Il discrimen tra il reato di diffamazione, l’ingiuria ed il reato di calunnia
Con questo contributo giuridico si vogliono delineare le differenze che intercorrono tra il reato di diffamazione, l’ingiuria (prima era un reato ma è stato depenalizzato con il d.lgs n.7/2016) e la calunnia.
L’art. 595 c.p. dispone che “chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro”.
Il bene giuridico oggetto di tutela è la reputazione della persona offesa. La reputazione si deve intendere come “il senso della dignità personale nell’opinione degli altri” (Cass. Sez. Pen. Sentenza n. 3247/1995). L’offesa alla reputazione che integra gli estremi della fattispecie di tale reato, non riguarda soltanto l’ambito personale ma può consistere anche in un’aggressione alla sfera del decoro professionale.
Per la configurazione di tale reato è necessaria l’assenza della persona offesa, ovvero l’impossibilità della medesima di percepire direttamente l’offesa della reputazione. Altro elemento indispensabile è l’offesa alla reputazione ed infine la presenza di almeno due persone che siano in grado di percepire le parole diffamatorie, ma, sono esclusi, ovviamente, il soggetto agente e la persona offesa.
Occorre rilevare, altresì, che la Giurisprudenza ritiene che si configura il reato di diffamazione anche quando l’offesa sia comunicata ad una persona sola ma è indispensabile che quest’ultima la comunichi ad altre.
Quindi l’art. 595 c.p. punisce la condotta del soggetto agente che si deve concretizzare in una comunicazione (che si può realizzare con qualsiasi mezzo ed in qualunque modo) ad almeno due persone, circa l’offesa alla reputazione di un terzo.
Pertanto il soggetto agente può ricorrere all’utilizzo di scritti, disegni, parole, fotografie ma può inserire il messaggio diffamatorio anche in un sito internet per sua natura destinato ad essere visitato in tempi ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti, ad esempio in un giornale telematico oppure su facebook.
La condotta è scriminata soltanto in caso di esercizio del diritto di cronaca, critica e satira, quando è attuata nei limiti della verità, continenza e pertinenza.
L’elemento soggettivo è costituito dal dolo generico e cioè è sufficiente che il soggetto agente abbia avuto una condotta offensiva con coscienza e volontà, accompagnate dalla consapevolezza del loro carattere lesivo. Di conseguenza non essendo rilevante il dolo specifico non occorre in capo al soggetto agente l’animus diffamandi ed ai fini della consumazione del reato di diffamazione non rilevano l’intenzionalità o i fini perseguiti.
Ciò che accomuna la diffamazione e l’ingiuria è che entrambe intaccano l’onore ed il rispetto di una persona con la differenza che se le offese sono rivolte direttamente alla vittima si parla di ingiuria. Quest’ultima era un reato ma dal momento in cui è stata depenalizzata nel 2016 è solo un illecito civile ed è possibile chiedere soltanto un risarcimento danni in sede civile.
La diffamazione, a differenza, dell’ingiuria, scatta in assenza del destinatario delle offese ed in presenza di almeno due persone. Si configura tale reato anche quando si parla con più persone in momenti diversi tra di loro.
Dunque l’ingiuria si realizza quando una persona offende un’altra in presenza di quest’ultima, mentre, si consuma il reato di diffamazione quando una persona offende un’altra in assenza della stessa e davanti ad altre almeno due persone. Non è necessario che quest’ultime siano presenti nello stesso momento. Non c’è diffamazione quando l’offesa è la reazione ad un’altra offesa ricevuta.
Il reato di calunnia, invece, si configura quando una persona accusa un’altra di un reato dinanzi a una Pubblica Autorità pur sapendo che quest’ultima è innocente. È necessario agire in malafede.
Tale reato è disciplinato dall’art. 368 c.p. il quale prevede “chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato è punito con la reclusione da due a sei anni”.
Il reato di calunnia è più grave rispetto al reato di diffamazione in quanto quest’ultimo è procedibile a querela della persona offesa, mentre il reato di calunnia è un reato procedibile d’ufficio per cui non è richiesto che la vittima sporga querela.
Tuttavia, chi subisce una calunnia può portare il fatto all’attenzione dell’autorità giudiziaria facendo una denuncia- querela.
Affinché ci sia il reato di calunnia è necessario che vi sia la incolpazione nei confronti di un soggetto che il calunniatore sa che è innocente.
Sebbene nel linguaggio comune diffamazione, ingiuria e calunnia possono sembrare che rientrano in un unico alveo caratterizzato dagli stessi elementi costitutivi, così non è.
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