Il diritto di difesa e autodifesa nell’attuale assetto ordinamentale
Sommario: 1. L’evoluzione del diritto di difesa: dalle retrospettive storiche all’attuale disciplina costituzionale e sovranazionale – 2. La poliedricità del diritto di difesa: diritto individuale e garanzia oggettiva – 3. Il contenuto del diritto di difesa: la difesa tecnica, la difesa di fiducia e la garanzia di difesa ai non abbienti – 4. E’ ammissibile un’autodifesa nel processo penale? Due episodi di cronaca giudiziaria
1. L’evoluzione del diritto di difesa: dalle retrospettive storiche all’attuale disciplina costituzionale e sovranazionale
Il diritto di difesa nel codice Rocco era notevolmente condizionato e, di fatto, limitato nella sua estrinsecazione dall’ideologia inquisitoria che faceva da sfondo all’impianto codicistico del 1930. Analizzando, infatti, la struttura del suddetto codice, ci si avvede di come vi fosse una disparità tra accusa e difesa. 1 L’istruzione formale era affidata ad un giudice il quale riuniva ai tipici poteri di decisione sulla libertà personale e di formazione della prova anche quelli riguardanti la ricerca delle prove, assumendo in tal modo la veste di accusatore. 2 L’istruzione sommaria, invece, era svolta da un pubblico ministero dotato di esorbitanti poteri giurisdizionali che lo convertivano abusivamente in giudice precludendo qualsiasi rapporto dialettico con la difesa, confinata in una posizione di “attesa” delle decisioni eventualmente prese dal pubblico ministero o dal giudice istruttore e, perciò, privata di aspetti partecipativi alla vicenda processuale che avrebbe condotto il giudice alla definizione del giudizio. 3 Secondo l’art. 303 comma 1 c.p.p. l’accusatore poteva “assistere agli atti di istruzione e prenderne visione in ogni stato del procedimento” mentre al difensore e all’imputato era consentito solamente presentare memorie e istanze.
Il problema del contraddittorio in istruzione derivava dal fatto che la garanzia del giudice, rendeva superflua quella del difensore la quale derivava da un criterio di sfiducia verso il giudice che non poteva essere ammesso nel regime fascista in quanto contrastava con i principi fondamentali del suddetto regime. 4 Il pubblico ministero rappresentava “un potere dello Stato; l’interesse che determina(va) la sua attività era pubblico e impersonale. Nel pubblico ministero non potevano aver presa, per mancanza d’interesse individuale, quei motivi contrari ai fini della giustizia penale, che invece potevano facilmente sorgere ( anche nell’opinione d’ adempiere ad un dovere) nell’animo del difensore. Per di più egli veniva definito come una parte sui generis che agiva per uno scopo eminentemente pubblico, e di conseguenza aveva interesse ad agire soltanto quando traeva la convinzione della colpevolezza da elementi obiettivi, accuratamente vagliati. Ne consegue che non vi era alcuna incoerenza nell’assegnare al pubblico ministero la competenza per gli atti di cui si tratta, perché, se formalmente (…) esso compiva un’istruzione di parte, sostanzialmente (…) tale istruzione non era informata a quei criteri che sono propri delle parti private, e che improntavano di imparzialità l’attività di queste”.
Per quanto riguarda il dibattimento, l’escussione era dominata dall’impulso del Presidente o del Pretore a cui era consentito procedere ad interrogatori ed esami potendo, altresì, predeterminare il termine massimo per la conclusione dei discorsi e togliere parola a chi lo avesse superato. 5 Inoltre, la parola poteva anche essere ” tolta ai difensori, quando, pur mantenendosi nei limiti di tempo prefissati abusassero della facoltà di parlare, per prolissità, divulgazioni o in altro modo (…) Infine (…) si consentiva in caso di ingiustificato abbandono della difesa nel dibattimento, di devolvere il relativo incarico a un vice-pretore o a un uditore giudiziario, o in loro mancanza un giudice”. 6 Secondo la Cassazione7, il compito del difensore era (ed è) quello della difesa dell’imputato e non già del crimine, dovendo questi concorrere a creare le condizioni affinché venga emanata una sentenza giusta, garantendo la regolarità formale del rapporto processuale e del contraddittorio, svolgendo una funzione di rappresentanza oltre che di assistenza dell’imputato. 8 La sua posizione ” era di natura eminentemente statica, di posizione, di studio e di attesa della fase dibattimentale fino a quando cioè, mediante le proprie conclusioni, avrebbe potuto stravolgere e capovolgere a favore del proprio assistito la logica accusatoria”. 9 Nel quadro poc’anzi tratteggiato non trovavano alcuno spazio le indagini difensive. Con l’entrata in vigore della Costituzione del 1948 il sistema penale fu caratterizzato da una vivace produzione legislativa e da numerosi interventi della Corte Costituzionale. 10
La legislazione del garantismo inquisitorio si espresse nel tentativo di liberalizzare il Codice Rocco dalle venature inquisitorie e di renderlo conforme ai principi costituzionali. 11 Innanzitutto, venne ampliato il numero degli atti attraverso i quali si esplicava il diritto di difesa, come ad esempio l’avviso di procedimento ai sensi dell’art. 304 c.p.p e l’avviso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio secondo l’art. 78 comma 3 c.p.p. Venne eliminata la facoltà del pubblico ministero di proporre appello incidentale ex art. 514 comma 4 c.p.p e si riconosceva invece, al difensore il diritto alla contestazione del fatto in caso di proscioglimento con formula diversa da quella che il fatto non sussiste o che non è stato commesso e le nullità assolute rilevabili in ogni stato e grado del procedimento ex Art. 185 c.p.p. Dopo diversi interventi legislativi, queste garanzie difensive vennero estese anche alla fase dell’istruzione sommaria, riconoscendo al difensore sia il diritto di assistere all’interrogatorio dell’imputato (ma non del coimputato) che il diritto di assistere al compimento degli atti di polizia giudiziaria. In questo modo, si finì per prevedere come obbligatoria la presenza del difensore agli atti di cui all’art. 304-bis c.p.p del codice abrogato, e segnatamente a perquisizioni personali e domiciliari, ispezioni giudiziali, a esprimenti giudiziari, ricognizioni e perizie, e inoltre alle testimonianze a futura memoria e ai confronti tra impuatato e testimone a futura memoria. Fu, altresì, riconosciuto il diritto ad essere informato almeno ventiquattro ore prima del compimento degli atti sopra citati, ad eccezione di perquisizioni ed ispezioni per le quali non venne riconosciuto alcun diritto al preavviso, ma solo il diritto a presenziare al compimento dell’atto. In ultimo, al difensore fu riconosciuto il diritto di esaminare ed estrarre copia sia dei verbali dei suddetti mezzi di ricerca della prova, che dei verbali di ispezioni corporali e di sequestri. 12 Nonostante l’ampliamento operato a favore del difensore, quest’ultimo continuava però a comparire soltanto in veste passiva, vale a dire soltanto come garante “dell’attività svolta dal giudice o dal pubblico ministero che come contaddittori dialettici, con l’unica differenza, rispetto all’impianto originario del codice Rocco, della notevole estensione di questa presenza di garanzia fino a riguardare gli atti istruttori più significativi ed importanti”. 13 Di conseguenza, malgrado tali aperture, il difensore continuava ad essere escluso dalla prova testimoniale, a poter far cenno o rivolgere la parola ai periti, testimoni o parti, negli atti inn cui siano stati ammessi nonché ad essere imposte stringenti limitazioni ai colloqui con l’imputato detenuto. 14 Continuavano a non trovare alcuno spazio le indagini difensive: il difensore aveva ” maggiori ambiti di intervento e di operatività, ma pur sempre nel quadro delle uniche facoltà originariamente riconosciute; il diritto all’assistenza e alla rappresentanza, nient’altro”. 15
Alla fase del garantismo inquisitorio subentrò quella della legislazione dell’emergenza. 16 In particolare “il modello di processo era ritenuto del tutto inadeguato ai fenomeni di terrorismo e criminalità organizzata presenti nella società italiana di allora e, come tale, presto abbandonato in favore di un sostanziale riproposizione del sistema inquisitorio, accentuato, tra l’altro, dalla legislazione d’emergenza“. 17 La sudetta legislazione coinvolse anche i diritti di difesa e, cercando di risolvere i problemi di inefficienza processuale, comportò il sacrificio delle garanzie difensive: ciò fu determinato, ad esempio dall’introduzione delle ” fattispecie di allontanamento dell’imputato dall’udienza dalla degradazione di buona parte delle nullità assolute ex art. 185 c.p.p a nullità cosiddette assolute – affievolite, rilevabili entro certe scadenze temporali e nel potere della polizia giudiziaria di assumere, in assenza del difensore e al solo scopo di proseguire le indagini per i reati di cui all’art. 165 ter c.p.p, sommarie informazioni testimoniali dell’arrestato, fermato o indiziato, non (…) verbalizzate e (…) prive di ogni valore ai fini processuali”. 18 Alla legislazione dell’emergenza fece seguito, all’inizio degli anni 80, la legislazione della terza fase: il cosiddetto nuovo garantismo. 19 Detta legislazione, avendo avviato una politica di decarcerazione, veniva considerato una normativa “ponte” verso il nuovo codice di procedura penale. 20 In questa fase ” si esprimeva un disegno liberale teso a cancellare le profonde tracce involutive proprie della c.d. legislazione di emergenza ed a ridare al diritto di difesa uno spazio sempre più ampio ed incidente nella dinamica processuale”. 21 In particolare, fu introdotto il riesame nel merito dei provvedimenti restrittivi della libertà personale di fronte al Tribunale della Libertà e l’appellabilità dell’imputato.
E’ stato osservato come “ i giuristi di cent’anni fa avevano ben chiari i termini della questione circa il carattere eventuale o necessario della presenza del difensore a fianco dell’imputato e non esitavano ad orientarsi per l tesi della necessaretà nella fase del giudizio (…) attribuendo alla difesa tecnica una funzione di “ordine pubblico e di interesse sociale”22, lasciando fuori in tal modo la possibilità di un’autodifesa esclusiva. In una siffatta prospettiva, la difesa veniva inquadrata come la possibilità riconosciuta all’imputato di poter tutelare la propria posizione processuale contrapponendosi all’accusa e designando, in tal modo, un difensore di fiducia;23 tuttavia, “ nei casi di negligenza, di inerzia, o addiruttura di rifiuto della difesa tecnica da parte dell’imputato si riteneva che lo Stato non potesse prescindere dalla presenza del difensore nel giudizio in virtù di un suo “interesse diretto”, fondato su ragoni giuridiche e politiche, alla regolarità dello svolgimento processuale”. 24 In tale circostanza “ il difensore cessava di essere inteso soltanto come un rappresentante o un mandatario della parte, per assumere il ruolo di ausiliario della giustizia nel realizzare le premesse indispensabili per l’attuazione del contraddittorio di tipo tecnico “25
I giuristi italiani tra Ottocento e Novecento accentuarono il profilo oggettivo della difesa come garanzia rispetto a quello soggettivo della difesa come diritto. Pur non trascurandosi questo secondo aspetto, certamente non si ammetteva l’eventualità che il giudizio potesse svolgersi in assenza di una garanzia oggettiva di regolarità dello stesso che veniva, appunto, rappresentata dal difensore. “ In definitiva (…) nel difensore si ravvisava, sia pure con varie sfumature, un “consorte processuale, normalmente necessario, dell’imputato, quindi una figura colorita di interesse pubblico in ragione della “ncessità processuale” della sua presenza a fianco dell’imputato stesso, e da cui si giungeva a desumere la configurazione quale “organo del processo, al pari del giudice e dell’accusatore.”26 Rilevato come il secondo comma dell’ art. 24 della Costituzione prescrive la necessaria presenza del difensore fin dal primo momento in cui l’imputato entra in contatto con l’autorità giudiziaria e dato che la difesa costituiva “ una condizione per la regolarità del rapporto giuridico processuale”27, si ammetteva la presenza del difensore a prescindere dalla diversa volontà dell’imputato non lasciando, in tal modo, alcuno spazio per un’autodifesa che potesse escludere quella tecnica. Il difensore, dunque, veniva visto come “ uno strumento indispensabile per il funzionamento della macchina del processo” tant’è che si soleva affermare che neanche “l’imputato giurisperito potesse ugualmente farne a meno”.28
L’unico articolo della Costituzione che menziona in modo esplicito la difesa29 è l’art. 24 il quale, dopo aver precisato al comma 2 che “ la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” assicura, al comma 3 “ ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi (…) per difendersi davanti ad ogni giurisdizione”.
Con questa affermazione l’Assemblea Costituente “ ha inteso proteggere il cittadino contro l’attacco mosso con qualsiasi procedura giudiziaria, assicurandogli la più ampia possibilità di operare nel processo per la tutela dei beni che questo mette in pericolo (…) La norma si è preoccupata di attribuire all’imputato una tutela giudiziaria a salvaguardia della propria posizione di libertà messa a repentaglio dalle pretese punitive dell’accusa “30. Tale precetto31 si collega alla garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo “ che compongono un articolato panorama di linee guida nel quale si inserisce attraverso plurivoci rapporti, lo stesso diritto di difesa”32.Esso, assurge dunque a diritto inviolabile che viene inquadrato nell’ambito della previsione costituzionale dell’art. 2 il quale “riconosce e garantisce i diritti invilabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”33.
Il diritto di difesa, estrinsecazione inscindibile della partecipazione dell’individuo all’amministrazione della giustizia al proprio processo, deve essere annoverato “ all’interno di un sistema nel quale sono contenute altre libertà costituzionali, con le quali si deve inevitabilmente confrontare, e deve essere calato in una rete di principi che lo valorizzano anche in rapporto al contesto in cui va esercitato. Si intende dire che il diritto di difesa è strumentale rispetto alla tutela di altre libertà (…) Quindi, qualunque operazione ermeneutica deve tenere in debito conto l’insieme dei valori che fanno capo alla persona, ancorché senza dimenticare che, se è vero che i contenuti del diritto di difesa possono concretizzarsi in maniera differente durante i vari segmenti del processo, è altrettanto vero e imprscindibile che il testo costituzionale statuisce l’inviolabilità del presidio che pone le corrispondenti vicende soggettive in cima alla scala dei valori”.34
La collocazione di tale articolo nella Parte I e non nella Parte II, rubricata ”Ordinamento della Repubblica” nonché la sua struttura “ farebbero pensare, di primo acchito, ad una norma che fondi solo un diritto disponibile dell’imputato, anziché un canone oggettivo di regolarità del procedimento giurisdizionale, con riguardo, s’intende, alla presenza di un difensore nel processo penale”.35 A tal proposito, parte della dottrina36 ha rilevato che “ senza il nucleo tracciato dall’art. 24 comma 1 e 2 Cost., tutte le posizioni giuridiche riconosciute, persino quelle di immediato rilievo, si risolverebbero in enfatiche proclamazioni prive di concreta garanzia”37. Secondo la Corte Costituzionale38, tale principio fondamentale “ tutela principalmente l’ interesse dell’imputato ad ottenere il riconoscimento della completa innocenza, che si deve considerare il bene vita costituente l’ultimo e vero oggetto della difesa, rispetto al quale le altre pretese al giusto procedimento assumono funzione strumentale”.
La norma, però, fornisce anche un’ulteriore chiave di lettura che è possibile scorgere partendo proprio dal significato degli eventi di natura politica e storica che hanno portato all’emanazione della nostra Costituzione. Principalmente, essa si concretizza in una “risposta democratica” a quello che fu il regime totalitario e come condanna alle recrudescenze e alle discriminazioni che avevano annullato e compromesso i diritti civili dell’individuo39. “Proclamando l’inviolabilità del diritto di difesa, si è inteso cancellare gli abusi, le incertezze e le deficienze del regime totalitario per modellare il processo secondo i più alti fondamenti etici e morali della civiltà giuridica”40. L’articolo 24 della Carta Cotituzionale costituisce la “ colonna portante” del nostro ordinamento giuridico: nel caso in cui alti poteri potrebbero compromettere la sua attuazione si privilegia la tutela difensiva, salvo poi a dimostrare che l’altro valore “ antagonista” risulta strettamente necessario che neppure la libertà inviolabile, quale il diritto di difesa, riesce a resistere.41 Essa allora, non si presenta come rigida e immodificabile nel tempo ma, al contraro, è “aperta”42 alle scelte e agli orientamenti che il modello processuale di riferimento suggerisce di volta in volta, anche se manca “ di contenuti diretti a stabilire il quomodo in ordine all’attuazione del diritto di difesa”43.
Pertanto, risulta abbastanza difficile tentare di fissare una volta per tutte i contenuti del diritto di difesa e il ruolo che il difensore ricopre nel quadro normativo. Non è possibile tratteggiarli una volta per sempre in quanto sono assoggettati all’evoluzione della società in base alla mentalità, alle ideologie e ai valori di volta in volta predominanti.44 “Il difensore è dunque il garante dell’autonomia e dell’indipendenza dell’imputato nella condotta della causa, un necessario intermediario dell’assistito nel processo, ma è anche un soggetto il cui ruolo e le cui funzioni possono variare nel tempo e nello spazio”45.
Configurata in tal modo la funzione della difesa, è utile rammentare che tale garanzia costituzionale viene classificata qual “libertà a contenuto positivo” la cui tutela “ dipende molto dalle scelte del legislatore circa le forme del processo, a differenza di quanto, invece, tendenzialmente accade in vista delle cosiddette “ libertà a contenuto negativo” ( libertà personale, domiciliare e di corrispondenza)”46.
Fermo restando che il diritto di difesa si concretizza in maniera diversa nelle differenti fasi processuali “resta un dato, forse ovvio, da non sottovalutare, che consiste nella precisazione testuale d’inviolabilità del presidio, al pari di altre situazioni soggettive che tradizionalmente esprimono un valore di immediata cogenza in rapporto alle scelte legislative sub costituzionali (artt. 13, 14 e 15 Cost.); il che contribuisce a evidenziare la comune necessità di statuire, in funzione delle garanzie così contrassegnate, una salvaguardia a maglie strette”47. La conseguenza pare alquanto evidente: “ tutte le correlative libertà “concorrono a contrassegnare lo statuto di indipendenza della persona umana”, quasi un sistema di beni e di valori senza i quali un individuo non potrebbe dirsi veramente autonomo. Anzi, non è azzardato sostenere che proprio il diritto di difesa rappresenta una “ precondizione della democrazia”48.
Passando all’analisi della normativa sovranazionale49, occorre prestare particolare attenzione agli atti posti a salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo tra i quali ha trovato affermazione il diritto di difesa. In primo luogo viene in rilievo l’ art. 11 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo in cui si riconoscono all’accusato “ tutte le garanzie per la sua difesa”.
Assai significativa è poi anche la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali il cui art. 6 par. 3 configura in capo all’accusato un vero e proprio “diritto al difensore” garantendogli “di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa (lett. b)”. Proseguendo nell’analisi della normativa la lett. c) dell’art. 6 par. 3 prevede la possibilità “ di difendersi da sé o avere l’assistenza di un difensore di propria scelta” e riconosce a chi “ non ha i mezzi per retribuire un difensore” la facoltà di “ essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio quando lo esigano gli interessi della giustizia”. Invece, la lett. d) attribuisce il diritto “di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico”.
Più recente, inoltre, è il Patto internazionale sui Diritti Civili e Politici il quale riproduce quanto previsto dalla Convenzione di Roma anche se con qualche aggiunta, tra cui il diritto dell’imputato ad “essere informato sollecitamente e in modo circostanziato, in una lingua a lui comprensibile, della natura e dei motivi dell’accusa a lui rivolta (lett. a)” di “disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa” e “ di essere presente al processo e di difendersi personalmente o mediante un difensore di sua scelta; nel caso sia sprovvisto di un difensore, di essere informato del suo diritto di averne e, ogniqualvolta l’interesse della giustizia lo esige, di vedersi assegnato un difensore di ufficio a titolo gratuito se egli non dispone di mezzi sufficienti per compensarlo (lett. d)”. Ancor più chiaro pare l’art. 14 par. 3 lett. b) dello stesso Patto, nella parte in cui garantisce il diritto dell’ accusato di comunicare con il proprio difensore al riparo da qualsiasi intrusione dell’organo inquirente che possa pregiudicare la segretezza della conversazione.
Da ultimo, degno di menzione è l’art. 47 della Carta di Nizza, il cui comma 3 recita “Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”. Si ritiene che, anche se non è richiamata espressamente la figura del legale, dato che il diritto di difesa comporta anche l’assistenza di un difensore, non possa escludersi che “ nella Carta di Nizza trovi indiretto riconoscimento il ruolo svolto dall’avvocato”50.
2. La poliedricità del diritto di difesa: diritto individuale e garanzia oggettiva
La difesa, elemento imprescindibile del processo penale, può essere vista sotto due diverse angolazioni: come diritto individuale e come garanzia oggettiva.51
Sotto il primo profilo entra in gioco la “tutela della libertà, che segna un primato dei mezzi sui fini: un sistema d’accertamento preordinato ad applicare le pene non può relegare ai margini del processo chi rischia di subirle, ma deve consentirgli d’interloquire con pari, se non maggiore, titolo di chi esprime l’interesse alla punizione del colpevole, ossia l’accusatore; soprattutto perché la sentenza, una volta divenuta irrevocabile, vale indipendentemente dalla giustizia delle sue statuizioni”.52
Di conseguenza, il diritto individuale di difesa si sostanzia come inviolabile e si specifica nell’esercizio dei poteri processuali necessari per agire e difendersi in giudizio al fine di poter incidere sul convincimento del giudice. Dunque, “se è vero che la storia del rito penale ha conosciuto segmenti processuali orfani di contraddittorio, è altrettanto vero che il diritto di difesa trova la sua più compiuta realizzazione proprio nell’intervento contrapposto delle parti. E‟ in questa duplice prospettiva che la difesa si completa spogliandosi della sua veste di diritto individuale e accogliendo a sé l’essenza della garanzia oggettiva, utile al più corretto accertamento della verità”53.
Quanto al secondo profilo, la difesa come garanzia oggettiva “esprime una scelta gnoseologica, eminentemente utilitaria, ancillare rispetto ai fini del processo. E‟ la speranza (…) che “contrapponendo ai ragionamenti e alle deduzioni dell’accusa i ragionamenti e le deduzioni della difesa” si produca “l’attrito dal quale, come ferro battuto, sprizzano quelle scintille di luce che illuminano la mente e la coscienza dei giudicanti”. In termini più moderni, è la convinzione che il miglior mezzo per saggiare la fondatezza di un “accusa sia di instaurare il contraddittorio tra chi, avendola formulata, ha interesse a sostenerla, a “verificarla” e chi, essendone il destinatario, ha interesse a confutarla, a “falsificarla”54. Il ruolo della difesa si chiarisce nel contraddittorio tra le parti “ ossia in quel gioco di interventi alternati o contestuali, in quell’andirivieni di domande e repliche, di asserzioni e negazioni, che costellano l’iter del processo guidandolo verso la fine”55.
E‟ evidente come del contraddittorio se ne possa parlare in diversi modi e che esso varia in base ai diversi modelli processuali di riferimento: “anche in un sistema che affidi unicamente ad un organo giudiziario la raccolta del materiale utile alla decisione, il diritto di “contraddire” può essere riconosciuto sia nell’elevarsi del tasso di assistenza difensiva durante la gestione pur sempre autoritativa del processo, sia nella facoltà di dibattere in giudizio su contenuti istruttori preconfezionati. Però si tratta di dinamiche che postulano una scarsa effettività dialettica”56.
La difesa intesa quale garanzia oggettiva, si profila, dunque, come l’esigenza di garantire che il processo possa svolgersi correttamente il cui fine è quello di soddisfare “ un interesse pubblico generale che trascende l’interesse dell’imputato ( o della parte) ed è soddisfatto soltanto se il contraddittorio è effettivo, se l’uguaglianza delle armi è reale”57.
Del resto, non vi potrebbe essere un giusto processo se le parti non fossero in grado di far sentire, nelle forme e nei modi adeguati, vale a dire nel rispetto del principio del contraddittorio e in condizioni di “parità di armi”, le proprie ragioni davanti a un giudice terzo e imparziale.58 Secondo la Consulta59 “ speculare all’inviolabilità del diritto di difesa è l’irrinunciabilità di esso” in quanto “ il processo penale è preordinato a tutelare beni e valori fondamentali dell’uomo”. Il diritto di difesa, pertanto “ deve essere inteso come potestà effettiva dell’assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti”60. L’affermazione dell’inviolabilità della difesa non è però accompagnata dalla prescrizione “ dotata di pari forza cogente, del o dei modi di esercizio del medesimo diritto”61 in quanto è al legislatore ordinario che spetta il compito “ considerate le peculiarità strutturali e funzionali ed i diversi interessi in gioco nei vari stati e gradi del procedimento”62 di “ dettare le concrete modalità per l’esercizio del diritto (…)63”.
La Consulta è ritornata parecchie volte sul tema dell’inviolabilità del diritto di difesa ribadendo che “ il diritto di difesa nei procedimenti giurisdizionali si esercita, di regola, mediante l’attività o con l’assistenza del difensore, dotato di specifica qualificazione professionale, essendo limitata a controversie ritenute di minore importanza ovvero a procedimenti penali per i cosiddetti reati bagatellari, la possibilità che la difesa venga esercitata esclusivamente dalla parte”64. Il diritto all’assistenza tecnica diviene allora un mezzo per garantire l’effettività del contraddittorio e la par condicio tra le parti contrapponendo in tal modo, alla specifica capacità professionale dell’accusatore, un altro soggetto avente un’ uguale qualificazione, che assista l’imputato in tutto l’iter processuale.65D‟altronde, affinché sia garantito il corretto svolgimento del processo “è necessaria la presenza di soggetti capaci di districarsi con consapevolezza e cognizione di causa nel groviglio di questioni che la realtà processuale porta ad emergenza. Non sempre la persona direttamente interessata è sufficientemente provveduta quanto a conoscenza delle leggi e quanto ad esperienza in campo processuale (…) si comprende allora perché un ruolo di primaria importanza nell’economia del processo, venga concordemente riconosciuto alla figura del “difensore” in senso stretto: ossia alla figura dell’esercente professione legale, cui sia affidata la “difesa” in senso “tecnico” (o, tout court, “difesa tecnica”) della parte.”66
La figura del difensore diviene, allora, connaturale all’idea stessa di processo, finendo per giocare un ruolo unico all’interno di esso proprio per la convergenza con l’assistito delle finalità da raggiungere. Si desume, di conseguenza, che l’esigenza della difesa tecnica è espressione dell’interesse pubblico a una corretta amministrazione della giustizia e al rispetto del principio di legalità”67.
La difesa può efficacemente esprimersi solo in un processo che rispetti due fondamentali regole: netta separazione tra poteri di giudice e di parte (in modo che venga evitata qualsiasi mescolanza o accumulo) e opposizione paritaria tra accusa e difesa, intese come due forze “ uguali e contrarie”, come due termini dello stesso paradigma, quello del si/no laddove si tratta di affermare/negare l’ipotesi su cui un giudice dovrà sentenziare.68 Secondo una parte della dottrina69 la ratio dell’approvazione, il 10 novembre 1999, della legge di revisione costituzionale dell’art. 111 Cost. risiede principalmente nel “ condivisibile proposito di scongiurare il riprodursi di una giurisprudenza costituzionale “eversiva” nelle scelte operate in “materia di giurisdizione” ed evitare alcune “letture asfittiche dei contenuti della garanzia” 70.In tal modo, il diritto di difesa ne è uscito ancor più rafforzato nei contenuti. ”In buona sostanza, la caratteristica principale del nuovo art. 111 comma 2 Cost. è di essere riuscito a tradurre il principio astratto (la difesa penale) in un complesso di diritti tutelati in concreto”.71
3. Il contenuto del diritto di difesa: la difesa tecnica, la difesa di fiducia e la garanzia di difesa ai non abbienti
Il Titolo VII del Libro I del codice di rito contiene una generale regolamentazione del difensore improntata innanzitutto sul rapporto di natura fiduciaria con l’assistito sia in considerazione del carattere bilaterale della nomina che della libertà attribuita ad entrambi di poter recedere in qualsiasi momento dal negozio giuridico. L’art. 96 c.p.p. recita “L’imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia. La nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata. La nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto, può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste dal comma 2”. Il suddetto articolo riconosce all’imputato il diritto di scegliere, senza alcun condizionamento, il difensore di fiducia che ritiene più opportuno alla tutela dei propri interessi “ determinando l’instaurazione un rapporto di duplice valenza: privatistica, quanto al profilo concernente il legame interno sui contenuti dell’opera professionale che il secondo deve prestare nell’interesse del primo (e) pubblica per la rilevanza esterna da riconoscersi alla funzione difensiva svolta.”72
La nomina del difensore pone innanzitutto l’attenzione sul rapporto di fiducia che si instaura tra i soggetti, riconoscendo la libertà di accettazione e recesso ad entrambe le parti.73 Il limite di non più di due legali, durante la fase delle indagini preliminari, come anche in quella esecutiva e di sorveglianza pone invece, l’accento sulla necessità di coordinamento tra i due soggetti dotati degli stessi diritti e doveri e assoggettati agli stessi termini e comunicazioni. Quanto alle modalità esecutive, per poter espletare il mandato difensivo, ad entrambi viene notificato l’avviso di fissazione dell’udienza dibattimentale non solo di primo grado o d’appello ma anche in camera di consiglio onde la possibilità di comparire ed interloquire. Inoltre. “l’esercizio della facoltà di avvalersi di due difensori esclude l’obbligatorietà del rinvio (art. 420-ter, comma 5) qualora solo uno dei difensori risulti legittimamente impedito; pertanto la semplice assenza dell’altro professionista autorizza il giudice del dibattimento a procedere previa nomina di un difensore d’ufficio”74 Nel caso in cui venisse conferito l’incarico a un terzo difensore, l’eventuale nomina non produce alcun effetto giuridico fino al momento in cui non intervenga un atto di revoca dei precedenti difensori. 75 L’efficacia iniziale del mandato è comunque, in generale, subordinata alla ricezione della comunicazione di nomina da parte dell’autorità procedente previa individuazione dell’interessato. La dichiarazione di nomina fatta oralmente o pe iscritto è un atto strettamente personale il cui compimento è riservato all’interessato. Qualora egli si trovi privato della libertà personale, la validità della nomina decorre dalla data di ricevimento della dichiarazione rilasciata al direttore dello stabilimento di custodia. All’imputato si impone l’onere di attivarsi e di tenere un comportamento diligente affinché il difensore di fiducia possa essere portato a conoscenza dell’avvenuta nomina e di conseguenza potersi attivare nel predisporre un’ adeguata strategia difensiva.76
Quanto alle altre modalità di nomina previste dall’art. 96 c.p.p., questa può essere fatta dall’interessato con dichiarazione orale resa direttamente all’autorità procedente e sebbene quest’ultima non sia tenuta alla redazione di alcun atto descrittivo di ricezione conforme a formule tipizzate, si dovrà provvedere ovviamente a formare un documento che (…) comprovi l’avvenuta effettuazione della designazione fiduciaria mediante indicazione del designante, del designato, data certa della dichiarazione di nomina e sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale che la riceve”77. La nomina, una volta intervenuta, esplica i propri effetti per tutto il percorso di giudizio: ne è un esempio il ricorso per Cassazione il quale è proponibile dal medesimo difensore che abbia assistito la parte nel merito, senza la necessità di un ulteriore specifico mandato. Nel caso, invece, in cui sia disposta la riapertura delle indagini nei confronti dello stesso soggetto precedentemente sottoposto a procedimento penale permane la nomina originaria in quanto l’esigenza di garantire un’ effettiva assistenza difensiva comporta l’inoltro degli avvisi di rito al legale già a conoscenza della situazione processuale.78
Al fine di garantire l’imminente presenza del difensore, il legislatore ha previsto una serie di meccanismi volti ad assicurare all’imputato che sia sprovvisto del difensore di fiducia uno d’ufficio. La norma codicistica di riferimento è l’art. 97 c.p.: affinché possa designarsi un difensore d’ufficio è necessaria la mancanza di quello di fiducia o l’interruzione del precedente rapporto difensivo fiduciario. Il legislatore del 1988 ha conformato l’istituto della difesa d’ufficio a criteri che ne garantiscono l’effettività, laddove l’esperienza storica ha dimostrato che la crisi della difesa, ridotta a mero simulacro, è proprio crisi dell’effettività della difesa d’ufficio, ravvisando le anomalie proprio nella discrezionalità della nomina da parte del giudice o del pubblico ministero. Infatti, un tale criterio facilitava il rischio di trasformazione del difensore d’ufficio in difensore di fiducia d’ufficio. Fu proprio per questo motivo che la riforma dell’istituto della difesa d’ufficio ha previsto investiture automatiche tramite un atto puramente ricognitivo e, per altro verso, attraverso la predeterminazione di un ufficio centralizzato situato in ciascun distretto della Corte d’Appello di elenchi e tabelle dei difensori d’ufficio, attraverso criteri di nomina automatici, in base alle loro competenze, alla reperibilità e alla vicinanza alla sede del procedimento. E’ solo in questo modo che si consentirebbe di disporre di legali adeguatamente preparati nel settore penale, vista anche la verifica di idoneità a cui questi sono subordinati.79
La disciplina della difesa d’ufficio continua però a subire cambiamenti al fine di garantire un’ equiparazione con quella di fiducia. In particolare, il legislatore, con la legge del 21 marzo 2001, n. 60396 ha apportato una serie di modifiche alla difesa d’ufficio “con l’intento di “rafforzare l’effettività della difesa intervenendo sulla titolarità e sui criteri di formazione dell’elenco dei difensori d’ufficio, nonché sulle modalità di individuazione del legale”80. La ratio della creazione di queste nuove norme si è ispirata al rafforzamento del “diritto di difesa del cittadino, consentendo a chiunque di beneficiare di un difensore adeguato, serio, preparato e, non ultimo, presente”81.
La necessità di potersi difendere non può venire meno neanche quando l’indagato/imputato sia sprovvisto di mezzi economici necessari per predisporre un’adeguata difesa: l’effettività del suddetto diritto viene garantita attraverso l’istituto del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti sulla base dell’art. 98 c.p. ai sensi del quale “ sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”. Una Carta Costituzionale che sia effettivamente democratica non dovrebbe limitarsi solamente ad enucleare i diritti fondamentali del cittadino ma deve predisporre anche i mezzi al fine di garantire l’effettività di tali diritti. Tutto ciò “indusse alcuni componenti dell’assemblea Costituente, a proporre, durante la discussione del progetto di Costituzione redatto dalla Commissione dei Settantacinque, l’inserzione nel testo costituzionale di un articolo aggiuntivo (art. 100-bis) del seguente tenore : “lo Stato assicura, con una sua avvocatura, la difesa ai non abbienti, in ogni grado di giurisdizione”82.La possibilità di ricorrere al gratuito patrocinio spetta non solo ai cittadini italiani ma anche agli stranieri, anche se sottoposti a procedimento di espulsione, agli apolidi, ai residenti in Italia e non. Per quanto riguarda il significato di “non abbienza”, occorre precisare come il suddetto articolo non deve rimanere isolato tra i principi del diritto processuale, ma deve essere posto in relazione con altri precetti inseriti all’interno della Carta Costituzionale, tra cui gli artt. 38 e 3 comma 2 Cost., ricavando il carattere del tutto relativo di tale termine.83
4. E’ ammissibile un’autodifesa nel processo penale? Due episodi di cronaca giudiziaria
Il tema dell’obbligatoria presenza del difensore nel processo penale ha visto vicende drammatiche quali il rifiuto del difensore da parte delle Brigate Rosse nel processo iniziato il 17 Maggio 1976 davanti alla Corte d’Assise di Torino e culminato con l’omicidio di Fulvio Croce e il processo ai Nuclei Armati Proletari a Napoli. Il problema dell’autodifesa nasce quando l’imputato non provvede alla nomina di alcun difensore di fiducia o revoca quello d’ufficio designato, volendosi attribuire, oltre alle facoltà difensive che gli sono proprie, anche quelle spettanti al difensore o al difensore in unione con l’imputato.
Nel processo alle Brigate Rosse, gli imputati davanti alla Corte d’Assise di Torino tennero un atteggiamento di non collaborazione e rifiuto alla difesa volendo “ portare l’attacco al cuore dello Stato”, mettendo così in crisi l’amministrazione della giustizia. L’imputato si riteneva in grado di difendere da solo, proclamando la propria identità di rivoluzionario e di accusatore, dichiarando di accettare il processo in quanto gli serviva per sovvertire il regime: la contestazione del processo si risolveva in contestazione del sistema politico e giuridico di cui il processo è espressione. Lo stesso imputato riteneva che la mediazione dell’avvocato fosse tale da rompere, menomare e abbassare il suo tono.
In primo luogo, occorre domandarsi perché l’avvocato deve difendere chi lo rifiuta e perché ci si ostinava a voler in aula l’alter ego dell’imputato quando è chiaro che non vi era possibilità di dialogo, ma soprattutto quale rapporto sarebbe potuto derivare da avvocati derisi e minacciati dai propri assistiti. Nelle due vicende appena delineate venne meno ogni presupposto di un valido rapporto tra difensori e difesi, essendoci soltanto ostilità di questi ultimi nei confronti dei primi. Venne sollevata, ma senza successo, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 125 e 128 del codice abrogato contemplante la possibilità di un’autodifesa esclusiva nel caso di contravvenzione punita con ammenda non superiore a tremila lire o con l’arresto non superiore a un mese, anche se comminati congiuntamente): tale però non si finiva subito davanti alla Corte Costituzionale avendone i giudici a quibus dichiarato la manifesta infondatezza.
Tra gli argomenti a sostegno dell’autodifesa, uno dei più suggestivi faceva leva sull’art. 6 comma 3 lett. C della CEDU laddove la congiunzione “o” poteva condurre a ritenere che vi fosse alternatività tra le due forme di difesa, assicurando così all’imputato il diritto di avvalersi di una delle due forme difensive, al contrario di quanto previsto dalla Corte Costituzionale che prevede queste due facoltà come congiunte, presupponendo un rapporto collaborativo tra i due diversi aspetti della difesa: “”il nostro sistema si trova in una posizione più avanzata” rispetto alla previsione dell’art. 6, comma 3, lett. c) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, “perché assicura egualmente l’autodifesa e la difesa tecnica” sottintende (…) che lo scarto in melius del nostro sistema concerne sempre la posizione soggettiva dell’imputato, il quale nel processo penale italiano può, se crede, autodifendersi ed al tempo stesso farsi difendere da un difensore tecnico: non un’ alternativa, ma due facoltà congiunte ed articolate. Resta, viceversa, da domandarsi se il nostro sistema costituzionale debba ritenersi in posizione più avanzata rispetto alla Convenzione europea laddove impone, sotto la veste di una garanzia oggettiva, un difensore di ufficio anche all’imputato che lo rifiuti o intenda comunque autodifendersi in via esclusiva ed autonoma”.84
1In questo senso A. Di Maio, Le indagini difensive. Dal diritto di difesa al diritto di difendersi provando, edizione 2001; Cfr. P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989. Per una più approfondita distinzione tra modello inquisitorio e accusatorio si veda A. Gaito, Introduzione allo studio del diritto processuale penale alla luce dei principi costituzionali, in Procedura penale, (a cura di) O. Dominioni, P. Corso, A. Gaito, G. Spangher, N. Galantini, L. Filippi, G. Garuti, O. Mazza, G. Varraso, D. Vigoni, edizione 2018, p. 10, secondo cui “ nel processo inquisitorio emergeva, a significativa costante, la ricerca della verità reale quale principio etico di base; (…) si tratta certamente di una sovrastruttura ideologica dietro la quale si mascherava lo stato totalitario che, in nome della verità assoluta, voleva avere via libera nei processi onde poterne condizionare l’esito. Il rito accusatorio, di contro, qualifica già significativamente attraverso il connotato semantico le posizioni delle parti (accusatore-accusato) esprimendo l’esigenza (…) di prove prodotte dal pubblico ministero a supporto dell’accusa; ed appare impensabile che le prove possano essere ricercate dal giudice, la cui funzione è, e deve restare, quella di arbitrio imparziale che assicuri l’osservanza delle regole”.
2In questo senso P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989. In tale prospettiva, il giudice non figurava quale parte processuale dotata di imparzialità e terzietà. Cfr. A. Gaito, Introduzione allo studio del diritto processuale penale, in Procedura penale, edizione 2018 li definisce “ una sorta di “corredo deontologico” imprescindibile che deve assistere l’organo giudicante, già naturale e precostituito, fondando al contempo l’essenza stessa della giurisdizione”.
3Secondo P. Tesauro, “Il diritto di difesa e di assistenza tecnica nel nuovo procedimento di mediazione” luglio 2012, disponibile qui: https://www.mediazionediritto.unina.it “ l’istruzione sommaria (…) nasce da presupposto che l’istruzione sia affidata non al giudice ma (…) al Procuratore della Repubblica, per tutti quei casi che nella prassi sono definiti di scarsa complessità (…) L’interpretazione prevalente della giurisprudenza di merito e di legittimità è orientata all’incompatibilità oggettiva delle norme a tutela dell’esercizio del diritto di difesa rispetto all’istruzione sommaria che per la sua natura non può ammettere le garanzie previste per il difensore nel rito formale.” Si veda anche P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989; A. Di Maio, Le indagini difensive. Dal diritto di difesa al diritto di difendersi provando, edizione 2001.
4Si veda P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989.
5In questo senso P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989.
6Così P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989 secondo cui “ agli ordini professionali che unanimemente deplorano una scelta lesiva in pari modo dei diritti dell’imputato e del prestigio della professione forense, il ministro, tacendo, sul primo punto risponde che “ alla professione non può che derivare vantaggio morale dal fatto che, per sostituire un difensore, si ricorra all’opera di un magistrato”.
7Così, Cass. Sez. I, sentenza n. 6939, 11 novembre 1980.
8Secondo S. Tordelli, Giurisprudenza penale 2010. Guida ragionata per la prova scritta dell’esame di avvocato e magistrato ordinario, edizione 2010, “ negli anni Ottanta, ad esempio, ha suscitato vivaci dibattiti in dottrina la possibilità di configurare in capo al difensore un obbligo di concorrere a creare le condizioni di una sentenza “giusta”, a seguito di una pronuncia della Cassazione con la quale era stato affermato che il difensore di una persona imputata di un reato può rendersi responsabile del delitto di favoreggiamento nei confronti del suo patrocinatore se, assistendo alla ricognizione di un individuo fraudolentemente a quello sostituitosi, tace all’autorità di tale sostituzione.” Si veda anche G. Spangher, Trattato di procedura penale, edizione 2009, secondo cui “ nel passaggio dal sistema inquisitorio al processo accusatorio avviene, dunque, una metamorfosi: il difensore, in precedenza organo di giustizia “collaboratore del giudice” diviene soggetto garante del contraddittorio”. Sul ruolo difensore quale “collaboratore del giudice” si veda anche P. Corso, Sulla configurabilità di un obbligo del difensore di “concorrere a creare le condizioni di una sentenza giusta”, in Cass. Pen., 1982, p. 945.
9L’espressione è di A. Di Maio, Le indagini difensive, edizione 2001 ; Cfr. G. Pecorella, Il difensore nel nuovo processo penale, in AA.VV., Lezioni sul nuovo processo penale, edizione 1990.
10Sul punto A. Di Maio, Le indagini difensive, edizione 2001.
11In questo senso si veda A. Di Maio , Le indagini difensive, edizione 2001.
12Si veda P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989. A tal proposito Corte Cost., sentenza n. 52,16 giugno 1965; Corte Cost., sentenza n. 11, 19 febbraio 1965; Cfr. G. Conso, La “doppia” pronuncia della Corte Costituzionale sulle garanzie difensive nell’istruzione sommaria, in Costituzione e processo penale, Dodici anni di pagine sparse: 1936-1968, edizione 1969; E. Somma, Gli artt. 304-bis, ter e quater e 320 nell’istruzione sommaria, in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, pp. 881 ss. Secondo P. Tesauro, Il diritto di difesa e di assistenza tecnica nel nuovo procedimento di mediazione, luglio 2012, disponibile qui https://www.mediazionediritto.unina.it “ Nel 1965, la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità dell’art. 392, comma 1 del c.p.p. Del 1930, nella parte in cui prevede che “nell’istruzione sommaria si osservano le norme stabilite per l’istruzione formale in quanto sono applicabili” in riferimento agli artt. 304 bis, ter, quater, c.p.p. ( che riconoscono al difensore il diritto d’intervento alle perizie, agli esperimenti, alle ricognizioni e alle perquisizioni domiciliari, oltre al diritto alla cognizione degli atti relativi alle dette operazioni )”. Sul punto anche Corte Cost., sentenza n. 86, 5 luglio 1986; Corte Cost., sentenza n. 148, 3 dicembre 1969; Corte Cost., sentenza n. 149, 3 dicembre 1969.
13Così A. Di Maio, Le indagini difensive, edizione 2001.
14In questo senso P. FERRUA, voce Difesa (diritto di), edizione 1989. Per una più approfondita indagine sul punto si veda F. Cordero, Guida alla procedura penale, edizione 1986; G. Conso, Colloqui con l’imputato detenuto e diritto di difesa, in Arch. pen., edizione 1970; A. Giarda, Il regime carcerario dell’imputato in custodia preventiva, in V. Grevi (a cura di) Diritti dei detenuti e trattamento penitenziario, edizione 1981.
15L’espressione è di A. Di Maio, Le indagini difensive, edizione 2001.
16Durante la c.d. legislazione dell’emergenza il processo penale era un mezzo poliziesco di lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Successivamente, secondo A. Gaito, Introduzione allo studio del diritto processuale penale, in Procedura penale, edizione 2018, vi fu “ un ribaltamento delle prospettive, ma la verità è sempre l’obiettivo primario, nella ricerca e nell’elaborazione delle prove e nella dinamica del processo; guai se così non fosse, perché altrimenti la sorte di uomini e cose sarebbe rimessa unicamente alle maggiore o minore bravura di un avvocato o di un pubblico ministero”.
17L’espressione è di A. Di Maio, Le indagini difensive, edizione 2001.
18L’espressione è di P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989; In tal senso si veda anche O. Dominioni, Il nuovo sistema delle nullità, in E. Amodio – O. Dominioni – G. Galli, Nuove norme sul processo penale e sull’ordine pubblico. Le leggi dell’8 agosto 1977, edizione 1989; U. Dinacci, Le nullità processuali penali dopo la riforma del 1977, in Giust. Pen., edizione 1983.
19In questo senso E. Amodio, Il processo penale nella parabola dell’emergenza, in Cass. Pen., edizione 1983.
20A tal riguardo P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989. In questo senso si veda anche E. Amodio, Il processo penale nella parabola dell’emergenza, in Cass. Pen., edizione 1983.
21L‟espressione è di A. Di Maio, Le indagini difensive, edizione 1989. Secondo P. Corso, Le misure cautelari, in Procedura penale, (a cura di) O. Dominioni, P. Corso, A. Gaito, G. Spangher, N. Galantini, L. Filippi, G. Garuti, O. Mazza, G. Varraso, D. Vigoni, edizione 2018 “ il nomen iuris sottolinea come il legislatore ritenga di aver già operato a favore di un corretto provvedimento nel momento in cui ha privato il pubblico ministero del potere di adottare una misura cautelare ed ha affidato ad un giudice l’esame circa l’applicabilità delle misure. Presupposto del riesame è l’adozione della misura coercitiva (…)”. In materia di libertà personale, le principali innovazioni della legislazione del garantismo inquisitorio sono illustrate da M. Chiavario – P. Corso – P. Ferrua – E. Fortuna – G. Illuminati – E. Lemmo – G. Riccio, Tribunale della Libertà e garanzie individuali, (a cura di) V. Grevi, edizione 1983.
22Testualmente V. Grevi, Introduzione. Rifiuto del difensore e inviolabilità della difesa, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, con i contributi di M. Chiavario, V. Denti, C. Fiore, A. Giarda, A. Melchionda, J. Paroni Rumi, G. Pisapia. M. Scarpone, M. Siniscalco, G. Vassalli, in Giustizia penale oggi (coord. da) V. Grevi, edizione 1977 ; Cfr. F. Puglia, Manuale di procedura penale, edizione 1989; F. Saluto, Commenti al codice di procedura penale per il Regno d’Italia, vol. III, ed. II, edizione 1877.
23In questo senso V. Grevi, Introduzione. Rifiuto del difensore e inviolabilità della difesa, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977.
24L‟espressione è di V. Grevi, Introduzione. Rifiuto del difensore e inviolabilità della difesa, in V. Grevi Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977 secondo il quale gli studiosi di formazione liberale configuravano “ il difensore come “ mandatario della società nell’interesse della salvezza dell’innocenza (…) e su tale fondamento i era costituito in capo all’imputato “ l’obbligo di munirsi di un patrono, o di accettare quello che gli viene destinato (…) qualora egli si ostini a non volerlo eleggere a piacimento suo”: sicché devono condividersi le scelte operate dalla legge “la quale interdice si esaudisca mai la pazza voglia di non essere difeso”.
25Testualmente V. Grevi, Introduzione. Rifiuto del difensore e inviolabilità della difesa, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977.
26L‟espressione è di V. Grevi, Introduzione. Rifiuto del difensore e inviolabilità della difesa, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977; In questo senso A. De Marsico, La rappresentanza nel diritto processuale penale, edizione, 1915.
27L‟espressione è di G. Sabatini, Il diritto di difesa nel procedimento penale, in Primo corso di perfezionamento per uditori giudiziari. Conferenze, edizione 1958.
28Testualmente G. Bellavista, La difesa nell’istruzione penale, in Studi sul processo penale, vol. II, edizione 1960.
29In tal senso D. Curtotti Nappi, Difesa (diritto di), in Dig. Pen., edizione 2005, la quale definisce la difesa come “ esigenza primordiale di resistenza all’accusa (…) una delle due aspirazioni contrastanti che danno vita al processo penale rappresentandone un elemento imprescindibile oltre che un polo dialettico insostituibile. E’ il rovescio della pretesa punitiva dello Stato. E’ il contrappasso dell’accusa e, del resto, se in ogni processo vi è un’accusa, cioè un addebito, vi deve necessariamente essere una difesa che ne rappresenta la ragionevole contestazioni (…) E’ un diritto di libertà dell’imputato, volto ad ottenere il riconoscimento della sua innocenza ovvero a preservato da un trattamento ingiusto ed inadeguato”. In questi termini si veda anche O. Dominioni, Imputato, in Enc. dir., XX, edizione 1970; V. Manzini, Trattato di diritto processuale penale, edizione 1956; A. Dalia- M. Ferraioli, Manuale di diritto processuale penale, edizione 2003; G. Riccio, Autodifesa dell’imputato e Costituzione, in Giust. pen., edizione 1977.
30L‟espressione è di D. Curtotti Nappi, voce Difesa (diritto di), edizione 2005.
31Nonostante in passato autorevole dottrina riteneva che il precetto costituzionale tutelasse esclusivamente la difesa tecnica (in tal senso si rimanda a A. Pecoraro Albani, Mancata assistenza dell’imputato all’udienza e diritto di difesa (ovvero la tesi dei nuovi giudici), in Riv. it. dir. e proc. pen., edizione 1970) oggi la dottrina e la giurisprudenza ritengono che l‟art. 24 Cost. tuteli entrambi gli aspetti dell’attività difensiva. In tal senso G. Leone, Trattato di diritto processuale penale, I, edizione 1961; N. Carulli, La difesa dell’imputato, edizione 1981; con riferimento alla giurisprudenza costituzionale: Corte Cost., ord. n. 421, 18 dicembre 1997, in Giur. Cost., 1997; Corte Cost., sentenza n. 49810, novembre 1989.
32Così A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001.
33In argomento A. Baldassarre, Diritti inviolabili, in Enc. giur., XI, edizione 1989. Per un collegamento tra l‟art. 24 Cost. e l‟art. 2 Cost. si rimanda a U. Goldoni – R. Reali, Difesa: I) Difesa e autodifesa, in Enc. giur., X, edizione 1988.
34L‟espressione è di C. Pansini, “Diritto di difesa e struttura del processo” febbraio 2019, disponibile qui: http://www.dirittopenaleegiustizia.it
35Testualmente A. Giarda, La difesa tecnica dell’imputato, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977.
36In questo senso A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Parte generale, edizione 1990.
37Testualmente A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001.
38Si fa riferimento alla Corte Cost., sentenza n. 175, 14 luglio 1971.
39L‟espressione è di D. Curtotti Nappi, voce Difesa (diritto di), edizione 2005.
40L‟espressione è di D. Curtotti Nappi, voce Difesa (diritto di), edizione 2005. Secondo l’onorevole Tupini, Presidente della Prima Sottocommissione dell’Assembler Costituente, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, I, Roma, edizione 1971, si volle garantire “ con una norma chiara e assoluta” il diritto di difesa “ in tutti gli stati di giudizio e davanti qualunque magistratura”.
41In tal senso A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001. Per un ulteriore approfondimento si veda A. Carli Gardino, l diritto di difesa nell’istruttoria penale, edizione 1983.
42L‟argomento è stato sostenuto da A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001, secondo cui l’art. 24 comma 2 Cost. “ non lega ad un contesto dai parametri “fissi” la concretizzazione del diritto, ma, anzi, ne valorizza il potenziale espansivo, anche nell’ottica di dinamiche culturali attente alle esigenze di libertà morale della parte privata coinvolta dal processo; si tratta sotto tale profilo, di una tutela in progressione geometrica, tesa a sottolineare, in modo via via più incisivo, gli attributi della personalità legati ad un particolare settore dell’ordinamento”.
43L‟espressione è di A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001.
44Si veda G. Alpa, Il ruolo del difensore tra normativa interna e sovranazionale, in Dir. pen. giust., edizione 2012.
45L‟espressione è di G. Alpa, Il ruolo del difensore tra normativa interna e sovranazionale, in Dir. Pen. Giust. Edizione 2012.
46Testualmente A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001; R. Guariniello, Diritto di difesa e giudizi di valore (in margine al divieto d’opposizione alla costituzione di parte civile nell’istruzione pretorile), in Giur. Cost., edizione 1968. Distinguendo tra le due categorie di libertà, A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, edizione 1997, osserva come ogni “ libertà contiene una miscela di aspetti dell’una e dell’altra dimensione, nel senso che, di solito (esse) presenta(no) tanto momenti di definizione in relazione al non-impedimento, cioè al fatto che non (sono) determinate dall’esterno, quanto profili definitori in relazione (…) alla capacità di autodeterminazione del singolo”.
47L‟espressione è di A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001; In tal senso A. Baldassarre, Diritti inviolabili, edizione 1977; G. Amato, Art. 14 Cost. in Commentario alla Costituzione. I rapporti civili, (a cura di) G. Branca, edizione 1977; Contra , A. Pace, Art. 15 Cost., in Commentario alla Costituzione. I rapporti civili, (a cura di) G. Branca, edizione 1977.
48Testualmente A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001; In tal senso A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, edizione 1989.
49Per una disamina più approfondita merita di essere segnalato A. Giarda, Diritti dell’uomo e processo penale italiano: un bilancio e prospettive operative, in Riv. it. dir. proc. pen., edizione 1981; F. Matscher, La tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo a livello nazionale ed internazionale, in Riv. it. dir. proc. Pen., edizione 1989; G. Gregori, La tutela europea dei diritti dell’uomo, edizione 1979; M. Scalabrino, La tutela dei diritti dell’uomo nella sua evoluzione storico- giuridica, in AA. VV., La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’applicazione giurisprudenziale in Italia, (a cura di) G. Biscottini, edizione 1981.
50L‟espressione è di C. Cocuzza, “ Il ruolo dell’avvocato: il quadro di riferimento costituzionale italiano ed europeo, aprile 2018 disponibile qui: https://www.ordineavvocatimilano.it.
51Per un ulteriore approfondimento sulla contrapposizione tra la difesa come diritto individuale dell’imputato e come garanzia oggettiva per lo svolgimento corretto del processo si veda quanto efficacemente sostenuto da V. Denti, La difesa come diritto e come garanzia, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977 ; Cfr. A. Giarda, La difesa tecnica dell’imputato, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977; V. Grevi, Introduzione. Rifiuto del difensore e inviolabilità della difesa, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977; A. Carli Gardino, Il diritto di difesa nell’istruttoria penale, edizione 1983 ; G. Ubertis, Giusto processo e contraddittorio in ambito penale, in Dir. proc. Pen., edizione 2003.
52L‟espressione è di P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989; Cfr. F. Cordero, Procedura penale, edizione 1987.
53Testualmente D. Curtotti Nappi, Difesa (diritto di), edizione 2005.
54L‟espressione è di P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989.
55L‟espressione è di P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989.
56Testualmente A. Scalfati, Ricerca della prova e immunità difensive, edizione 2001. In questi termini si veda anche G. Conso, Considerazioni in tema di contraddittorio nel processo penale italiano, edizione 1966; G. Leone, Manuale di diritto processuale penale, edizione 1985.
57L‟argomento è stato sostenuto da V. Denti, La difesa come diritto e come garanzia, in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977.
58A tal proposito P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989 evidenzia come “nei sistemi inquisitori la presenza del difensore può ridursi ad una pure finzione, ad un alibi per coprire l’esclusione dell’imputato dalla scena processuale, e nelle forme più aberranti persino a strumento di cui si serve il giudice per sollecitare la confessione dell’inquisito; ma raramente il sacrificio delle garanzie individuali è così radicale, così simbolico da sopprimere anche il diritto all’assistenza tecnica (…) Essa resta un segno di per sé incerto, che non qualifica ma è qualificato dalla struttura in cui s’inscrive: come un assetto fortemente inquisitorio può tollerare ed anzi sfruttare in chiave di alibi la figura del difensore, così è proprio negli archetipi di un modello accusatorio fondato sulla diretta gestione dell’accusa da parte dell’offeso dal reato che potrebbe instaurarsi direttamente il contraddittorio tra costui e l’imputato senza l’interposizione di giurisperiti (…)”.
59Così, Corte Cost., sentenza n. 125, 10 ottobre 1979.
60Così, Corte Cost., sentenza n. 46, 8 marzo 1957.
61Così, Corte Cost., sentenza n. 125, 10 ottobre 1979.
62Così, Corte Cost., sentenza n. 188, 22 dicembre 1980.
63Così, Corte Cost., sentenza n. 188, 22 dicembre 1980.
64Così, Corte Cost., sentenza n. 188, 22 dicembre 1980.
65Per P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989 secondo il quale “la figura del difensore (…) è sempre quella di un antagonista dell’accusatore, chiamato a servire l’interesse particolare dell’imputato che lo ha liberamente eletto e la cui volontà va sempre rispettata, anche nella scelta della strategia difensiva. E‟ solo nel quadro di questo doppio rapporto di antagonismo con l’accusatore e di tutela dell’imputato che, senza ambiguità, si può insistere sul carattere pubblicistico della funzione difensiva. Proprio sostenendo unilateralmente le ragioni del suo assistito e quindi garantendo il contraddittorio della parte dell’imputato (…) il difensore serve anche l’interesse della collettività al corretto svolgimento del processo”.
66L‟espressione è di M. Chiavario, Processo e garanzie della persona, edizione 1984.
67In questo senso V. Grevi, Introduzione. Rifiuto del difensore e inviolabilità della difesa , in V. Grevi, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977.
68Si veda P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989.
69In tal senso G. Giostra, voce Contraddittorio (principio di) II) Diritto processuale penale, in Enc. giur. Treccani, vol. VIII, edizione 2001 ; G. Di Chiara, L’imputato e il diritto di difesa, edizione 2003.
70Così F. R. Dinacci, Processo penale e Costituzione, edizione 2010.
71L‟argomento è stato sviluppato da D. Curtotti Nappi, Difesa, (diritto di), edizione 2005.
72Testualmente G. Spangher, Trattato di procedura penale, edizione 2009; Cfr. A. Cristiani, voce Difensore (dir. proc. Pen.), edizione 1960; P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989.
73In tal senso A. Caracci, Difensore di fiducia e latitante, edizione 2014. Richiamano, invece, il rapporto che si instaura tra difensore e cliente si veda P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), edizione 1989 ; A. Cristiani, voce Difensore (dir. proc. pen.), in Noviss. Dig. it., edizione 1960.
74L‟espressione è di A. Caracci, Difensore di fiducia e latitante, edizione 2014.
75In questo senso A. Caracci, Difensore di fiducia e latitante, edizione 2014.
76Si veda A. Caracci, Difensore di fiducia e latitante, edizione 2014.
77Così G. Spangher, Trattato di procedura penale, edizione 2009.
78In questo senso A. Caracci, Difensore di fiducia e latitante, edizione 2014.
79Testualmente D. Curtotti Nappi, Difesa (diritto di), edizione 2005.
80L‟espressione è di D. Curtotti Nappi, Difesa (diritto di), edizione 2005. Si veda anche C. Pansini, La “rinnovata” difesa d’ufficio, edizione 2001; E. Randazzo, Un altro passo avanti dei principi costituzionali, in Giuda dir., edizione 2001.
81Testualmente A. Dinelli, La nuova difesa d’ufficio, Manuale operativo, edizione 2015.
82L‟argomento è stato sostenuto da P. Sechi, Il patrocinio dei non abbienti nei procedimenti penali, edizione 2006.
83In questo senso P. Sechi, Il patrocinio dei non abbienti nei procedimenti penali, edizione 2006.
84L‟argomento è stato sostenuto da A. Giarda, La difesa tecnica dell’imputato, in V. GREVI, Il problema dell’autodifesa nel processo penale, edizione 1977.
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