Il delitto di violenza sessuale: il concetto di atti sessuali e la fattispecie autonoma del delitto di violenza sessuale di gruppo
Il tema della violenza sessuale, punita dal nostro ordinamento all’art. 609bis c.p., costituisce un esempio molto significativo di come la legge sia intervenuta per regolare delle dinamiche sociali che coinvolgono in particolare il genere femminile, oggetto di soprusi e atti violenti da parte degli uomini, siano essi parenti, conoscenti, amici o partner. Nel corso degli anni, se non addirittura dei secoli, la concezione di violenza sessuale ha conosciuto una serie di cambiamenti, in stretto collegamento con il mutamento della concezione della donna. In età classica, e in parte anche in antropologia sociale, si parla di ratto della donna, espressione utilizzata per indicare l’insieme delle usanze e dei costumi tipici dei popoli antichi per conferire legittimità al matrimonio. Nel periodo Dell’ancien Régime lo stupro è una pratica tollerata considerevolmente, con la conseguenza che le denunce sono in numero esiguo. La donna è vista come un oggetto da possedere, in parte responsabile di quanto le è accaduto e l’unico aspetto a rilevare è quello patrimoniale, dal momento che abusare di una donna altrui è considerato come un oltraggio, dunque come un furto alla proprietà altrui. Alla fine del XVIII secolo non si utilizza più la parola ratto, ma si parla più compiutamente di stupro, e la vittima acquisisce una maggiore considerazione, potendo trovare maggiore tutela, dal momento che ha più valore rispetto al diritto di proprietà. Di violenza morale si inizia a parlare nel XIX secolo, con il Codice napoleonico, emanato nel 1804. Anche se la donna è maggiormente considerata, ancora non si abbandonano del tutto le concezioni arcaiche della stessa, soprattutto in termini di dominio esercitato sulla stessa. Dunque sussiste una discrepanza tra la giustizia penale ottocentesca, che inizia a fornire i primi strumenti di tutela a sostegno della donna, e la visione sociale e culturale della stessa, che la vede in ogni caso relegata ad una posizione inferiore rispetto all’uomo. Da questo punto di vista la situazione cambia alle soglie del XX secolo, quando si raggiunge un certo equilibrio nel rapporto di uguaglianza tra uomo e donna, anche se ancora non perfettamente pieno; tuttavia, si guarda con maggiore attenzione alla integrità sia fisica sia psichica della donna, soprattutto nel corso degli anni ’60, quando assume pregnante legittimità avanzare denunce e trovare tutela a livello giudiziario.
Arrivando ai nostri giorni, la disciplina relativa alla violenza sessuale trova sede nel codice penale, in virtù dell’introduzione della legge 66/1996, che affronta in modo puntuale i vari aspetti della violenza sessuale e ponendo anche l’accento su specifiche tipologie, come la violenza sessuale di gruppo. Il codice penale disciplina all’art. 609 bis il delitto di violenza sessuale, a cui seguono gli altri articoli di legge che completano la trattazione della fattispecie. L’articolo in esame prevede che ” Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni“. Esso poi segue tenendo conto di ulteriori ipotesi delittuose, caratterizzate dall’abuso e dall’inganno avverso la persona vittima del reato, il che permette di affermare che il delitto di violenza sessuale non esaurisce la sua portata a una univoca modalità di esecuzione, ma sussistono diverse tipologie di manifestazione della condotta. In ogni caso, l’elemento che consente di ritenere la sussistenza del delitto in esame è il compimento di atti sessuali, che costituiscono una macro categoria, nella quale possono farsi rientrare una molteplicità di condotte. In effetti, fornire una unica definizione di atto sessuale appare abbastanza complicato, dal momento che diversi sono i modi in cui gli stessi possono essere posti in essere, sempre che ci sia il coinvolgimento fisico e corporeo della vittima, come sostenuto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 33045/2020, secondo cui ” Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 609-bis cod.pen., la nozione di atti sessuali implica necessariamente il coinvolgimento della corporeità sessuale del soggetto passivo, dovendo questi essere costretto a compiere o a subire tali atti, rispetto ai quali devono ritenersi estranei gli atti di esibizionismo, di autoerotismo in presenza di terzi costretti ad assistervi, o di voyeurismo che, pur essendo manifestazione di istinto sessuale, non coinvolgono la corporeità sessuale del soggetto passivo, nemmeno in termini di tentativo”.
Dunque, il delitto di violenza sessuale può manifestarsi, in linea generale, in tre modalità : violenza, minaccia e abuso di autorità. L’oggetto violato è la libertà sessuale della vittima, e la fattispecie in esame rientra a pieno titolo nella categoria dei delitti contro la personalità individuale. Per quel che concerne l’ultima modalità, la Corte di Cassazione , con sentenza n. 27326/2020, ha affermato che ” In tema di violenza sessuale, l’abuso di autorità che costituisce, unitamente alla violenza e alla minaccia, una delle modalità di consumazione del reato previsto dall’art. 609bis cod.pen., presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali.“. L’abuso viene ad esistenza nel momento in cui la condotta è realizzata da un’autorità pubblica, ma anche da parte di un datore di lavoro nei confronti di un dipendente.
L’articolo 609bis contempla ulteriori modi in cui gli atti sessuali possono essere realizzati: con abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa ovvero con inganno da parte del reo che finge di essere altra persona. Mentre quest’ultima ipotesi ha una scarsa prevedibilità di realizzazione, dal momento che sono davvero irrisori i casi in cui per abusare della vittima l’agente finge di essere un’altra persona, la prima fattispecie coinvolge molte ipotesi delittuose, soprattutto quando si abusi della vittima approfittando del suo stato di incoscienza causato dall’assunzione di alcool o di sostanze stupefacenti. Ad affermarlo è stata la Corte di Cassazione con sentenza n. 8981/2019. Dunque è possibile dividere il delitto di violenza sessuale in due distinte e generali tipologie: violenza sessuale per costrizione e violenza sessuale per induzione. In entrambe le tipologie è bene tenere a mente che non sussiste il consenso della vittima che o costretta o indotta a compiere o subire un atto sessuali o una pluralità di atti, non intende partecipare volontariamente all’attività sessuale del soggeto agente.
Il delitto di violenza sessuale è un delitto procedibile a querela di parte, come previsto dall’art. 609 septies c.p.. La querela deve essere avanzata entro 12 mesi dalla notizia del reato, altrimenti diventa improcedibile. Esistono, tuttavia, dei casi, in cui il delitto è procedibile d’ufficio, e quindi anche in assenza della dichiarazione di querela della persona offesa, se il fatto è commesso: nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto; dall’ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza; da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni; se il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Un’ulteriore tipologia di violenza sessuale è la violenza sessuale di gruppo, disciplinata dall’art. 609octies c.p., secondo cui ” La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609bis. Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da otto a quattordici anni. Si applicano le circostanze aggravanti previste dall’art. 609ter. La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e del terzo comma dell’articolo 112″. Dalla norma esposta si evince come il delitto in questione sia dotato di maggiore carica aggressiva rispetto alla fattispecie ordinaria di violenza sessuale, per la presenza del gruppo e per i motivi che spingono i componenti del gruppo, minimo due, a porre in essere condotte di una certa gravità. Infatti la violenza sessuale di gruppo raramente è perpetrata a danno della vittima per ragioni meramente sessuali, trovando invece la sua matrice nella volontà di porre in essere condotte aggressive, accompagnate da ragioni di carattere prettamente ludico. Dunque si tratta di una fattispecie delittuosa più grave , andando sempre a ledere la libertà sessuale della vittima, in un’ottica maggiormente dispregiativa e sprezzante. Come chiarito, è necessaria la presenza di almeno due persone, per cui si tratta di un delitto a concorso necessario. Da qui è possibile trarre l’elemento oggettivo del delitto in esame: si tratta di una fattispecie non solo a concorso necessario, ma anche di un delitto caratterizzato da più condotte, che si esauriscono nella consumazione vera propria della violenza, ma anche in tutti quegli atti che possono definirsi preparatori rispetto alla violenza stessa o collaborativi. Dunque, si ha delitto sessuale di gruppo qualora la violenza sia posta in essere materialmente da un solo soggetto, ovvero a turno, ma gli altri componenti del gruppo sono comunque presenti sul posto e al momento della consumazione del delitto ponendo in essere condotte che facilitano la commissione della violenza sessuale ( ad esempio tenere ferma la vittima stringendo braccia e gambe). Su questi aspetti si è espressa numerose volte la Corte di Cassazione: ad esempio la sezione III, con sentenza n. 29096/2020, secondo cui ” Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 609-octies c.p., non è richiesto che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti vengono compiuti, anche solo da uno, o l’aver fornito un contributo materiale o morale alla commissione del reato“, ma anche la sezione III, con sentenza n. 18522/2022, secondo cui ” Ai fini dell’integrazione del reato è sufficiente che l’atto sessuale sia compiuto a turno ovvero da uno solo dei responsabili, purché alla presenza di tutte le persone”. Riguardo ai motivi che hanno indotto il ricorrente ad avanzare istanza di annullamento della sentenza di condanna confermata in Corte d’Appello, la Corte di Cassazione ne ha dichiarato l’infondatezza, facendo leva, in primo luogo, sul carattere necessariamente plurisoggettivo proprio del reato, che giustifica la previsione di parametri edittali di peni più gravosi rispetto alla fattispecie ordinaria di violenza sessuale; in secondo luogo, ha ribadito la circostanza che vuole che si configuri il delitto in esame anche quando la condotta sia posta in essere unicamente da un soggetto, ovvero sulla base delle turnazione, e anche quando, in mancanza di effettivo e preventivo accordo, vi sia la presenza sul posto di altre persone. La decisione della Corte di Cassazione di rigettare il ricorso e considerare infondati i motivi permette di delineare in maniera puntuale il delitto di violenza sessuale di gruppo, che costituisce una fattispecie autonoma rispetto alla violenza sessuale ordinaria, sia per l’esecuzione della condotta e le modalità con cui la stessa è realizzata, sia per i parametri edittali di pena, più gravi, che consentono di ritenere la violenza sessuale di gruppo più riprovevole rispetto alla fattispecie dell’art. 609 bis c.p..
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Emanuela Fico
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