Il diritto all’immagine di un personaggio celebre: il perimetro di operatività dell’esimente della notorietà
La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19515/2022 [1] ha precisato i limiti applicativi dell’esimente della notorietà previsto dall’art. 97 della L. n. 633 del 1941 (Legge sul diritto d’autore), chiarendo quando l’immagine di un personaggio famoso (nella specie un ex calciatore professionista) possa essere legittimamente sfruttata prescindendo dal suo consenso.
Prima di passare alla disamina dell’anzidetto provvedimento, è opportuno un breve cenno sul diritto di immagine [2].
Nel nostro ordinamento [3] tale diritto rientra nel novero dei diritti della personalità. Si tratta di un diritto assoluto, inalienabile e costituzionalmente garantito (art. 2 Cost.) [4]. La disciplina normativa che regola l’utilizzo dell’immagine altrui ed i suoi limiti è contenuta nell’art. 10 cod. civ., negli artt. 96 – 97 della Legge sul Diritto d’autore, nonché negli artt. 4 e 6 del Reg. UE 2016/679 in materia di privacy e trattamento dei dati personali e nell’art. 8 del Codice deontologico dei giornalisti (questi ultimi non sono oggetto della presente trattazione).
In primo luogo, l’art. 10 cod. civ. prevede il diritto di agire dinanzi all’autorità giudiziaria “qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti”, chiedendone la cessazione (dell’abuso) ed il risarcimento dei danni.
È lo stesso articolo 10 del codice civile a stabilire una riserva di legge relativamente ai casi in cui è consentita l’esposizione e la pubblicazione. Il riferimento è agli articoli 96 e 97 della legge sul diritto d’autore. Il primo introduce nel nostro ordinamento il cd. “principio del consenso” stabilendo che per esporre, riprodurre o mettere in commercio l’immagine di una persona è necessario il suo consenso. A tal proposito, è d’uopo evidenziare che in forza di detto principio non viene mai ceduto il diritto all’immagine, in quanto personalissimo ed inalienabile, ma soltanto l’esercizio dello stesso. Mentre per quanto concerne le modalità attraverso le quali il consenso (sempre revocabile) può essere manifestato, non è previsto ipso iure alcun rispetto di particolari vincoli di forma, potendo lo stesso essere sia espresso e sia tacito. Invece, il secondo (l’art. 97) al comma 1 elenca i casi in cui è possibile prescindere da tale consenso: “non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”. Tuttavia, al comma 2 del medesimo articolo è imposto un ulteriore divieto: «il ritratto non può essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata».
La vicenda. Una nota casa editrice commercializzava una serie di prodotti evocanti l’immagine di un celebre calciatore, in abbinamento ad uno dei quotidiani sportivi da essa pubblicato. Tali prodotti includevano: medaglie in cui era raffigurata l’immagine dell’atleta; supporti di memoria desinati a commemorare e documentare eventi sportivi, partite di calcio che hanno fatto epoca, interviste e fotografie dello stesso; un volume contenente ulteriori fotografie in cui lo sportivo non era ritratto nell’atto della prestazione sportiva o con la divisa della squadra, ma in abiti borghesi ed in scene di vita quotidiana (nella specie ed a titolo esemplificativo: il calciatore mentre scendeva da un aereo con un trofeo vinto, in ritiro con altri calciatori o ancora durante un’intervista).
L’ex fuoriclasse conveniva l’editore dinanzi al Tribunale di Milano, chiedendone la condanna per violazione del diritto d’immagine (art. 2 Cost.; art. 10 c.c. artt. 1, 2 e 96 LdA) e del diritto alla protezione dei dati personali; ciò in ragione del difetto di consenso necessario per lo sfruttamento del suo diritto d’immagine per fini commerciali.
Il Giudice di prime cure accoglieva parzialmente le domande attoree, ritenendo illecita la diffusione delle immagini fotografiche ritraenti parte attrice al di fuori delle azioni di gioco (escluse quelle in cui egli era in posa con la propria squadra) e di alcune medaglie che la raffiguravano; pertanto, condannava il gruppo editoriale convenuto al risarcimento dei danni, liquidati in via equitativa in complessivi euro 50.000,00.
La casa editrice impugnava la decisione dinanzi alla Corte d’Appello di Milano, la quale confermava la pronuncia del Tribunale meneghino, precisando che l’esimente di cui all’art. 97 L. 633/1941 fosse strettamente correlata, nel caso in esame, all’ambito sportivo e quindi, in difetto di consenso, non trovava applicazione per tutte quelle immagini raffiguranti l’atleta in «scene di vita quotidiana e al di fuori del contesto calcistico in cui la notorietà trovava concretizzazione».
Pertanto, avverso tale sentenza l’editore promuoveva ricorso in Cassazione, lamentando, con il primo motivo di doglianza, la violazione o falsa applicazione degli artt. 10 cod. civ. e 97 LdA e, con il secondo motivo di ricorso, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 cod. civ. e 158 LdA. Il ricorrente sosteneva che le immagini utilizzate (scattate originariamente con il consenso dell’atleta) non fossero lesive dell’onore e della reputazione dello stesso e che, inoltre, non fossero state utilizzate per fini pubblicitari, ma solo per finalità didattico-culturali, rappresentando un esercizio legittimo del diritto di cronaca.
La decisione della Suprema Corte. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour non hanno condiviso il ragionamento dei Giudici meneghini. Il Collegio, in ordine, ha dapprima ricordato che la ratio della deroga alla tutela dell’immagine, consentendo la divulgazione dell’immagine di una persona in assenza di consenso, va colta nelle esigenze della pubblica informazione e nel diritto di cronaca (dotato di dignità costituzionale ex art. 21) in relazione a vicende di interesse pubblico.
L’interrogativo della Corte concerne la necessità di stabilire se la notorietà – la quale consentirebbe l’utilizzo dell’immagine prescindendo dal consenso – di una persona possa essere rigorosamente delimitata allo stretto ambito delle attività in cui si è inizialmente delineata e da cui è emersa. La risposta è negativa.
Fermo restando che occorre “sempre verificare non solo il rispetto del decoro, della convenienza e della reputazione, ma anche quello della sfera di riservatezza che la persona ritratta ha inteso legittimamente proteggere dalle ingerenze altrui”, il Collegio ritiene che la corretta applicazione dell’esimente dell’articolo 97 L.d.a. renda lecita la divulgazione di ritratti fotografici di personaggi famosi “non solo allorché essi siano raffigurati nell’espletamento dell’attività specifica che li ha consegnati alla pubblica notorietà (vale a dire: per lo sportivo l’attività agonistica, per il cantante l’esibizione sul palco, per l’attore la recitazione in scena), ma anche quando la fotografia li ritrae nello svolgimento di attività accessorie e connesse, che rientrano nel cono di proiezione della loro immagine pubblica e quindi nella sfera di interesse pubblico dedicato dalla collettività alla loro attività“.
Pertanto, vi rientrano indubbiamente le fotografie che ritraggono un famoso calciatore in partenza o al rientro per una competizione sportiva, mentre esibisce un trofeo vinto o rilascia un’intervista ad un giornalista o, ancora, insieme ad altri calciatori in ritiro con il proprio club o con la Nazionale. Secondo gli Ermellini è evidente che in questi casi “l’interesse del pubblico è rivolto proprio al personaggio sportivo, per vedere come gioisca dei propri trionfi, come si relazioni con la stampa specializzata, come si prepari alle partite e come si rilassi dopo di esse o come interagisca con altri atleti famosi”.
Resta, invece, fuori dall’applicazione dell’art. 97 LdA la fotografia del personaggio ritratto in occasioni private, prive di alcun collegamento, anche indiretto, con l’attività che ne ha determinato la sua celebrità e per le quali lo stesso ha esercitato il proprio diritto alla riservatezza.
Da ultimo, i Giudici di legittimità, chiarendo che l’immagine dell’atleta non è stata utilizzata per fini pubblicitari e promozionali (per i quali è sempre necessario il consenso dell’interessato), hanno precisato che questi ultimi, peraltro, non si possono desumere meccanicamente dalla natura imprenditoriale dell’attività dell’editore. Infatti, secondo la Corte “non bisogna confondere la natura professionale dell’attività di cronaca informativa e documentazione didattico-culturale, che comporta la pubblicazione di informazioni e di immagini, con le finalità di utilizzo dell’immagine in senso stretto. Altrimenti si finirebbe per interdire l’esercizio stesso della cronaca giornalistica“.
Ciò detto, gli Ermellini con il provvedimento in commento hanno accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi nuovamente tenendo conto del seguente principio di diritto: «l’esimente prevista dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 97, secondo cui non occorre il consenso della persona ritratta in fotografia quando, tra l’altro, la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, ricorre non solo allorché il personaggio noto sia ripreso nell’ambito dell’attività da cui la sua notorietà è scaturita, ma anche quando la fotografia lo ritrae nello svolgimento di attività a quella accessorie o comunque connesse, fermo restando, da un lato, il rispetto della sfera privata in cui il personaggio noto ha esercitato il proprio diritto alla riservatezza, dall’altro, il divieto di sfruttamento commerciale dell’immagine altrui, da parte di terzi, al fine di pubblicizzare o propagandare, anche indirettamente, l’acquisto di beni e servizi».
[1] Cass. civ., Sez. I, 16.06.2022, n.19515.
[2] Per «immagine» non si intende solo la rappresentazione/riproduzione delle sembianze e dell’aspetto fisico di una persona, ma anche la proiezione esteriore della personalità di ciascun individuo.
[3] Mentre in Italia si commette un illecito nel pubblicare o esporre l’immagine di una persona senza il suo consenso, non ovunque è così. Nel Regno unito, ad esempio, non è espressamente riconosciuto un diritto all’immagine, più correttamente un “right of publicity” inteso come il diritto dell’individuo al controllo sull’utilizzo del nome, dell’immagine e di altri segni distintivi della personalità a fini commerciali. COLANTUONI L. (a cura di IUDICA F.), Diritto Sportivo, II edizione, 2020, pag. 311.
[4] Sebbene il diritto all’immagine non sia espressamente previsto dalla nostra Legge fondamentale, da pacifico orientamento giurisprudenziale esso trae il suo fondamento giuridico dall’art. 2 della Costituzione (il quale è definito un “catalogo aperto”) che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’individuo sia nella sfera individuale sia in quella collettiva.
L’esimente prevista dall’art.97 della l. n.633 del 1941 – Avvocato Renato D’Isa (renatodisa.com)
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Raffaele Toriaco
Avvocato, iscritto all'Ordine degli Avvocati di Foggia. Si è laureato nel 2018, presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, con una tesi in Diritto Sportivo dal titolo “Le misure antiviolenza nel calcio in Italia, tra prevenzione e repressione dei reati da stadio".
Dopo la pratica forense, si è abilitato all'esercizio della professione di avvocato nell’ottobre del 2021, presso la Corte d'Appello di Bari.
Nello stesso anno, ha approfondito la materia del diritto della proprietà intellettuale con il “Master online in Intellectual Property”, Business school Meliusform. Nel 2022 ha frequentato il Corso di perfezionamento in Diritto sportivo e Giustizia sportiva “Lucio Colantuoni”, organizzato dall’Università degli Studi di Milano.
È autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con altre riviste giuridiche.
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