Il dirigente ambientale: inquadramento giuridico ed economico, con particolare riferimento ai dirigenti A.R.P.A.Cal.

Il dirigente ambientale: inquadramento giuridico ed economico, con particolare riferimento ai dirigenti A.R.P.A.Cal.

Il principio di onnicomprensività del trattamento economico e i suoi risvolti applicativi

Sommario: 1. La tutela dell’ambiente e il regime giuridico delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale – 2. Il dirigente ambientale – 3. La funzione dirigenziale nell’ambito dell’A.R.P.A.Cal. – 4. Trattamento economico dei dirigenti e principio di onnicomprensività della retribuzione

 

1. La tutela dell’ambiente e il regime giuridico delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale

La salubrità ambientale, intesa come bene giuridico autonomo costituzionalmente rilevante, facente capo a una collettività indifferenziata, costituisce il recepimento di una sensibilità in materia relativamente recente. In effetti, in un momento antecedente, la tutela dell’ambiente veniva ricondotta nell’alveo del diritto alla salute (art. 32 Cost.). La recentissima L. Cost. dell’11/02/2022 n. 1, che ha disposto la modifica dell’art. 41, c. 2 e 3 Cost., ha conferito al bene-interesse ambientale adeguata copertura costituzionale, inserendolo nell’ambito della tutela dei rapporti economici.

Con l’istituzione del Ministero dell’Ambiente, a livello centrale, e delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (di seguito “A.R.P.A.”), a livello locale, lo Stato ha mostrato la volontà di intervenire nel settore ambientale, anche in ragione delle questioni sollevate a livello europeo e transfrontaliero.

Le A.R.P.A. sono enti di diritto pubblico c.d. “strumentali” delle Regioni, dotati di personalità giuridica e autonomia tecnico-scientifica, amministrativa, patrimoniale e contabile, poste sotto la vigilanza del Presidente della Giunta Regionale al fine di garantire l’attuazione degli indirizzi programmatici delle Regioni nel campo della tutela ambientale e del coordinamento delle attività di prevenzione, concorrendo alla promozione dello sviluppo sostenibile e contribuendo al mantenimento e al miglioramento sostanziale e misurabile dell’ambiente.

L’interesse degli operatori per le tematiche ambientali – specie pubblici, se si ha riguardo al grande problema della salubrità ambientale e degli innumerevoli risvolti della vita quotidiana, con particolare riguardo alla necessità di garantire omogeneità orizzontale e verticale nell’ambito dei livelli essenziali delle prestazione – ha favorito la nascita di enti preposti alla tutela, utilizzazione, gestione, valorizzazione, ristrutturazione e controllo delle matrici ambientali.

Se, per un verso, si è prospettata la necessità di istituire enti ad hoc, per altro verso il sistema era sprovvisto di adeguate figure apicali capaci di garantire la realizzazione di obiettivi peculiari, con strumenti adusi ad altri ambiti operativi. La creazione della figura del dirigente ambientale trae origine proprio dalla necessità di conferire a tale soggetto un inquadramento giuridico ed economico autonomo, rispondente alle peculiarità dell’ambito applicativo e delle mansioni da svolgere, sotto il profilo tecnico-operativo.

2. Il dirigente ambientale

Per delineare la figura del dirigente ambientale, sotto il profilo giuridico ed economico, bisogna avere riguardo ora alla normativa generale, ora alla normativa di settore, regionale e statutaria dell’ente di riferimento e ai rispettivi codici di comportamento. Mentre la normativa nazionale delinea i punti fondamentali della figura[1], quella di settore ne delinea gli elementi di dettaglio ed è rappresentata dal dalla normativa regionale, dal regolamento operativo e dal codice di comportamento dell’ente cui è preposto il dirigente, dal CCNL di categoria, vigente ratione temporis, dal contratto individuale di lavoro, sottoscritto in sede di conferimento dell’incarico.

Inizialmente, in mancanza di una figura professionale specifica, il soggetto giuridico che maggiormente si prestava allo svolgimento di tali mansioni era rappresentato dal dirigente del comparto sanitario.

È per tale motivo che, in prima applicazione e nelle more della stipula del nuovo CCNL,  per definire l’inquadramento giuridico ed economico dei dirigenti confluiti in A.R.P.A. dai ruoli professionali o tecnici del SSN o da altri comparti o settori, essi sono stati equiparati a quelli appartenenti all’area della dirigenza sanitaria-professionale-tecnica-amministrativa del servizio sanitario nazionale [cfr. artt. 3 (inquadramento economico)[2], 5, 7 (inquadramento giuridico)[3] del CCNL 21/07/2005 per la formulazione delle tabelle di equiparazione del personale dirigente delle A.R.P.A. a quello appartenente all’area della dirigenza SPTA del SSN].

L’equiparazione delle due categorie dirigenziale e l’applicazione del CCNL del 21/07/2005 ingenerarono diversi problemi applicativi, a cui si è cercato di porre rimedio con la contrattazione di comparto intervenuta successivamente.

Allo stato attuale le A.R.P.A. si sono dotate ciascuna di proprio regolamento per le procedure di conferimento di incarichi dirigenziali e per la graduazione delle funzioni, nonché di specifici codici di comportamento del personale dell’agenzia, comprensivi di disposizioni particolari applicabili ai dirigenti. Tale normativa di dettaglio, in ossequio alla legge fondamentale in materia[4], contribuisce a delineare il regime giuridico ed economico cui soggiacciono i dirigenti ambientali.

3. La funzione dirigenziale nell’ambito dell’A.R.P.A.Cal.

Nello specifico, con riferimento all’A.R.P.A.Cal., istituita con L.R. del 3/08/1999 n. 20 e ss. mod. e int., essa è dotata di un proprio regolamento di organizzazione, adottato con Delibera del commissario straordinario n. 104 del 29/01/2018 e approvato con Delibera di G.R. n. 43 dell’8/02/2018, recentemente sostituito da un nuovo testo approvato con Delibera del Direttore Generale n. 17 del 19/01/2022 e rettificato con Delibera n. 210 del 25/05/2022.

Il regolamento delinea gli spetti relativi ai principi generali (artt. 1-10); alle funzioni di Direzione e di staff della Direzione Generale (artt. 11-22); agli incarichi dirigenziali (artt. 23-29); all’organizzazione strutturale, ai compiti del personale, al sistema di valutazione e al ciclo di gestione della performance (artt. 30-37). In particolare, con riferimento alle norme applicabili, l’art. 37 dispone che “Al personale dipendente di A.R.P.A.Cal. si applicano i CCNL del Comparto Sanità, Aree dirigenziali e personale non dirigente vigenti nel tempo, nonché gli accordi sindacali decentrati, stipulati precedentemente all’entrata in vigore del presente Regolamento. 2. Per quanto non disciplinato con le disposizioni del presente Regolamento o altre normative vigenti in materia, si applicano le disposizioni previste dal Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165”.

La funzione di direzione comprende tre unità organiche: il direttore generale, il direttore amministrativo, il direttore scientifico. Gli incarichi dirigenziali si articolano in ragione della struttura cui accedono. A tale riguardo si distingue tra incarichi dirigenziali di struttura complessa, incarichi dirigenziali di struttura semplice e dirigenti con incarico professionale, ciascuno con proprie aree di responsabilità, funzioni e compiti correlati ai programmi definiti dalla Direzione Generale.

Con riferimento alle procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali l’art. 27 dispone che “1. Gli incarichi di direzione dei Dipartimenti, delle strutture complesse e delle strutture semplici di cui al presente Regolamento nonché gli incarichi professionali, nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge e di contratto, sono conferiti a personale appartenente ai ruoli dirigenziali dell’Agenzia con atto del Direttore Generale, cui accede il relativo contratto individuale di lavoro ai sensi della normativa vigente. 2. Gli incarichi dirigenziali, resi conoscibili dall’Ente e disponibili a seguito di vacanza in organico di personale dirigenziale, possono essere conferiti a personale dell’Agenzia appartenente alle categorie D e DS, con contestuale collocamento in aspettativa, previo ricorso ad avviso interno indicante i criteri e le professionalità richieste per il conferimento dell’incarico dirigenziale a termine (rif. art. 19 c. 6 del D. Lgs. 165/01). 3. In caso di assenza di professionalità interne di cui al precedente comma 2), il Direttore Generale può procedere secondo una delle seguenti modalità ai sensi della normativa vigente: a) Avviso pubblico rivolto al personale dirigenziale di altre pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, c. 2 del D. Lgs. 165/2001, ovvero a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale ex art. 19 c. 6 del D. Lgs. 165/01 e s.m.i.; b) Sottoscrizione di contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei di proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato. c) Utilizzo da parte dell’Agenzia, in caso di assenza di proprie graduatorie vigenti di cui al punto b), di graduatorie di concorsi pubblici approvate da altre Pubbliche Amministrazioni previo accordo tra le amministrazioni interessate”.

Di recente è stato approvato il nuovo codice di comportamento del personale dell’A.R.P.A.Cal., con Delibera del Direttore Generale n. 157 del 22/04/2022, comprensivo di disposizioni particolari per i dirigenti[5]. Sotto il profilo sanzionatorio l’art. 18 prevede che “1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d’ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni. 2. Ai fini della determinazione del tipo e dell’entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all’entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell’Agenzia. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi. 3. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi”.

Degne di nota sono, altresì, le disposizione del regolamento per l’organizzazione e lo svolgimento dei procedimenti disciplinari per la dirigenza in A.R.P.A.Cal., che approfondisce e coordina la disciplina generale e quella settoriale.

4. Trattamento economico dei dirigenti e principio di onnicomprensività della retribuzione

Altro punto nodale della trattazione in esame è costituito dalla disciplina inerente al trattamento economico dei dirigenti, applicabile anche alla peculiare figura del dirigente ambientale. Come noto, con riferimento agli incarichi connessi direttamente alla posizione dirigenziale rivestita (recte compiti e funzioni attribuiti al dirigente secondo il contratto individuale e collettivo di riferimento), comprensiva della retribuzione di posizione e di quella di risultato, vige il principio generale di onnicomprensività della retribuzione del dirigente, per come specificato dall’art. 24, c. 3 D. Lgs. n. 165/01, dall’art. 20 CCNL del personale dirigente-comparto regioni e autonomie locali per il periodo 2006-2009, dall’art. 60 del CCNL dell’area Funzioni locali per il periodo 2016-2018, ricalcato peraltro dalla contrattazione successiva e dalla contrattazione individuale.

In particolare, a mente dell’art. 24, c. 3 D. Lgs. n. 165/2001 “il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza”.

La norma in esame stabilisce un principio generale in tema di pubblico impiego e retribuzione dei dirigenti, prevedendo l’onnicomprensività del trattamento economico loro conferito, in quanto tale idoneo a remunerare ogni incarico assegnato ai medesimi in ragione del loro ufficio o incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o comunque collegato alla rappresentanza degli interessi dell’Ente. La ratio normativa intende scongiurare un’illegittima moltiplicazione delle voci remunerative facenti capo agli uffici dirigenziali, in conformità a quei principi di correttezza e trasparenza che devono caratterizzare l’organizzazione e il funzionamento della pubblica amministrazione.

Tale interpretazione risulta, altresì, convalidata dal consolidato orientamento della giurisprudenza lavoristica e contabile che si è pronunciata sul punto.

La Cassazione, in più di un’occasione, ha avuto modo di precisare che “nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in ragione del quale il trattamento economico dei dirigenti remunera tutte le funzioni e i compiti loro attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo, nonché qualsiasi incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa […] non può spettare la duplicazione della retribuzione, trattandosi sempre di funzioni rientranti nei compiti istituzionali del dirigente pubblico e non di funzioni diverse ed ulteriori per le quali esista una precisa e specifica previsione che attribuisca il relativo potere e preveda un compenso aggiuntivo[6].

In tale senso è orientata anche la II Sez. consultiva del Consiglio di Stato-Commissione Speciale Pubblico Impiego, che in un noto parere del 4 maggio 2005, n. 173, investita da alcuni quesiti formulati dal Ministero del Lavoro, ha concentrato l’attenzione sulle tre ipotesi evidenziate dal citato art. 24, c. 3 ed ha ribadito l’effettività del principio di onnicomprensività, confermando che l’ambito di applicazione dello stesso è solo ed esclusivamente quello descritto dalla norma.

Pertanto, l’esegesi plastica della disposizione, di stretta interpretazione, consente di evidenziare i presupposti di operatività dell’istituto e, in particolare, che: 1) l’incarico deve essere conferito in ragione dell’ufficio; 2) il soggetto che affida l’incarico deve essere l’amministrazione di appartenenza, oppure su designazione della stessa; 3) l’onnicomprensività è ritenuta assolutamente riconducibile alla relazione contrattuale e non è imputabile all’unilaterale volontà di una delle parti, trattandosi pur sempre di incarichi che devono essere accettati dall’interessato.

La norma individua, altresì, la disciplina da applicare per l’ipotesi di “incarichi aggiuntivi” conferiti in casi particolari, la cui ratio è quella di impedire che nelle ipotesi previste dall’art. 24 i dirigenti rivendichino ulteriori diritti economici.

La chiave di lettura prescelta esalta il ruolo svolto dal contratto collettivo (e dal contratto individuale) nel caso della dirigenza pubblica, sia a proposito della determinazione dei criteri in merito alla graduazione delle funzioni dirigenziali, sia con riguardo alla determinazione della retribuzione, a fronte di un impegno lavorativo che è esclusivo e che – salvo quanto previsto dall’art. 53 del T.U.P.I. – non ammette distinzioni nell’e­sercizio delle funzioni riconducibili alla posizione dirigenziale.

Ed, in effetti, l’art. 60 del CCNL dell’area funzioni locali per il periodo 2016-2018, riprendendo il contenuto dell’art. 20 CCNL del personale dirigente-comparto regioni e autonomie locali per il periodo 2006-2009, e ricalcato dalla contrattazione collettiva e individuale successiva, dispone che “1. Il trattamento economico dei dirigenti, ai sensi dell’art. 24, c. 3, del D. Lgs. n. 165/01, ha carattere di onnicomprensività in quanto remunera completamente ogni incarico conferito ai medesimi in ragione del loro ufficio o comunque collegato alla rappresentanza di interessi dell’ente […] 3. Le somme risultanti dall’applicazione del principio dell’onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti, riferite anche ai compensi per incarichi aggiuntivi non connessi direttamente alla posizione dirigenziale attribuita, integrano le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, secondo la disciplina dell’art. 57, garantendo comunque una quota a titolo di retribuzione di risultato al dirigente che ha reso la prestazione”.

A tale ultimo riguardo la magistratura contabile, investita in sede consultiva, ha chiarito che “Il principio di onnicomprensività delle retribuzioni erogate a pubblici dipendenti costituisce corollario di quello di esclusività, sancito dell’articolo 98, comma 1, della Costituzione. La disposizione costituzionale prescrive infatti la destinazione esclusiva del pubblico impiegato agli interessi istituzionali della collettività, non consentendo che la cura dell’interesse collettivo possa costituire lo strumento per perseguire un’utilità individuale ulteriore rispetto a quella costituita dalla legittima retribuzione. Le previsioni discendenti da tale principio sono quindi dirette a prevenire l’abusiva stipulazione di contratti d’opera aventi ad oggetto prestazioni libero-professionali, consistenti nell’espletamento di attività comunque indirizzate a finalità istituzionali. Il riferimento è, in particolare, a quella contenuta nell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che in relazione all’assunzione di incarichi aggiuntivi stabilisce che «Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati» nonché all’art. 2, comma 3, secondo periodo, e 45, comma 1, del medesimo decreto, che impongono la definizione degli elementi retributivi nell’ambito della contrattazione collettiva, e in ipotesi eccezionali in quella individuale. Se tali norme sono pacificamente rivolte alla generalità dei dipendenti pubblici, per i dirigenti il principio è declinato in modo ancora più ampio dall’art. 24, comma 3, del D. Lgs. 165/2001[…] L’analitica disciplina sopra descritta è dettata, come premesso, per i soli preposti a posizioni dirigenziali (in quanto il rischio degli abusi descritti è storicamente per essi più ricorrente, attesa la maggiore facoltà di auto-organizzazione riconosciuta ai medesimi e l’elevata specializzazione della loro professionalità). Per i titolari di posizioni dirigenziali, dunque, il principio di onnicomprensività risulta notevolmente ampliato, atteso che si riferisce agli incarichi comunque conferiti al dirigente da amministrazioni terze (anche se per ciò stesso connesse esclusivamente con la loro qualifica soggettiva, ovvero con la designazione operata da parte dell’amministrazione di appartenenza). Tali incarichi, come detto, non danno luogo ad autonoma spettanza retributiva, ma determinano l’obbligo del versamento del compenso in fondo destinato a remunerare la generalità delle professionalità dirigenziali […] Il contenuto precettivo delle norme sopra complessivamente riportate è stato più volte scrutinato dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, in particolare in sede di attività consultiva, nonché dalle competenti sezioni giurisdizionali per profili afferenti alla responsabilità ma che non rilevano nella presente sede. Merita, in particolare, menzionare un risalente ma autorevole e pregevole precedente (Sezione regionale di controllo per la Campania, 23 luglio 2009, n. 35). […] Tali considerazioni sono state sviluppate da una successiva e conforme giurisprudenza, tra cui può essere menzionata la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 21 luglio 2011, n. 466, secondo cui la norma «preclude la retribuibilità di attività svolte per l’amministrazione di appartenenza o per altre PP.AA., anche in presenza di una regolamentazione interna che lo consenta» e la pronuncia sempre della Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 18 marzo 2013, n. 96, applicativa di tale principio. Si ricorda anche la recente deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Puglia, 11 febbraio 2016, n. 30, che ha evidenziato come la regola della non retribuibilità si estenda a tutti gli incarichi anche solo connessi ai fini istituzionali, unitariamente considerati, dell’amministrazione di appartenenza del dipendente. E’ stata dunque, in generale, riconosciuta la piena operatività del principio, nel caso in cui specifiche previsioni legislative o regolamentari impongano o consentano la partecipazione a personale dipendente della pubblica amministrazione a organi specificamente costituiti[7].

 

 

 

 

 

 


[1] Cfr. D. Lgs. n. 165/01, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
[2] ART. 3 – STRUTTURA RETRIBUZIONE
Al personale dirigente confluito nelle ARPA sono attribuiti il trattamento economico fondamentale ed accessorio di cui al CCNL 8 giugno 2000.
Il trattamento economico del personale confluito è formato dalle seguenti voci: a) stipendio tabellare iniziale; b) indennità integrativa speciale; c) retribuzione individuale di anzianità; d) retribuzione di posizione minima; e) indennità di esclusività (per i dirigenti sanitari); f) indennità di struttura complessa; g) l’incremento di LIRE 2.900.000 della parte variabile della retribuzione di posizione per i dirigenti dei ruoli PTA, alle stesse condizioni previste per i corrispondenti dirigenti del SSN; h) retribuzione di risultato nonché le voci corrisposte sulla base delle condizioni di lavoro ove spettanti;
[3] ART. 5 – DIRIGENTE AMBIENTALE
A decorrere dal corrente quadriennio 2002-2005, in via transitoria (salva diversa disciplina del successivo CCNL), nel ruolo tecnico è istituito il profilo professionale di “dirigente ambientale”, sulla base delle seguenti indicazioni: a) le ARPA individuano nei propri regolamenti concorsuali i requisiti specifici richiesti per l’assunzione di dirigenti ambientali, in relazione ai propri settori di attività; b) i requisiti di accesso a tale figura dirigenziale sono quelli stabiliti dall’art. 26 del d. lgs. 165/2001.
In prima applicazione, le ARPA inquadrano nel profilo di “dirigente ambientale” i dirigenti ivi in servizio provenienti dai ruoli professionale o tecnico del SSN, nonché i dirigenti provenienti da altri comparti o settori privati.
I dirigenti inquadrati nel nuovo profilo mantengono il trattamento economico in godimento, sino alla stipula del CCNL.
Nelle more della stipula del CCNL, ai dirigenti ambientali di nuova assunzione si applica il trattamento economico previsto per i dirigenti appartenenti al ruolo tecnico.
ART. 7 – NORME FINALI
Il servizio svolto dal personale dirigenziale presso i settori, gli enti e le aziende di provenienza è equiparato, ai fini delle procedure selettive e concorsuali, al servizio svolto presso le ARPA.
I regolamenti concorsuali delle ARPA devono essere coerenti per i requisiti generali con le vigenti disposizioni in materia di ammissione all’impiego (art. 28 d. lgs. 165/2001). Detti regolamenti, ove il personale appartenente al profilo di dirigente ambientale venga adibito al settore sanitario, potranno prevedere i requisiti individuali dell’art. 26 del d. lgs. 165/2001 come alternativi a quelli previsti dal DPR 483 del 1997 per l’accesso alla dirigenza di detto ruolo;
[4] cfr. artt. 4, c. 2, 13-27 D. Lgs. n. 165/01. In particolare l’art. 16, c. 5 D. Lgs. n. 165/01 precisa che alla definizione dei compiti e dei poteri delle figure dirigenziali apicali, vero snodo tra politica e amministrazione, provvedono gli ordinamenti delle singole amministrazioni;
[5] Art. 15 – Disposizioni particolari per i dirigenti.Fermo restando le disposizioni contenute nell’Art. 13 del Codice Generale, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell’art. 19, comma 6, D. Lgs. n. 165/2001, ed a tutti i soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti.
Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all’atto di conferimento dell’incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l’assolvimento dell’incarico.
Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all’Agenzia le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti l’ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.
Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori ed i destinatari dell’azione amministrativa. Il dirigente cura, altresì, che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalità esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali.
Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura cui è preposto, favorendo l’instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione ed all’aggiornamento del personale, all’inclusione ed alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.
Il dirigente assegna l’istruttoria delle pratiche sulla base di un’equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacità, delle attitudini e della professionalità del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalità e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.
Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui è preposto con imparzialità e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti.
Il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l’illecito all’autorità disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale o segnalazione alla Corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinché sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 54bis del D. Lgs. n. 165/2001.
Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attività ed ai dipendenti dell’Agenzia possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell’Agenzia.
Il dirigente vigila sul rispetto delle regole in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e carichi di lavoro da parte dei dipendenti assegnati, al fine di evitare pratiche illecite di “doppio lavoro”, nel rispetto della normativa vigente e del relativo regolamento interno in materia di rilascio delle autorizzazioni per lo svolgimento di attività extra-istituzionali.
Il dirigente deve fornire la collaborazione al RPCT per la formazione del PTCT in modo particolare concorrere alle definizione di misure atte a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllare il rispetto da parte dei dipendenti dell’ufficio cui sono preposti. Deve fornire le informazioni richieste dal RPCT per l’individuazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione e formulare specifiche proposte volte alla prevenzione del rischi stesso. Provvedere al monitoraggio delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione, disponendo con provvedimento motivato, la rotazione del personale e nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva.
Si intendono qui richiamate integralmente le norme relative ai casi di responsabilità dei dirigenti, sia disciplinare, sia dirigenziale, contenute nella legislazione nazionale che nei CCNL;
[6] cfr. Cass. Civ., Sez. lavoro, ord. 15/01/2019 n. 836; conf. Cass. Civ., Sez. lavoro, ord. 14/09/2022 n. 27109; Corte dei Conti, Sez. Campania, sent. 31/08/2011 n. 1396; Corte dei Conti, Sez. Veneto, sent. 25/10/2010 n. 724;
[7] Cfr. Corte dei Conti, sez. Abruzzo, parere n. 53 del 23/03/2017.

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