Il danno punitivo
Il danno punitivo (punitive demage) è un istituto giuridico estraneo al nostro ordinamento e tipico della tradizione di common law.
Prima di analizzare gli aspetti più importanti del tema in esame, occorre precisare sin da subito che il concetto di estraneità non è l’equivalente del concetto di contrarietà, bensì l’estraneità deve essere intesa come diversità.
La breve disamina relativa al danno punitivo cercherà di evidenziare la diversità dell’istituto in un ordinamento che riconosce alla responsabilità civile una polifunzionalità capace, a determinate condizioni, di riconoscere al danno anche una funzione punitiva.
La giurisprudenza di legittimità ha avuto il merito con il suo operato di superare la concezione tradizionale della monofunzionalità della responsabilità civile, quella compensativa, individuando altre funzioni, tra cui quella preventiva e quella sanzionatoria.
A ben vedere, vi sono numerosi esempi normativi che evidenziano la non incompatibilità del danno punitivo con l’ordinamento italiano.
La Corte Costituzionale e vari esponenti della dottrina, hanno posto l’attenzione sul primo comma dell’articolo 96 cod. proc. civ., che stabilisce: “se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza”.
In particolare, la norma in esame sembrerebbe avere una funzione diversa dal principio enunciato dall’articolo 2043 c.c.
Il giudice ha ampi spazi di giustificazione extra-compensativa del risarcimento, dal momento che può ricorrere al criterio dell’equità.
Ancora ci si può riferire all’articolo 709 ter c.p.c. in base al quale, nelle controversie tra i genitori circa l’esercizio della responsabilità genitoriale o le modalità di affidamento della prole, il giudice ha il potere di emettere pronunce di condanna al risarcimento dei danni, la cui natura assume sembianze punitive.
Può farsi riferimento all’articolo 125 del C.P.I., il quale consente di individuare spazi significativi per una sorta di “danno punitivo”, in quanto la norma dispone che il risarcimento si possa basare sulla perdita subita dal soggetto che lamenta la violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale.
Gli esempi menzionati, tuttavia, non legittimano l’apertura totale in ordine all’operatività dell’istituto del danno punitivo.
In Italia, ai fini dell’operatività del medesimo, occorre una specifica disposizione di legge che lo disciplina, tenendo conto del caso concreto.
Allo stato attuale, quindi, deve comunque escludersi un automatismo del danno punitivo.
La funzione, anche sanzionatoria, della responsabilità civile necessita di una espressa previsione di legge, per cui ogni forma di risarcimento che determini la cd. overcompensation, deve essere tipizzato dal legislatore per evitare forme di abuso o strumentalizzazione dell’istituto.
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Michela Falcone
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