Il discrimen che intercorre tra il reato di ricettazione e quello dell’incauto acquisto

Il discrimen che intercorre tra il reato di ricettazione e quello dell’incauto acquisto

Con questo contributo giuridico voglio delineare le differenze che intercorrono tra il reato di ricettazione e quello dell’incauto acquisto. L’art. 648 c.p. prevede al primo comma “fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329 […].

Tale reato trova il proprio fondamento nella tutela del patrimonio del singolo. Difatti il bene giuridico tutelato consiste solamente nell’interesse patrimoniale della persona offesa.

Il reato di ricettazione è un reato comune che può essere commesso da chiunque tranne che dal concorrente presupposto; a tal fine si rileva che la clausola di riserva dell’art. 648 c.p. esclude dalla cerchia dei soggetti attivi il concorrente nel reato presupposto, nei cui confronti la condotta di ricettazione costituisce un post factum non punibile.

La ricettazione, trattandosi di delitto, può essere commessa soltanto da chi abbia la consapevolezza della provenienza delittuosa del bene. Essa è punibile a titolo di dolo e tutt’al più occorre che il soggetto agente agisca col fine di trarre profitto (dolo specifico). Dunque, la Giurisprudenza maggioritaria ritiene che in tale reato è necessario un elemento rappresentativo e volitivo maggiore del mero sospetto circa l’illegittima provenienza.

La ricettazione a differenza dell’incauto acquisto è un reato molto più grave in quanto per la sua configurazione è necessaria una partecipazione psicologica ben più intensa rispetto all’incauto acquisto, il quale è una contravvenzione, ovvero un reato minore che è punito con una pena più blanda ed è suscettibile di cadere presto in prescrizione.

L’art. 712 c.p. stabilisce al primo comma “chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che per la loro qualità o per la condizione di chi le offre per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con  l’ammenda non inferiore a euro 10”.

Ai fini della configurabilità della contravvenzione, non è necessario che chi acquista abbia effettivamente nutrito dubbi sulla provenienza della merce ma è necessario che l’acquisto avvenga in condizioni che oggettivamente avrebbero dovuto destare sospetto, si pensi ad esempio ad una pochette firmata comprata su una bancarella ad un minor costo.

Perché si possano considerare integrati gli elementi costitutivi dell’art. 712 c.p. è sufficiente che per le circostanze oggettive della vendita o delle caratteristiche del bene, il sospetto circa la provenienza illecita sorga in capo all’uomo, utilizzando come modello di riferimento una persona di media avvedutezza.

A differenza dell’incauto acquisto nessuno può essere condannato per ricettazione se non viene dimostrato il dolo ovvero la consapevolezza che il bene acquistato sia di provenienza illecita.

Il reato di ricettazione non si configura quando sussistono delle circostanze che fanno intuire la buona fede di chi acquista e quindi l’assenza di dolo. Con la sentenza n. 41448/2018 la Corte di Cassazione Penale ha affermato che non sussiste il dolo tipico della ricettazione quando vi siano elementi che facciano pensare alla volontà assolutamente trasparente dell’acquirente di comprare un bene in piena legalità (si pensi a quando si acquista da Amazon, Ebay che sono siti online affidabili) e dalle diverse modalità pagamento.

Ancora la Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 53017/2016 ha affermato che ai fini della configurabilità di tale reato, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e dunque anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto attivo. Difatti è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede ai fini della consapevolezza circa la provenienza illecita della cosa, l’accertamento necessario sulle modalità acquisitive della stessa.

Dunque nella ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita che si può desumere anche dalla qualità delle cose, ovvero dalle condizioni del venditore o del prezzo del bene acquistato.

Cosa distingue il reato di ricettazione dalla contravvenzione dell’incauto acquisto?

La prima differenza importante trova il suo fulcro nell’elemento soggettivo, ovvero, nell’incauto acquisto è fondamentale che ci sia la colpa. In quest’ultima fattispecie incriminatrice il mancato accertamento della provenienza è di natura colposa. La condotta consiste nel procurarsi, mediante l’acquisto, res che per le condizioni alle quali sono offerte o per la qualità delle medesime si sospetta che possano provenire da reato.

Dunque, mentre per il reato di ricettazione occorre la consapevolezza ed il convincimento che il soggetto agente abbia accettato il rischio della provenienza illecita della cosa, per l’incauto acquisto è necessaria la colpa ovvero chi acquista un bene di provenienza illecita deve credere che si tratta di un semplice affare e quindi l’incauto acquisto punisce la negligenza dell’acquirente che avrebbe dovuto avere sospetto circa la provenienza illecita della cosa.

 

 

 

 

 


Art. 648 codice penale – Ricettazione – Brocardi.it
Art. 712 codice penale – Acquisto di cose di sospetta provenienza – Brocardi.it

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