Il dovere di colleganza
Il Dovere di colleganza può definirsi come quell’insieme di regole di lealtà, correttezza e trasparenza, che un Avvocato è tenuto ad osservare nei confronti dei proprio Colleghi, pena l’irrogazione di sanzioni disciplinari così come previste dal Codice Deontologico.
Una applicazione di tali doveri si traduce nel divieto dell’Avvocato di contattare direttamente la controparte, senza l’intermediazione del proprio difensore. Ciò al fine di tutelare precipuamente l’interesse della controparte stessa, che si presume inabile a gestire in autonomia i propri interessi nell’ambito di un contenzioso giudiziale o stragiudiziale, a causa della mancata conoscenza di norme e tecnicismi che invece si congettura debba possedere il suo difensore legale.
In particolare, l’art. 27 del Codice Deontologico stabilisce che «l’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la controparte che sia assistita da altro legale. II. Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o intimare messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza può essere indirizzata direttamente alla controparte, sempre peraltro inviandone copia per conoscenza al legale avversario. III. Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che accetti di ricevere la controparte, sapendo che essa è assistita da un collega, senza informare quest’ultimo e ottenerne il consenso».
Con più statuizioni il Consiglio Nazionale Forense, in merito a tale norma, ha in concreto affermato che costituisce violazione dell’art. 27 del Codice la condotta dell’Avvocato che contatti direttamente controparte, senza la necessaria intermediazione del proprio difensore, per la stipula di un accordo transattivo.
Anche tale norma tuttavia ammette delle eccezioni: si pensi a una lettera di messa in mora, ovvero ad un atto interruttivo della prescrizione e/o decadenza. Occorre dunque andare a scandagliare.
Da quanto sopra detto si evince come si assista all’applicazione concreta del dettato codicistico ogniqualvolta l’effetto che derivi dal contatto diretto Avvocato-cliente di controparte sia suscettibile di riverberarsi in maniera deteriore ed indefettibile sugli interessi del secondo, e non laddove ciò sia utile al fine di tutelare in maniera unilaterale gli interessi del soggetto assistito, attraverso una attività che potrebbe definirsi passiva o “non recettizia” da parte del cliente ex adverso.
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Avv. Claudio Tarulli
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