Il delitto tentato nell’ordinamento spagnolo
L’ordinamento spagnolo, analogamente a quello italiano, ricerca le ragioni della punibilità del tentativo nella necessità di prevenire l’esposizione al pericolo di interessi e beni giuridicamente protetti e rilevanti, in modo da garantirne un fondamento politico-criminale.
Una tale esigenza di prevenzione può essere consentita solo attraverso l’anticipazione dell’intervento penale ad un momento anteriore la fase della consumazione, rischiando però di collidere con il principio di offensività.
Inoltre, è da tener presente che, quanto più è anticipato l’intervento penale e, di conseguenza, arretrata la soglia della punibilità, tanto più sarà possibile, e quindi rischioso, considerare penalmente rilevanti comportamenti innocui o meri propositi delittuosi.
Il vero punctum dolens del delitto tentato è rappresentato dal fatto che non si tratta ancora di un reato consumato, ma di uno stadio in cui l’azione umana, pur non riuscendo a portare a termine il progetto criminoso, realizza una rilevante posta in pericolo dei beni giuridici.
D’altronde, se così non fosse, si tratterebbe di un mero proposito delittuoso, una mera volontà ribelle, che, in linea con il brocardo “cogitazionis poenam nemo patitur”, è irrilevante.
Difatti la ratio dell’istituto in questione è rappresentata dalla necessità di prevenire l’esposizione al pericolo degli interessi o beni giuridici tutelati, in modo però da reprimere comportamenti esterni, e non volontà o attitudini interne.
Lo stesso articolo 16 del codice penale spagnolo, nel disciplinare il tentativo, afferma: “Sussiste tentativo quando il soggetto inizia l’esecuzione del crimine direttamente da atti esterni, praticando tutti o parte degli atti che dovrebbero produrre oggettivamente il risultato, e tuttavia questo non si verifica per cause indipendenti dalla volontà dell’autore”.
Alla luce di una disciplina così delineata, per far sì che una condotta umana realizzi perfettamente uno dei tipi dolosi previsti nella parte speciale del codice penale, è necessario che questa attraversi i distinti momenti o fasi del cosiddetto iter criminis: partire da una fase interna fino a raggiungere la sua fase esterna. La fase interna, infatti, non può essere oggetto di castigo per il diritto, ma può esserlo solo se si traduce in una fase esterna, in certe condizioni (cogitationis poenam nemo patitur).
Sin da subito si intuisce, allora, che punto nevralgico nell’individuazione del tentativo punibile sia, al pari dell’ordinamento italiano, la determinazione del momento della fase esterna a partire dal quale può iniziare ad intervenire il diritto penale.
A tal proposito occorre distinguere due grandi momenti esterni: quello degli atti preparatori e quello dell’esecuzione.
Difatti, diversamente dall’impostazione italiana, che ancora la punibilità del delitto tentato a due presupposti fondamentali, un comportamento materiale, risultato del proposito criminoso dell’agente, e l’effettiva lesione o messa in pericolo del bene o interesse oggetto di protezione, quella spagnola fa uso di quanto previsto in precedenza in Italia sotto la vigenza del Codice Zanardelli.
Così, gli atti preparatori sono considerati impuni, in quanto si collocano in un momento intermedio tra la fase interna e il vero e proprio inizio dell’esecuzione del tipo delittuoso previsto nella parte speciale (tranne alcuni, ossia la cospirazione, la proposizione e la provocazione a delinquere, che si reputano specialmente pericolosi e quindi sono al contrario espressamente castigati dalla legge).
Iniziata la fase esecutiva, opera il principio contrario, vale a dire la punibilità del tentativo.
Così come in Italia, anche nell’ambito dell’ordinamento spagnolo l’orientamento ad oggi maggioritario predilige l’adozione di criteri oggettivi per la delimitazione di atti preparatori ed atti esecutivi: devono punirsi solo gli atti che producono un’obiettiva commozione sociale. A ciò si aggiunge un’attenuazione facoltativa della pena del tentativo, con riguardo alla minore o maggiore commozione sociale prodotta, insieme all’impunità del tentativo irreale, dal momento che non determina alcun allarme sociale.
Difatti il diritto spagnolo, non solo ritiene obbligatoria l’applicazione di una minore pena per l’esecuzione imperfetta del reato, ma tradizionalmente distingue il tentativo concluso, in precedenza denominato frustrazione, dal tentativo inconcluso. Rispetto alla consumazione, infatti, in passato si distinguevano due ulteriori gradi di esecuzione: il tentativo e la frustrazione.
Il tentativo aveva luogo quando si dava inizio agli atti di esecuzione ma, nonostante ciò, non si realizzavano tutti quelli necessari perché questa fosse portata a compimento. La frustrazione, di contro, presupponeva la pratica di tutti gli atti di esecuzione senza raggiungere la consumazione. Il tentativo si distingueva, ancora, per essere solo un inizio, un’esecuzione parziale del fatto progettato, ed a ciò la legge aggiungeva un requisito negativo: che tale esecuzione non si interrompesse per desistenza volontaria del soggetto.
L’attuale codice penale abbandona il termine frustrazione, allargando il concetto legale di tentativo tanto al caso di intento inconcluso (in precedenza definito tentativo) quanto quello concluso ma fallito (in precedenza definito frustrazione), ma obbliga a fissare la pena guardando al pericolo inerente all’intento ed il grado di esecuzione raggiunto.
L’articolo 62 del codice, infatti, afferma che “agli autori del tentato crimine verrà inflitta una penalità di uno o due gradi inferiore a quella indicata dalla legge per il reato consumato, nella misura ritenuta appropriata, tenendo conto del pericolo intrinseco del tentativo e del grado di esecuzione raggiunto”.
Si tiene conto, quindi, della maggiore o minore prossimità obiettiva rispetto alla consumazione.
Infine, il tentativo irreale non è punibile. L’articolo 16 del codice penale conferma quello che già sosteneva l’opinione dominante: l’esigenza, quindi, nella definizione di tentativo, che il soggetto pratichi tutti o parte degli atti che obiettivamente devono produrre il risultato.
Tutto ciò risulta coerente anche con i postulati che deve rispettare il diritto penale di uno Stato sociale e democratico di diritto, secondo quanto previsto dall’articolo 1 della Costituzione spagnola, nel cui ambito lo stesso diritto penale è chiamato a svolgere il ruolo politico-sociale di prevenzione di comportamenti esterni, e non di volontà o attitudini interne, in relazione alla loro pericolosità obiettiva nei confronti dei beni giuridici.
Si tratta di una pericolosità statistica, sufficiente per una fondazione preventiva della punibilità, che concorre tanto con il tentativo inidoneo quanto con il tentativo irreale.
Il fondamento del castigo di fasi anteriori la consumazione deve rinvenirsi quindi nella pericolosità obiettiva di determinati atti diretti a consumare il reato, a patto che questa pericolosità si manifesti già ex ante. Difatti l’anticipazione può operare solo mediante norme che proibiscono o impongono condotte, nel momento in cui queste possono realizzarsi, ex ante: non può proibirsi né il mero risultato della lesione, né la posta in pericolo del bene, a posteriori.
Pertanto il codice penale spagnolo considera le fasi anteriori la consumazione punibili in quanto reati distinti da quello consumato, e non solo come forme di rappresentazione di quest’ultimo: la punibilità di alcune di queste fasi presuppone precisamente che non si produca la realizzazione della fattispecie pretesa, ma una distinta, nella quale manca almeno il risultato della consumazione.
Tuttavia, per far sì che un determinato atto appaia ex ante come preparazione o intento di consumazione, è necessario che la sua realizzazione sia accompagnata dalla volontà di consumare il delitto.
In più, tale volontà che guida l’azione deve costituire parte integrante della fattispecie anche nelle fasi anteriori la consumazione, che necessariamente devono essere dolose e, salvo il caso del tentativo concluso, esigono la risolutezza di continuare ulteriormente con il compimento dell’iter criminis.
Un concetto di tentativo così inteso si estende quindi a tutto il processo di esecuzione, a partire dal suo inizio fino alla sua conclusione, ad esclusione della consumazione.
Un’impostazione del genere risulta d’altronde in linea anche con il criterio dominante nel diritto comparato, altrettanto mosso dalla esigenza di anticipazione della tutela penale, attraverso uno differimento del momento di inizio dell’attività punibile rispetto agli atti esecutivi veri e propri, in modo da considerare penalmente rilevanti anche agli atti preparatori del reato.
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