Il “famoso” comma V dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990
Entrando immediatamente nel cuore della questione, nel sistema sanzionatorio italiani vige la differenza tra droghe leggere e droghe pesanti.
L’iter normativo da cui discendere è quello datato 12 Febbraio 2017 quando, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa sugli stupefacenti compresa tra l’anno 2006 al marzo 2013. Infatti prima della pronuncia della Consulta la Legge Fini-Giovanardi aveva eliminato la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti.
Dopo l’illegittimità si è quindi tornati alla vecchia legge in vigore fino al 27 febbraio 2006 che distingueva appunto tra droghe leggere quali hashish, marijuana e droghe pensanti come eroina, cocaina…
Precisamente, l’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (Test Unico stupefacenti) «prevede un trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le cosiddette “droghe leggere“.
Infatti le droghe leggere sono punite con la pena della reclusione da due a sei anni, viceversa, la legge stabilisce sanzioni più severe per i reati concernenti le cosiddette “droghe pesanti” puniti con la pena della reclusione da otto a venti anni.
Il legislatore ha però previsto una particolare la fattispecie di cui al comma V dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, il quale recita “ Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329. 5-bis.”
Il rinomato comma V prevede non più una circostanza attenuante, ma – sia per le droghe pesanti che per quelle leggere punite indifferentemente – un reato autonomo che sanziona i fatti previsti dall’art. 73 i quali però siano di lieve entità.
Orbene, posto che permane l’assenza di indicazioni da parte del legislatore sul tema, i Giudici caso per caso, ricostruiscono in via interpretativa i parametri attraverso cui poter demarcare il perimetro delle condotte, i mezzi, le modalità, le circostanze del caso concreto, la qualità e quantità delle sostanze trattate, per poterle qualificare come “lievi”.
Secondo un consolidato indirizzo della Suprema Corte “ai fini della concedibilità della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice, quando il quantitativo della droga sia rilevante ma non imponente, deve procedere ad una valutazione globale ed onnicomprensiva di tutti gli elementi indicati dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione illecita, nonché la qualità e quantità delle sostanze” (Sez. VI, 17 gennaio 2013, n. 9723, Serafino); sicchè la circostanza “è esclusa nel caso in cui il dato ponderale e qualitativo della sostanza superi una soglia ragionevole di valore economico, non rilevando in senso contrario eventuali circostanze favorevoli all’imputato” (Sez. IV, 27 maggio 2010, n. 31663, Ahmetaj).
Peraltro, è stato affermato dalla recente giurisprudenza che la figura del comma V “si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonchè di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore – tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente – a dosi conteggiate a “decine“.
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Walter Domenico Casciello
Dott Walter Domenico CascielloVincitore del Bando " Tiroconio presso un ufficio giudiziario "Collaboratore presso lo studio legale Diaz Pagano
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