrato, a tutti gli effetti, nell’ambito dell’ordinaria prassi contrattuale.
Evidenti i benefici scaturiti: la forbice di operatori economici potenzialmente in grado di partecipare alle suddette gare risulta sensibilmente più estesa consentendo a una pluralità di imprese operanti nel mercato internazionale di competere in assenza di oggettive cause ostative, a garanzia del principio di libera concorrenza di cui la riforma legislativa in commento sembra essere diretta attuazione.
Il nuovo codice degli appalti ex d.lgs. 50/2016 dedica alla disciplina dell’istituto l’art. 89, con alcune disposizioni che introducono significativi mutamenti.
Anzitutto, viene dato pieno riconoscimento all’avvalimento infragruppo, istituto che consente all’operatore economico di avvalersi delle capacità di più imprese anche ove operanti all’interno di raggruppamenti temporanei, indipendentemente dalla natura delle medesime e dai rapporti con l’impresa ausiliata.
Una novità, dunque, di portata tutt’altro che irrilevante poiché agevola significativamente l’accesso delle piccole medie imprese agli appalti pubblici, in attuazione della direttiva comunitaria 2004/18. Il nuovo diposto normativo ha così finito per modificare i limiti precedentemente posti al contratto di avvalimento dall’art 49 del D.lgs. 163/2006 già segnalato dalla Corte di Giustizia Europea come contraria al diritto comunitario.
Ed infatti, il sesto comma del decreto stabiliva che “per i lavori, il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione. Il bando di gara può ammettere l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni, fermo restando il divieto di utilizzo frazionato per il concorrente dei singoli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di cui all’articolo 40, comma 3, lettera b), che hanno consentito il rilascio dell’attestazione in quella categoria.”
Da ciò discendeva, dunque, che solo in taluni casi eccezionali, ove previsto nel bando di gara, era consentito la particolare forma di avvalimento in esame.
Orbene, la Corte di Giustizia, chiamata a valutare la compatibilità con l’ordinamento comunitario del disposto normativo nazionale citato, nella pronuncia del 10.10.2013 causa c-94/12 ha rilevato come, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, primo comma, della Direttiva 2004/18, la stazione appaltante possa richiedere ai concorrenti di essere in possesso di requisiti minimi di capacità economica e finanziaria nonché di capacità tecniche e professionali.
I Giudici Comunitari hanno altresì evidenziato come tale facoltà della stazione appaltante deve essere esercitata in osservanza degli artt. 47 e 48 della medesima Direttiva. Disposizioni, queste ultime, che “riconoscono ad ogni operatore economico di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi, purché dimostri all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari per eseguire tale appalto”.
Alle condizioni della Corte di Giustizia ha inteso uniformarsi il Legislatore Delegato che, occorre segnalare sin da subito, spesso si è limitato a riprodurre in maniera pressoché identica le corrispondenti disposizioni contenute nella direttiva comunitaria, senza peraltro offrire alcuna chiave di lettura delle stesse.
In occasione della medesima pronuncia, i Giudici Sovranazionali hanno avuto modo di ammettere anche la configurabilità dell’avvalimento frazionato, ovvero la possibilità di ricorrere a capacità specifiche di più imprese, nessuna delle quali, singolarmente considerata, raggiungerebbe i requisiti per la partecipazione al bando di gara, essendo necessario cumulare più capacità possedute dalle medesime.
Ed invero, l’art. 89 del nuovo Codice degli Appalti non sembra riconoscere esplicitamente l’ipotesi contemplata. Tuttavia, il sesto comma dell’art. 89, ammettendo l’avvalimento plurimo o infragruppo senza stabilire che uno degli operatori economici deve possedere in toto i requisiti previsti nel bando, lascia supporre che il Legislatore abbia inteso aderire all’orientamento comunitario.
Resta, invece, confermato il divieto degli avvalimenti a cascata, ipotesi in cui l’impresa ausiliaria si avvale, a sua volta, dei requisiti posseduti da un terzo operatore economico. Appare, di fatto, evidente la preoccupazione nel garantire il corretto svolgimento delle gare d’appalto, di certo potenzialmente minate da un’ausiliata che si avvale di una catena di imprese in cui risulta complessa l’individuazione dell’effettiva ausiliaria, pratica che, pertanto, si presta facilmente a frodi.
Altra questione degna di nota, parzialmente affrontata in ambito dottrinario, attiene alla responsabilità solidale delle imprese coinvolte nell’avvalimento, la cui disciplina è stata riprodotta nel nuovo Codice degli Appalti senza significativi mutamenti.
Ebbene, appare indubbio ricavare dal dettato normativo contenuto nel quarto comma dell’art. 89 un esempio di responsabilità solidale modellato attorno alla figura della promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c., sebbene le ipotesi contemplate dai due testi codicistici riguardino momenti differenti: l’art. 1381 c.c. si riferisce ai casi in cui il terzo non abbia assunto l’obbligazione, mentre la disposizione del codice dei contratti pubblici si riferisce all’ipotesi in cui il terzo, già obbligatosi nella fase di partecipazione alla gara, sia nei confronti dell’impresa concorrente che nei confronti della stazione appaltante, venga coinvolto nell’esecuzione del contratto che l’impresa ausiliata ha sottoscritto con la stazione appaltante a seguito dell’aggiudicazione della gara.
Dall’assimilazione della responsabilità delle imprese facenti parte dell’avvalimento all’istituto della promessa del fatto del terzo sono emerse, tuttavia, problematiche di varia natura.
In primo luogo occorre chiedersi se la responsabilità permanente del promissario (leggasi impresa ausiliata) sia compatibile con l’istituto civilistico posto che, ove il terzo adempia alla prestazione dedotta nel contratto, il primo è da ritenersi adempiente e quindi liberato da ogni vincolo contrattuale.
A una simile obiezione è possibile, tuttavia, rispondere facendo leva sulla fisiologia del rapporto contrattuale: trattandosi, infatti, di contratti di durata quali sono gli appalti, appare insita nella natura dello schema negoziale la persistenza della responsabilità in capo all’ausiliata, unico contraente dell’amministrazione ed unico appaltatore.
Altra questione risulta essere, altresì, l’oggetto della responsabilità. Appare indubbio che si limiti alle sole prestazioni dedotte nel contratto di avvalimento ricavabile dalla lettura della norma che non sembrerebbe lasciare adito a dubbi interpretativi.
D’altronde, la responsabilità non può che riguardare le specifiche prestazioni gravanti in capo all’impresa ausiliaria, sulla base del fondamentale principio che laddove non c’è potere non c’è responsabilità.
In alternativa si configurerebbe un’ingiustificata responsabilità per fatto altrui.
Si rileva, altresì, come, a differenza della previgente disciplina, la recente riforma non contiene specifiche disposizioni che regolano il ricorso all’avvalimento in relazione ai sistemi di qualificazione ex art. 50 D.lgs. 163/2006.
Il presunto deficit normativo appare, tuttavia, puramente formale posto che, in via preliminare, è affidato all’ANAC il compito di individuare le linee guida stabilendo i casi e e le modalità di avvalimento.
Il nuovo Codice degli Appalti, all’art. 213 comma 2, demanda all’organo indicato l’autonoma adozione di atti a carattere generale finalizzati a offire indicazioni interpretative ed operative agli operatori del settore (stazioni appaltanti, imprese esecutrici, organismi di attestazione) nell’ottica di perseguire obiettivi di semplificazione, standardizzazione delle procedure, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa e apertura della concorrenza.
Ad oggi non si segnala, tuttavia, un’apposita misura attuativa della definizione dei criteri in commento di cui all’art. 83 comma 2 del decreto, la cui adozione dovrà avvenire entro il 19 aprile 2017.
La determinazione dei parametri di riferimento affidata all’ANAC costituisce, dunque, una chiave di volta nodale circa il ricorso allo strumento negoziale in oggetto, tematica al cui interno si inserisce la problematica inerente i casi di esclusione dell’avvalimento.
Ed invero, una delle novità più rilevanti riguarda la facoltà che viene riconosciuta alle stazioni appaltanti di escludere in determinati casi il ricorso al relativo schema contrattuale. Il comma 4 dell’articolo 89 stabilisce infatti che per gli appalti di lavori e servizi, nonché per le operazioni di posa in opera e installazione nell’ambito di un appalto di fornitura, le stazioni appaltanti possono prevedere nei documenti di gara che taluni “compiti essenziali” debbano essere svolti direttamente dall’offerente.
Nonostante la norma faccia riferimento alla svolgimento di determinati compiti e quindi alla fase esecutiva dell’appalto, il suo inserimento nella disciplina dell’avvalimento sta a significare che l’offerente deve possedere in proprio la qualificazione relativa ai suddetti compiti, non essendo quindi ammessa la possibilità che si avvalga di un’impresa ausiliaria, ricorrendo ai requisiti della stessa. La norma riproduce in maniera testuale la previsione contenuta nella Direttiva UE 2014/24 (articolo 63, comma 2).
Non viene tuttavia offerta alcuna chiave interpretativa per identificare quali possano essere i “compiti essenziali” per i quali si può precludere il ricorso all’avvalimento e la conseguente esecuzione da parte dell’impresa ausiliaria. Specie per i lavori, caratterizzati da una unitarietà di esecuzione, non appare agevole individuare “compiti essenziali” che possano essere scorporati dall’insieme complessivo delle prestazioni per sancirne l’obbligo di esecuzione diretta da parte dell’appaltatore principale. Occorrerà verificare se qualche indicazione sul punto verrà offerta dalle linee guida che saranno emanate dall’ANAC.
Almeno fino a tale momento, l’onere di individuare tali “compiti essenziali” è destinato a gravare sulle singole stazioni appaltanti, che ne dovranno comunque dare preventiva evidenza nei documenti di gara.
Accanto a questa limitazione di carattere generale vi sono poi altri due limiti specifici all’utilizzo dell’avvalimento. Il primo consiste nel divieto di ricorrervi al fine di soddisfare l’iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali di cui all’articolo 212 del D.lgs. 152/2006 (comma 10). Tale divieto – peraltro già previsto nella disciplina vigente – comporta quindi che i soggetti che partecipano alle gare per le quali è richiesta tale iscrizione devono necessariamente possederla in proprio.
Il secondo limite è invece contenuto nel comma 11 e rappresenta una novità rispetto alla disciplina vigente. Esso riguarda i lavori di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica inseriti nell’ambito di un appalto più complesso, qualora il loro valore sia superiore al 15 % dell’importo totale dei lavori. Si tratta delle strutture, impianti e opere speciali (comunemente definite opere superspecialistiche) la cui concreta individuazione è rinviata a un decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, da emanarsi sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Per queste opere che superino la soglia del 15% sopra indicata non è ammesso il ricorso all’avvalimento
Se il dato normativo sinora analizzato appare versare sotto molteplici profili in una, quantomeno temporanea, fase di stasi, altrettanto non può dirsi in ambito giurisprudenziale ove, in tema di avvalimento, sono state affrontate tematiche che riguardano il ruolo dell’impresa ausiliaria nel contesto dell’istituto.
La prima questione affrontata ha riguardato la legittimazione dell’impresa ausiliaria ad agire in giudizio.
L’analisi giurisprudenziale trae origine da una controversia avente ad oggetto una gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica, i cui esiti sono stati oggetto di impugnativa davanti al giudice amministrativo. Contro la sentenza di primo grado ha proposto appello l’impresa ausiliaria di un concorrente che non era risultato aggiudicatario.
Ebbene, con la pronuncia della Sezione V, 16 maggio 2016, n. 1960, il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile l’appello, sulla base della considerazione fondamentale che l’impresa ausiliaria, non potendo considerarsi un soggetto partecipante alla gara, non è titolare di una situazione soggettiva qualificata da far valere in giudizio. In sostanza, la mancanza della qualifica di concorrente priverebbe l’impresa ausiliaria della legittimazione processuale. Né può essere invocato, in senso contrario, il principio affermato da una giurisprudenza consolidata – in particolare dalla sentenza n. 1/2014 dell’Adunanza Plenaria – secondo cui possono proporre ricorso davanti al giudice amministrativo le mandanti di un raggruppamento temporaneo di imprese, in quanto ritenute titolari di un interesse legittimo alla regolarità della procedura di gara.
La situazione dell’impresa ausiliaria, infatti, non è assimilabile a quella delle imprese mandanti di un raggruppamento temporaneo, per la fondamentale ragione che mentre queste ultime assumono la veste di concorrenti alla gara, la medesima veste non può essere riconosciuta all’impresa ausiliaria, che rimane formalmente estranea alla procedura essendo legata all’impresa principale che vi concorre unicamente attraverso un contratto di avvalimento.
La seconda questione risulta più apparente che sostanziale, avuto riguardo alla recente riforma che sembra aver fornito un’appropriata soluzione, ed attiene alla sostituzione dell’impresa ausiliaria raggiunta da una misura interdittiva antimafia o da altra causa ostativa alla prosecuzione della gara.
Orbene, Il problema della sostituzione dell’impresa ausiliaria dovrebbe risultare sostanzialmente superato in virtù delle nuove disposizioni contenute nel recente D.lgs.
L’articolo 89 che disciplina l’avvalimento contiene al comma 3 una previsione che disciplina in maniera esplicita l’ipotesi della sostituzione dell’impresa ausiliaria. Viene infatti stabilito che la stazione appaltante deve verificare il possesso in capo all’impresa ausiliaria dei criteri di selezione, nonché la mancanza nei suoi confronti di possibili motivi di esclusione. Qualora tali verifiche evidenzino carenze in ordine al possesso dei criteri di selezione o la sussistenza di motivi di esclusione il concorrente è obbligato a sostituire l’impresa ausiliaria con altra impresa in regola con quanto richiesto.
In sostanza le nuove norme risolvono in senso positivo la questione della possibile sostituzione dell’impresa ausiliaria che risulti priva dei necessari requisiti di qualificazione o incorra in una della cause di esclusione, legate al mancato possesso dei requisiti generali di idoneità morale.
Si deve ritenere che la sostituzione sia possibile in qualunque momento della procedura di gara si vengano a verificare le ipotesi indicate, e cioè sia se l’impresa ausiliaria risulti fin dall’origine priva dei requisiti di qualificazione o dei requisiti generali sia – ipotesi più probabile e che è quella presa in esame nei casi sopra esaminati – qualora tali carenze si verifichino durante lo svolgimento della procedura di gara e fino alla stipula del contratto. Resta da valutare se tale sostituzione possa essere consentita qualora gli eventi indicati si verifichino anche durante la fase esecutiva del contratto, anche se ad una prima sommaria analisi non sembrano emergere elementi ostativi in tal senso.
Alla luce delle esposte riflessione è possibile giungere ad alcune considerazioni finali.
Risulta evidente un’apertura da parte del Legislatore Nazionale all’orientamento comunitario che, in attuazione delle misure tese a garantire la più ampia e libera partecipazione delle imprese nelle gare indette dalla P.A., ha trasposto i principi e i criteri guida nella neonata riforma, talora modificando sensibilmente l’istituto dell’avvalimento come sinora conosciuto all’interno dei confini nostrani.
Sforzo, dunque, certamente apprezzabile malgrado, come già avvenuto in altre discipline di settore, talvolta si sia limitato a riprodurre per intero il contenuto normativo delle direttive comunitarie, talora ha inteso delegare ad organi ulteriori la definizione di criteri specifici, elemento di svolta, come già precisato, per la risoluzione delle problematiche evidenziate.
Resta indubbio che soltanto il ricorso quotidiano alla figura contrattuale di recente modifica potrà fornire soluzioni ai quesiti irrisolti per il tramite di una giurisprudenza, ancora una volta, d’ausilio all’inerzia, sotto il profilo ermeneutico, del Legislatore.
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Marco Testai
Dottore in Giurisprudenza nell'A.A. 2012/2013 con la tesi di Laurea in diritto penale sul sequestro di persona ottenendo il voto di 110/110, ha intrapreso l'attività di pratica forense presso lo Studio Legale dell'Avv. Marco Verghi ultimata nel 2015.
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