Il contratto stipulato in violazione delle norme penali: truffa, usura e circonvenzione di incapace

Il contratto stipulato in violazione delle norme penali: truffa, usura e circonvenzione di incapace

I requisiti del contratto, ex art. 1325 c.c., riguardano l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto, la forma; in particolare la causa deve avere il requisito, essenziale, della liceità.

È illecita una causa contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume, allorché il contratto sia stipulato in frode alla legge o quando il motivo dello stesso sia illecito.

La contrarietà alle norme imperative assume pregnante rilievo nell’ambito delle prescrizioni normative penali, in quanto, il fine di tali norme è, in primis, quello di tutelare un interesse di ordine pubblico.

Alla stipula di un contratto in violazione delle norme penali, può conseguire, secondo la fattispecie che in concreto viene analizzata,  l’annullabilità, la rescissione del negozio giuridico o la nullità dello stesso.

Invero, prima di addentrarsi nella disamina delle conseguenze relative alla stipula di contratti in violazione della materia penale ,è necessario esaminare i motivi per cui ai sensi del codice civile, si configura l’invalidità contrattuale.

La nullità si configura nel caso di contrarietà a norme imperative o quando manca uno degli elementi essenziali di cui all’art. 1325 c.c.

D’altro canto, l’annullabilità si verifica, ex art. 1425 c.c., allorché una delle parti è legalmente incapace di contrattare o di intendere e di volere, come previsto dall’art. 428 c.c.

Infine, l’istituto della rescissione è applicabile, ex art. 1447 c.c., nel caso in cui una parte abbia assunto obbligazioni e condizioni inique per la necessità, conosciuta dalla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un grave danno alla persona.

Prendiamo in considerazione,ad esempio, particolari fattispecie criminose  analizzando il rapporto che si configura tra le ipotesi di reato di cui agli artt. 640, 643,644 c.p., e le previsioni civilistiche di invalidità del contratto.

Il reato di truffa, previsto dall’art. 640 c.p., si configura nel caso in cui taluno con artifici e raggiri, venga indotto in errore per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con l’altrui danno. Elemento soggettivo caratterizzante il reato de quo si identifica nel dolo.

Ebbene, in una tale circostanza, naturalmente rileva il vizio del consenso di cui all’art. 1427 c.c.

Il contraente il cui consenso, nell’ambito della truffa contrattuale, sia stato dato per errore, estorto o carpito con dolo può chiedere l’annullamento del negozio giuridico.

Il dolo, infatti, è causa di annullamento del contratto, allorché, i raggiri usati da uno dei contraenti siano stati determinati al fine del convincimento dell’altra parte indotta, così, a contrattare. Senza dubbio alcuno, quindi, nel caso di reato di truffa contrattuale, il negozio giuridico è annullabile.

Diversamente, per il contratto con cui si realizza il delitto di circonvenzione di incapace,ex art. 643 c.p., la giurisprudenza da un lato esclude l’assimilabilità dell’incapacità prevista dalla norma penale a quella di cui all’art. 428 c.c.; dall’altro rilevando l’imperatività della norma penale conclude per la sanzione della nullità anche se l’interpretazione dell’invalidità contrattuale civilistica porterebbe alla soluzione di cui all’art. 428 c.c.. Quest’ultima ipotesi, ad avviso della scrivente, risulterebbe maggiormente coerente con l’intero assetto legislativo nonché con un “sano” coordinamento tra le due diverse discipline procedurali.

La giurisprudenza prevalente ritiene, infatti, che nel contratto concluso tra circonveniente e circonvenuto l’illiceità si manifesta nella forma dell’abuso nel contratto, non come risultato dell’accordo dalle parti ma come prevaricazione della parte forte ai danni della parte debole per cui il fine principale è quello di reprimere l’abuso.

Ebbene, non si comprende la disparità di trattamento previsto e la diversa impostazione logico-giuridica elaborata per il reato di truffa contrattuale (a cui si applica l’annullabilità in linea con i principi civilistici) e quello di circonvenzione di incapace per il quale, giurisprudenza maggioritaria, non prevede l’applicabilità dell’art. 428 c.c.

Fattispecie più complessa e dibattuta è inerente il reato di cui all’art. 644 c.p.

Una lunga evoluzione giurisprudenziale, combattuta tra l’applicabilità della nullità o della rescissione si è alternata negli anni.

Il reato di usura è stato oggetto di riforma con legge 108/96, con cui viene eliminata la circostanza dell’approfittamento dello stato di bisogno quale elemento essenziale della condotta criminosa; altresì viene abrogata la previsione di usura impropria. Queste modificazioni rendono superato l’avviso prevalente in dottrina e in giurisprudenza per cui l’approfittamento dello stato di bisogno sia elemento necessario per aversi usurarietà dell’interesse.

Attualmente, l’art. 644 comma 3 c.p. prevede l’usurarietà degli interessi anche se inferiori al limite legale, che risultano essere sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, allorché chi li ha corrisposti o promessi si trova in condizione di difficoltà economica o finanziaria.

Quale istituto deve ritenersi, allora, applicabile alla fattispecie de quo, se nullità o rescissione rimane, per certi aspetti, ancora controverso. Invero, anche se vi è stata l’eliminazione della circostanza di approfittamento dello stato di bisogno, quest’ultimo si identifica, attualmente, proprio nella difficoltà economica e finanziaria contemplata dalla norma.

Emergono, con chiarezza, gli interessi tutelati ovvero, la libertà contrattuale della parte debole ed il corretto svolgimento delle relazioni economiche nel mercato del credito nonché la tutela dei soggetti deboli. La rilevanza di tali interessi tutelati porta ad affermarne la natura di ordine pubblico che, di conseguenza, comporta la nullità giacché la causa del contratto usurario è illecita.

Invero, una parte della giurisprudenza non concorde applica, nel caso di contratto usurario, l’azione generale di rescissione per lesione di cui all’art. 1448 c.c. tenendo in considerazione l’aspetto dell’assunzione di obbligazioni e condizioni inique per la necessità, conosciuta dalla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un grave danno alla persona, soffermandosi sulla tutela della libertà contrattuale.


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