Il danno endofamiliare: condannato il padre che abbandona i figli adottivi
La Suprema Corte, con sentenza n. 9188/2021, ha stabilito che deve essere risarcito il danno endofamiliare cagionato dal padre responsabile della crisi coniugale, per le modalità “traumatiche” della rottura che, conseguentemente, ha determinato una condizione di senso di abbandono dei figli adottivi, maggiormente fragili in quanto già segnati da un abbandono originario.
La Suprema Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha confermato la decisione della Corte d’Appello con la quale un padre veniva condannato al risarcimento del danno non patrimoniale subito dai figli nella misura di 40.000 Euro per ciascun figlio, essendosi trasferito in un’altra città dopo la fine del matrimonio, creando un nuovo nucleo familiare.
Invero, la Corte d’Appello, valutando le risultanze istruttorie del primo grado, aveva evidenziato la peculiarità della biografia dei due figli minori delle parti in quanto adottati all’età di tre e quattro anni. Entrambi, anche con caratteristiche di personalità diverse, hanno mostrato un quadro clinico complesso, con necessità per tutti e due di terapia di sostegno. La separazione “ha riacutizzato nei minori, cresciuti in orfanotrofio, il trauma dell’abbandono, determinando in essi nell’immediato una profonda sofferenza e ponendo a grave rischio il loro futuro equilibrato sviluppo“.
La responsabilità esclusiva del padre, accertata con valore di giudicato, della rottura dell’unione coniugale, non è stata ritenuta di per sé sola, idonea ad integrare il fatto lesivo ma ne è stata posta in luce la modalità traumatica cui è seguito l’allontanamento geografico del padre ed il succedersi repentino di eventi tutti diretti a rafforzare l’idea della privazione della figura genitoriale paterna (nuovo nucleo familiare, nascita di un nuovo figlio). Queste scelte personali sono state adottate senza considerare o prendere in adeguata considerazione la fragilità dei figli adottivi e la precarietà dell’equilibrio affettivo dagli stessi raggiunto.
In conclusione, la Cassazione ha escluso “che nella sentenza impugnata non si sia fornita una valutazione adeguata della natura e del contenuto dell’incidenza negativa sullo sviluppo psicofisico dei minori delle cause, delle modalità e delle conseguenze dei comportamenti del ricorrente, mediante un giudizio sulle emergenze fattuali e sulle valutazioni medico legali insindacabile in sede di legittimità anche perché, come illustrato, ampiamente ed esaurientemente argomentato. Il danno non patrimoniale è stato individuato nella riproposizione di una situazione di abbandono ancorché non equiparabile a quella di partenza ma, dall’indagine peritale condivisa dalla Corte d’Appello comunque ritenuta idonea a generare una sofferenza non contingente. Infine la determinazione, ancorché equitativa del danno non patrimoniale, è stata ampiamente giustificata sulla base dell’incidenza della pregressa esperienza esistenziale dei minori e della sofferenza subita“.
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Avvocato del foro di Milano, laureata a pieni voti presso l'Università degli Studi di Milano nell'anno 2012, con una tesi in diritto civile sulla tutela del consumatore nella formazione del consenso. Nell'ambito della formazione professionale mi sono specializzata in diritto minorile, diritto di famiglia e diritto penale della famiglia, con un praticantato in primari studi legale nel territorio milanese. Impegnata anche socialmente nel supporto dei problemi connessi alla crisi familiare, sono membro dell'Associazione Sociolgi Italiani. Attualmente esercito l'attività nel mio Studio Legale, specializzato nel diritto di famiglia, offrendo tutela in sede civile e penale.
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