Il danno non patrimoniale per perdita dell’animale d’affezione
Tribunale Civile di Novara, sentenza n. 191/2020
Protagonisti di questa brutta storia sono un rottweiler ed un volpino. Quest’ultimo ha la peggio. Per sempre, dal momento che a seguito dell’aggressione da parte del primo muore per le ferite riportate.
La vicenda approda al Tribunale di Novara dove i proprietari del volpino chiedono il ristoro dei danni patrimoniali (valore del cane e cure veterinarie) e non patrimoniali, tutti conseguenza della morte del loro cane. Il Tribunale di Novara, ritenuta dimostrata la responsabilità del proprietario del rottweiler ai sensi dell’articolo 2052 del codice civile, riconosce il danno patrimoniale corrispondente al valore dell’animale, alle spese di cura (purtroppo inutili), alle spese di mediazione. Riconosce altresì – proprio quale conseguenza della perdita del cane, il danno non patrimoniale in favore dei suoi proprietari liquidandolo in euro 4000,00.
Quello del danno non patrimoniale è un tema la cui complessità è insita nella stessa sua natura o identità indipendentemente dal fatto che lo si “relazioni” alla persona umana piuttosto che all’animale. Si tratta di superare l’oggettiva difficoltà se non impossibilità a convertire in denaro la lesione alla qualità della vita di un individuo. Operazione ontologicamente improponibile.
La storia dell’evoluzione dell’art. 2059 c.c. -per cui il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge – è una storia travagliata che trova un suo punto di approdo quando le Sezioni Unite della Cassazione ci dicono che proprio in virtù della riserva di legge ivi richiamata occorre ricorrere ad una interpretazione costituzionalmente orientata.
Lo sconvolgimento conseguente alla perdita dell’animale d’affezione costituisce una ingiustizia costituzionalmente qualificata e dunque rappresenta quella lesione idonea a ledere un diritto inviolabile della persona protetto dalla Costituzione nella misura in cui così si è palesato in conseguenza dell’ evolversi del c.d. sentire sociale ? Ecco dunque palesato il nervo scoperto.
Il Tribunale di Novara, nella persona della dr.ssa Gabriella Citro, pur nella consapevolezza dell’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale di legittimità contrario al risarcimento del danno non patrimoniale per la morte dell’animale d’affezione, ritiene che vi siano i presupposti per una rimeditazione dello stesso, in senso più aderente alla mutata coscienza sociale. Una rimeditazione che presuppone dunque proprio quella riqualificazione costituzionalmente orientata della tutela della relazione uomo e animale d’affezione che si affranchi definitivamente dalla ormai non più pensabile definizione di animali intesi come beni in senso materiale.
La sentenza del Tribunale di Novara non è un unicum nel panorama giurisprudenziale. Anzi, vi è una tendenza che decisamente pare preludere ad un nuovo orientamento in tema di danno non patrimoniale da perdita dell’animale d’affezione. La particolarità di questo arresto giurisprudenziale è nelle esplicite argomentazioni che il Tribunale svolge per motivare il riconoscimento di questa categoria di danno.
Fuori dal mondo del diritto, si legge nella sentenza, l’animale non ha solo un valore patrimoniale ma un ben più ampio valore non patrimoniale. L’animale contribuisce senza più ombra di dubbio alla salute psicofisica e allo viluppo della personalità richiamate dagli artt. 2 e 32 della nostra Costituzione così che non può più sostenersi che il rapporto uomo-animale sia privo di quella copertura costituzionale prima richiamata tanto che la scomparsa dell’animale d’affezione è assai prossima al lutto per la perdita di un membro umano della famiglia. Gli animali possono ormai essere considerati componenti dei sistemi sociali umani partecipando alle dinamiche affettive degli ambienti familiari ed influenzandone equilibrio e stabilità.
In considerazione di queste premesse dalla istruttoria sarebbe emerso che ciascun membro della famiglia aveva sviluppato una relazione affettiva durevole negli anni con il cane deceduto e che questo si era inserito pienamente nel progetto di vita familiare.
La sentenza del Tribunale di Novara ci dice che non essendo risarcibile il danno per la morte dell’animale d’affezione (non rientrando il diritto di proprietà tra i diritti fondamentali della persona), lo diventa nella misura in cui, come causa del danno, viene dedotto non tanto il diritto sul bene quanto il rapporto con l’animale. Non dunque una pericolosa duplicatoria overcompensation quanto una coerente integrale riparazione del danno intesa come giusta riparazione. Coerenza che viene assicurata con la dovuta dimostrazione del legame forte tra animale e essere umano e con la rigorosa dimostrazione del pregiudizio subito. Conseguenze niente affatto automatiche e per questo non idonee a dare vita ad alcun automatismo risarcitorio.
La responsabilità civile, come scrive il dott. Giacomo Travaglino (Presidente della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione) riguarda la storia di una persona e la storia della responsabilità civile italiana è la storia di una traslazione progressiva dei danni. Un sistema dove “i principi cardine della responsabilità vengono resi flessibili per far sì che il danno non rimanga dove si è verificato”. E questa sentenza mi pare si sia ispirata a questo principio.
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