Il dissesto finanziario degli enti locali e le procedure azionabili dai creditori per il recupero dei crediti
Il dissesto finanziario degli enti locali è uno strumento finanziario che trova espressa regolamentazione nel Titolo VIII, Parte II, artt. 244 e ss. del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), emanato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In particolare, l’art. 244 stabilisce che si verifichi il dissesto finanziario ogniqualvolta l’ente locale non possa garantire l’assolvimento delle proprie funzioni, nonché l’erogazione dei servizi indispensabili, o quando esistano, nei confronti dell’ente, crediti liquidi ed esigibili a cui lo stesso non possa fare validamente fronte con le modalità ex art. 193 (riequilibrio del bilancio), ovvero con le modalità ex art. 194 (debito fuori bilancio).
Ovviamente, com’è noto, l’ente locale non può essere dichiarato fallito, ragion per cui si procede ad una separazione netta tra la gestione precedente – affidata ad un apposito organo, Organo Straordinario di Liquidazione (OSL), chiamato ad accertare la massa attiva e passiva, gestire le insolvenze, oneri pregressi e col compito di redigere un piano di estinzione dei debiti con lo scopo di azzerare il deficit finanziario[1] – e la nuova gestione.
La procedura di dissesto degli enti locali prevede che tutte le posizioni debbano essere definite entro 5 anni dall’apertura del dissesto[2].
L’OSL riceve l’incarico tramite un decreto del Presidente della Repubblica. Entro il termine di tre mesi dalla data di emanazione del D.P.R. di nomina dell’OSL, il Consiglio dell’ente è tenuto a deliberare e presentare al Ministro dell’Interno, una ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato [3] (circolare F.L. 3/2008).
La manovra di riequilibrio adottata con l’ipotesi di bilancio deve consolidarsi negli esercizi successivi, in modo da assicurare all’ente un equilibrio stabile e strutturale, evitando il ripetersi di situazioni debitorie o di disavanzo – proprio per tale necessità di consolidamento la previsione di cui sopra del risanamento in cinque anni decorrenti da quello per il quale viene approvata l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
La dichiarazione di dissesto comporta per l’ente, sino alla data di approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, delle conseguenze. L’art 251 TUEL prevede infatti:
– limiti alla contrazione nuovi mutui, (con alcune eccezioni relative ai mutui con oneri a carico dello Stato o delle regioni, nonché mutui per la copertura di spese di investimento strettamente funzionali alla realizzazione di interventi finanziati con risorse provenienti dall’UE o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati) (art. 249);
– limiti all’impegno delle somme previste nell’ultimo bilancio approvato con riferimento all’esercizio in corso: i pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi (art. 250);
– l’aumento, nella misura massima consentita dalla legge, delle aliquote e delle tariffe di base delle imposte e tasse locali, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani; la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni.
È evidente che tale dichiarazione produca, altresì, conseguenze nei confronti dei terzi creditori. I creditori, infatti, vengono a trovarsi in una posizione di apparente immobilità, non potendo intraprendere o proseguire azioni esecutive per i debiti che rientrano ormai nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione – circostanza a cui si aggiunge l’impossibilità per i debiti insoluti di produrre rivalutazione monetaria e interessi di qualsiasi natura, con conseguente cristallizzazione del credito.
Non a caso, infatti l’art. 248, commi 2 a 4, TUEL stabilisce che “2. Dalla data di dichiarazione del dissesto e fino all’approvazione del rendiconto dell’organo di liquidazione non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese. 3. I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’ente e le finalità di legge. 4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256, i debiti insoluti al momento della liquidazione e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.”
E allora come recuperare i crediti verso i Comuni in dissesto finanziario e che siano di competenza dell’OSL?
Una volta nominato, l’OSL si occuperà di effettuare, innanzitutto, la ricognizione degli insoluti dell’ente, al fine di stabilire l’entità della “massa passiva”.
La competenza dell’OSL viene fissata dall’art. 252 co. 4 TUEL, da cui si evince che l’OSL è competente relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello relativo alla predisposizione di un bilancio riequilibrato. Al fine di verificare se un credito sia o meno di competenza dell’OSL, non basta verificare che il credito sia sorto anteriormente alla decorrenza della dichiarazione del dissesto, ma è necessario altresì che il fatto di gestione abbia, in concreto, determinato una manifestazione economica (e cioè, un costo), con conseguente arricchimento o depauperamento patrimoniale.
Sempre al fine di determinare la competenza dell’OSL, appare opportuno richiamare l’intervento normativo operato dall’art. 5, co. 2, DL n. 80/2004, il quale ha modificato l’art. 254 TUEL inerente alla “rilevazione della massa passiva”, includendo nella massa passiva (anche) tutti quei debiti di bilancio e fuori bilancio correlati a fatti ed atti di gestione verificatisi prima della decorrenza della dichiarazione di dissesto, pur se accertati successivamente a tale data, ma non oltre la data di approvazione del rendiconto della gestione.
Il creditore che vanti un credito di competenza dell’OSL può presentare un’istanza di ammissione alla massa passiva dell’ente locale in stato di dissesto al fine di recuperare il credito da lui vantato.
Le procedure di liquidazione dei creditori, nel caso de quo, sono due: una Ordinaria e una Semplificata.
La procedura Ordinaria prevede che l’OSL disponga il pagamento dell’intero debito, ma solo a seguito dell’ accertamento della sussistenza dei crediti. Per portare a termine tali indagini possono trascorrere anche 5 anni.
Ai sensi dell’art. 256, co. 12 TUEL, “nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell’ente, il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato. Tra le misure straordinarie è data la possibilità all’ente di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’art. 243 bis.”
La procedura Semplificata, ex art. 258 TUEL, consente di definire transattivamente le pretese creditorie in tempi più brevi (circa 12 mesi), offrendo in pagamento una somma variabile tra il 40% e il 60% del debito, in relazione all’anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell’accettazione della transazione. A tal fine, entro sei mesi dalla data di conseguita disponibilità del mutuo di cui all’art. 255, co. 2,[4] propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a 30 giorni. Ricevuta l’accettazione, l’OSL provvede al pagamento nei trenta giorni successivi.
Ovviamente, la procedura semplificata, stante la riduzione del credito, si traduce per molte aziende in una perdita netta, soprattutto dove i margini dell’attività svolta erano minimi e le spese sono ormai state sostenute in via anticipata da anni.
Per tale motivo, il creditore è libero di accettare o meno l’offerta ricevuta dell’OSL. In caso di rifiuto dell’offerta, il credito rimane “vivo” e il creditore potrà agire per il recupero dell’intero una volta terminata la procedura di dissesto.
Data la tempistica sopra accennata, una soluzione agevolmente praticabile – e sempre a patto che il creditore abbia rapporti con l’ente locale – è la compensazione dei crediti, non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti di quella Pubblica Amministrazione.
A tal fine, è necessaria la certificazione dei crediti, ovvero l’attestazione dell’esistenza, dell’ammontare e della certezza, liquidità ed esigibilità dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione (quali Enti territoriali locali, Ministeri, società pubbliche, ASL, Autorità, etc.) – procedura facilmente azionabile per mezzo di una piattaforma appositamente predisposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria Generale dello Stato (http://certificazionecrediti.mef.gov.it), totalmente gratuita.
Tale normativa in materia di dissesto degli enti locali è stata ritenuta dalla CEDU incongrua e non rispettosa dei diritti umani. Non a caso, la Corte di Giustizia Europea ha statuito con la sentenza emessa nel ricorso n. 43780/2004 che “l’avvio della procedura di dissesto finanziario a carico di un ente locale e la nomina di un organo straordinario liquidatore, nonché il successivo d.l. n. 80/2004 che impediva i pagamenti delle somme dovute fino al riequilibrio del bilancio dell’ente, non giustificano il mancato pagamento dei debiti accertati in sede giudiziaria, poiché lesive dei principi in materia di protezione della proprietà e di accesso alla giustizia riconosciuti dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ne consegue l’obbligo per lo Stato di appartenenza di pagare le somme dovute dagli enti locali nei termini e secondo le modalità prescritte dalla convenzione”. Prosegue ancora la CGE scrivendo che ”si deve entrare quindi nel concetto rammentato dalla CEDU secondo cui un «credito» può costituire un «bene» ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 se è sufficientemente accertato per essere esigibile”.
Per quanto appena esposto, è evidente che anche la CEDU abbia predisposto degli strumenti che consentano di tutelare i creditori degli enti locali. Infatti, per ottenere il recupero dell’intero credito, è possibile altresì adire la CEDU per ottenere dallo Stato Italiano il pagamento integrale del proprio credito, degli interessi e del danno non patrimoniale, presentando ricorso non oltre sei mesi dall’approvazione del piano straordinario di liquidazione.[5]
Appare opportuno evidenziare che, recentemente, il Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 3211/2021 ha dovuto prendere atto che quella vecchia sentenza della CEDU non può essere ignorata: “Se può essere opinato che il combinato disposto dell’art. 252 comma 4 del d.lgs. 267 del 2000, nonché dell’art. 5 comma 2 del d.l. 80 del 2004 convertito nella l. 140 del 2004 ha il ruolo di porre sul piede di parità i creditori e anche ciò ha un rilievo costituzionale, va anche richiamato il fatto che la CEDU ha rammentato che un credito può costituire un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea sui diritti dell’Uomo.”
Infine, per completezza espositiva, appare opportuno precisare che, in ipotesi di dissesto finanziario degli enti, non è possibile procedere col giudizio di ottemperanza al fine di preservare la par condicio creditorum.
Pertanto, in caso di inerzia, ingiustificati ritardi, negligenza dell’OSL nella gestione del dissesto, l’art. 254 TUEL prevede che “possa essere disposta la sostituzione di tutti o parte dei componenti dell’organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il Ministro dell’interno, previo parere della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati, propone al Presidente della Repubblica l’adozione del provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell’interno stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico dei commissari sostituiti”.
[1] A tal fine, appare opportuno precisare che, a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/2001, a partire dall’8/11/2001 gli enti che dichiarano il dissesto, non potendo più beneficiare dei mutui con oneri a carico dello Stato per il risanamento, devono preoccuparsi anche di reperire le risorse da destinare al finanziamento della situazione debitoria pregressa, posto interamente a loro carico.
[2] Purtroppo, però, nella prassi non di rado accade che dopo una prima procedura di dissesto l’ente è tornato in bonus, per poi ricadere in dissesto dopo pochi mesi, aprendo una nuova procedura di ulteriori 5 anni, con la conseguente mortificazione delle aspettative di coloro che devono essere pagati – come è avvenuto nel caso del Comune di Benevento.
[3] Ai sensi dell’art. 246, co. 4 TUEL, se al momento della dichiarazione del dissesto è già stato approvato il bilancio di previsione, gli adempimenti e i termini iniziali, previsti per il Consiglio comunale, sono differiti al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto. Pertanto, nel caso in cui la nomina dell’O.S.L. avvenga nell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio, i tre mesi per presentare la relativa documentazione ex art. 259, co.1 TUEL, si calcolano dal 1° gennaio successivo; ugualmente il termine di trenta giorni per la deliberazione delle imposte e tasse nella misura massima, ex art. 251, co. 1 TUEL, viene posposto al 31 gennaio dell’anno di riferimento dell’ipotesi di bilancio.
Il temine di tre mesi è perentorio e il mancato rispetto è considerato grave violazione di legge e, come tale, sanzionato con lo scioglimento del Consiglio comunale.
Nell’ipotesi in cui, invece, alla data della dichiarazione del dissesto, non sia stato ancora validamente approvato il bilancio di previsione per l’esercizio in corso, l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato dovrà riferirsi all’esercizio finanziario in corso. In tal caso, a seguito della dichiarazione del dissesto, e sino all’emanazione del decreto di approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio.
[4] art. 255, co. 2: “Per il risanamento dell’ente locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall’organo straordinario di liquidazione, in nome e per conto dell’ente, in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell’interno.”
[5] Difatti, con la Sentenza “De Luca contro Italia” del 2013, la CEDU ha affermato che il cittadino o l’impresa vittima del meccanismo previsto dalla legge sul dissesto degli enti locali, abbia diritto ad ottenere dallo Stato Italiano il pagamento integrale del proprio credito, degli interessi e del danno non patrimoniale.
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Mariana Di Martino
Avvocato - Diritto civile
Laureata in Giurisprudenza - Università degli Studi di Napoli Federico II
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