Il coordinamento investigativo sovranazionale: i rapporti di collaborazione e le sinergie operative tra Eurojust, Europol ed OLAF
Sommario: 1. Il ruolo strategico di Eurojust nella cooperazione giudiziaria penale – 2. La funzione collaborativa di Europol – 3. L’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF) e l’attività di coordinamento per gli interessi finanziari – 4. I rapporti tra Eurojust, Europol ed OLAF e le relative problematiche
1. Il ruolo strategico di Eurojust nella cooperazione giudiziaria in materia penale
L’Unione europea, oltre a promuovere i valori legati al benessere dei popoli e alla pace, persegue anche scopi più specifici come quello di offrire ai suoi cittadini uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta a quest’ultima»[1]. Pertanto, è alla luce di un contesto in cui acquista sempre più forza l’opinione che individua «lo strumento più efficace per combattere il crimine transnazionale nella internazionalizzazione della repressione, ovvero nella instaurazione di forme sempre più incisive di collaborazione giudiziaria (e di polizia) tra Stati idonee a prevenire i reati e ad evitare o, quantomeno, a limitare la impunità dei colpevoli»[2], che si deve leggere la crescente importanza assunta dalla cooperazione giudiziaria penale, intesa «come l’insieme dei rapporti di collaborazione nelle materie attinenti il settore penale tra gli Stati membri e, operativamente, tra i loro rispettivi organi competenti, finalizzati al consolidamento, appunto, di quello spazio di libertà, sicurezza e giustizia al quale fa riferimento la disposizione unionistica»[3].
L’efficace attuazione di questi obiettivi, che ha alla base la costituzionalizzazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri, si fonda anche sulla progressiva creazione di reti, strutture ed organi comuni a carattere sovranazionale[4], capaci di marcare il passaggio verso l’individuazione di forme coordinate ed efficaci di contrasto della criminalità transnazionale (sia sul piano giudiziario, che di polizia), e al tempo stesso di preparare la piena realizzazione di uno spazio giudiziario comune.
Così, un’Europa che aspiri ad assumere un ruolo propulsivo nel complesso scenario della globalizzazione e della comunità globale[5], non può fare a meno di dotarsi di istituzioni giudiziarie e di organi di polizia “comuni”, in grado di aumentare il “peso specifico” di una realtà politica, allo stato, ancora in costruzione.
In questa prospettiva, ad oggi, tra gli organi fondamentali maggiormente attivi nel campo della tutela penale degli interessi dell’Unione vi è l’Eurojust.
Così, l’istituzione dell’unità di cooperazione Eurojust[6] come organo dell’Unione europea nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale, ha indubbiamente costituito non solo un importante tassello nella prospettiva del perseguimento dell’obiettivo della costruzione di quello spazio di libertà, sicurezza e giustizia stabilito nei Trattati, ma anche una delle più originali costruzioni concepite dal legislatore in tema di lotta al crimine transnazionale.
Lo sviluppo di nuove e sempre più diffuse forme di criminalità, grave e organizzata, di dimensioni transfrontaliere, indubbiamente facilitate nel loro operare dall’abolizione delle frontiere, dall’uso di enormi risorse finanziarie e dalle comunicazioni informatiche, ha posto i sistemi penali nazionali davanti ai propri limiti ed ha determinato, viste le diverse modalità di tempo e di luogo che caratterizzano le attività criminali contemporanee, molteplici iniziative, soprattutto in materia di giustizia penale internazionale, in un’epoca in cui la globalizzazione si impone come chiave di lettura per la comprensione dei fenomeni criminali[7].
È proprio in questo contesto che si spiega la creazione di Eurojust, nella sequenza di un lungo percorso, in cui si stagliano la definizione di un quadro comune per lo scambio di magistrati di collegamento[8] e la creazione di una Rete giudiziaria europea[9] e in cui si profilano, ora, altri importanti sviluppi conseguenti al rafforzamento dell’organismo, determinato dall’adozione della Decisione 2009/426/GAI del Consiglio del 16 dicembre 2008.
Ad oggi, l’istituzione di Eurojust rappresenta una delle ultime tappe di un articolato percorso procedurale avviato negli anni ‘90 al fine di rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità organizzata attraverso un’opera di consolidamento, anche a livello strutturale, organizzativo ed operativo assai più elevato delle precedenti, limitate, esperienze giudiziarie avviate nell’ambito dell’Unione europea. Non vi è dubbio, infatti, che l’istituzione di Eurojust, ispirata ad una logica di vera e propria integrazione tra gli Stati membri, abbia rappresentato una novità di assoluto rilievo per la collaborazione giudiziaria europea in materia penale[10].
Previsto per la prima volta nelle Conclusioni del Consiglio di Tampere del 1999[11], l’Eurojust fu istituito definitivamente con la Decisione del Consiglio 2002/187/GAI, adottata sulla base degli articoli 31 e 34 dell’allora Trattato dell’Unione europea[12].
A seguito degli attentati dell’11 settembre, avvertendosi l’esigenza di individuare, all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, un organismo da affiancare ad Europol, Eurojust nasce come raccordo necessario[13] tra le diverse autorità giudiziarie nazionali e succede all’Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria (cosiddetta Pro- Eurojust)[14], precedentemente istituita con la decisione consiliare del 14 dicembre 2000 (2000/799/GAI)[15].
L’ingresso di nuovi Stati membri nell’Unione europea nel 2007 e la necessità di rivedere il quadro giuridico di riferimento ed i poteri e le competenze di Eurojust, alla luce della sensibile trasformazione che ha interessato i fenomeni di criminalità transnazionale[16], hanno portato il Consiglio europeo ad approvare la decisione 2009/426/GAI[17] che, a differenza del primo intervento correttivo avutosi con la Decisione del Consiglio 2003/659/GAI, ha introdotto rilevanti modifiche nell’impianto normativo dell’originaria decisione, volte a migliorare le capacità strutturali ed operative dell’organismo, ad incrementare le prerogative dei membri nazionali e del collegio, a favorire lo scambio di informazioni con le autorità nazionali ed il miglioramento delle relazioni con la Rete giudiziaria e gli altri organismi di cooperazione[18].
Dunque, volendo intensificarne le capacità operative, incrementare lo scambio di informazioni tra le parti interessate e facilitare e rinsaldare la cooperazione tra le autorità nazionali e l’Agenzia, così come approfondire le relazioni con i Paesi terzi, la Decisione 2009/426/GAI[19] si è occupata in particolar modo «dell’acquisizione all’estero degli elementi di prova, di assicurare, quando necessario, la contestualità delle azioni giudiziarie intraprese dalle autorità partecipanti al coordinamento e di suggerire, ove possibile e nei limiti delle attuali competenze, indirizzi operativi per evitare l’insorgere di conflitti di giurisdizione o situazioni di bis in idem»[20].
Il Trattato di Lisbona del 2009, poi, nel determinare la comunitarizzazione del cosiddetto Terzo Pilastro, ha confermato, nel quadro normativo generale sulla cooperazione giudiziaria in materia penale, all’articolo 85, la centralità di Eurojust, esaltandone il suo ruolo per le finalità di coordinamento sopranazionale.
La disciplina è oggi rinvenibile principalmente all’art. 85 del TFUE[21] (ex art. 31 TUE), che, ampliandone i poteri, stabilisce che l’Eurojust ha il compito di sostenere e potenziare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili delle indagini e dell’azione penale contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri o che richiede un’azione penale su basi comuni, sulla scorta delle operazioni effettuate e delle informazioni fornite dalle autorità degli Stati membri e da Europol.
Inoltre, nonostante sia evidente che l’articolo 85 TFUE, affermando che «l’Eurojust ha il compito di sostenere e potenziare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili delle indagini e dell’azione penale», si muova ancora nell’ambito della cooperazione intergovernativa, è altrettanto vero che la direzione presa, vista la possibilità per il Parlamento europeo ed il Consiglio di attribuire direttamente il potere di avvio di indagini penali e di risolvere conflitti di competenza[22], sia quella di una sempre più incisiva impronta sovranazionale. Infine, proprio sulla base normativa offerta dall’art. 85 TFUE e sul nuovo impulso del Programma quinquennale stabilito a Stoccolma[23], con la proposta[24] del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 2013[25], benché ad oggi non abbia ancora ricevuto valore di legge comunitaria, si è cercato, nel tentativo di fornire una risposta “paneuropea coordinata” alla criminalità transfrontaliera ancora più efficace, di innovare ulteriormente la struttura ed i compiti di Eurojust[26].
Tale iniziativa, volta ad aggiornare l’Eurojust alle novità introdotte dal Trattato di Lisbona[27], si è concentrata sul miglioramento della sua efficacia operativa, dotandolo di una nuova struttura direttiva, armonizzando gli statuti dei membri nazionali, incrementando il potere valutativo del Parlamento europeo e di quelli nazionali circa le sue attività, definirne il possibile ruolo con la Procura europea ( ex art. 86) quando questa verrà definitivamente posta in essere[28].
Tale Progetto consta, inoltre, di una proposta di regolamento che istituisce la Procura europea, una comunicazione sulla governance dell’OLAF e sul rafforzamento delle garanzie procedurali nel quadro delle indagini in vista dell’istituzione della Procura europea e una proposta di regolamento che istituisce, definendone obiettivi e competenze[29], l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust)[30].
In ogni caso, Eurojust è un’agenzia dell’Unione, dotata di personalità giuridica, con sede operativa nei Paesi Bassi, a l’Aja, che si avvale del lavoro di uno staff composto da circa 200 persone, preposte sia a fornire assistenza alle Autorità nazionali ed agli organismi dell’Unione, sia a svolgere un efficace coordinamento delle operazioni di contrasto al crimine transnazionale.
E’ previsto che ciascuno dei ventotto membri nazionali designi un proprio rappresentante per la sede dell’Aja, che provenga dalle magistrature nazionali (pubblici ministeri o giudici) o dalle forze di polizia (funzionari di pari grado)[31] e che venga distaccato da ciascuno Stato membro in conformità al proprio ordinamento giuridico[32].
Tali rappresentanti, a norma di quanto previsto dall’articolo 2 della Decisione 2002/187 ante riforma, erano soggetti alla legislazione interna del proprio Stato sia per quanto riguarda il loro status[33] e la durata del loro mandato, sia per la natura e l’estensione dei loro poteri.
La volontà di procedere ad una uniformità a livello sovranazionale di questi aspetti è stata al centro sia del Regolamento della Commissione del 2013[34] (non ancora convertito in legge comunitaria) sia della riforma del 2009 (Decisione 2009/426/GAI) la quale, all’articolo 9, ha espressamente previsto che: – il mandato dura ora quattro anni, ed è rinnovabile a discrezione del Paese membro e revocabile con una comunicazione motivata inviata al Consiglio; il delegato nazionale è inoltre l’unico canale informativo tra l’agenzia e il proprio Stato; a lui è accordato l’accesso alla medesima quantità di materiale conoscitivo che avrebbe in qualità di pubblico ministero, giudice o funzionario di polizia nazionale; infine, può contattare direttamente le autorità competenti del proprio ordinamento di provenienza.
Ai membri nazionali, coadiuvati da uno o più sostituti, assistenti o esperti[35], oltre a competere tutte le attività necessarie per il conseguimento degli obiettivi di Eurojust, ossia assistere le autorità nazionali in ogni fase delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale, è demandata anche la risoluzione delle questioni giuridiche e dei problemi pratici derivanti dalle difformità esistenti tra gli ordinamenti degli Stati membri. E’ prevista, inoltre, sia la possibilità che siano permanentemente stanziati magistrati di collegamento di Paesi terzi, con i quali l’Eurojust abbia concluso accordi di cooperazione, sia che quest’ultima possa inviarne di propri in ambito extracomunitario[36].
A seguito della riforma del 2009, al fine di velocizzare e snellire lo scambio informativo, si è istituito un Sistema di coordinamento nazionale Eurojust[37] che oggi ospita i segretariati della Rete giudiziaria europea, della rete di punti di contatto in materia di genocidio, di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra, nonché della rete delle Squadre investigative comuni[38].
Responsabile dell’organizzazione e di tutte le operazioni dell’agenzia[39] è il Collegio[40], composto dai membri nazionali, che agisce, secondo opportunità, o tramite di essi o collegialmente[41].
Esso, inoltre, chiedendone l’approvazione al Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, provvede ad eleggere tra i suoi componenti il proprio Presidente e, se necessario, fino a due Vicepresidenti e ad adottare il proprio regolamento interno. Al Presidente, il cui mandato è di tre anni rinnovabile una sola volta, è demandato sia il coordinamento di tutti i lavori, sia il controllo della gestione effettuata dal Direttore amministrativo[42] che, nominato per cinque anni[43] quale vertice dell’apparato burocratico istituito a supporto del Collegio, è preposto alla gestione quotidiana, all’organizzazione dello staff e all’esercizio di bilancio.
L’articolo 23 prevede, inoltre, un’Autorità di controllo esterna ad Eurojust che, composta da tre membri permanenti e uno o più giudici provenienti dagli ordinamenti nazionali, deve sorvegliare che i dati inseriti nel sistema ex articolo 16 siano legittimi, alla luce delle disposizioni della Decisione stessa (articoli 14 e seguenti) e decidere sui ricorsi di coloro che siano interessati ad esercitare il diritto d’accesso ai sensi dell’art. 19.
E’ previsto, infine, ex articolo 17, che forme di controllo sui dati siano svolte anche dall’Ufficio protezione dati[44] e che, ex articolo 85 TFUE, il Parlamento europeo ed i parlamenti nazionali provvedano alla valutazione delle attività di Eurojust.
Circa gli obiettivi perseguiti da Eurojust, questi sono indicati dall’articolo 3 della Decisione istitutiva e si concretizzano: – nello stimolare e migliorare il coordinamento fra le autorità nazionali degli Stati membri, sia nell’ambito di indagini e azioni penali concernenti due o più Stati membri dell’Unione europea, sia di sua iniziativa o dietro sollecitazione delle autorità competenti, tenendo conto delle richieste di queste ultime, così come di qualsiasi informazione proveniente da organi competenti nell’ambito dell’Unione europea (Rete Giudiziaria Europea, Europol e OLAF); – nel migliorare la cooperazione fra le autorità competenti degli Stati membri, facilitando la cooperazione in generale, nelle sue varie modalità e, in particolare, agevolando l’esecuzione delle richieste e decisioni in materia di cooperazione giudiziaria penale, anche con riferimento agli strumenti che applicano il principio del riconoscimento giuridico; – nel fornire sostegno[45] e nell’assistere in ogni altro modo le autorità competenti degli Stati membri per migliorare l’efficacia delle loro indagini e azioni penali[46].
Seppur dotato di ampie finalità, l’Eurojust può intervenire solo qualora risultino soddisfatte determinate condizioni. Infatti, data l’ampiezza e la genericità dell’area di sua competenza, sono queste che rappresentano i reali confini della sua azione[47].
Eurojust, può “fornire sostegno ex articolo 3: – nell’ambito di indagini ed azioni penali concernenti almeno due Stati membri; su richiesta dell’autorità competente dello Stato membro interessato, qualora le indagini o le azioni penali investano unicamente lo Stato medesimo ed un Paese terzo, col quale sia stato concluso un accordo di cooperazione; – su richiesta dell’autorità competente dello Stato membro interessato, qualora tale sostegno rivesta, in un caso particolare, un interesse essenziale; – su richiesta dell’autorità competente dello Stato membro, qualora le indagini o le azioni penali investano unicamente lo Stato medesimo e l’Unione.
In particolare, circa il miglioramento del coordinamento delle indagini e delle azioni penali sviluppate da quelle autorità competenti, si deve sottolineare la novità rispetto ai suoi antecedenti storici. Se, infatti, i magistrati di collegamento e la Rete giudiziaria europea operavano ai fini del miglioramento della cooperazione giudiziaria penale nei soli settori dell’assistenza giudiziaria e dell’estradizione, l’Eurojust, quale soggetto appartenente ad un ordinamento sopranazionale[48], può porsi, in una logica di vera e propria integrazione tra gli Stati membri, come organo capace di assicurare un certo grado di armonizzazione dell’azione dei soggetti giudiziari operanti nei diversi Stati membri.
In ogni caso, dalla struttura organizzativa e dagli obiettivi appena descritti, emerge chiaramente sia la volontà di procedere ad una «centralizzazione leggera»[49], tentando così di verticalizzare la cooperazione giudiziaria allontanandosi dalla precedente orizzontalità dei rapporti intergovernativi, sia la difficile ricerca di un equo bilanciamento fra la componente giudiziaria e quella amministrativa[50].
Benché la natura non vincolante delle sue attribuzioni abbia «rappresentato […] uno dei suoi principali limiti operativi»[51], l’articolo 85 TFUE, prevedendo che «il Parlamento europeo e il Consiglio […] determinano la struttura, il funzionamento, la sfera d’azione e i compiti di Eurojust»[52], attribuisce al legislatore comunitario la possibilità di delineare poteri più incisivi.
Indubbiamente, ad oggi, l’ambito di competenza di Eurojust è assai vasto. Dal punto di vista programmatico, se l’articolo 3 della Decisione 2002/187 genericamente si riferisce a tutte le «forme gravi di criminalità», nell’articolo 4 della Decisione istitutiva si trova una maggiore specificazione essendo precisati quali fatti criminosi debbano considerarsi ricompresi nella formula[53].
Inoltre, sempre in base all’articolo 4, l’ambito di competenza di Eurojust sembra articolarsi in due aree: la prima, individuata mediante richiamo alle competenze di Europol[54], la seconda, propria di Eurojust, comprendente alcune specifiche forme criminali[55].
Completa il quadro della competenza di Eurojust il riferimento, operato dall’articolo art. 4, lettera c), agli «altri reati perpetrati in relazione» alle forme di criminalità previste dalle lettere a) e b) dello stesso articolo.
Come si vede, dunque, il legislatore europeo ha preferito non riferirsi a fattispecie criminose tassative, sia per l’assenza, almeno per alcune di esse, di una definizione comune al livello comunitario, sia perché una configurazione ampia delle fattispecie criminose permette indubbiamente di configurare in termini più elastici – e quindi più funzionali alle esigenze dell’assistenza e del coordinamento[56]– la sfera di azione attribuita ad Eurojust.
Ciò è ulteriormente dimostrato anche dalla possibilità (prevista nell’ultima parte dell’articolo 4) per Eurojust, conformemente ai suoi obiettivi, di ampliare la propria competenza prestando assistenza, «a titolo complementare», nelle indagini ed azioni penali relative a reati diversi da quelli previsti nella prima parte dell’articolo 4 «quando vi sia la richiesta di un’autorità competente di uno Stato membro»[57].
Ad Eurojust sono attribuite ulteriori competenze anche attraverso atti normativi separati[58], come la richiesta del parere dell’agenzia in tema di mandati d’arresto europeo concorrenti[59], dell’obbligo di trasmissione ad Eurojust di informazioni relative ad indagini penali concernenti reati di terrorismo[60] o, ancora, la possibilità che autorità nazionali vi si rivolgano per risolvere conflitti di giurisdizione[61]. Circa le competenze attribuite ad Eurojust, l’articolo 3 della Proposta del 2013, anch’esso dedicato alle fattispecie interessate dall’azione dell’agenzia, rimanda ad un esaustivo elenco[62] e afferma che «esulano tuttavia dalla sua competenza le forme di criminalità di competenza della Procura europea»[63] prevedendo, però, che l’Eurojust possa agire nei confronti dei reati che a queste siano oggettivamente connessi[64] o, al pari di quanto già esposto, su richiesta di un Paese membro per crimini che interessino solo questo o anche paesi terzi con i quali intercorrano accordi di cooperazione.
Per quanto riguarda le modalità pratiche con cui Eurojust pone in essere i suoi compiti, questi ex articolo 6, vengono adempiuti o tramite i suoi membri nazionali o, ex articolo 7, attraverso il Collegio[65]. Le funzioni attribuite ad Eurojust possono, cioè, essere svolte dall’organo tramite il Collegio, composto di tutti i membri nazionali, ciascuno dei quali dispone di un voto, oppure tramite i membri nazionali interessati, uno o più, i quali agiscono in nome e per conto dell’Eurojust[66].
La differenza tra i due modi di procedere non risiede tanto sui poteri esercitabili quanto, piuttosto, sui differenti casi sui quali essi possono essere attivati. Ai sensi dell’articolo 5, il Consiglio avrà esclusiva competenza, nelle modalità previste dall’articolo 7, ad intervenire: – quando ne facciano richiesta uno o più membri nazionali interessati; – quando le indagini o l’azione penale indichino una rilevanza europea o che attenga a Stati membri differenti da quelli direttamente implicati; – nei casi in cui venga posta una questione d’ordine generale relativa agli obiettivi di Eurojust; – nelle altre ipotesi previste[67] nella decisione stessa, mentre i membri nazionali sarebbero competenti per le fattispecie residuali[68]. Compete poi, in via generale al Collegio, ai sensi dell’art. 28 della Decisione istitutiva, la responsabilità dell’organizzazione del funzionamento di Eurojust.
Accanto alle funzioni attribuite all’organismo sopranazionale in quanto tale (sia che vengano adempiuti per il tramite dei suoi membri nazionali o attraverso il Collegio), la Decisione istitutiva contempla l’attribuzione al membro nazionale di ulteriori poteri[69]. L’articolo 9 prevede, infatti, che «ciascuno Stato membro definisce la natura e la portata dei poteri giudiziari che conferisce al proprio membro nazionale sul proprio territorio. Esso definisce inoltre il diritto del membro nazionale di agire nei confronti delle autorità giudiziarie straniere, conformemente agli impegni assunti sul piano internazionale».
In tale ipotesi, dunque, il membro nazionale esercita poteri non in nome e per conto di Eurojust, come per le funzioni ad esso immediatamente conferite dall’art. 6 della decisione, ma in proprio nome e per conto del proprio Stato membro in virtù del conferimento da esso operato[70].
Inoltre, per fornire maggiore continuità all’azione di Eurojust, permettendo a quest’ultimo di agire anche in casi di urgenza, la decisione 2009/426/GAI ha inserito l’art. 5 bis, che ha previsto l’istituzione di un coordinamento permanente (On-call coordination)[71], in grado di operare «24 ore su 24 e per l’intera settimana» (comma 1), grazie alla presenza di un «rappresentante del coordinamento permanente» per ogni stato membro.
La rete di rapporti intessuti dall’Eurojust è assai vasta e coinvolge diversi attori tra i quali l’Europol e l’OLAF. Demandando al prossimo paragrafo l’analisi dei rapporti con questi due partners, è opportuno, ora, soffermarsi sulle relazioni con altre istituzioni che l’articolo 29 della Decisione 2002/187, nel dettare la disciplina delle “relazioni con istituzioni, organi e agenzie”, individua in Frontex, nel Consiglio e nella Rete europea di formazione giudiziaria.
Circa i rapporti con questa ultima, l’art. 25bis[72] della Decisione 2002/187, inserito con la novella del 2009, auspicando rapporti privilegiati con Eurojut[73], ha stabilito che il loro dialogo si basi su criteri di concertazione e complementarità[74]
Per quanto riguarda, invece, le relazioni intrattenute con Frontex[75] (Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea) e con l’Accademia europea di Polizia[76], salvo quanto disposto dell’art. 26 della Decisione 2002/187, non si hanno basi normative. Tuttavia, esse sono, ad oggi, per lo più costituite dagli accordi[77] siglati con l’Eurojust, nonché dalla prassi che si sostanzia nelle attività compiute in materia di traffico di migranti per quanto attiene a Frontex e nella formazione di strategie di ampio respiro finalizzate alla formazione dei futuri operatori europei nella lotta al crimine organizzato, per quanto invece interessa il rapporto con l’Accademia europea di Polizia.
Circa, poi, le relazioni tra l’Eurojust e la Commissione[78], il ruolo di quest’ultima, espressamente disciplinato all’art. 11 della Decisione, in cui si fa espresso riferimento all’art. 36, co. 2 TUE[79], la vede pienamente associata alle attività dell’agenzia, a cui può partecipare apportando conoscenze specialistiche. Inoltre, nonostante non vi possa essere alcuna forma di interferenza, né diretta né indiretta, da parte della Commissione (nonostante abbia però la possibilità di influire sul bilancio di Eurojust)[80] e benché i rapporti siano sempre stati improntati alla reciproca indipendenza, al fine di procedere attraverso una stabile relazione, il 20 luglio 2012 Eurojust e la Commissione europea hanno siglato un protocollo d’intesa, che formalizza lo scambio di informazioni e che mira a rafforzare la cooperazione sulle questioni di interesse comune[81].
Spostando il punto di vista all’esterno dell’ambito comunitario, invece, devono essere ricordati gli accordi conclusi, a norma dell’art. 26 bis, tra Eurojust, Stati terzi e organizzazioni internazionali[82], che possono riguardare sia lo scambio di informazioni sia l’invio di magistrati di collegamento[83].
Circa, poi, i rapporti con la Procura europea, la proposta di Regolamento del 2013, dedicando alle relazioni con i partners parte del Capo V[84], ne disciplina, all’art. 41, lo scambio di informazioni e gli incontri tra il PME e il Presidente di Eurojust.
Per quanto riguarda i Paesi terzi, nel tentativo di adeguare la disciplina alle novità introdotte con il Trattato di Lisbona, si è previsto[85] che, pur avendo ancora valore i negoziati già conclusi alla data di definitiva approvazione del Regolamento, le agenzie non saranno più autorizzate a negoziare autonomamente e direttamente gli accordi, ma che questi saranno conclusi per il tramite della procedura di cui all’art. 218 TFUE[86], che coinvolge l’amministrazione europea nella sua interezza.
2. La funzione collaborativa di Europol
Nell’ambito dell’Unione europea è sempre più sentita la necessità di intervenire con una strategia, il più unitaria possibile, per contrastare il crimine organizzato transnazionale.
L’Unione europea, pertanto, assieme al rafforzamento della cooperazione, sta perseguendo obiettivi di enorme importanza quali la creazione di norme penali e processuali comuni, il coordinamento delle indagini attraverso lo scambio reale e rapido di informazioni tra le autorità dei diversi Paesi e la predisposizione di squadre investigative comuni dirette ad indagare i reati transnazionali[87].
Se, però, in Europa non esiste ancora un modello investigativo comune, ma tanti quanti sono i diversi sistemi processuali in vigore nei vari Stati appartenenti all’Unione e poiché l’assenza di una base procedurale comune costituisce indubbiamente uno dei maggiori ostacoli ad una effettiva azione di contrasto alle forme più forti di criminalità transnazionale, l’unico strumento efficace di lotta non può che essere un rafforzamento della cooperazione sia giudiziaria, ma soprattutto di polizia.
Pur in assenza, di un sistema procedurale comune tra i paesi dell’Unione, questa ha, però, creato numerosi organismi, tra cui l’Europol e le squadre investigative comuni per procedere ad un rafforzamento della cooperazione di polizia tra gli Stati membri[88].
E’ in questa direzione[89] che assume enorme rilievo la creazione di Europol.
Del resto, comportando la transnazionalità del crimine una europeizzazione anche degli strumenti di contrasto ed una conseguente stretta collaborazione tra le polizie nazionali, l’articolo 88 TFUE prevede che Europol si occupi di «sostenere e potenziare l’azione delle autorità di polizia e degli altri servizi incaricati dell’applicazione della legge degli Stati membri e la reciproca collaborazione nella prevenzione e lotta contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalità che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell’Unione».
Benché l’idea di una polizia comune avesse radici profonde[90] e benché, in ambito comunitario, ci fosse già stata l’esperienza del Gruppo Trevi (una rete intergovernativa di rappresentanti dei ministri della giustizia e degli affari interni), costituito negli anni ’70 per fronteggiare gli atti terroristici che affliggevano l’Europa in quel decennio, l’Ufficio europeo di polizia (Europol)[91] è stato ufficialmente istituito nel 1992[92], con sede all’Aja, nei Paesi Bassi. L’Ufficio è poi entrato in funzione il 1° ottobre 1998 sulla base della Convenzione Europol del 25 luglio 1995[93] ed è attualmente regolato dalla decisione del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (Europol) (2009/371/GAI)[94].
L’idea iniziale di una polizia comune e gli obiettivi ad essa collegati hanno indubbiamente suscitato, nel tempo, un costante interesse. Infatti, negli anni che seguirono l’esperienza del Gruppo Trevi, vennero presentate numerose proposte per la formalizzazione di un progetto concreto, che ebbero però scarsi riscontri almeno fino a quando, nel 1991, Kohl espose, al Summit tenutosi a Lussemburgo, il suo programma per una “FBI europea”. Il dibattito proseguì e portò nel Trattato di Maastricht ed in particolare tra le materie di interesse comune previste dall’articolo K1 all’introduzione della « cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di cooperazione doganale, in connessione con l’organizzazione a livello dell’Unione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un Ufficio europeo di polizia (Europol)»[95].
La sua prime forme di attuazione si ebbero, dapprima con l’Europol Drugs Unit, formata nel 1993 e operativa dal 1994, poi con la Convenzione Europol del 1995 che, però, entrò in vigore solo nel 1998, alla conclusione del processo di ratifica da parte degli Stati membri. Si delineava, come anticipato, un Ufficio Europeo di Polizia (Europol), avente natura di agenzia dell’Unione europea con sede all’Aja (al pari di Eurojust) che doveva affiancare le forze di ordine pubblico degli Stati membri nella lotta al crimine organizzato internazionale e al terrorismo[96].
Il trattato di Amsterdam, procedendo poi a ridefinire la struttura del settore Giustizia e Affari Interni qualificando l’ambito di competenze del Terzo pilastro Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, evidenziava come funzione essenziale non solo la collaborazione tra le autorità giudiziarie, ma anche e prima ancora quella tra forze di polizia[97].
Tale obiettivo doveva perseguirsi in particolar modo nel settore della concertazione operativa nella prevenzione e repressione dei crimini transnazionali, della raccolta, archiviazione e scambio delle informazioni relative, del coordinamento nella formazione e sviluppo professionale dei funzionari e, infine, nel settore dell’elaborazione di strategie comuni e dell’individuazione di innovative tecniche investigative.
Un punto di svolta si ebbe con l’inclusione degli Accordi di Schengen nel diritto comunitario che, permettendo il libero movimento dei cittadini europei attraverso le frontiere interne, agevolò enormemente l’operare delle organizzazioni criminali.
Per ovviare a questo enorme problema, il Consiglio di Tampere, nelle sue conclusioni[98], chiese l’istituzione di squadre investigative comuni (Joint investigation teams)[99] preposte al contrasto del traffico di droga, della tratta di esseri umani e del terrorismo, stabilendo, inoltre, che l’Europol (di cui si chiedeva anche il rafforzamento dei poteri operativi conferendogli la facoltà di ottenere dati e richiedere l’avvio di indagini agli Stati membri) ne coordinasse e supportasse l’azione. Così, la “polizia europea” divenne pienamente operativa il 1 luglio del 1999, con un mandato più esteso di quello inizialmente previsto poiché, oltre ad un più ampio elenco di crimini rientranti nella sua competenza[100], ad esso veniva altresì attribuito il potere di negoziare accordi di cooperazione con Stati terzi e organizzazioni internazionali[101].
Nel 2004, poi, il programma dell’Aja, portando avanti il programma dettato ad Amsterdam di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia ed introducendo il Documento di valutazione della minaccia del crimine organizzato (Organised Crime Threat Assessment), previde che l’ufficio di polizia europea dovesse essere invitato ad assistere il Consiglio e gli Stati membri nell’incremento della qualità del patrimonio informativo delle forze di polizia e ad instaurare ed attivare, senza ritardi, il Sistema Informativo Europol.
Se, inoltre, la Convenzione del 95 autorizzava Europol a negoziare tramite accordi di cooperazione bilaterale con Stati extraeuropei e le organizzazioni internazionali, nel marzo del 2000 il Consiglio GAI acconsentì a che venissero siglati atti con 23 Nazioni e tre organizzazioni internazionali. Così, entro la fine del 2004 già erano entrati in vigore dieci piani strategici (che prevedevano lo scambio di informazioni ad esclusione dei dati personali) e sette accordi operativi (che prevedevano anche lo scambio dei dati personali). Mentre, così, si procedeva a rafforzare la rete di contatti, prima l’introduzione nel 2002 dell’euro poi l’adozione del programma dell’Aja e l’adesione di nuovi Stati all’Unione hanno comportato che l’Europol entrasse in una nuova era.
Fu, pertanto, necessario, negli anni successivi, ampliare ulteriormente i poteri dell’Ufficio, soprattutto in materia di falsificazione della moneta unica attraverso anche alcuni Protocolli di modifica della Convenzione Europol. La risposta si ebbe con la Decisione 2005/511[102] che, oltre a designare l’Europol come “ufficio centrale” responsabile della repressione di tale fattispecie criminosa, previde che esso potesse giovarsi dell’apporto conoscitivo e della grande esperienza che accompagnava l’inserimento di funzionari provenienti dai nuovi Paesi membri. Inoltre, nel 2007, modificando la Convenzione del 1995, sono entrati in vigore tre protocolli siglati tra il 2000 e il 2004. Il Primo[103], in tema di riciclaggio di denaro sporco, ha esteso la competenza dell’agenzia in materia[104], il secondo[105], relativo alle squadre investigative comuni, ha autorizzato gli ufficiali a partecipare a queste ultime[106], il terzo[107] (detto protocollo danese[108]) ha introdotto un numero consistente di emendamenti alla Convenzione in vista di un suo progressivo avvicinamento al modello di agenzia dell’Unione, come delineato dal Trattato di Lisbona[109] che ha rappresentato l’occasione per procedere ad una riforma a carattere generale ed organica del funzionamento di tale ufficio[110].
Infatti, se inizialmente Europol era stato creato come un’organizzazione internazionale, finanziata dai Paesi membri e dotata di un proprio corpus normativo, con la riforma dei Trattati, al contrario, il Consiglio GAI acconsentì a che una Decisione ne modificasse l’impianto finanziario facendo rientrare il suo bilancio fra quelli in conto al budget europeo[111]. Il testo della Decisione, approvato il 24 giugno del 2008, fu adottato il 6 aprile del 2009 e comportò anche l’ampliamento degli obiettivi e delle funzioni[112].
Inoltre, al fine di assicurare la migliore attuazione possibile alla disciplina della Decisione, l’Europol ha promosso il “Programma Europol Council Decision, volto proprio ad assicurarne l’effettiva esecuzione mantenendo la continuità nelle capacità operative dell’agenzia. Il nuovo quadro giuridico è entrato in vigore il primo gennaio del 2010, data in cui si è definitivamente passati dal modello internazionale a quello di Agenzia europea.
Circa la sua natura e composizione, si deve precisare che l’Europol è fondamentalmente un’agenzia per lo scambio e l’analisi di informazioni e di intelligence[113] ed è costituita da circa novecento membri, dislocati in tre nuclei fondamentali, quali gli ufficiali di collegamento nazionali (Europol liaison officers), quelli di intelligence e gli analisti del crimine.
Ad essi si aggiungono i soggetti delegati dagli Stati terzi quali l’Australia, il Canada, gli Stati Uniti e la Norvegia) nonché quelli delegati dalle organizzazioni internazionali. Dotato di personalità giuridica a norma dell’art. 2 della Decisione 2009/371, l’Europol ha la possibilità di esercitare la “più ampia capacità giuridica” in ogni stato membro.
Circa il numero delle operazioni svolte, Europol collabora, con ottimi risultati, nel contrasto di reti criminali e nella salvaguardia e riabilitazione delle vittime di sfruttamento sessuale, annualmente in oltre diciottomila investigazioni transnazionali.
Con l’obiettivo di perseguire più efficacemente questi obiettivi, il personale afferente a questa Agenzia si compone di individui di differenti nazionalità e specializzazioni (funzionari di polizia, doganali, di sicurezza) che, garantendo differenti competenze ed esperienze professionali, apportano notevoli e diversificate competenze in tema di risposta repressiva. Inoltre, il personale Europol può partecipare alle squadre investigative comuni[114] che si occupano di forme di criminalità rientranti nei suoi obiettivi, prestando assistenza nelle loro attività e negli gli scambi di informazioni con tutti i loro membri.
In base al nuovo regolamento, qualora Europol abbia motivo di ritenere che la costituzione di una squadra investigativa comune apporti valore aggiunto ad un’indagine, potrà proporla agli Stati membri interessati ed adottare le misure per aiutarli a costituirla. Il personale può, inoltre, domandare agli Stati membri di avviare indagini penali (il nuovo regolamento specifica in proposito che Europol potrà chiedere alle autorità competenti degli Stati membri interessati, tramite le unità nazionali, di avviare, svolgere o coordinare un’indagine penale su un reato rientrante nell’ambito dei suoi obiettivi. Eurojust dovrà essere immediatamente informato da Europol delle richieste e delle decisioni prese al riguardo dalle autorità competenti degli Stati membri).
L’amministrazione di Europol è affidata ad un Consiglio di amministrazione[115] composto da un rappresentante per ogni Stato membro ed un osservatore delegato dalla Commissione. Nelle sue riunioni, che devono essere almeno due l’anno, si stabiliscono all’unanimità le priorità dell’Agenzia e lo statuto relativo ai membri, si redige la relazione sull’attività trascorsa ed un’altra su quella in previsione[116]. La presidenza del Consiglio di amministrazione è affidata d’ufficio allo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. A tale collegio si affiancano il direttore, il controllore finanziario ed il comitato finanziario.
Il Direttore[117] è nominato all’unanimità dal Consiglio su parere del Consiglio di amministrazione, ha un mandato di quattro anni rinnovabile una sola volta ed è assistito da tre vicedirettori nominati con il medesimo procedimento. Ad esso è demandato il compito di coordinare questi ultimi e di sovraintendere all’esecuzione delle funzioni dell’Agenzia ed è responsabile di ciò davanti al Consiglio di amministrazione[118].
Al Consiglio di amministrazione risponde del proprio operato anche il controllore finanziario che viene da questo nominato all’unanimità.
Infine, vi è il comitato finanziario che si compone di rappresentanti nazionali e si occupa del controllo dei contributi degli Stati membri, così come dei conti di gestione dell’Agenzia e del suo bilancio annuale. Tale controllo viene inviato al Consiglio.
L’azione dell’Europol si giova, inoltre, dal primo gennaio 2013, dell’apporto del Centro Europeo per il crimine informatico (European Cybercrime Centre), istituito dalla Commissione nel marzo 2012 per contrastare efficacemente e specificatamente le truffe online, gli adescamenti di minori via internet ed i crimini informatici che compromettono le infrastrutture e i sistemi di informazione comunitari. Al di fuori della struttura Europol si colloca, poi, l’Autorità di controllo comune che, quale organo indipendente[119] anche dai Governi nazionali, è incaricata di vigilare sull’attività dell’Europol per accertarsi che l’utilizzazione e la trasmissione dei dati avvengano nel rispetto dei diritti delle persone[120].
L’Europol ha il compito di sostenere e potenziare l’azione delle autorità competenti degli Stati membri e la loro reciproca cooperazione nella prevenzione e lotta contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalità che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell’Unione.
Per la Convenzione Europol del 1995 la missione di Europol consiste nell’«apportare un significativo contributo all’azione di applicazione della legge dell’Unione europea al fine di prevenire e combattere il terrorismo, il traffico illecito di stupefacenti e altre gravi forme di criminalità organizzata nell’ambito delle proprie competenze, riservando particolare attenzione alle organizzazioni criminali coinvolte»[121]. A tal fine, le competenze affidate ad Europol si sostanziano nel facilitare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, nella possibilità di ottenere, raccogliere e analizzare informazioni e nel comunicare alle autorità competenti degli Stati membri le informazioni che le riguardano. Provvede, inoltre, ad evidenziare ogni collegamento constatato tra i reati per facilitare le indagini negli Stati membri, a trasmettere alle unità nazionali tutte le informazioni pertinenti e a mantenere un sistema telematico delle informazioni raccolte che consenta l’inserimento, l’accesso e l’analisi di dati.
Il 24 giugno 2008, si è raggiunto un accordo politico (entrato in vigore nel 2010) per trasformare la convenzione Europol in una decisione del Consiglio, con il quale si è ulteriormente esteso il mandato di Europol a tutti i tipi di forme gravi di criminalità internazionale e non solo quelle ad opera di gruppi appartenenti alla criminalità organizzata.
Secondo l’articolo 5 della decisione Europol del Consiglio, i principali compiti della struttura si sostanziano nella: – raccolta, conservazione, trattamento, analisi e scambio di informazioni e intelligence; – nel dovere di comunicare senza indugio alle autorità competenti degli Stati membri, attraverso l’unità nazionale di cui all’articolo 8, le informazioni che le riguardano e ogni collegamento constatato tra i reati; – nel facilitare le indagini negli Stati membri, in particolare trasmettendo alle unità nazionali tutte le informazioni pertinenti; – nel chiedere alle autorità competenti degli Stati membri interessati di avviare, svolgere o coordinare indagini e di proporre l’istituzione di squadre investigative comuni in casi specifici; – nel dovere di fornire intelligence e supporto analitico agli Stati membri in relazione ad eventi internazionali di primo piano; – nel compito di preparare valutazioni delle minacce, analisi strategiche e rapporti di situazione in relazione all’obiettivo, incluse valutazioni della minaccia costituita dalla criminalità organizzata.
Il sostegno e lo sviluppo dell’azione delle autorità nazionali e della collaborazione nella prevenzione e repressione delle forme di criminalità “grave”[122] di entità transnazionale, (come il terrorismo o le fattispecie che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell’Unione) si realizzano attraverso il miglioramento dello scambio di informazioni fra autorità di polizia. A tal fine, l’Europol effettua una valutazione della minaccia rappresentata dalla criminalità grave e organizzata (Serious and Organised Crime Threat Assessment), che serve da base per le decisioni e le valutazioni delle minacce da parte del Consiglio (Internet Organised Crime Threat Assessment ), ed elabora una relazione sulla situazione e sulle tendenze del terrorismo nell’Unione europea (The European Union Terrorism Situation and Trend Report).
Le misure miranti al perseguimento degli obiettivi, adottabili con procedura legislativa ordinaria dal Parlamento europeo e dal Consiglio[123], attengono quindi alla trattazione dei dati e delle informazioni, alla formazione professionale del personale e alle tecniche investigative comuni. Tali fini programmatici sono enunciati anche all’articolo 3 della Decisione 2009/371, mentre l’articolo 4 dispone l’ambito di competenza, ossia i reati di criminalità organizzata, di terrorismo e di forme gravi di criminalità (elencate negli allegati) e quelli ad essi connessi, che colpiscono due o più Stati membri, qualora la loro “portata, gravità e conseguenze” richiedano una risposta comune. Sempre l’articolo 4, al terzo comma stabilisce, similmente a quanto viene statuito nelle disposizioni della proposta di Regolamento del 2013 per l’Eurojust, quali sono i criteri di connessione dei reati, e cioè i reati commessi per procurarsi i mezzi, per agevolare o compiere gli atti rispetto ai quali è competente Europol, ovvero per assicurare l’impunità degli stessi[124]. L’art. 5 della Decisione, poi, richiamando l’articolo 88, individua i compiti attribuiti alla polizia europea nella raccolta, elaborazione e trasmissione di informazioni facendo salva la facoltà di chiedere alle autorità competenti degli Stati membri interessati di avviare, svolgere o coordinare indagini e di proporre l’istituzione di squadre investigative comuni in casi specifici. I commi seguenti aggiungono, inoltre, gli incarichi di assistenza delle Autorità nazionali nella ricerca e selezione del patrimonio informativo e di formazione dei propri funzionari che, in rapporto alle proprie esigenze e disponibilità di bilancio, coadiuvano gli operatori del settore a livello statale.
Sempre l’articolo 5 richiama, infine, il ruolo di “Ufficio centrale” nel contrasto alla falsificazione dell’euro assegnatogli con la Decisione 2005/511/GAI, in cui l’Europol non solo agisce come ente promotore, ma anche come organo di coordinamento delle misure di prevenzione e repressione comuni e di sostegno di quelle nazionali.
Inoltre, l’articolo 6 richiama la possibilità per l’Europol di partecipare (con un’istanza che deve essere comunicata ad Eurojast e priva di valore coattivo) alle squadre investigative comuni, citate come possibile partner all’articolo 88 TFUE ed il successivo articolo 7, regola, in applicazione di quanto stabilito dall’articolo 5, le procedure concrete di richiesta di avvio di indagini.
L’Europol si presenta, così, come Agenzia preposta alla concertazione delle indagini a livello europeo, facilitando lo scambio informativo ed il lavoro di intelligence[125]. A tal fine vengono designate dagli Stati membri, secondo quanto previsto dall’art. 8 della Decisione 2009/371, le Unità nazionali Europol, le quali rappresentano punti di contatto con le autorità nazionali. Ogni Unità nazionale Europol deve inviare a sua volta un ufficiale di collegamento (la cui disciplina è contenuta all’art. 9) affinché questi possa rappresentarne gli interessi e possa facilitare le comunicazioni con l’Ufficio europeo. Al fine di raggiungere una significativa e completa raccolta, elaborazione e trasmissione dei dati è stato costituito un sistema informatico denominato Sistema d’informazioni Europol[126] che si compone della struttura di raccolta, degli archivi di lavoro e del sistema di repertorio, a loro volta articolati in strutture interne all’Agenzia e in quelle nazionali.
I dati raccolti, analogamente a quanto avviene per l’attività di Eurojust, devono sottostare alla normativa prevista dagli articoli 17-21 e devono essere sottoposti alle verifiche operate dall’Autorità di controllo comune, alla quale gli individui possono rivolgersi per richiedere la cancellazione o la rettifica delle informazioni errate che li riguardano.
Accanto all’autorità di controllo comune, ente sovranazionale ed indipendente, ogni Stato individua poi un organo nazionale preposto al vaglio della liceità delle operazioni compiute nell’ordinamento di riferimento.
Ancora, al fine di assicurare che i dati trasmessi non vengano intercettati comportando, così, un grave pregiudizio dello svolgimento delle indagini e al fine di tutelare il diritto dei singoli a che quanto concerne la sfera personale sia effettivamente nella sola disponibilità di coloro che hanno titolo a prenderne visione, è stato previsto il Secure Information Exchange Network Application (S.I.E.N.A.)[127].
In casi specifici ad Europol è consentito anche la possibilità di richiedere l’accesso ai dati conservati nel sistema d’informazione visti (VIS, sistema di scambio di dati relativi ai visti d’ingresso nello Spazio Schengen tra gli Stati che ne fanno parte) ai fini della prevenzione, individuazione ed investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi. Tali consultazioni devono essere effettuate attraverso punti di accesso centrali nei Paesi partecipanti e da Europol, garantendo una verifica delle domande ed assicurando la conformità alla decisione 2008/633/GAI del Consiglio[128].
Negli ultimi anni l’Europol ha ulteriormente incrementato la sua collaborazione con le autorità di contrasto dell’UE e dei Paesi terzi, sottoscrivendo fra l’altro accordi bilaterali con Stati non appartenenti all’Unione europea e con organizzazioni internazionali[129].
In particolare: – nel 2013, presso la sede di Europol è stato istituito il Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica che è competente nella valutazione della minaccia della criminalità organizzata su Internet; – nei primi mesi del 2015, su sollecitazione del Consiglio giustizia e affari interni, è stata istituita un’unità addetta alle segnalazioni su Internet, volta a combattere la propaganda terroristica online e altre attività estremistiche; – nel 2015 è stata lanciata l’operazione congiunta MARE (squadra operativa congiunta per l’informazione marittima), con l’obiettivo di intensificare gli sforzi per contrastare il traffico di migranti; – nel 2016 il Consiglio ha ulteriormente esteso il mandato antiterrorismo di Europol con la previsione del nuovo Centro europeo antiterrorismo, presso il quale sono distaccati gli esperti antiterrorismo degli Stati membri al fine di incrementare la capacità di indagine transfrontaliera; – nel 2016, il Federal Bureau of Investigation (FBI) ed Europol hanno firmato un accordo finalizzato a intensificare le azioni congiunte di lotta contro i combattenti terroristi stranieri. In base a tale accordo, l’FBI potrà essere coinvolto nello scambio di informazioni coordinato dalla rete di esperti del punto focale di Europol Travellers. Inoltre, come previsto nell’Agenda europea sulla migrazione, presentata dalla Commissione europea a maggio 2015[130], ad Europol è stato affidato il compito di lavorare sul terreno con gli Stati membri in prima linea e con altre agenzie dell’UE (l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo – EASO, Frontex ed Eurojust) per condurre con rapidità le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo nei cd. “punti di crisi” (hotspots), ossia sezioni della frontiera esterna dell’Unione europea o regioni sottoposte a una pressione migratoria eccezionale[131]. In particolare, Europol ed Eurojust sono tenute ad assistere lo Stato membro ospitante con indagini volte a smantellare le reti della tratta e del traffico di migranti. Infatti, essendo stata adottata nel 2016 la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’uso dei dati del codice di prenotazione a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi, ai sensi della quale i vettori aerei dovranno fornire alle autorità degli Stati membri i dati per i voli in arrivo o in partenza dall’Unione europea, si prevede che gli Stati membri scambino i dati che ricevono, tra di loro e con Europol, quando ciò è ritenuto necessario a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo o dei reati gravi.
Le istituzioni con cui Europol intrattiene accordi di collaborazione sono, principalmente, gli altri attori della scena penale europea, in primis Eurojust ed OLAF. Rinviando al paragrafo conclusivo di questo capitolo per un’approfondita analisi delle relazioni intercorrenti tra questi attori, per il momento è opportuno accennare che circa la collaborazione con Eurojust, il risalente rapporto è stato di recente rinsaldato con l’Accordo di collaborazione con Europol del 2010[132], incentrato sullo snellimento delle procedure per lo scambio di informazioni e per un maggiore supporto nell’attività di cooperazione giudiziaria, evitando la duplicazione delle azioni intraprese nel medesimo caso. Circa i rapporti con OLAF, tale ufficio coopera nei reati di frode, corruzione, riciclaggio di denaro ed ogni altra attività illegale “nel quadro del crimine organizzato” che danneggi gli interessi finanziari comunitari, come ad esempio la contraffazione della moneta unica[133].
Anche nei confronti dell’OLAF i principali canali di collaborazione si esplicano nella trasmissione di informazioni e nello scambio di nozioni tecniche, nel supporto logistico, nella formazione dei rispettivi funzionari, nella costituzione di punti di contatto e nella comune partecipazione alle Squadre investigative comuni. Altri soggetti interessati alla cooperazione, a norma degli articoli 21 e seguenti, sono l’Accademia europea di polizia, Frontex, la Banca centrale europea e l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze.
Con tutti questi, l’Europol stipula accordi di cooperazione previa autorizzazione del Consiglio di amministrazione e parere positivo dell’Autorità di controllo comune. Inoltre Europol, come si è visto, è abilitato, secondo quanto disposto dall’articolo 23, ad intrattenere relazioni (attraverso accordi di tipo operativo o strategico) sia con Paesi terzi che con organizzazioni internazionali.
3. L’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF) e l’attività di coordinamento per gli interessi finanziari
Negli ultimi anni si è accentuata sempre di più l’attenzione alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea e, in particolar modo, alla lotta alle frodi.
Infatti, sia la crescente gravità del fenomeno corruttivo che ha ormai assunto dimensioni transfrontaliere, sia i successi conseguiti dalle apposite strutture istituite nell’ambito della Commissione europea, hanno favorito l’adozione nel tempo di sempre più incisivi strumenti di coordinamento per la tutela degli interessi finanziari[134]. Del resto, in un contesto connotato da una delle più gravi crisi dell’economia mondiale, la corretta ed efficace gestione delle risorse finanziarie comuni rappresenta un’assoluta necessità ed un preciso dovere per tutte le pubbliche Istituzioni.
Per l’importanza del tema, non a caso, i settori della tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea e della lotta contro la frode delineano un’area di responsabilità condivisa tra la stessa Unione e gli Stati membri, disciplinata dall’art. 325 TFUE, che sancisce non solo un principio di assimilazione, secondo il quale tutti gli Stati membri devono adottare, per la lotta contro le frodi che ledono gli interessi finanziari dell’UE, le stesse misure di cui normalmente si avvalgono per combattere le frodi che ledono i propri interessi finanziari nazionali, ma anche la necessità di un costante coordinamento dell’azione tra Unione europea e Autorità nazionali e l’importanza che il Parlamento europeo e il Consiglio assumano, a tal fine, ogni utile iniziativa in questo settore vitale per l’Unione garantendo, così, anche una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri.
In questa ottica, alla fine di un percorso iniziato tempo addietro, è in funzione da giugno del 1999, l’OLAF quale principale strumento comunitario per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea.
Situato a Bruxelles, l’ufficio è impegnato nelle indagini amministrative in tema di lotta alle frodi che ledono gli interessi dell’Unione europea, nonché contro la corruzione e ogni altra attività illecita che avvenga all’interno delle istituzioni e degli organismi comunitari.
Per quanto attiene alla complessiva evoluzione storica della protezione degli interessi finanziari della Comunità[135], fino al 1987 la cooperazione in questo settore si basava su una serie di “Task force di coordinamento della lotta antifrode”. Nel 1988 la Commissione europea, a seguito di insistenti richieste del Parlamento europeo, circa l’intensificazione dell’azione di contrasto alle frodi in danno del bilancio comunitario, creò l’Unità di coordinamento della lotta antifrode, denominata UCLAF, che, istituita in seno al Segretariato generale della Commissione europea, per circa 10 anni ha promosso lo sviluppo delle reti[136] e delle banche dati informative antifrode, nonché raccolto ed analizzato le informazioni necessarie all’attività investigativa.
Un grosso passo in avanti fu poi formalizzato nell’articolo 280 del Trattato di Amsterdam[137] che apportava modifiche all’ex art. 209 TUE.
Mentre nel Trattato di Maastricht le forme di tutela erano ancora in capo alle amministrazioni nazionali[138], il Trattato di Amsterdam portò ad un accentramento di tale funzione e la procedura tramite la quale venivano stabilite le misure[139].
In ogni caso, però, nonostante queste azioni fossero state indirizzate ad una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri, ciò non escluse che, da un lato rimanesse fermo il principio di assimilazione e, dall’altro, fosse chiarito che tali misure non dovevano riguardare l’applicazione del diritto penale nazionale o l’amministrazione della giustizia negli Stati membri. Contemporaneamente allo sviluppo della cooperazione in materia penale, vennero alla luce la Convenzione per gli interessi finanziari dell’Unione Europea[140], adottata su iniziativa della Commissione per risolvere il gravoso problema delle frodi comunitarie[141] e, sulla scia della Convenzione e degli atti ad essa correlati[142], venne promosso uno studio circa la possibilità di sviluppare una più forte cooperazione nel medesimo settore istituendo, anche un organo che ne curasse l’attuazione[143]. Da tale studio promosso dal Parlamento europeo, nel 1997 nacque un progetto contenente 35 articoli di diritto penale e processuale volti alla salvaguardia degli interessi finanziari comunitari, denominato, in onore alla celebre raccolta legislativa giustinianea, Corpus Juris[144] (che si pronunciò anche sulla previsione della Procura europea ripresa sia dal Trattato Costituzionale e dal Trattato di Lisbona)[145].
In particolare, l’articolo 18 del Progetto, rubricato Status and structure of the European Public Prosecutor (ovverosia il Pubblico ministero europeo), stabiliva che ai fini dell’investigazione, prosecuzione, accusa ed esecuzione concernenti le sentenze riguardanti i crimini di cui agli articoli 1-8 del medesimo testo, i territori degli Stati membri costituiscono un’unica area legale[146]. La medesima norma, al secondo comma, presentava il Pubblico ministero europeo come un’Autorità della Comunità Europea, responsabile per le attività di cui sopra ed indipendente tanto dalle autorità nazionali che dalle istituzioni europee[147]. Al terzo comma, poi, veniva delineata la struttura, composta da un Direttore con sede a Bruxelles a cui fanno riferimento Pubblici ministeri “delegati” nelle rispettive capitali nazionali e nelle città in cui ha sede una corte competente a norma dell’art. 26[148]. Dal testo si evince che le caratteristiche del Pubblico ministero europeo dovrebbero essere l’indivisibilità e l’interdipendenza.
In ogni caso, essendo evidente il passaggio da un’idea di una più profonda cooperazione interstatale ad uno spazio giuridico comune, il Parlamento europeo, con due risoluzioni[149], affidò alla Commissione uno studio sulla fattibilità del Corpus Juris che si concretizzò nel 2000 con il documento Suivi de Corpus Juris[150]. Al di là degli enormi passi in avanti risultava sempre più evidente, però, che la tutela degli interessi finanziari comunitari doveva impegnarsi a reprimere anche le minacce interne.
Già nel 1998 la Corte dei Conti, in una relazione speciale[151], aveva evidenziato le carenze nella lotta alle frodi, prime fra tutte l’oscurità delle procedure interne e la debolezza operativa dell’UCLAF. A ciò si aggiunsero i risultati della prima relazione del Comitato di esperti indipendenti[152], incaricato dal Parlamento[153] di fare chiarezza sulle ipotesi di corruzione di alcuni membri della Commissione.
Tale evento mosse la Commissione ad approvare una serie di misure d’emergenza, pubblicate in un pacchetto antifrode[154], tra le quali emerse l’istituzione dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (l’Office européen de lutte antifraude o OLAF con un mandato investigativo indipendente ai sensi della Decisione della Commissione 1999/352)[155] e la normativa di contorno[156].
Come si è già avuto modo di dire, all’istituzione dell’OLAF[157] ha contribuito tanto la progressiva presa di coscienza della gravità delle frodi comunitarie, quanto la percezione di una possibile presenza della corruzione all’interno delle istituzioni europee.
Circa la complessiva evoluzione storica della protezione degli interessi finanziari, il Libro Verde[158] della Commissione ha affermato che all’OLAF è affidata la salvaguardia degli interessi comunitari, da compiersi per il tramite di poteri di inchiesta amministrativa, delle cui risultanze deve dare poi comunicazione agli organi giurisdizionali nazionali.
Si tratta di un ente puramente amministrativo, le cui competenze non possono dirsi né investigative, né tanto meno giurisdizionali e, ad oggi, la base normativa su cui l’OLAF agisce è l’art. 325 TFUE, mentre la concreta disciplina è rinvenibile nel Regolamento 883/2013[159], che ha abrogato e sostituito i precedenti atti in materia[160].
L’OLAF[161] è una Direzione generale della Commissione europea ma, pur essendo incardinato in seno al suo apparato burocratico, esso ne è tuttavia indipendente[162], godendo di piena autonomia tanto amministrativa che di bilancio, ed essendo totalmente svincolato dalle sue indicazioni nello svolgimento delle sue funzioni investigative: a conferma di ciò basti la previsione della facoltà, attribuita al suo Direttore generale, di intentare un’azione contro la Commissione stessa dinanzi alla Corte di giustizia.
Missioni di OLAF sono: tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea conducendo indagini in materia di frode, corruzione e ogni altra attività illecita, effettuare controlli su eventuali fatti gravi commessi dai dipendenti comunitari nell’esercizio della proprie attività professionali e fornire assistenza nell’elaborazione ed esecuzione di progetti e di politiche di prevenzione delle truffe ai danni degli interessi comunitari[163].
Inoltre, dalle indagini svolte in seno ad OLAF, possono essere avviati procedimenti disciplinari interni o procedimenti penali in ambito nazionale.
L’OLAF è, inoltre, preposto a controllare ed indicare i punti deboli della legislazione, dei contratti e del sistema di gestione e controllo relativo agli interessi finanziari europei.
L’Ufficio, ad oggi, conta di un notevole personale che si diversifica per iter formativo e per competenze professionali.
Circa l’azione volta alla prevenzione delle frodi, finalizzata ad un più veloce e completo scambio informativo, nonché ad una più efficiente incisività dell’operato dell’Ufficio nel perseguimento dei propri obiettivi strategici, meritano di essere ricordati il Sistema d’informazione antifrode (AFIS)[164] ed i programmi Hercules[165] e Pericle[166] di sostegno alla lotta antifrode.
Come si è detto, all’OLAF è attribuito il compito di svolgere indagini amministrative sia all’esterno che all’interno delle istituzioni comunitarie, al fine di contrastare fenomeni di frode, di corruzione e di qualsiasi altra condotta illecita lesiva degli interessi finanziari europei. L’OLAF provvede, altresì, ad accertare i fatti gravi relativi all’esercizio di attività professionali, che possano costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari e degli agenti della Comunità perseguibile in sede disciplinare o penale, oppure un inadempimento di obblighi analoghi dei membri delle Istituzioni e degli organi, dei dirigenti, degli organismi o del personale cui non si applica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee o il regime applicabile agli altri agenti[167].
Per svolgere tali compiti, l’OLAF agisce attraverso indagini esterne ed interne, attraverso il coordinamento delle autorità nazionali e l’assistenza nei procedimenti penali svolti dalle stesse.
Le indagini di OLAF, disciplinate dal Regolamento 2013/883, oggi[168] si articolano in più momenti che potremmo individuare: – nella decisione del Direttore generale sulla base di un parere fornitogli dall’unità che specificatamente analizza, seleziona e rivede le informazioni ottenute da un ente pubblico o privato e che, a seconda o meno che essa rientri nelle competenze dell’Ufficio, consiglia l’avvio delle indagini o l’archiviazione della notizia; – nel porre in essere l’attività investigativa, secondo modalità ben precise, tutte le volte in cui il Direttore si sia dichiarato favorevole; – in una fase conclusiva in cui da una parte il Direttore emana o meno raccomandazioni circa le misure da intraprendere nel caso concreto e, dall’altra, negli adempimenti che dovranno essere presi dalle autorità nazionali o dagli organi comunitari a cui sono rivolte.
Sempre il Regolamento 2013/883, dopo aver indicato all’articolo 2 i significati di «interessi finanziari dell’Unione, delle irregolarità, delle frodi, di corruzione, di indagine e accordi amministrativi»[169], agli articoli 3 e 4 delinea i confini entro i quali cui l’OLAF deve agire indicando rispettivamente gli ambiti delle investigazioni esterne ed interne.
In ogni caso, il sufficiente sospetto è condizione preliminare all’avvio delle indagini da parte del Direttore generale[170], che può prendere in considerazione anche informazioni anonime[171].
Viene lasciata alla scelta del Direttore, conformemente al modello di discrezionalità dell’azione inquirente, l’opportunità di iniziare o meno un’indagine, tenendo conto delle priorità della politica dell’Ufficio, della necessità di utilizzare in maniera efficiente le risorse e della proporzionalità delle misure impiegate.
Se circa le indagini interne, si valuta preliminarmente l’istituzione dell’Unione più competente ad agire sulla base del fatto, della sua incidenza e della probabilità di un seguito giudiziario, per le indagini esterne, invece, che possono essere richieste anche da uno Stato membro o da un organo comunitario, sulla loro opportunità il Direttore ha l’onere di esprimersi entro due mesi dal recepimento, motivando un eventuale diniego. Qualora il Direttore sia dell’avviso di non dare seguito all’inchiesta, ha comunque la possibilità di raccomandare lo Stato o l’organo interessato, di predisporre tutte le misure opportune ed adeguate al fine di porre rimedio a violazioni che non siano così gravi da richiedere una vera e propria indagine, ma che siano lesive, seppur in maniera superficiale, degli interessi finanziari comunitari.
L’attività investigativa interessa tutto il territorio europeo, tanto per gli organi ed i dipendenti comunitari, quanto per le agenzie private che vi abbiano collaborato. Le investigazioni possono riguardare, data la centralità dell’elemento soggettivo, ciascun caso che abbia avuto luogo in un qualsiasi Stato membro o in altra parte del mondo e che abbia aspetti transnazionali.
L’OLAF, inoltre, circa i controlli all’interno delle istituzioni comunitarie, svolge attività investigative sulla base di segnalazioni di violazioni gravi relative al comportamento professionale, che costituiscano inosservanza dei doveri imposti agli ufficiali e ad altri dipendenti dell’Unione e che comportino un procedimento disciplinare e/o penale.
In egual modo, l’Olaf procede anche con controlli circa l’inosservanza di doveri commessi da membri delle istituzioni, dai dirigenti di uffici e dai componenti dei suddetti enti che non siano soggetti ai regolamenti interni. Le investigazioni interne, dunque, riguardano tutto il personale dell’Unione europea, senza che possa rilevare il grado o la funzione dell’essere dipendenti in senso stretto o semplicemente consulenti esterni. Sono, inoltre, sottoposti al controllo dell’OLAF sia i componenti delle istituzioni politiche comunitarie (Commissione, Parlamento europeo), sia i membri di quelle giudiziarie (Corte di Giustizia, l’Ombudsman[172]). In questi casi la materia dell’inchiesta verte sul mancato sviluppo di progetti per i quali siano stati già stanziati finanziamenti, su violazioni del dovere di discrezione e confidenzialità, sul compimento di azioni a pregiudizio dell’interesse comunitario, sulla falsa dichiarazione o il falso in documento pubblico, sull’infedeltà basata su pressioni di uno Stato membro o di organi sovranazionali e sul conflitto di interessi. In concreto, la maggior parte delle inchieste condotte con l’ausilio della polizia o delle autorità giudiziali locali vengono svolte a Bruxelles o a Lussemburgo.
Verso l’esterno, l’OLAF, in base alla competenza assegnatagli dalla Commissione con il Regolamento 2185/96[173], può, secondo gli accordi stipulati, estendere la sua attività investigativa sia negli Stati membri sia in Paesi terzi ed in organizzazioni internazionali.
Tali indagini esterne devono essere svolte con l’ausilio delle autorità locali e osservando le norme e le prassi nazionali nonché le garanzie procedurali previste dall’articolo 9 del Regolamento 883/2013.
Le indagini interne, invece, sono regolate dagli atti comunitari, primo fra tutti il Regolamento, ed hanno ad oggetto le istituzioni europee stesse, alle cui informazioni e dati l’OLAF ha l’autorizzazione di avere accesso senza preavviso né ritardo, così come ha la possibilità di interrogare oralmente le persone informate dei fatti. Qualora le indagini vengano portate avanti sia in ambito esterno che interno, si procederà, seguendo la disciplina prevista dagli articoli 3 e 4, in conformità al dettato comune di entrambe le norme. Le indagini, nel caso in cui non vi sia possibilità di concluderle entro i dodici mesi dall’avvio, vengono protratte per periodi di sei mesi secondo necessità, e allo scadere di ogni semestre il Direttore comunica le motivazioni del ritardo, indicando altresì le misure necessarie ad accelerarne la chiusura.
L’articolo 8 stabilisce, per le istituzioni comunitarie e per le autorità nazionali, un obbligo di comunicare all’OLAF ogni notizia di reato o qualsiasi informazione che attenga ad eventuali casi di frode, corruzione o altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari.
Sia le indagini intere sia quelle esterne, devono essere condotte nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché delle tutele offerte dall’art. 9 del Regolamento che impongono l’obiettività e l’imparzialità dell’azione investigativa[174].
Alla fine delle indagini[175] viene redatta una relazione riassuntiva delle operazioni investigative svolte e dell’oggetto delle medesime, delle risultanze emerse, della loro qualificazione giuridica preliminare nonché, tenuto conto dell’ordinamento interno degli Stati interessati, dei provvedimenti da adottare nel caso concreto (misure disciplinari[176], amministrative[177], finanziarie[178] e/o giudiziarie[179]).
Del resto, l’OLAF, non avendo il potere di imporre direttamente sanzioni e non potendo agire nei confronti dei soggetti indagati, può solo muoversi attraverso una relazione che funge quale elemento di prova nell’ambito dei procedimenti nazionali di tipo amministrativo o giudiziario[180].
Nel considerando n.13 del regolamento relativo alle indagini del 25 maggio 1999 si afferma che spetta alle autorità competenti nei vari ordinamenti nazionali, o eventualmente, a seconda del caso oggetto di indagine, alle istituzioni ed organismi comunitari, decidere, in base alla relazione redatta dall’Ufficio, sul tipo di provvedimenti da adottare a seguito delle indagini svolte, e che sussiste comunque l’obbligo per il direttore dell’Ufficio di trasmettere direttamente alle autorità giudiziarie dello Stato membro interessato le informazioni – costituenti elementi di prova nei relativi procedimenti amministrativi o giudiziari – raccolte in occasione delle indagini interne sui fatti penalmente perseguibili[181].
Infine, va ricordato che il controllo sulla regolarità dell’azione dell’OLAF è demandato al Comitato di vigilanza, il quale, nella sua veste di organo di garanzia volto ad assicurare l’esercizio efficace della funzione di indagine dell’Ufficio[182], verifica la rispondenza della conduzione delle indagini ai dettami del Regolamento[183].
Rinviando al paragrafo conclusivo di questo capitolo per un’approfondita analisi delle relazioni intercorrenti tra OLAF e le altre istituzioni, per il momento è opportuno accennare che ad uno scambio continuo di informazioni tra OLAF e i Paesi membri[184] si accompagna anche un dialogo interistituzionale sia con Eurojust[185] ed Europol, con i quali conclude, secondo necessità, accordi amministrativi[186], sia con gli altri enti dell’Unione[187].
Tra questi ultimi merita di essere ricordata la collaborazione con la Commissione, con cui, seppur in totale autonomia, OLAF coopera predisponendo ed attuando politiche di prevenzione e progetti a supporto della repressione a livello nazionale.
OLAF, inoltre, inviando informazioni periodiche sulle sue attività e sui relativi risultati, assiste il Consiglio per la predisposizione di norme antifrode e lavora con la Commissione parlamentare per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo. Circa quest’ultima funzione, OLAF esprime, all’interno dell’organo parlamentare, la posizione della Commissione in materia, fornendo risposte alle interrogazioni e collaborando con i comitati per le libertà civili, per la giustizia, per gli affari interni e quello addetto al progetto di istituzione di una procura europea.
Nell’ambito delle normali attività di confronto interistituzionale, OLAF riferisce regolarmente sulle sue attività all’Assemblea, mediante una Relazione annuale di attività e fornisce, dietro richiesta e senza rivelare informazioni sulle indagini in corso, informazioni ai deputati.
Di supporto all’attività svolta da OLAF vi è anche la Corte dei Conti, che comunica sospetti o informazioni relative a possibili frodi, corruzioni o qualsiasi altra attività illecita e a cui l’OLAF deve fornire un riscontro circa le azioni che ne conseguono[188]. OLAF, inoltre, provvede a fornire alla Corte dei Conti il patrimonio conoscitivo di cui essa necessita per la sua attività di analisi. Sempre nell’ottica di una profonda collaborazione OLAF intrattiene rapporti anche con Stati terzi[189] ed organizzazioni internazionali, come l’Ufficio delle Nazioni Unite per i Servizi Interni e la Banca[190]. Sempre attraverso il coordinamento di OLAF sono state poste in essere, inoltre, non solo operazioni doganali congiunte, ossia controlli specifici a livello europeo di autorità doganali dei paesi membri e di alcuni paesi extraeuropei ma anche, al fine di migliorare l’efficacia dei servizi doganali e nell’ottica di meglio salvaguardare le finanze pubbliche, analisi strategiche, infrastrutture permanenti e strumenti di comunicazione fra i diversi servizi doganali.
4. I rapporti tra Eurojust, Europol ed OLAF e le relative problematiche
Il compimento degli obiettivi legati al rafforzamento ed alla semplificazione delle nuove procedure di cooperazione giudiziaria, con specifico riguardo alla lotta contro le forme gravi di criminalità transnazionale, connotate dal coinvolgimento di più Stati Membri[191], è stato da sempre legato anche alla necessità di prevedere nuove e più efficaci forme di collaborazione tra gli organismi di cooperazione dell’Unione europea.
Vi è la necessita, dunque, «di un sistema adeguato di circolazione delle informazioni fra le autorità dei vari paesi interessati dai fenomeni criminali, un efficace coordinamento investigativo atto ad evitare intralci o sovrapposizioni (talora dispendiose ed inutili) ed anche, infine, un valido sistema di protezione, non più delle frontiere fra Stati appartenenti all’U.E., quanto di quelle esterne dell’Unione»[192].
E’ in questa prospettiva, che, all’interno dell’Unione, devono essere visti l’esistenza ed il rafforzamento di organi investigativi come l’OLAF, l’Europol e soprattutto l’Eurojust.
A quest’ultimo, la nuova disciplina delineata dall’art. 85 TFUE (come modificato dal Trattato di Lisbona) riserva, nelle diverse materie di sua competenza, rilevanti poteri di avvio delle indagini penali, di coordinamento operativo delle stesse e di “proposta di avvio di azioni penali”, poi esercitate dalle competenti autorità nazionali, manifestando, in tal modo, una scelta probabilmente destinata a prefigurare per tale istituzione, non solo il ruolo di organo di indagine e di coordinamento, ma anche il ruolo di strumento d’azione per l’istituenda Procura europea[193].
Quest’ultima, prefigurata come il risultato di un processo evolutivo graduale ma costante, deve inquadrarsi quale conclusione di una fattispecie a formazione progressiva, il cui esito finale non può che essere, come si afferma nell’articolo 86 TFUE[194], quello di portare a termine, senza forzature e secondo modalità generalmente condivise, un percorso finalizzato alla creazione di una struttura giudiziaria comune, in grado di orientare l’esercizio dell’azione penale, a tutela di beni giuridici di interesse strettamente comunitario e nell’ambito di un quadro tendenzialmente uniforme di garanzie dei diritti fondamentali delle persone coinvolte nelle attività investigative[195].
Anche il collegamento operativo con le funzioni svolte da Europol è contemplato nel Trattato e non esclude forme di raccordo con altri organismi di indagine (in base all’articolo 86, TUE).
Inoltre, si deve rilevare che l’OLAF è oggi l’unico organismo abilitato a condurre un’attività di indagine di tipo amministrativo sull’intero spazio territoriale dell’Unione europea, in relazione ad illeciti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione.
Queste grandi agenzie, esercitando ognuna nel proprio ambito un rilevante ruolo operativo, necessitano, per la piena realizzazione dei loro obiettivi, di avviare percorsi di sinergie operative al fine non solo di rafforzare quei rapporti di collaborazione ormai da tempo instaurati, ma anche di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di attività concorrenti poste in essere da organismi chiamati ad agire nello stesso settore e sostanzialmente con gli stessi poteri di coordinamento. Del resto, il fatto che la costituzione di più organismi con poteri di coordinamento strettamente limitati alle loro specifiche competenze sia spesso produttiva di confusioni operative, deve necessariamente portare a nuovi rapporti di cooperazione e di scambio di informazioni, in modo da delineare un quadro coerente di rapporti collaborativi, che eviti il rischio di una competizione inutile tra una pluralità di organismi che operano negli stessi settori e con competenze (parzialmente o totalmente) sovrapponibili.
Si muovono, in tal senso, gli accordi di collaborazione e di coordinamento che da un po’ di tempo si sono impegnati a stipulare fra loro Eurojust, OLAF ed Europol.
Così, nel 2004 e nel 2010[196] Europol ed Eurojust, con l’intento di trovare un’intesa circa lo scambio di informazioni strategiche e lo svolgimento di attività coordinate[197], hanno firmato accordi operativi tesi ad instaurare e mantenere una stretta cooperazione tra i due organi al fine di rafforzare la loro efficacia nella lotta alle gravi forme di criminalità internazionale[198].
In particolare, i punti principali che emergono da tali accordi attengono alla necessità di: – consultazioni regolari tra i due organismi; – una stretta cooperazione nelle rispettive azioni di contrasto, con scambio di informazioni operative, strategiche e tecniche, nonché con la coordinazione delle attività rispetto alle autorità giudiziarie e di polizia; – un sostegno congiunto alle autorità nazionali, anche attraverso appositi incontri, nella selezione degli obiettivi principali della repressione del crimine; – avviare un percorso d’informazione reciproca dei casi in cui eserciteranno il loro diritto di chiedere agli Stati membri di iniziare un’indagine.
Analogamente, prima nel 2003[199] e poi nel 2008[200], Eurojust ed OLAF, convenendo circa l’opportunità di mantenere contatti regolari per lo scambio di informazioni relative a casi di natura strategica, hanno firmato accordi pratici di cooperazione (ai sensi della Decisione 2009/426/GAI) volti a creare punti di contatto e a rafforzare la lotta per contrastare la frode, la corruzione e qualsiasi altro reato o attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione europea[201].
Sempre l’OLAF, nel 2004, ha siglato con l’Europol[202] una serie di accordi che, miranti ad intensificare la cooperazione tra i due organi, si sono incentrati sulla reciproca fiducia, sulle rispettive competenze nella lotta contro la criminalità internazionale organizzata (in particolare frode, corruzione ed ogni altra attività illecita) e sulla definizione di alcuni strumenti quali lo scambio di informazioni strategiche e tecniche e la cooperazione nel campo dell’intelligence[203].
Da tali accordi emerge la volontà di concepire una «unitas multiplex»[204] capace di salvaguardare la specificità, il patrimonio tipico delle esperienze di ciascun organismo, preparando, nel contempo, la transizione verso un nuovo sistema di rapporti necessariamente diretto e coordinato dalla istituenda Procura europea, le cui attribuzioni funzionali saranno destinate secondo i piani a riunire progressivamente entrambe le attività parallele del coordinamento delle attività investigative.
Indubbiamente, ad oggi, tali accordi di collaborazione evidenziano la necessità di procedere con: – uno scambio d’informazioni sui casi che riguardano le frodi o altri reati in danno degli interessi finanziari dell’U.E.; – una reciproca assistenza negli stessi casi, spontaneamente o su richiesta, per assicurare il rispettivo coordinamento delle attività; – una collaborazione nella partecipazione e nella costituzione delle squadre investigative comuni; – la creazione di rispettivi punti di contatto al fine di risolvere i problemi pratici che eventualmente dovessero porsi nella gestione comune delle attività[205]; – la possibilità di procedere con consultazioni regolari e con una cooperazione nelle rispettive azioni di contrasto, con lo scambio di informazioni operative, strategiche e tecniche, nonché con la coordinazione delle attività rispetto alle autorità giudiziarie e di polizia; – il sostegno congiunto alle autorità nazionali, anche attraverso appositi incontri preparatori, nella selezione degli obiettivi principali della repressione del crimine; – l’informazione reciproca dei casi in cui tali organismi eserciteranno il loro diritto di chiedere agli Stati membri di iniziare un’indagine.
Vi è da aggiungere, inoltre, che l’accordo di cooperazione del 2010 tra Eurojust ed Europol nonostante fosse teso ad instaurare e mantenere una stretta cooperazione tra queste due Istituzioni cercando, così, di rafforzare la loro efficacia nella lotta per contrastare gravi forme di criminalità internazionale attraverso lo scambio di informazioni strategiche e tecniche, mediante forme di assistenza giudiziaria e attività coordinate attraverso le squadre investigative comuni[206], non contiene nessun accenno al problema della ripartizione tra dette Istituzioni della competenza per materia in vista sia della isitutenda procura europea sia del fatto che, ad oggi, Eurojust risulta essere competente per tutti i reati di competenza generale di Europol[207].
In ogni caso, le risposte pervenute in merito alla cooperazione tra i vari organi confermano che esiste ancora un sufficiente margine d’azione per migliorare tale aspetto tra Eurojust, OLAF ed Europol. Nonostante l’istituzione di tali forme di cooperazione, non sembra, infatti, che quanto concordato in tema di scambio di informazioni di carattere strategico sia attuato appieno nella pratica.
Inoltre, in linea generale, guardando al progetto di realizzare un compiuto spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sono molteplici le lacune ed i limiti dell’attuale sistema che, non di rado, mette in luce «la mancanza di un organico disegno complessivo»[208].
Del resto ancora sussistono: – limiti nel procedimento normativo che, spesso, richiedendo l’unanimità per l’adozione di decisioni, prevede lunghi negoziati e perviene a soluzioni di compromesso che, talvolta, incidono negativamente anche sull’efficacia degli stessi strumenti di cooperazione giudiziaria; – problemi legati alla mancata o incompleta attuazione da parte degli Stati membri degli strumenti di cooperazione sin qui adottati; – resistenze da parte degli Stati membri a concedere quote di sovranità nazionale in uno dei settori che tradizionalmente ne costituisce una delle maggiori forme di espressione.
Inoltre, «più in generale, per le materie del Terzo pilastro, si osserva che l’andamento dei negoziati sugli strumenti giuridici dell’Unione europea, appare contrassegnato da un momento di stasi. Il ritmo e la velocità di produzione normativa appaiono oggi inferiori a quanto accadeva in passato»[209].
In questo contesto, la volontà di approdare alla figura di un Procuratore europeo[210], contenuta nella Proposta istitutiva del 2013[211] (adottata sulla base dell’art. 86 TFUE), capace di investigare e di avviare l’azione penale, informando la propria attività ai principi di diritto penale sostanziale e processuale comuni a tutti gli Stati membri, indagando e consegnando alla giustizia gli autori di reati contro gli interessi finanziari dell’Unione, mira a ridurre la frammentazione dello spazio europeo di giustizia.
La prospettiva di dotare l’Unione europea di una «novità di sistema»[212] capace di abbandonare la logica (orizzontale) della cooperazione e del coordinamento fra autorità nazionali, tutte incaricate dell’esercizio dell’azione penale, per abbracciare una logica (verticale)[213] di integrazione fra diversi livelli di amministrazione della giustizia (l’organo centrale della Procura europea, i procuratori delegati negli Stati membri e le giurisdizioni nazionali saranno strettamente collegati nell’esercizio di compiti in materia, dunque funzionalmente integrati), rappresenta, quale possibile rimedio alla frammentazione dello spazio europeo di repressione penale, un ulteriore passo in avanti verso la realizzazione di un autentico spazio europeo di giustizia penale.
[1] Articolo 3, comma 2, del TUE
[2] Così F. Falato, Appunti di cooperazione giudiziaria, ESI, Napoli, 2012, p. 9.
[3] In tal senso F. Falato, Appunti di cooperazione giudiziaria, ESI, Napoli, 2012, p. 10.
[4] Cfr. R. Toniatti, Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia: il sistema delle “reti di collaborazione giudiziaria” e gli equilibri istituzionali nel sistema dell’Unione europea, in Aa.Vv., Magistratura, giurisdizione ed equilibri istituzionali. Dinamiche e confronti europei e comparati, a cura di R. Toniatti, M. Magrassi, Cedam, Padova, 2011, p. 325 e ss.
[5] Del resto la globalizzazione, sta modificando alla radice il modo di intendere e affrontare i rischi delle società occidentali poiché, con essa, si moltiplicano inevitabilmente anche i punti di vulnerabilità. Di fronte all’intensificarsi di questi rischi – tra i quali, oggi, ha un ruolo centrale il terrorismo internazionale – sembra che le tradizionali istituzioni preposte alla gestione del rischio e alla protezione dei loro cittadini siano sempre meno capaci di assolvere al proprio compito, poiché i pericoli vanno a superare le norme di sicurezza, frutto di un consenso sociale sempre più incerto. Al riguardo, Ulrich Beck ha sostenuto che, da tempo, è in corso un profondo cambiamento che ha modificato radicalmente il modo di individuare, discutere e gestire il rischio poiché, se prima questo veniva affrontato dai singoli Stati nazionali, oggi, con l’avanzare di diverse forme di interdipendenza transnazionale, nuove sfide, nate dall’integrazione globale, stanno obbligando gli Stati ad affrontare i rischi che spesso sfuggono al controllo nazionale per la loro natura sovranazionale (Cfr. U. Beck, Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne, Suhrkamp, Frankfurt am Main (1986) trad. it. La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma 2000; U. Beck, World Risk Society, Polity Press, Oxford; trad. it. La società globale del rischio, Asterios Editore, Trieste 2001; U. Beck, Weltrisikogesellschaft. Auf der Suche nach der verlorenen Sicherheit, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 2007), trad. it. Conditio humana. Il rischio nell’età globale, Laterza, Roma-Bari, 2009; G. Campesi, Rischio e sicurezza nella società globale. A proposito dell’ultimo libro di Ulrich Beck, in Studi sulla questione criminale, IV, 2, 2009, pp. 107-118; G. Campesi, Governare il futuro. Materiali per una sociologia giuridica del rischio, in Sociologia del Diritto, 2, 2014, pp. 35-62; G. Campesi, Soggetto, disciplina, governo. Michel Foucault e le tecnologie politiche moderne, Mimesis, Milano, 2011; A. Abignente, F. Scamardella, Rischio e catastrofe. Il fallimento di scienza ed istituzioni: trovare soluzioni precarie in una vita precaria, in Governare la Paura, 37, 2013, pp. 53-89). Si sta facendo rapidamente strada, quindi, la convinzione che nuove forme di cooperazione tra Stati siano l’unico modo per gestire i rischi transnazionali. E’ in questo processo di progressiva integrazione tra le giurisdizioni (M. Pisani, Criminalità organizzata e cooperazione internazionale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, pp. 703 e ss.; E. Selvaggi, Criminalità transnazionale e cooperazione giudiziaria internazionale, Relazione tenuta al III Convegno internazionale “Criminalità transnazionale fra esperienze europee e risposte penali globali”, organizzato dal Centro studi giuridici “Francesco Carrara”, in Lucca, 24-25 maggio 2002, Giuffrè, Milano, 2005) che tendono a collocarsi, così, le diverse modalità di intervento dei nuovi organismi sovranazionali, le cui attribuzioni funzionali, pur in assenza di un vero e proprio sistema processuale penale europeo, sono orientate verso nuove e più efficaci strategie per la lotta al crimine organizzato transnazionale. In questa prospettiva, ad oggi, gli organi fondamentali maggiormente attivi nel campo della tutela penale degli interessi dell’Unione sono l’Eurojust, l’Europol e l’OLAF. Questi ultimi, osservati in una prospettiva diacronica, costituiscono indubbiamente gli strumenti più visibili di uno sforzo grandioso messo in atto dalle istituzioni europee sin dal Consiglio europeo di Tampere del 1999, che ha portato ad ottenere risultati insperati, anche se, purtroppo, non sempre sufficienti a fronteggiare le nuove sfide della criminalità organizzata e del terrorismo internazionale (G. De Amicis, La cooperazione verticale, in R. Kostoris, Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, Milano, 2014, p. 219).
[6] Sul tema si rinvia a F. Falato, Appunti di cooperazione giudiziaria, ESI, Napoli, 2012, p. 169 e ss.; F. Spiezia, Crimine transnazionale e procedure di cooperazione giudiziaria. Fonti normative, soggetti e rapporti giurisdizionali con le autorità straniere. Aggiornato con le leggi “Eurojust”, mandato di arresto europeo e con le principali convenzioni del 2005, in Guida al Diritto, il Sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 136 e ss; Aa.Vv., Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transnazionale, (a cura di Catalano), Giappichelli, Torino, 2003, p. 125 e ss.; T. Rafaraci (a cura di), La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale nell’Unione europea dopo il Trattato di Lisbona, Giuffrè, Milano, 2011, p. 283 e ss.; M. C. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 443 e ss.; R. Kostoris, Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, Milano, 2014, pp. 189 e ss.; M. Panzavolta, Eurojust: il braccio giudiziario dell’Unione, Giappichelli, Torino, 2005.
[7] Così, in dottrina, M. Chiavario, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello europeo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 974; G. De Amicis, Commento alla decisione istitutiva di Eurojust, in Guida dir., 2002, n. 24, p. 8; C. M. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 433; F. Spiezia, Il coordinamento giudiziario sovranazionale: problemi e prospettive alla luce della nuova decisione 2009/426/GAI che rafforza i poteri di Eurojust, in Cass. pen., 5, 2010, p. 1990.
[8] L’azione comune 96/277/GAI del 1996 approvata dal Consiglio delinea un quadro per lo scambio di magistrati o funzionari esperti in materia di cooperazione giudiziaria sulla base di accordi bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri. Così, al fine di accrescere la velocità e l’efficacia della cooperazione e dello scambio di informazioni, i magistrati di collegamento sono preposti a svolgere qualsiasi attività volta a facilitarne il perseguimento. Sul tema si rinvia a F. Falato, Appunti di cooperazione giudiziaria, ESI, Napoli, 2012, p. 165; F. Spiezia, Crimine transnazionale e procedure di cooperazione giudiziaria. Fonti normative, soggetti e rapporti giurisdizionali con le autorità straniere. Aggiornato con le leggi “Eurojust”, mandato di arresto europeo e con le principali convenzioni del 2005, in Guida al Diritto, il Sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 128 e ss.; M C. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 431 e ss.; R. Kostoris, Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, Milano, 2014, p. 184 e ss.
[9] La Rete giudiziaria europea, istituita nel 1997, è un sistema di punti di contatto degli Stati membri scelti tra le autorità giudiziarie aventi competenze specifiche in tema di cooperazione giudiziaria internazionale. La Rete giudiziaria di collegamento, che trae origine dal progetto belga del 1996 e, successivamente, dalla Raccomandazione n.21 del Capo IV del Piano di azione contro la criminalità organizzata del 1997, trova la sua disciplina prima nell’azione comune 98/428/GAI e, poi, nella decisione- quadro 2008/976/GAI. Sul tema si rinvia a F. Falato, Appunti di cooperazione giudiziaria, ESI, Napoli, 2012, p. 165 e ss.; F. Spiezia, Crimine transnazionale e procedure di cooperazione giudiziaria. Fonti normative, soggetti e rapporti giurisdizionali con le autorità straniere. Aggiornato con le leggi “Eurojust”, mandato di arresto europeo e con le principali convenzioni del 2005, in Guida al Diritto, il Sole 24 Ore, Milano, 2006, pp. 129 e ss.; M. C. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 431 e ss.; R. Kostoris, Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, Milano, 2014, p. 185 e ss.
[10] Eurojust è, infatti, il primo organismo europeo nel settore a carattere sopranazionale.
[11] Precisamente al punto 46 delle Conclusioni del Consiglio di Tampere. Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere sono pubblicate in Cass. pen., 2000, p. 302. Per un’analisi storica più approfondita si rinvia a G. De Amicis, La costruzione di Eurojust nell’ambito del “Terzo pilastro” dell’Unione europea, in Cass. pen., 2001, pp. 1964-1985.
[12] La decisione è stata recepita ed attuata nell’ordinamento italiano con legge n. 41 del marzo 2005, Disposizioni per l’attuazione della Decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell’Unione europea del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità, in GU 72, del 29 marzo 2005, che ha provveduto anche a regolare statuto e poteri del Membro Nazionale, in rappresentanza dell’Italia, che deve avere almeno vent’ anni di anzianità di servizio.
[13] A questo proposito si veda G. De Amicis, Eurojust: le indicazioni del ministero per rendere effettivo il coordinamento, in Dir. e giust., n. 24, 2001, p. 55; Aa. Vv., Diritto penale europeo e ordinamento italiano. Le decisioni quadro dell’Unione europea: dal mandato d’arresto alla lotta al terrorismo, Giuffrè, Milano, 2006, p. 65 e ss.; L. Salazar, Eurojust, passo provvisorio ma decisivo contro il grande crimine transnazionale, in Dir. e giust., 5, 2001, p. 82 e ss.; L. Salazar, La costruzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia dopo il consiglio europeo di Tampere, in Cass. Pen., 2000, p. 1114 e ss.
[14] Sul punto, si rinvia a L. Salazar, Eurojust, una prima realizzazione della decisione del consiglio europeo di Tampere, in Doc. giust., 2000, p. 1339 e ss.
[15] F. Spiezia, Coordinamento delle indagini ed Eurojust, in Aa. Vv., “Spazio europeo di giustizia” e procedimento penale italiano. Adattamenti normativi e approdi giurisprudenziali, a cura di L. Kalb, Giappichelli, Torino, 2012, p. 107 e ss.
[16] M. Chiavario, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello europeo, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2005, p. 984 e ss.. In tema di maggior contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata transnazionale si rammenta anche la Decisione quadro 2002/584/GAI che introduce il mandato d’arresto europeo e si sostituisce alla Convenzione di estradizione del 1957 tra gli Stati membri dell’Unione europea prevede, al di là delle consuete forme di assistenza che Eurojust può fornire in occasione dell’esecuzione di mandati d’arresto europei, alcune particolari ipotesi in cui Eurojust può essere chiamato ad intervenire.
[17] I contenuti della nuova Decisione tendono ad accrescere il ruolo e l’efficienza dell’organismo nella lotta al crimine organizzato e al terrorismo e prendono le mosse da quanto già previsto nel programma dell’Aja, diretto all’approvazione di un nuovo strumento normativo su Eurojust, e dalla iniziativa della Commissione nella sua comunicazione n. 644 del 23 ottobre 2007 al Consiglio e al Parlamento. Quest’ultima ha le sue basi nel programma dell’Aja, nel quale la Commissione veniva invitata a considerare gli ulteriori sviluppi di Eurojust sulla base di una proposta della Commissione che avrebbe dovuto presentare entro il 2006 una proposta per Eurojust sulle basi del nuovo Trattato di Costituzione europea. Alla luce della stasi del percorso di riforma costituzionale avviato, la Commissione ha ritenuto opportuno adottare una prima comunicazione sullo sviluppo di Eurojust e della Rete Giudiziaria europea. Nel citato documento la Commissione ha posto innanzitutto l’accento sulla necessità dell’attribuzione di maggiori poteri ai membri nazionali quali, ad esempio: la possibilità di richiedere investigazioni aggiuntive; sollecitare le autorità nazionali per far adottare misure specifiche; il riconoscimento di un dovere di informazione preventiva da parte delle autorità giudiziarie nazionali, circa la decisione di costituzione di una squadra investigativa comune; la possibilità di ricevere tempestiva informazione qualora siano coinvolti due o più Stati membri, in merito alla organizzazione di consegne controllate, operazioni di infiltrazione o sotto copertura; la possibilità di ricevere immediata informazione dalle autorità nazionali, di casi che possono avere incidenza o nei quali siano coinvolti, anche solo potenzialmente altri Stati membri o paesi terzi. Il ruolo degli Stati membri non deve essere quindi meramente sostitutivo delle attività amministrative che competono agli uffici nazionali centrali nell’agevolare la cooperazione ma, piuttosto, deve svolgere una funzione attiva ed operativa, a livello tecnico o legale, per migliorare l’effettività della cooperazione (in dottrina, si rinvia a M. Chiavario, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello europeo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 974; C. M. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Torino, Utet, 2011, p. 433; E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, a cura di E. Aprile, Ipsoa, Milano, 2009, p. 228). Alla comunicazione della Commissione ha fatto seguito la Decisione sul rafforzamento del ruolo di Eurojust, volta ad introdurre emendamenti alla Decisione del Consiglio 2002/187/659 già modificata dalla Decisione 2003/659/GAI. Si è giunti, così, all’adozione della nuova Decisione 2009/426/GAI su Eurojust alla seduta tenuta dal Consiglio il 16 dicembre 2008, unitamente al testo sulla Rete Giudiziaria europea.
[18] Decisione 2009/426/GAI del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativa al rafforzamento dell’Eurojust e che modifica la decisione 2002/187/GAI che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità, in GUUE L 138, del 4 giugno 2009, p. 14 e ss.. Il suo termine ultimo di recepimento è scaduto il 4 giugno 2011. Per una completa analisi della direttiva, si veda G. De Amicis, L. Surano, Il rafforzamento dei poteri di Eurojust a seguito della nuova Decisione 2009/426/GAI, in Cass. pen., 2009, 11, p. 4453 e ss..
[19] L’obiettivo che la nuova decisione quadro intende perseguire è il miglioramento della funzionalità dell’organismo, superando quegli ostacoli che nella pratica si sono registrati nell’azione dei membri nazionali. Si è giunti al nuovo testo della decisione dopo un laborioso iter che si è concluso con l’accordo politico raggiunto in seno al Consiglio nel corso della riunione del 24 e 25 luglio del 2008. In dottrina si rinvia a G. De Amicis, G. Surano, Il rafforzamento dei poteri di Eurojust a seguito della decisione 2009/426/GAI, in Cass. pen., 2009, p. 4453; G. De Amicis, La nuova rete ed il suo rapporto con Eurojust, in Cass. pen., 4, 2009, p. 1710; P. Moscarini, Eurojust e p.m. europeo: dal coordinamento investigativo alle investigazioni coordinate, in dir. pen. e proc., 2011, 5, p. 635; F. Spiezia, Il coordinamento giudiziario sovranazionale: problemi e prospettive alla luce della nuova decisione 2009/426/GAI che rafforza i poteri di Eurojust, in Cass. Pen., 5, 2010, p. 1994.
[20] F. Spiezia, I cambiamenti in corso nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia: quale futuro per Eurojust? Alcune riflessioni alla luce dei negoziati sulla proposta di regolamento della Commissione europea COM (2013) 535 del 17 luglio 2013, consultabile sul sito internet: http://www.penalecontemporaneo.it/upload/1426613716SPIEZIA_2015a.pdf, del 19 marzo 2015.
[21] L’Articolo 85 TFUE prevede che «l’Eurojust ha il compito di sostenere e potenziare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili delle indagini e dell’azione penale contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri o che richiede un’azione penale su basi comuni, sulla scorta delle operazioni effettuate e delle informazioni fornite dalle autorità degli Stati membri e da Europol. In questo contesto il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, determinano la struttura, il funzionamento, la sfera d’azione e i compiti di Eurojust. Tali compiti possono comprendere: a) l’avvio di indagini penali, nonché la proposta di avvio di azioni penali esercitate dalle autorità nazionali competenti, in particolare quelle relative a reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione; b) il coordinamento di indagini ed azioni penali di cui alla lettera a); c) il potenziamento della cooperazione giudiziaria, anche attraverso la composizione dei conflitti di competenza e tramite una stretta cooperazione con la Rete giudiziaria europea. Tali regolamenti fissano inoltre le modalità per associare il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali alla valutazione delle attività di Eurojust. Nel contesto delle azioni penali di cui al paragrafo 1, e fatto salvo l’articolo 86, gli atti ufficiali di procedura giudiziaria sono eseguiti dai funzionari nazionali competenti».
[22] Più nel dettaglio l’articolo 85 TFUE ha posto le basi per un significativo ampliamento dei compiti dell’organismo, prevedendo che il Parlamento europeo ed il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura ordinaria, determinano la struttura, il funzionamento, la sfera d’azione e i compiti di Eurojust; compiti che possono implicare la titolarità di poteri vincolanti in ordine all’avvio e al coordinamento di indagini e azioni penali e alla risoluzione di conflitti di competenza.
[23] Programma di Stoccolma. Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini, in GUUE C 115, del 4 maggio 2010, pp. 1-38.
[24] Proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), in COM (2013) 535 def., del 17 luglio 2013.
[25] Preceduta da un’ampia consultazione pubblica, la riforma è stata discussa in vari seminari, fra cui quello tenutosi a Bruges il 20, 21 e 22 settembre 2010, intitolato Eurojust and the Lisbon Treaty. Towards more effective action, e la conferenza Eurojust-ERA 10 Years of Eurojust: Operational Achievements and Future Challenges, svoltosi all’Aia il 12 e 13 novembre 2012. Inoltre, il futuro di Eurojust è stato discusso durante la riunione informale speciale del Consiglio in occasione del decimo anniversario di Eurojust, nel febbraio 2012. Citato in Proposta Eurojust 2013, p. 4.
[26] F. Spiezia, I cambiamenti in corso nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia: quale futuro per Eurojust? Alcune riflessioni alla luce dei negoziati sulla proposta di regolamento della Commissione europea COM(2013) 535 del 17 luglio 2013, consultabile sul sito internet: http://www.penalecontemporaneo.it/upload/1426613716SPIEZIA_2015a.pdf, del 19 marzo 2015.
[27] Le proposte del pacchetto si basano sulle disposizioni del trattato di Lisbona, che conferisce all’Unione la facoltà univoca di istituire una Procura europea per combattere i reati che ledono i suoi interessi finanziari (articolo 86 TFUE) e di potenziare l’efficienza di Eurojust e il controllo democratico delle sue attività (articolo 85 del TFUE).
[28] F. Spiezia, Gli scenari di struttura per l’istituzione del Procuratore europeo alla luce del Trattato di Lisbona. Le questioni in gioco, in Aa. Vv., Le sfide dell’attuazione di una procura europea: definizione di regole comuni e loro impatto sugli ordinamenti interni, a cura di G. Grasso, G. Illuminati, R. Sicurella, S. Allegrezza, Giuffrè, Milano, 2013, p. 537 e ss..
[29] Il progetto di regolamento specifica queste ultime separatamente, in un allegato che elenca le “forme gravi di criminalità di competenza di Eurojust” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1.
[30] Capo I, Obiettivi e compiti, Articolo I, “Istituzione dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale”, Proposta Eurojust, p. 12. L’intervento della Commissione si è così sostanziato in tre distinti atti: la Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea; la proposta di regolamento che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust); ed infine la comunicazione “Migliorare la governance dell’OLAF e rafforzare le garanzie procedurali nel quadro delle indagini: approccio graduale di accompagnamento all’istituzione della Procura europea”.
[31] Articolo 2, comma 1 Decisione 2002/187. In cui letteralmente si afferma, circa i funzionari di polizia, che essi siano di pari prerogative. Così, in dottrina, G. Caselli, G. De Amicis, La natura di Eurojust e la sua attuazione nell’ordinamento interno: struttura, funzioni e obiettivi dell’organismo sovranazionale, in Dir. e giust., 28, 2003, p. 90; G. De Amicis, Riflessioni su Eurojust, in Cass. pen., 2002, p. 3608; G. De Amicis, Eurojust: l’istituzione dell’Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria, in Giur. mer., 2001, p. 224; G. De Amicis, G. Iuzzolino, Lo spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia nelle disposizioni penali del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, in Cass. pen., 2004, p. 10.
[32] Al quale rimangono soggetti sia per quanto riguarda il relativo status giuridico sia per quanto riguarda i poteri giudiziari esercitabili sul territorio, nonché la durata del mandato.
[33] Articolo 2, comma 4 Decisione 2002/187.
[34] Proposta regolamento Eurojust.
[35] Articolo 2, comma 2 della Decisione 2002/187.
Spesso sono coadiuvati anche da esperti distaccati (Seconded National Experts) che, seppur facenti parte dell’articolazione centrale dell’Agenzia, operano per gli uffici del Paese di appartenenza.
[36] Articolo 2, comma 7, della Decisione 2002/187.
[37] Articolo 12 della Decisione 2002/187.
[38] Per le quali si rimanda a S. Ponteduro, Le squadre investigative comuni sovranazionali: un nuovo strumento di cooperazione giudiziaria e di polizia, in Cass. pen., 10, 2012, pp. 3566-3573.
[39] Articolo 28 della Decisione 2002/187.
[40] Articolo 10 della Decisione 2002/187.
[41] La proposta di Regolamento 2013, oltre a mutare in parte il quadro normativo, spostando gli articoli dedicati alla struttura ed organizzazione in un Capo ad esso espressamente dedicato (Capo II, “Struttura e organizzazione di Eurojust, sezioni III- IV-V, articoli da 10 a 22, Proposta di Regolamento, pp. 16-22) prevede anche modifiche significative in tema di Collegio. In particolare essa distingue la composizione del Collegio in due aspetti funzionali: l’uno operativo (ossia di sostegno e coordinamento delle indagini nazionali) e l’altro gestionale (in ordine all’adozione del programma di lavoro dell’agenzia, del bilancio annuale o della relazione annuale). Con l’approvazione dell’atto verrebbe inoltre istituito un ulteriore organo, il Comitato esecutivo, finalizzato alla stesura delle decisioni attinenti la gestione del collegio e dedicato ad alcuni aspetti amministrativi.
[42] Articolo 2, comma 8 della Decisione 2002/187.
[43] Rinnovabili per un ulteriore quinquennio.
[44] Ufficio questa volta interno ad Eurojust.
[45] Ex articolo 3, comma 2, «secondo le modalità previste dalla presente decisione e su richiesta dell’autorità competente di uno Stato membro, l’Eurojust può fornire sostegno anche qualora le indagini e le azioni penali interessino unicamente lo Stato membro in questione e un paese terzo, se con tale paese è stato concluso un accordo che instaura una cooperazione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, o se tale sostegno, in un caso particolare, rivesta un interesse essenziale».
[46] Quest’ultimo obiettivo, descritto in termini ampi e generici, vuole ricomprendere attività di ausilio nei confronti delle Autorità competenti degli Stati membri che possono essere dirette sia al miglioramento della cooperazione tra quelle stesse autorità, sia al miglioramento dell’efficacia delle indagini dalle medesime svolte. In questi termini, si rinvia a G. De Amicis, Eurojust: le indicazioni del ministero per rendere effettivo il coordinamento, in Dir. e. Giust., 4, 2001, p. 58; G. Caselli, G. De Amicis, La natura di Eurojust e la sua attuazione nell’ordinamento interno: struttura, funzioni e obiettivi dell’organismo interno, in Dir. e Giust., 28, 2003, p. 94; G. De Amicis, G. Santalucia, La vocazione giudiziaria dell’Eurojust tra spinte sopranazionali e timidezze interne, in Cass. pen., 2011, 9, p. 136; C. M. Paolucci, Cooperazione giudiziaria, Utet, Torino, 2007, p. 431; F. Spiezia, Il coordinamento giudiziario sovranazionale: problemi e prospettive alla luce della nuova decisione 2009/426/GAI che rafforza i poteri di Eurojust, in Cass. Pen., 5, 2010, p. 1990.
[47] P. Moscarini, Eurojust e il pubblico ministero europeo: dal coordinamento investigativo alle investigazioni coordinate, in Dir. pen. proc., 2011, p. 636.
[48] Così, G. De Amicis, Eurojust: le indicazioni del ministero per rendere effettivo il coordinamento, in Dir. e. Giust., 4, 2001, p. 56; L. Salazar, Eurojust, passo provvisorio ma decisivo contro il grande crimine transnazionale, in Diritto e Giustizia, 5, 2001, p. 9
[49] G. De Amicis, Eurojust, in Aa. Vv., Lezioni di diritto penale europeo, a cura di G. Grasso, R. Sicurella, Giuffrè, Milano, 2007, p. 485.
[50] F. Spiezia, Coordinamento delle indagini ed Eurojust, in Aa. Vv., “Spazio europeo di giustizia” e procedimento penale italiano. Adattamenti normativi e approdi giurisprudenziali, a cura di L. Kalb, Giappichelli, Torino, 2012, p. 110. Nel senso di una sua natura giudiziaria si rinvia a G. De Amicis, Eurojust, in Aa. Vv., Lezioni di diritto penale europeo, a cura di G. Grasso, R. Sicurella, Giuffrè, Milano, 2007, p. 513-517; G. De Amicis, La Corte Costituzionale nega la natura giudiziaria di Eurojust: una pronuncia discutibile, in http://www.forumcostituzionale.it/, del 5 maggio 2001; G. C. Caselli, G. De Amicis, La natura giudiziaria di Eurojust e la sua attuazione nell’ordinamento interno, consultabile sul sito internet : http://www.diritto.it/osservatori/giustizia_costituzione/ver_giustizia/ord_giu23.html, luglio 2003; G. De Amicis, G. Santalucia, La vocazione dell’Eurojust tra spinte sovranazionali e timidezze interne, in Cass. pen., 9, 2011, pp. 2966-2978.
[51] Per il cui approfondito commento si veda N. Parisi, sub art. 85 TFUE, in Commentario breve ai Trattati dell’Unione europea, a cura di M. C. Baruffi, F. Pocar, II ed., Cedam, Padova, 2014, pp. 914-921.
[52] Articolo 85 TFUE.
[53] Ex articolo 4 della Decisione 2002/187 «l’ambito di competenza generale dell’Eurojust comprende: a) le forme di criminalità e i reati per i quali l’Europol è competente ad agire, in qualsiasi momento, a norma dell’articolo 2 della convenzione Europol del 26 luglio 1995; b) le seguenti forme di criminalità: – la criminalità informatica, – la frode, la corruzione e qualsiasi altro reato che colpisca gli interessi finanziari della Comunità europea, – il riciclaggio dei proventi di reato, – la criminalità ambientale, – la partecipazione ad un’organizzazione criminale ai sensi dell’azione comune 98/733/GAI del Consiglio, del 21 dicembre 1998, relativa alla punibilità della partecipazione a un’organizzazione criminale negli Stati membri dell’Unione europea (1); c) altri reati perpetrati in relazione alle forme di criminalità e ai reati di cui ai paragrafi a) e b). Per altri tipi di reati diversi da quelli di cui al paragrafo 1 l’Eurojust può, a titolo complementare, conformemente ai suoi obiettivi, prestare assistenza nelle indagini e azioni penali su richiesta di un’autorità competente di uno Stato membro».
[54] La competenza di Europol comprende: a) le gravi forme di criminalità internazionale già rientranti nella competenza inizialmente attribuita all’ufficio europeo di polizia e, segnatamente, il traffico illecito di stupefacenti e di materie nucleari e radioattive, i reati di terrorismo e le organizzazioni clandestine; b) le forme criminali previste dalla Convezione Europol quali, omicidio volontario e lesioni personali gravi, traffico illecito di organi e tessuti umani, rapimento, sequestro e presa di ostaggi, razzismo e xenofobia, criminalità informatica, traffico illecito di beni culturali, traffico illecito di specie animali protette, traffico illecito di specie e di essenze vegetali protette, criminalità ambientale, traffico illecito di sostanze ormonali ed altri fattori di crescita. Inoltre, al riguardo si deve precisare che, a seguito di una decisione del Consiglio del 6 dicembre 2001, di poco precedente la decisione istitutiva di Eurojust, Europol aveva esteso in modo notevole la propria competenza, nell’ambito della quale venivano ricomprese, con effetto dal 1° gennaio 2002, tutte le forme gravi di criminalità. Questa estensione di competenza di Europol, che si riflette immediatamente sulla competenza di Eurojust, ha fatto sì che, del tutto verosimilmente, che alcune forme gravi di crimini siano contemplate due volte dall’art. 4: una per effetto del rinvio alla competenza di Europol ed una per effetto della loro espressa menzione nell’ambito dell’area di competenza propria di Eurojust.
[55] Esse sono: la criminalità informatica, la frode, la corruzione, i reati che colpiscono gli interessi finanziari della Comunità europea, il riciclaggio, la criminalità ambientale e la partecipazione ad una organizzazione criminale. In dottrina si rinvia a G. Caselli, G. De Amicis, La natura di Eurojust e la sua attuazione nell’ordinamento interno, in Dir. e Giust., 28, 2003, p. 95; F. De Leo, Maggior valore per le richieste del collegio, in Guida al dir., 14, 2005, p. 42; F. Lo Voi, Nomina e poteri del membro nazionale italiano di Eurojust, in Dir. pen. e processo, 2005, p. 548.
[56] In tema si rinvia a M. Chiavario, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello europeo, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2005, p. 974; G. De Amicis, Cooperazione giudiziaria e corruzione internazionale, verso un sistema integrato di forme e strumenti di collaborazione tra le autorità giudiziarie, in Quaderni di diritto penale comprato, internazionale ed europeo, Milano, Giuffrè, 2007, p. 35; G. De Amicis, La costruzione di Eurojust nell’ambito del “Terzo pilastro” dell’Unione europea, in Cass. Pen., 2001, p. 1966; C. M. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 435; L. Salazar, Eurojust, passo provvisorio ma decisivo contro il grande crimine transnazionale, in Diritto e Giustizia, 5, 2001, p. 84; E. Zanetti, Eurojust e l’ordinamento italiano, in Giustizia e problemi internazionali, collana diretta da Mario Pisani, Giuffrè, Milano, 2006, p. 32.
[57] Ex articolo 4, ultima parte, della Decisione 2002/187 «per altri tipi di reati diversi da quelli di cui al paragrafo 1 l’Eurojust può, a titolo complementare, conformemente ai suoi obiettivi, prestare assistenza nelle indagini e azioni penali su richiesta di un’autorità competente di uno Stato membro».
[58] Di cui un esaustivo elenco in F. Spiezia, Coordinamento delle indagini ed Eurojust, in Aa. Vv., “Spazio europeo di giustizia” e procedimento penale italiano. Adattamenti normativi e approdi giurisprudenziali, a cura di L. Kalb, Giappichelli, Torino, 2012, pp.111-112.
[59] Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, in GUCE L 190, del 18 luglio 2002, n. L 190, art. 16, co.2.
[60] Decisione 2005/671/GAI del Consiglio, del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici, in GUUE L 253, del 29 settembre 2005, pp. 22-24, art.2.
[61] Decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, in GUUE L 328, del 15 dicembre 2009, pp. 42-47, art. 12.
[62] Per il quale si rimanda all’Allegato di cui alla p. 45 della Proposta del 2013.
[63] Proposta di Regolamento 2013, pp. 12-13.
[64] Ex articolo 3, co. 2 Proposta regolamento 2013, essi sono i reati commessi per procurarsi i mezzi, peragevolare o ottenere l’impunità in rapporto ai crimini di cui al comma 1.
[65] Art. 5 della Decisione 2002/187/GAI.
[66] Sul tema, si rinvia a M. Chiavario, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello europeo, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2005. p. 977; G. De Amicis, Eurojust: le indicazioni del ministero per rendere effettivo il coordinamento, in Dir. Giust., 24, 2001, p. 58; F. De Leo, Le funzioni di coordinamento di Eurojust, in Aa.Vv., Il coordinamento delle indagini di criminalità organizzata e terrorismo, Giuffrè, Milano, 2004, p. 97; F. De Leo, Da Eurojust a pubblico ministero europeo, in Cass. pen.,4, 2003, p. 1432; F. De Leo, Quale legge per Eurojust?, in Quest. Giustizia, 1, 2003, p. 197; M. Delmas-Marty, Evoluzione del p.m. e principi direttivi del processo penale nelle democrazie europee, in Quest. Giust., 1997, p. 201; P. Moscarini, Eurojust e p.m. europeo: dal coordinamento investigativo alle investigazioni coordinate, in Dir. pen. e proc., 5, 2011, p. 633; C. M. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 449; L. Salazar, Eurojust, passo provvisorio ma decisivo contro il grande crimine transnazionale, in Dir. e Giust., 5, 2001, p. 8.
[67] Come per l’adozione del regolamento interno (art. 10, par. 2), per l’elezione del presidente e, eventualmente, dei vicepresidenti (art. 28, par. 2), per la nomina del direttore amministrativo (art. 29 par. 1), per l’adozione del progetto di bilancio (art. 35 par. 2) e per l’adozione del regolamento finanziario applicabile al bilancio (art. 37).
[68] Anche in questo caso il progetto di Regolamento 2013 inciderebbe in maniera sostanziale, ripartendo ai sensi dell’articolo 5 i casi in cui il Collegio è chiamato ad intervenire: – per i fatti contemplati nell’art. 4, paragrafi 1 e 2, sulle funzioni operative di Eurojust (competenze già attualmente previste) solo se vi è richiesta da parte dei membri nazionali o se vi è incidenza a livello europeo o in Stati membri non direttamente implicati; – per o fatti previsti ai paragrafi 3, 4 e 5 (funzioni di nuova attribuzione).
[69] Ai sensi dell’articolo 12 del regolamento interno di Eurojust si prevede, inoltre, che ciascun membro nazionale informi il Presidente e gli altri membri nazionali del suo mandato e dei poteri giudiziari conferitigli sul territorio del proprio Stato a norma dell’art. 9, par. 3, della decisione istitutiva. Il Presidente di Eurojust è, a sua volta, tenuto a redigere ed aggiornare periodicamente un documento in cui sono precisati il mandato, i poteri giudiziari e le prerogative che gli Stati membri hanno conferito ai rispettivi membri nazionali per agire nei confronti di autorità giudiziarie straniere.
[70] Come Eurojust deve comunicare se agisce per il tramite di uno o più membri nazionali, o se agisce, invece, attraverso il Collegio, così il membro nazionale dovrà Indicare se agisce in virtù dei poteri giudiziari conferitigli dal proprio Stato membro a norma dell’articolo 9.
[71] Entrata in funzione il 4 giugno 2011.
[72] Rubricato cooperazione con la rete giudiziaria europea e altre reti dell’Unione europea coinvolte nella cooperazione giudiziaria in materia penale
[73] Che hanno prodotto nel febbraio 2008, il Memorandum of understanding on co-operation between Eurojust and the European Judicial Network¸ il cui testo è reperibile sul sito internet: http://www.eurojust.europa.eu/doclibrary/.
[74] Come d esempio il fatto che il il segretariato della Rete europea di formazione giudiziaria, anche se inserito in un’unità differente a livello funzionale, faccia parte dell’apparato di Eurojust.
[75] Stabilita con Regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, del 26 ottobre 2004, che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, in GUUE L 349, del 25 novembre 2004, pp. 1-11.
[76] La CEPOL è stata istituita come agenzia dell’Unione europea nel 2005 con la Decisione 2005/681/GAI del Consiglio, del 20 settembre 2005, che istituisce l’Accademia europea di polizia (CEPOL) e che abroga la decisione 2000/820/GAI, in GUUE L 256, del 1 ottobre 2005, pp. 63-70. Il segretariato dell’Accademia ha sede a Bramshill (Regno Unito).
[77] Rispettivamente il Memorandum of understanding on co-operation between Frontex and Eurojust risalente al dicembre 2013 e il Memorandum of understanding on co-operation between Eurojust and CePol del Gennaio 2010. Entrambi i testi sono reperibili nel sito internet: http://www.eurojust.it.
[78] Il progetto di Regolamento del 2013 apporterebbe modifiche anche alla relazione tra l’Eurojust e la Commissione. Quest’ultima potrebbe vedersi riconosciuti seggi sia nel Collegio, quando questo esercita la funzione gestionale, che in seno al comitato esecutivo. Vi è, però, in dottrina chi ritiene che tali modifiche manterrebbero comunque indipendente Eurojust nello svolgimento delle sue funzioni operative (F. Spiezia, I cambiamenti in corso nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia: quale futuro per Eurojust? Alcune riflessioni alla luce dei negoziati sulla proposta di regolamento della Commissione europea COM(2013) 535 del 17 luglio 2013, consultabile online sul sito internet: www.penalecontemporaneo.it/upload/1426613716SPIEZIA_2015a.pdf, del 19 marzo 2015). Modifiche alle relazioni tra Eurojust e Commissione risultano, inoltre, anche dall’orientamento generale approvato dal Consiglio GAI del 12 e 13 marzo 2015 sulla proposta di regolamento.
[79] L’articolo 36 (ex articolo 21 del TUE) afferma che «L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica disicurezza consulta regolarmente il Parlamento europeo sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezza e di difesa comune e lo informa dell’evoluzione di tali politiche. Egli provvede affinché le opinioni del Parlamento europeo siano debitamente prese in considerazione. I rappresentanti speciali possono essere associati all’informazione del Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può rivolgere interrogazioni o formulare raccomandazioni al Consiglio e all’alto rappresentante. Esso procede due volte all’anno ad un dibattito sui progressi compiuti nell’attuazione della politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune».
[80] Così G. De Amicis, Eurojust, in Aa.Vv., Lezioni di diritto penale europeo, a cura di G. Grasso, R. Sicurella, Giuffrè, Milano, 2007, p. 504.
[81] Si veda la Relazione annuale di Eurojust, 2012, p. 43, consultabile sul sito internet: http://www.eurojust.europa.eu/doclibrary/.
[82] Tra le quali si ricordino l’Interpol (Espressamente prevista all’art. 27, co. 1, lett. c) della Decisione. La sua ideazione risale addirittura al primo congresso tenutosi a Monaco nel 1914. Fu ufficialmente creata nel 1923 come Commissione internazionale di polizia, poi ribattezzata INTERPOL nel 1956) e l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, U.N.O.D.C (Agenzia delle Nazioni Unite istituita nel 1997 attraverso la fusione del Programma internazionale delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la Divisione per la prevenzione del crimine e la giustizia criminale al Centro per la prevenzione del crimine internazionale).
[83] La firma di tali atti deve essere necessariamente preceduta da: – una consultazione di Eurojust con l’Autorità di controllo comune circa le disposizioni attinenti ai dati personali ed un’autorizzazione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata. Eurojust deve, inoltre, informare il Consiglio di ogni progetto di negoziazione con gli Stati terzi.
[84] Sezioni I-III, articoli dal 38 al 43, Proposta di Regolamento, pp. 31-35.
[85] Articolo 45, Proposta di Regolamento, pp. 35-36.
[86] F. Spiezia, I cambiamenti in corso nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia: quale futuro per Eurojust? Alcune riflessioni alla luce dei negoziati sulla proposta di regolamento della Commissione europea COM(2013) 535 del 17 luglio 2013, consultabile sul sito internet: www.penalecontemporaneo.it/upload/1426613716SPIEZIA_2015a.pdf, del 19 marzo 2015, p. 11.
[87] P. L. Vigna, Le linee di evoluzione della criminalità organizzata, in Aa.Vv., La cooperazione internazionale per la prevenzione e la repressione della criminalità organizzata e del terrorismo, Giuffrè, Milano, 2005, p. 209.
[88] Aa.Vv., Terrorismo e crimini contro lo Stato. Legislazione attuale e azioni di contrasto (a cura di M. Barillaro), Giuffrè, Milano, 2005, p. 99 e ss.
[89] Anche ai sensi dell’articolo 87 TFUE che prevede che l’Unione sviluppi una cooperazione di polizia che associ tutte le autorità competenti degli Stati membri, compresi i servizi di polizia, i servizi delle dogane e altri servizi incaricati dell’applicazione della legge specializzati nel settore della prevenzione o dell’individuazione dei reati e delle relative indagini.
[90] Per un percorso storico della cooperazione sin dai primi dell’Ottocento, cfr. G. Pasqua, J. P. Pierini, Police cooperation in the European Union: an overview, in Aa.Vv., European cooperation in penal matters: issues and perspectives, a cura di M. C.Bassiouni, V. Militello, H. Satzger, Cedam, Padova, 2008, p.403 e ss.
[91] Sul tema si rinvia a F. Spiezia, Crimine transnazionale e procedure di cooperazione giudiziaria. Fonti normative, soggetti e rapporti giurisdizionali con le autorità straniere. Aggiornato con le leggi “Eurojust”, mandato di arresto europeo e con le principali convenzioni del 2005, in Guida al Diritto, il Sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 126 e ss.; T. Rafaraci (a cura di), La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale nell’Unione europea dopo il Trattato di Lisbona, Giuffrè, Milano, 2011, p. 271 e ss.; M. C. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 467 e ss.; R. Kostoris, Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, Milano, 2014, p. 176 e ss.
[92] Il Trattato di Maastricht il del 7 febbraio 1992, ha istituito Europol allo scopo di ottenere una cooperazione rafforzata fra le forze di polizia. Il trattato stabilì, inoltre, le questioni di interesse comune che giustificavano la cooperazione di polizia (terrorismo, stupefacenti e altre forme di criminalità internazionale) e definì il principio della creazione di un ufficio europeo di polizia (Europol) che, in un primo momento, si tradusse concretamente solo nella creazione dell’Unità d’informazione sugli stupefacenti Europol.
[93] La Convenzione basata sull’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un Ufficio europeo di polizia (Convenzione Europol) è stata adottata con Atto del Consiglio del 26 luglio 1995 (95/C 316/01), è stata ratificata da tutti gli Stati membri ed è entrata in vigore il primo ottobre 1998 (due mesi dopo la ratifica depositata dall’ultimo Paese, il Belgio). La Convenzione è stata ratificata dall’Italia con la legge n. 93 del 23 marzo 1998. Per la Convenzione del 1995 l’Europol doveva «apportare un significativo contributo all’azione di applicazione della legge dell’Unione europea al fine di prevenire e combattere il terrorismo, il traffico illecito di stupefacenti e altre gravi forme di criminalità organizzata nell’ambito delle proprie competenze, riservando particolare attenzione alle organizzazioni criminali coinvolte».
[94] A partire dal primo gennaio 2010, la Convenzione è stata sostituita dalla decisione 2009/371/GAI del Consiglio. L’Ufficio europeo di polizia, nato quindi come organismo intergovernativo disciplinato da una Convenzione conclusa fra gli Stati membri, è divenuto un’agenzia decentrata dell’Unione europea.
[95] Sul tema si rinvia a G. De Amicis, Cooperazione giudiziaria e corruzione internazionale. Verso un sistema integrato di forme e strumenti di collaborazione tra le autorità giudiziarie, Giuffrè, Milano, 2007, p. 33; M. C. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 467.
[96] Si rinvia a E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, a cura di E. Aprile, Ipsoa, Milano, 2009, p. 243; G. C. Caselli, G. De Amicis, La natura di Eurojust e la sua attuazione nell’ordinamento interno: struttura, funzioni e obiettivi dell’organismo sovranazionale, in Dir. e giust., 28, 2003; C. M. Chiavario, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 975; G. De Amicis, G. Santalucia, La vocazione giudiziaria dell’Eurojust tra spinte sopranazionali e timidezze interne, in Cass. pen., 2011, 9, p. 137.
[97] Si veda A. Iannuzzi, La cooperazione tra le autorità di polizia, in Aa.Vv., “Spazio europeo di giustizia” e procedimento penale italiano. Adattamenti normativi e approdi giurisprudenziali, a cura di L. Kalb, Giappichelli, Torino, 2012, p. 149.
[98] Punti 43-44-45.
[99] A questo proposito si rinvia a G. De Amicis, G. Iuzzolino, La costruzione dello spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia nelle disposizioni penali del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, in Cass. pen., 2004, p. 10; A. Mangiaracina, Verso nuove forme di cooperazione giudiziaria: le squadre investigative comuni, in Cass. pen., 2004, p. 751 e ss.; Z. Secchi, Le novità della convenzione 29 maggio 2000 in tema di assistenza giudiziaria penale fra gli Stati membri dell’Unione europea, in Doc. giust., 2000, p. 1120; G. Iuzzolino, Le squadre investigative comuni, in Dir. e Giust, 2003, 15, p. 11.
[100] Decisione del Consiglio del 6 dicembre 2001 che estende il mandato dell’Europol alle forme gravi di criminalità internazionale enumerate nell’allegato della convenzione Europol, in GUCE C 362, del 18 dicembre 2001.
[101] La decisione del Consiglio del 27 marzo 2000 (2000/C 106/01) ha autorizzato il direttore dell’Europol ad avviare negoziati per la conclusione di accordi con Stati e organismi terzi. A tale titolo, l’Europol ha firmato accordi di cooperazione con Interpol e con gli Stati Uniti.
[102] Decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro, in GUUE L 185, del 16 luglio 2005, pp. 35-36.
[103] Consiglio dell’Unione europea, 2000, Atto del 30 novembre 2000 del Consiglio che stabilisce in base all’articolo 43, paragrafo 1, della Convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia (Convenzione Europol) un Protocollo che modifica l’articolo 2 e l’allegato di detta Convenzione, Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
[104] Protocollo stabilito in base all’articolo 43, paragrafo 1, della Convenzione che istituisce un ufficio europeo di polizia (Convenzione Europol) che modifica l’articolo 2 e l’allegato di detta Convenzione, in GUCE C 358, del 13 dicembre 2000, pp. 2-7.
[105] Consiglio dell’Unione europea, 2002, Atto del 28 novembre 2002 del Consiglio che stabilisce un Protocollo recante modifica della Convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia (Convenzione Europol) e del protocollo relativo ai privilegi e alle immunità dell’Europol, dei membri dei suoi organi, dei suoi vicedirettori e agenti, Gazzetta ufficiale delle Comunità europee
[106] Protocollo recante la modifica della Convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia (convenzione Europol) e del Protocollo relativo ai privilegi e alle immunità dell’Europol, dei membri dei suoi organi, dei suoi vicedirettori e agenti, GUCE C 312, del 16 dicembre 2002, pp. 2-7.
[107] Consiglio dell’Unione europea, 2003, Atto del 27 novembre 2003 del Consiglio che stabilisce in base all’articolo 43, paragrafo 1, della Convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia (Convenzione Europol) un Protocollo che modifica detta Convenzione, Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
[108] Protocollo elaborato in base all’articolo 43, paragrafo 1, della convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia (convenzione Europol), che modifica detta convenzione, in GUUE C 2, del 6 gennaio 2004, pp. 3-12.
[109] Il settore della cooperazione in materia di polizia è stato posto anch’esso fra le previsioni del Capo V TFUE, rubricato “Cooperazione di Polizia”, agli articoli 87-89. Questo, con l’abbattimento della ripartizione in pilastri, abbandonò altresì il metodo intergovernativo, di cui l’unanimità era stata tangibile testimonianza, a favore di quello comunitario, con l’introduzione della votazione a maggioranza.
[110] In realtà le novità introdotte dal Trattato devono essere lette e coordinate congiuntamente a quanto stabilito dalla decisione 2009/371/GAI del 6 aprile 2009 che sostituisce la Convenzione Europol e abroga tutte le sue misure di attuazione. Secondo quanto previsto dall’art. 88 del TFUE Europol ha il compito di sostenere e potenziare l’azione delle autorità di polizia e degli altri servizi incaricati dell’applicazione della legge degli Stati membri e la reciproca collaborazione nella prevenzione e lotta contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalità che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell’Unione.
[111] Dal primo gennaio 2010, quindi, l’Europol è un’agenzia dell’Unione europea finanziata dal bilancio dell’Unione stessa e sottoposta al controllo finanziario del Parlamento europeo (il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo decidono in merito al bilancio di Europol, basandosi sulle proposte della Commissione europea e del Consiglio di amministrazione di Europol). Lo stanziamento di bilancio per il 2016 ammonta a 100.242.000 euro (2016/C 113/30). Il 14 aprile 2016 è stato inoltre adottato il bilancio rettificativo n.1/2016 attraverso il quale si è deciso lo stanziamento di 2 milioni di euro, da riassegnare a partire dal Fondo sicurezza interna, per l’assunzione di nuovo personale nel Centro europeo antiterrorismo di Europol.
[112] Decisione del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (Europol), in GUUE L 121, del 15 maggio 2009, pp. 37-66.
[113] Controversa era, secondo alcuni, la natura dell’Ufficio ed in particolare se questa potesse o meno ricondursi alla tipologia delle Agenzie presente in molti dei settori di attività dell’Unione, ad oggi più di venti. L’argomento principale di coloro che negavano la natura di Agenzia ad Europol si basava essenzialmente sullo scarso controllo svolto dalla Commissione sull’Ufficio, a differenza di quanto accade per le altre Agenzie che sono organismi strumentali all’attività della Commissione, e quindi sulla prevalenza del carattere intergovernativo rispetto a quello comunitario che caratterizzano l’attività dell’Ufficio. Tuttavia vi sono elementi che fanno propendere per la natura di Agenzia. Innanzitutto, ai sensi dell’art. 42 della decisione il finanziamento di Europol, a partire dal 1 gennaio 2010 è assicurato dal bilancio generale dell’Unione a somiglianza di quanto accade per le altre Agenzie ed a differenza di quanto avveniva in precedenza, in un contesto tipicamente intergovernativo, quando erano gli Stati a finanziare le attività di Europol. Inoltre, il processo decisionale seguito nel Consiglio di amministrazione che è chiamato a deliberare, ai sensi del par. 8 dell’art. 37 della decisione, a maggioranza dei due terzi sostituendo così la precedente regola dell’unanimità. Infine, un rappresentante della Commissione entra a far parte dello stesso Consiglio, accanto ad un rappresentante di ciascuno Stato membro, sempre ai sensi dell’art. 37. In tal senso M. Carta, La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale dopo il Trattato di Lisbona, in Democrazia e Sicurezza, anno II, 2, 2012.
[114] La possibilità di costituire una squadra investigativa comune da parte di due o più Stati membri, al fine di condurre indagini penali che esigono un’azione coordinata e concertata, è stata introdotta dalla decisione quadro del Consiglio 2002/465/GAI, del 13 giugno 2002. In base a tale decisione, le squadre investigative comuni devono essere caratterizzate da uno scopo preciso e da una durata limitata (la quale può essere prolungata col consenso di tutte le parti contraenti). Gli Stati membri interessati sono responsabili della composizione, delle finalità e della durata del mandato delle squadre investigative comuni e possono inoltre decidere di avvalersi della collaborazione di rappresentanti di Europol, dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) o di Stati terzi. L’istituto, pur non essendo circoscritto al contrasto di specifiche forme di criminalità, è concepito come strumento prioritario per combattere il terrorismo, il traffico di stupefacenti e la tratta di esseri umani. L’Italia ha recepito la decisione quadro 2002/465/GAI con il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 34.
[115] Art. 37 della Decisione 2009/371.
[116] Tali rapporti devono poi essere inviati al Consiglio dell’Unione per l’approvazione.
[117] Art. 38 Decisione 2009/371.
[118] Di cui ne è anche il legale rappresentante.
[119] I suoi componenti sono membri stabili, nominati per cinque anni dai rispettivi Stati membri. Nello svolgimento delle loro funzioni, inoltre, «non ricevono istruzioni da nessuna autorità» (art. 34, comma 1 Convenzione Europol).
[120] I componenti dell’Autorità comune di controllo sono, inoltre, funzionari delle autorità di controllo nazionali. Queste autorità esercitano nei confronti delle amministrazioni statali competenti un compito che è regolato dal diritto europeo e che corrisponde a quello esercitato dall’Autorità comune di controllo nei confronti dell’Europol. Così, «secondo quanto previsto dalla Convenzione Europol, le autorità nazionali di controllo sono incaricate “di monitorare, in modo indipendente e nel rispetto della legislazione nazionale, che l’introduzione, il recupero e la comunicazione a Europol di dati personali da parte dello Stato membro interessato avvengano in modo lecito e non ledano i diritti delle persone cui si riferiscono i dati ( art. 33, comma1)». Così S. Cassese (a cura di), Corso di diritto amministrativo, Volume 5, Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, Giuffrè, Milano, 2011, pp. 222-223.
[121] Consiglio dell’Unione europea, 1995, Convenzione che istituisce un ufficio europeo di polizia (Convenzione Europol), Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
[122] Art. 88 TFUE.
[123] Il Parlamento europeo ed il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, determinano quindi la struttura, il funzionamento, la sfera d’azione ed i compiti di Europol. Tali compiti, come si è detto, comprendono la raccolta, l’archiviazione, il trattamento, l’analisi e lo scambio delle informazioni trasmesse, in particolare dalle autorità degli Stati membri o di paesi o organismi terzi ma anche il coordinamento, l’organizzazione e lo svolgimento di indagini e di azioni operative, condotte congiuntamente con le autorità competenti degli Stati membri o nel quadro di squadre investigative comuni, eventualmente in collegamento con Eurojust.
[124] Da ciò si evince l’affinità con quanto previsto nell’ordinamento italiano dall’art. 12 c.p.p..
[125] Sul tema si rinvia a E. Calvanese, Comunicazioni agevoli con i corrispondenti, in Guida al dir., 2005, 14, p. 47
[126] Disciplinato dagli articoli 10-16.
[127] La rete protetta per lo scambio di informazioni (S.I.E.N.A.) è uno strumento di nuova generazione ideato per consentire una comunicazione e uno scambio rapidi, sicuri e pratici di informazioni e di intelligence operative e strategiche riguardanti la criminalità fra Europol, gli Stati membri e i Paesi terzi con cui Europol ha concluso accordi di cooperazione. Nel salvaguardare la sicurezza delle informazioni garantisce un corretto bilanciamento fra tutela della privacy e necessità investigative.
[128] Decisione 2008/633/GAI, del 23 giugno 2008, relativa all’accesso per la consultazione del sistema d’informazione visti (V.I.S.) da parte delle autorità designate degli Stati membri e di Europol ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi.
[129] Si veda la decisione del Consiglio, del 27 marzo 2000, che autorizza il direttore dell’Europol ad avviare negoziati per la conclusione di accordi con Stati terzi e organismi non connessi all’Unione europea.
[130] Per approfondimenti si rinvia al Dossier n. 325, “La politica migratoria dell’Unione europea – Aggiornamento a maggio 2016”, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
[131] L’accordo sulla creazione dei punti di crisi è stato raggiunto in occasione del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015, che ha invitato la Commissione a redigere, in stretta cooperazione con gli Stati membri ospitanti, una tabella di marcia sugli aspetti giuridici, finanziari e operativi di tali strutture. La tabella è stata trasmessa agli Stati membri il 15 luglio 2015. Si rinvia alla Nota su Atti dell’Unione europea n. 18, “Punti di crisi e ricollocazione: il ruolo delle Agenzie europee”, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
[132] Consultabile sul sito: http://www.eurojust.europa.eu/doclibrary.
[133] Administrative agreement between the European Police Office (Europol) and the European Anti-Fraud Office (OLAF), in https://www.europol.europa.eu, del 8 aprile 2004, p. 1.
[134] Così, in dottrina, G. De Amicis, Cooperazione giudiziaria e corruzione internazionale, Giuffrè, Milano, 2007, p. 31; V. Pacileo, I rapporti dell’Olaf con le autorità giudiziarie nazionali: forme e modalità di assistenza, Relazione al Convegno di studi organizzato dal CSM con la Commissione europea, sul tema “Cooperazione tra Olaf e autorità giudiziarie nazionali, utilizzabilità degli atti d’indagine e salvaguardia delle garanzie processuali”, Roma 13-15 novembre 2006, in www.csm.it; C. M. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 435; A. Perduca, F. Prato, Le indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ed i rapporti con le autorità giudiziarie, in Cass. pen., 2006, p. 42; B. Piattoli, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Giuffrè, Milano, 2002, p. 183.
[135] Basti pensare che uno dei più importanti strumenti adottati in tale settore è sicuramente la Convenzione PIF – Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari della Comunità europea del 26 luglio 1955, entrata in vigore il 17 ottobre 2002, ma significative disposizioni erano contenute anche nei trattati istitutivi.
L’art. 280 T.C.E. prevedeva che la «Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri. Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari». Analoga disposizione è contenuta nell’art. 325 T.F.U.E. come modificato dal Trattato di Lisbona, secondo cui «l’Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri nelle istituzioni e organismi dell’Unione. Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere la frode che lede i loro interessi finanziari. Fatte salve altre disposizioni dei Trattati, gli Stati membri coordinano l’azione diretta a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione contro la frode. A tal fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti».
[136] Curando, tra l’altro, la gestione operativa del sistema doganale informatizzato denominato Scent: System Customs Enforcement Network mediante il quale è possibile ricevere e trasmettere informazioni in tempo reale sia tra le varie Amministrazioni doganali sia tra queste e la Commissione europea.
[137] L’articolo 280 del Trattato di Amsterdam dispone che: la Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri. Gli Stati membri adottano, per combattere la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano contro la frode che lede i loro interessi finanziari. Fatte salve altre disposizioni del presente trattato, gli Stati membri coordinano l’azione diretta a tutelare gli interessi finanziari della Comunità contro la frode. A tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251, previa consultazione della Corte dei Conti, adotta le misure necessarie nei settori della Prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri. Tali misure non riguardano l’applicazione del diritto penale nazionale o l’amministrazione della giustizia negli Stati membri. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell’attuazione del presente articolo.
[138] Articolo 209 A, co. 1 TUE.
[139] Tramite la procedura di cui all’articolo 251 Trattato di Amsterdam, previa consultazione della Corte dei Conti (art. 280, co. 4).
[140] Per un percorso storico dei provvedimenti in tema, si veda la Relazione esplicativa della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle comunità europee (97/C 191/01), in GUCE C 191, del 23 giugno 1997. Il nuovo articolo K.3 TUE attribuiva difatti a quest’ultima l’opportunità di presentare proposte nelle materie enumerate nei punti da 1 a 6 dell’art. K.1. Più specificatamente, la protezione degli interessi finanziari era prevista al numero 5 di quest’ultimo.
[141] La lotta a questo tipo di crimini, ai sensi dell’art. 1 della stessa Convenzione, era demandata innanzitutto agli Stati membri, in ossequio al principio di assimilazione, con l’auspicio che il livello di tutela minimo così determinato fosse innalzanto a livello nazionale. Fu prevista anche maggiore attenzione all’uniformità delle pene previste nei singoli stati che dovevano essere vincolate al rispetto del principio di proporzionalità. Inoltre l’articolo 6, positivizzando di fatto la cooperazione tanto nella fase investigativa quanto nella fase giudiziaria, stabiliva «che se una frode […] riguarda almeno due Stati membri, questo cooperano in modo effettivo all’inchiesta, ai procedimenti giudiziari e all’esecuzione della pena comminata […]». Per un percorso storico dei provvedimenti in tema, si veda la Relazione esplicativa della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle comunità europee (97/C 191/01), in GUCE C 191, del 23 giugno 1997.
[142] Protocollo della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee stabilito in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea. Dichiarazioni degli Stati membri al momento dell’adozione dell’atto che stabilisce il protocollo, in GUCE C 313, del 23 ottobre 1996, pp. 2 e ss.; Atto del Consiglio del 29 novembre 1996 che stabilisce, sulla base dell’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, il protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia e delle Comunità europee, della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, in GUCE C 151, del 20 maggio 1997; Atto del Consiglio che stabilisce il secondo protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, in GUCE C 221, del 19 luglio 1997.
[143] La Convenzione ha previsto l’obbligo per gli Stati membri di considerare illeciti penali taluni comportamenti lesivi degli interessi finanziari delle Comunità. La Convenzione vincola, inoltre, gli Stati membri nella scelta delle sanzioni, prevedendo per le frodi gravi (superiori ad una certa soglia quantitativa) l‘introduzione di pene detentive. Le previsioni della citata Convenzione sono state poi integrate da due Protocolli addizionali: il primo del 27 settembre1996 e il secondo del 19 giugno 1997. Il primo Protocollo del 27 settembre 1996 introduce l’obbligo per i legislatori nazionali di prevedere delle fattispecie penali aventi ad oggetto i fatti di corruzione dei funzionari comunitari e dei funzionari di altri stati membri suscettibili di ledere gli interessi finanziari comunitari. Il secondo Protocollo del giugno 1997, prevede l’obbligo per gli Stati membri di sanzionare penalmente il riciclaggio di denaro proveniente da frodi o fatti di corruzione in danno del bilancio comunitario, nonché l’obbligo di prevedere una responsabilità delle persone giuridiche per il fatti di frode, corruzione e riciclaggio lesivi delle finanze comunitarie.
[144] Aa.Vv., Corpus Juris portant dispositions pénales pour la protection des intérêts financiers de l’Union européenne, a cura di M. Delmas-Marty, Economica, Paris, 1997.
[145] Sul tema, in dottrina, si rinvia a G. De Amicis, Riflessioni su Eurojust, in Cass. pen., 2002, 11, p. 3617; G. De Amicis, La costruzione di Eurojust nell’ambito del “Terzo Pilastro” dell’Unione Europea, in Cass. pen., 2001, p. 1964; G. De Leo, Da Eurojust al Pubblico ministero europeo, in Cass. pen., 2003, 4, p. 1433.
[146] Art. 18, co.1, Corpus Juris.
[147] Sul tema si rinvia a M. Bargis, Il Pubblico Ministero nella prospettiva di un ordinamento europeo, in Riv. it. dir. pen. proc., 2004.
[148] Si stabilisce che il processo deve svolgersi nello Stato membro la cui giurisdizione appaia la più appropriata nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia. A tal fine vengono elencati i criteri di scelta: a) lo Stato in cui si trovano la maggior parte delle prove; b) lo Stato di residenza o nazionalità dell’imputato (o degli imputati principali); c) lo Stato in cui l’impatto economico del reato è maggiore. A dirimere i casi di conflitto di competenza è chiamata la Corte di Giustizia. Si rinvia sul tema a Aa.Vv., Corpus Juris portant dispositions pénales pour la protection des intérêts financiers de l’Union européenne, a cura di M. Delmas-Marty, Economica, Paris, 1997, pp. 114-118.
[149] Risoluzione sulla creazione di uno spazio giuridico e giudiziario europeo per la protezione degli interessi finanziari dell’Unione europea contro la criminalità di dimensione internazionale, in GUCE C200, del 30 giugno 1997, p. 157; Risoluzione sulla relazione annuale 1996 della Commissione, in COM(97) 200 e il suo programma di lavoro 1997-1998 sulla protezione degli interessi finanziari della Comunità e la lotta contro le frodi COM(97) 199, in GUCE C 339, del 10 novembre 1997, p. 68.
[150] O, ancora, Corpus Juris 2000 o anche “versione di Firenze”, poiché, tra il 6 e 7 maggio 1999, colà si riunirono i rappresentanti delle Associazioni dei giuristi europei per la tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, presso l’Istituto Universitario Europeo. Si veda sul punto Aa.Vv., L’attuazione del Corpus Juris negli Stati membri. Disposizioni penali per la tutela delle Finanze dell’Europa, a cura di M. Delmas-Marty, J. A. E. Vervaele, in http://ec.europa.eu/anti_fraud/documents/fwk-green-papercorpus/ corpus_juris_it.pdf.
[151] Relazione speciale n. 8/98 sui servizi della Commissione incaricati specificamente della lotta alle frodi, in particolare «l’Unità di coordinamento della lotta antifrodi» (UCLAF) corredata delle risposte della Commissione (in conformità dell’articolo 188 C, paragrafo 4, secondo comma, del trattato CE), in GUCE C 230, del 22 luglio 1998, pp. 1- 44.
[152] Comitato di esperti indipendenti. Prima relazione sui presunti casi di frode, cattiva gestione e nepotismo in seno alla Commissione europea (15 marzo 1999), consultabile sul sito internet: inhttp://www.europarl.europa.eu/experts/default_it.htm.
[153] Risoluzione sulla «Commissione Prodi» (Risoluzione sul miglioramento della gestione finanziaria della Commissione), in GUCE C 104, del 14 aprile 1999, p. 106.
[154] L. Dominici, Da Uclaf a Olaf come cambia la lotta alle frodi in ambito Ue, del 3 Novembre 2006 consultabile in http://www.fiscooggi.it/analisi-e-commenti/articolo/da-uclaf-olaf-come-cambia-lalotta-alle-frodi-ambito-ue-9.
[155] Decisione della Commissione 1999/352/CE, CECA, Euratom, del 28 aprile 1999, che istituisce l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in GUCE L 136, 31 maggio 1999. Sul tema si rinvia a G. De Amicis, A. D’Amato, La cooperazione internazionale nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Dalle rogatorie alle squadre investigative comuni in attuazione dei principi del “Terzo Pilastro” del Trattato sull’Unione europea, in Aa.Vv., Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transnazionale, (a cura di Catalano), Giappichelli, Torino, 2003, p. 31; V. Pacileo, I rapporti dell’Olaf con le autorità giudiziarie nazionali: forme e modalità di assistenza, Relazione al Convegno di studi organizzato dal CSM con la Commissione europea, sul tema “ Cooperazione tra Olaf e autorità giudiziarie nazionali, utilizzabilità degli atti d’indagine e salvaguardia delle garanzie processuali”, Roma 13-15 novembre 2006, in www.csm.it; C. M. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 435; F. Perduca, A. Prato, Le indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ed i rapporti con le autorità giudiziarie, in Cass. pen., 2006, p. 4242; B. Piattoli, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Giuffrè, Milano, 2002, p. 183.
[156] Regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), pp. 1-7; Regolamento Euratom n. 1074/1999 del Consiglio, 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), pp. 8-14; Accordo interistituzionale, 25 maggio 1999, tra il Parlamento Europeo, il Consiglio dell’Unione Europea e la Commissione delle Comunità europee relativo alle indagini interne svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) pp. 15-19. Tutti gli atti qui elencati si trovano in GUCE L 316, del 31 maggio 1999.
[157] In tema si rinvia a F. Spiezia, Crimine transnazionale e procedure di cooperazione giudiziaria. Fonti normative, soggetti e rapporti giurisdizionali con le autorità straniere. Aggiornato con le leggi “Eurojust”, mandato di arresto europeo e con le principali convenzioni del 2005, in Guida al Diritto, il Sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 134 e ss.; M. C. Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Utet, Torino, 2011, p. 435 e ss.; R. Kostoris, Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, Milano, 2014, pp. 169 e ss.
[158] Libro Verde, pp. 71 e ss.
[159] Regolamento (UE, EURATOM) n.883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 settembre 2013 relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n.1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio, in GUUE L 248, del 18 settembre 2013.
[160] In particolare il Regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), in GUCE L 136, del 31 maggio 1999, p. 1 e ss..
[161] Della cui configurazione e compiti si rinvia, per un’esaustiva panoramica, a B. Piattoli, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Giuffrè, Milano, 2002, p. 66 e ss.; B. Piattoli, Criminalità transnazionale e nuovi ambiti giudiziari in Europa: quale struttura per un p.m. centrale?, in Aa.Vv., Corpus Juris, pubblico ministero europeo e cooperazione internazionale. Atti del convegno. Alessandria, 19-21 ottobre 2001, a cura di M. Bargis, S. Nosengo, Giuffrè, Milano, 2003, p. 217.
[162] Si veda sul punto A. Nicastro, Diritto penale europeo e ordinamento italiano, le decisioni quadro dell’Unione europea: dal mandato d’arresto alla lotta al terrorismo, Giuffrè, Milano, 2006, p. 90; L. Salazar, L’Unione europea e la lotta alla criminalità organizzata da Maastricht ad Amsterdam, in Doc. giust., 1999, p. 410.
[163] Così come previsto dall’art. 1 Regolamento 883/2013.
[164] Esso offre strumenti intesi a migliorare la cooperazione con i partners, quali le altre istituzioni, gli Stati membri, le organizzazioni internazionali e i Paesi terzi.
[165] Programma destinato a contrastare la frode, la corruzione ed ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’UE. Decisione 804/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce un programma d’azione comunitaria per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari della Comunità (“programma HERCULE”), in GUUE L 143, del 30 aprile 2004, pp. 9-14. Fu poi sostituito con Hercule II, con Decisione 878/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2007, che modifica e proroga la Decisione 804/2004/CE che istituisce un programma d’azione comunitaria per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari della Comunità (Programma Hercule II), in GUUE L 193, del 25 luglio 2007, pp. 18-22, infine seguito da Hercule III, con Regolamento 250/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 che istituisce un programma per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea (programma Hercule III) e che abroga la Decisione 804/2004/CE, in GUUE L 84/6, del 20 marzo 2014.
[166] Programma in materia di scambi, assistenza e formazione volto a rafforzare la protezione delle banconote e monete in euro in Europa e nel mondo, con un budget annuale di circa un milione di euro.
[167] Così, in dottrina, B. Piattoli, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Giuffrè, Milano, 2002, p. 131.
[168] Per la disciplina antecedente si rinvia a A. Perduca, F. Prato, Le indagini dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF) ed i rapporti con le autorità giudiziarie, in Cass. pen., 2006, 12, pp. 4242-4251.
[169] Ai fini del Regolamento 2013/883 ex articolo 2 si intende per «interessi finanziari dell’Unione» entrate, spese e beni coperti dal bilancio dell’Unione europea, nonché quelli coperti dai bilanci delle istituzioni, degli organi e degli organismi e i bilanci da essi gestiti e controllati; per «irregolarità» un’irregolarità quale definita all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95; per «frodi, corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione» la definizione data a tali termini nei pertinenti atti dell’Unione; per «indagine amministrativa» ogni controllo, verifica e operazione svolti dall’Ufficio conformemente agli articoli 3 e 4, al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1 e di accertare, ove necessario, il carattere irregolare delle attività controllate; tali indagini non incidono sui poteri delle autorità competenti degli Stati membri di avviare procedimenti; per «persona interessata» ogni persona o operatore economico sospettati di aver commesso frodi, corruzione o ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione e che sono pertanto oggetto di indagine da parte dell’Ufficio; per «operatore economico» la definizione data a questo termine dal regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 e dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96; per «accordi amministrativi» accordi di carattere tecnico e/o operativo conclusi dall’Ufficio che possono avere come obiettivo, in particolare, di agevolare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le parti e che non creano ulteriori obblighi giuridici.
[170] I cui compiti e doveri sono disciplinati all’art. 17 del Regolamento. Esso viene nominato dalla Commissione per un periodo di sette anni.
[171] Ex art. 5 Regolamento 883/2013.
[172] Ossia il Mediatore europeo. Ad esso sono rivolte le denunce, sporte dai cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea e le persone in esso residenti, che concernano casi di cattiva amministrazione che coinvolgono istituzioni e organismi dell’Unione europea. Possono anche sporgere denuncia al Mediatore le imprese, le associazioni e altri soggetti con sede nell’Unione europea.
[173] Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio dell’11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità, in GUCE L 292, del 15 novembre 1992, pp. 2-5.
[174] E’ previsto che le persone interessate e sentite nel corso delle investigazioni debbano essere invitate (all’invito è allegato l’elenco dei diritti, fra i quali quello di essere assistito da un soggetto di sua scelta) al colloquio con un preavviso di dieci giorni lavorativi (salvo casi di urgenza nei quali, ex art. 9 co. 2, il termine non può essere inferiore a 24 ore). Un termine di avviso di sole ventiquattro ore (che può essere ulteriormente ridotto in casi di urgenza) è invece previsto per i testimoni. Qualora nel corso del colloquio risulti che un testimone possa essere persona interessata, esso si conclude e si apre una nuova fase in osservanza degli articoli 3 e 4 del Regolamento e delle precedenti dichiarazioni non se ne potrà fare alcun uso senza prima concedergli la possibilità di fare osservazioni al riguardo.
[175] Art. 11 Regolamento.
[176] Rimproveri, retrocessioni o licenziamenti.
[177] Rettifica dei contratti, modifiche alle regole o irrigidimento delle procedure di assunzione.
[178] Recupero dei fondi, sanzioni pecuniarie o esclusione dalle procedure di approvvigionamento.
[179] Riferendone al pubblico ministero nazionale.
[180] Esso non dispone difatti di alcun vero e proprio strumento di diritto penale. In questo senso si rinvia a H. Satger, F. Zimmerman, The protection of EC financial interests by means of penal law, in Aa.Vv., European cooperation in penal matters: issues and perspectives, a cura di M. C. Bassiouni, V. Militello, H. Satzeger, Cedam, Padova, 2008, p. 176.
[181] A. Perduca, F. Prato, Le indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ed i rapporti con le autorità giudiziarie, in Cass. pen., 2006, p. 4247.
[182] Tale principio è stato ribadito in più occasioni dalla giurisprudenza comunitaria. Invero, la Corte di Giustizia nel 2003 accolse il ricorso per l’annullamento della decisione con la quale nell’ottobre 2009, e cioè pochi mesi dalla creazione dell’Olaf, la Banca Centrale Europea attribuiva ai propri servizi interni la competenza esclusiva per indagare sui fatti di frode ed irregolarità pregiudizievoli agli interessi finanziari della BCE.
[183] Articolo 15 del Regolamento.
[184] Articoli 12 e 13 del Regolamento
[185] Col quale l’OLAF ha sottoscritto il 14 aprile 2003 un memorandum di intesa basato su talune linee. Si rinvia a G. De Amicis, Il ruolo dell’Olaf e di Eurojust negli interventi a tutela degli interessi finanziari comunitari: quale collaborazione?, in Aa. Vv., Per un rilancio del progetto europeo. Esigenze di tutela degli interessi comunitari e nuove strategie di integrazione penale, a cura di G. Grasso, R. Sicurella, Giuffrè, Milano, 2008, p. 607. Di esso dà ampiamente conto in G. De Amicis, Eurojust, in Aa.Vv., Lezioni di diritto penale europeo, a cura di G. Grasso, R. Sicurella, Giuffrè, Milano, 2007, p. 503. Il memorandum è stato sostituito, il 24 aprile 2008, con il Practical Agreement on arrangements of cooperation. A riguardo si rinvia a di M. Zwiers, The European Public Prosecutor’s Office. Analysis of a Multilevel Criminal Justice System, Intersentia, Cambridge, 2011, pp. 283-284.
[186] Ovverosia, ex art. 2, co.7 del Regolamento, accordi di carattere tecnico e/o operativo conclusi dall’Ufficio che possono avere come obiettivo, in particolare, di agevolare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le parti e che non creano ulteriori obblighi giuridici.
[187] Articolo 16 del Regolamento. Di esempio sono i rapporti con l’Ufficio di indagine e disciplina della Commissione (Investigation and Discipline Office of the Commission, I.D.O.C.).
[188] A norma della Decisione 35 del 2014 il cui testo risulta consultabile sul sito internet: http:// ec.europa.eu/anti_fraud/documents/decision_35_2014_en.pdf.
[189] Articolo 14 del Regolamento.
[190] La cui lista di accordi è interamente consultabile online sul sito internet: http://ec.europa.eu/anti_fraud/cocuments/international-cooperation /list_signed_acas_en.pdf.
[191] Cfr. sul tema A. Di Martino, La frontiera e il diritto penale. Natura e contesto delle norme di diritto penale transnazionale, Giappichelli, Torino, 2006, p. 67 e ss.
[192] Così Aa.Vv., La circolazione investigativa nello spazio giuridico europeo: strumenti, soggetti, risultati, Cedam, Padova, 2010, pp. 61-62.
[193] In tal senso si rinvia a V. Grevi, Linee di cooperazione giudiziaria in materia penale nella Costituzione europea, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di E. Dolcini, C. E. Paliero, Giuffrè, Milano, 2006, p. 2796 e ss., secondo cui la fisionomia della futura Procura europea lascia intendere come il promovimento della corrispondente azione penale dovrebbe ubbidire al principio di legalità, e quindi di obbligatorietà, sia pure semmai “temperata” in presenza di tassativi presupposti prefissati per legge, senza poter esser comunque subordinato a valutazioni di opportunità politica; sul tema si rinvia inoltre a G. De Amicis, Il “rafforzamento” di Eurojust nella prospettiva del Pubblico ministero europeo: finis an transitus?, in Studi in onore di Mario Pisani, II, a cura di P.Corso, E. Zanetti, La Tribuna, 2010, p. 111 e ss..
[194] La previsione rappresenta un punto di arrivo di un percorso già promosso sia dalla Commissione che dal Parlamento europeo, che aveva trovato un suo momento di concreta sintesi propositiva nel progetto del Corpus juris europeo, quale modello di una tutela penale sopranazionale limitata a determinati beni giuridici. Tale progetto prevedeva la creazione della figura del pubblico ministero europeo (P.M.E.) e lo definisce quale «autorità della Comunità responsabile delle indagini, del rinvio a giudizio, dell’esercizio dell’azione penale davanti al giudice del dibattimento e dell’esecuzione delle sentenze, in relazione ai reati indicati negli artt. 1-8 del corpus». In dottrina si rinvia a M. Bargis, Le disposizioni processuali del Corpus juris 2000, relazione svolta nell’ambito del Convegno “Corpus juris, pubblico ministero europeo e cooperazione internazionale” (Alessandria 19-21 ottobre 2001), Giuffrè, Milano, 2003, p. 133; P. Ferrua, relazione svolta nell’ambito del Convegno “Corpus juris, pubblico ministero europeo e cooperazione internazionale” (Alessandria 19-21 ottobre 2001), Giuffrè, Milano, 2003, p. 133; E. Zappalà, Corpus Juris, Pubblico ministero europeo e cooperazione internazionale, Atti del convegno – Alessandria 19-21 ottobre 2011, Giuffrè, Milano, 2003, p. 195.
[195] In dottrina si rinvia alle riflessioni di S. Allegrezza, Pubblico ministero europeo e azione penale: stato dell’arte e prospettive di sviluppo, Giappichelli, Torino, 2005, p. 50; E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, Ipsoa, Milano, 2009, p. 250; L. Camaldo, L’avvocato difensore di fronte al pubblico ministero europeo, in Riv. pen., 11, 2001, p. 873; L. Lombardo, L’istituzione del procuratore europeo: problemi e prospettive, in Cass. pen., 2003, p. 690; B. Piattoli, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Giuffrè, Milano, 2002, p. 194; P. Tonini, Il progetto di un pubblico ministero europeo nel Corpus juris sulla repressione delle frodi comunitarie (Relazione al convegno di studio promosso dall’Ordine degli Avvocati di Livorno e dalla Fondazione Piaggio sul tema. “ Lo spazio giuridico europeo e il pubblico ministero in Europa”, Livorno 16-17 ottobre 1998), in Riv. it. dir. pub. com., I, 1999, p. 27.
[196] Il risalente rapporto è stato quindi rinsaldato di recente, con l’Accordo di collaborazione con Europol del 2010, incentrato sullo snellimento delle procedure per lo scambio di informazioni e per un maggiore supporto nell’attività di cooperazione giudiziaria, evitando la duplicazione delle azioni intraprese nel medesimo caso. Consultabile in http://www.eurojust.europa.eu/doclibrary.
[197] Questi aspetti sono puntualmente richiamati negli annual report di Eurojust (Cfr. Relazione annuale 2010, p. 53). Deve, inoltre, essere precisato che lo stesso Consiglio ha ripetutamente sottolineato tale aspetto. Si vedano al riguardo le Conclusioni del Consiglio del 6-7 dicembre 2007 sulla comunicazione della Commissione circa il ruolo di Eurojust . In egual modo, nel documento presentato nel novembre 2007 (n. 15448/07), lo stesso Coordinatore europeo contro il terrorismo richiamava l’attenzione per la necessità della creazione di collegamenti strutturali tra Europol ed Eurojust.
[198] Nel 2010, Eurojust ha invitato Europol a continuare la sua partecipazione attiva alle riunioni di gruppo di lavoro informale. Inoltre, nel campo della cooperazione operativa, nel 2010 Eurojust si è associato con archivi di lavoro gestiti da Europol per fini di analisi, raggiungendo così il numero di complessive 15 associazioni. Gli archivi in discorso riguardano la criminalità informatica, la pirateria marittima ed il traffico di eroina. Europol, invece, ha partecipato a 41 riunioni di coordinamento presso Eurojust. La costante cooperazione tra Eurojust ed Europol ha portato ad ulteriori trattative che si sono concluse a gennaio 2011 con l’approvazione di un Memorandum di intesa. In dottrina si rinvia a A. A. Dalia, M. Ferraioli, Manuale di diritto processuale penale, Cedam, Padova, 2010, p. 147. In particolare in occasione della discussione sulle modalità per promuovere più strette relazioni tra il sistema di coordinamento nazionale Eurojust e le unità nazionali di Europol, come previsto dall’articolo 12, par. 5, lett. d), della nuova decisione Eurojust.
[199] Memorandum di intesa basato su talune linee guida pratiche di collaborazione. Di esso dà ampiamente conto in G. De Amicis, Eurojust, in Aa.Vv., Lezioni di diritto penale europeo, cura di G. Grasso, R. Sicurella, Giuffrè, Milano, 2007, p. 503. Il memorandum è stato sostituito, il 24 aprile 2008, con il Practical Agreement on arrangements of cooperation. A riguardo si veda l’ampia analisi di M. Zwiers, The European Public Prosecutor’s Office. Analysis of a Multilevel Criminal Justice System, Intersentia, Cambridge, 2011, pp. 283-284.
[200] Consultabile in http://www.eurojust.europa.eu/doclibrary.
[201] Così, in dottrina, G. De Amicis, Cooperazione giudiziaria e corruzione internazionale, verso un sistema integrato di forme e strumenti di collaborazione tra le autorità giudiziarie, in Quaderni di diritto penale comprato, internazionale ed europeo, Giuffrè, Milano, 2007, p. 309; E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, Ipsoa, Milano, 2009, p. 255; A. Perduca, F. Prato, Le indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ed i rapporti con le autorità giudiziarie, in Cass. pen., 2006, p. 4250.
[202] OLAF ed Europol cooperano nei reati di frode, corruzione, riciclaggio di denaro ed ogni altra attività illegale “nel quadro del crimine organizzato” che danneggi gli interessi finanziari dell’Unione europea , come ad esempio la contraffazione della moneta unica. Anche tra OLAF e Europol principali canali di collaborazione si esplicano nella trasmissione di informazioni e nello scambio di nozioni tecniche, nel supporto logistico, nella formazione dei rispettivi funzionari, nella costituzione di punti di contatto e nella comune partecipazione alle squadre investigative comuni.
[203] Europol ed OLAF, 2004, Accordo amministrativo tra l’Ufficio europeo di polizia (Europol) e l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
[204] L’espressione è utilizzata da G. De Amicis, Cooperazione giudiziaria e corruzione internazionale, verso un sistema integrato di forme e strumenti di collaborazione tra le autorità giudiziarie, in Quaderni di diritto penale comparato, internazionale ed europeo, Giuffrè, Milano, 2007, p. 44.
[205] Così, in dottrina, G. De Amicis, Cooperazione giudiziaria e corruzione internazionale, verso un sistema integrato di forme e strumenti di collaborazione tra le autorità giudiziarie, in Quaderni di diritto penale comprato, internazionale ed europeo, Giuffrè, Milano, 2007, p. 309; E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, Ipsoa, Milano, 2009, p. 255; A. Perduca, F. Prato, Le indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ed i rapporti con le autorità giudiziarie, in Cass. pen., 2006, p. 4250.
[206] Sul tema si rinvia all’indirizzo: http://www.eurojust.europa.eu/about.htm.
[207] Al riguardo si rinvia alla Relazione del 23 maggio 2017 della Dott.ssa Maria Chiara Fusco esposta durante la lezione in tema di Rete giudiziaria europea tenuta presso la Federico II dalla Prof.ssa Fabiana Falato nell’ambito del corso di Cooperazione Giudiziaria.
[208] E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, a cura di E. Aprile, Ipsoa, Milano, 2009, p. 249.
[209] E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, Ipsoa, Milano, 2009, p. 258.
[210] «L’ufficio del procuratore europeo sarà responsabile per le indagini ed i procedimenti per i reati che toccano gli interessi finanziari dell’unione ed i relativi processi saranno incardinati innanzi alle competenti corti giudiziarie nazionali. Le competenze di tale ufficio potranno essere accresciute, mediante una procedura analoga alla sua costituzione, alle indagini e ai procedimento che riguardano gravi forme di reati che hanno una dimensione transnazionale». Così E. Aprile, F. Spiezia, Cooperazione giudiziaria penale nell’Unione europea prima e dopo il Trattato di Lisbona, a cura di E. Aprile, Ipsoa, Milano, 2009, p. 255. Sul Procuratore europeo si rinvia ex plurimis a B. Piattoli, Criminalità transnazionale e nuovi ambiti giudiziari in Europa: quale struttura per un p.m. centrale?, in Aa.Vv., Corpus Juris, pubblico ministero europeo e cooperazione internazionale. Atti del convegno. Alessandria, 19-21 ottobre 2001, a cura di M. Bargis, S. Nosengo, Giuffrè, Milano, 2003, p. 217; M. Caianello, L’istituzione del Pubblico ministero europeo tra esigenze di efficienza e necessità di semplificazione, in Aa.Vv., Le sfide dell’attuazione di una procura europea: definizione di regole comuni e loro impatto sugli ordinamenti interni, a cura di G. Grasso, G. Illuminati, R. Sicurella, S. Allegrezza, Giuffrè, Milano, 2013, p. 597 e ss.; F. Spiezia, Gli scenari di struttura per l’istituzione del Procuratore europeo alla luce del Trattato di Lisbona. Le questioni in gioco, in Aa.Vv., Le sfide dell’attuazione di una procura europea: definizione di regole comuni e loro impatto sugli ordinamenti interni, a cura di G. Grasso, G. Illuminati, R. Sicurella, S. Allegrezza, Giuffrè, Milano, 2013, p. 537 e ss.; F. Lo Voi, Il difficile percorso per la creazione del Pubblico ministero europeo “a partire da Eurojust in Aa.Vv., Le sfide dell’attuazione di una procura europea: definizione di regole comuni e loro impatto sugli ordinamenti interni, a cura di G. Grasso, G. Illuminati, R. Sicurella, S. Allegrezza, Giuffrè, Milano, 2013, pp. 667-669; A. Candi, La struttura della Procura europea e i rapporti con gli organi d’indagine nazionali, in Aa.Vv., Le sfide dell’attuazione di una procura europea: definizione di regole comuni e loro impatto sugli ordinamenti interni, a cura di G. Grasso, G. Illuminati, R. Sicurella, S. Allegrezza, Giuffrè, Milano, 2013, p. 628 e ss.; A, Candi, Struttura, compiti, indipendenza e responsabilità del Pubblico Ministero europeo nella proposta della Commissione europea del 17 luglio 2013, in Riv. Dir. pen. cont., consultabile in www.penalecontemporaneo.it; N. Parisi, La Procura europea: un tassello per lo spazio europeo di giustizia penale, in Studi sull’integrazione europea, 1, 2013, pp. 47 – 70 , ivi p. 17; P. Moscarini, Eurojust e il pubblico ministero europeo: dal coordinamento investigativo alle investigazioni coordinate, in Dir. pen. e proc., 5, 2011, p. 641; G. Ciani, Il pubblico ministero europeo: problematiche ordinamentali e processuali, in Aa.Vv., Le sfide dell’attuazione di una procura europea: definizione di regole comuni e loro impatto sugli ordinamenti interni, a cura di G. Grasso, G. Illuminati, R. Sicurella, S. Allegrezza, Giuffrè, Milano, 2013, p. 687.
[211] Proposta di Regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea, in COM (2013) 534 def., del 17 luglio 2013.
[212] G. Tesauro, Una procura europea per l’Europa del futuro , in Scritti in onore di Ugo Draetta, a cura di N. Parisi, D. Rinoldi, A. Santini, M. Fumagalli Meraviglia, ESI, Napoli, 2011, pp. 2-11.
[213] In questo senso P. Jeney, The Future of Eurojust.Study, in PE 462.451, p. 91 reperibile sul sito internet: http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/etudes/join/2012/462451/IPOLLIBE_ET(01)462 51_EN.pdf ;D. Rinoldi, Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione Europea. Principi fondamentali e tutela dei diritti, a cura di U. Draetta, N. Parisi, D. Rinoldi, ESI, Napoli, 2007, p. 307 e ss.
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Avv. Alessandro Palma
Alessandro Palma, avvocato del Foro di Napoli e specializzato in professioni legali, è dottore di ricerca in Filosofia del Diritto presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Presso lo stesso Ateneo si è perfezionato in Amministrazione e Finanza degli Enti Locali ed è cultore della materia in Diritto Ecclesiastico ed in Diritti Confessionali.
E’ Tutor di Diritto Costituzionale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II nonché Tutor di Diritto Ecclesiastico presso l’Università Telematica Pegaso. Per l’a. a. 2018/2019 è docente a contratto sulla cattedra di Diritto Ecclesiastico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cassino.
I suoi interessi di ricerca vertono principalmente su questioni di bioetica e biodiritto, con particolare riguardo alle tematiche della fine vita e dei diritti fondamentali, sull’esperienza religiosa alla luce delle neuroscienze e della psicologia evoluzionistica e cognitiva, sui rapporti tra diritto e religione e sugli strumenti di inclusione giuridica delle diversità culturali nelle società multiculturali.
E’ autore di molteplici recensioni e pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e di una monografia intitolata Finis Vitae. Il Biotestamento tra diritto e religione, Artetetra, Capua, 2018.
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