Il fenomeno delle società a partecipazione pubblica: società in house e società miste. La rilevanza della partecipazione privata

Il fenomeno delle società a partecipazione pubblica: società in house e società miste. La rilevanza della partecipazione privata

Il fenomeno delle società a partecipazione pubblica si innesta nel più ampio contesto dell’esercizio privato di pubbliche funzioni, il quale si verifica nei casi in cui un’attività di diritto pubblico è esercitata in nome proprio da soggetti privati estranei all’Amministrazione. A tale fenomeno si riferisce l’art. 1 delle legge 241/90, che, dopo aver enunciato al primo comma i principi generali dell’azione amministrativa aggiunge, al comma 1-ter, che i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al suddetto comma 1.

Per esercizio privato di pubbliche funzioni si intende qualunque forma di attività, da cui derivi l’attuazione di fini pubblici, svolta da soggetti privati, cioè da persone fisiche che non si configurino come organi di enti statali né facciano parte di enti pubblici, ma che siano titolati di qualche potestà. La società a partecipazione pubblica, dunque, rappresenta una manifestazione dell’esercizio privato di pubbliche funzioni.

L’entrata in vigore di un testo unico (introdotto con d.lgs. n. 175/2016), che ne ha disciplinato gli aspetti caratterizzanti, ha di fatto dato ordine ad una materia che, fino a quel momento, presentava notevoli deficit di organicità. La ratio sottesa all’emissione del decreto di cui trattasi è d’altronde ricontrabile nel secondo comma dell’art. 1, che riporta le finalità perseguite dalla nuova norma, consistenti nel garantire un’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche; nel tutelare e promuovere la concorrenza ed il mercato, nonché, infine, nel razionalizzare e ridurre la spesa pubblica. Per quanto concerne, invece, le finalità concrete perseguibili dalle Amministrazioni tramite le costituzioni di tali società, esse soggiacciono ad un c.d. ‘doppio vincolo di scopo’. Esso consiste, da un lato, nella creazione di società aventi ad oggetto attività strettamente necessarie per il perseguimento delle proprio finalità istituzionali, e, dall’altro, nella possibilità di creare società per lo svolgimento di attività espressamente indicate dal secondo comma dell’art. 4 del t.u., fra cui, ad esempio, rientrano i servizi di interesse generale.

Ai sensi dell’art. 1 del testo unico in esame, le società a partecipazione pubblica sono quelle costituite dalle Amministrazioni pubbliche, che, in sostanza, esercitano nei loro confronti un controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. A tal proposito il Consiglio di Stato, intervenuto sulla questione, ha asserito che trattasi di società che conservano l’appartenenza ad una sfera di matrice privatistica, essendo pubblico soltanto il soggetto che partecipa ad esse. Tale statuizione sembra, infatti, coerente con il disposto di cui al comma 3 dell’art. 1 del t.u., il quale afferma che le norme sulle società contenute nel codice civile si applicano alle società a partecipazione pubblica, salvo deroghe previste dallo stesso testo unico.

Nell’ambito delle società a partecipazione pubblica si inseriscono le società in house, disciplinate dall’art. 16 del suddetto testo normativo. Ciò che caratterizza il fenomeno dell’affidamento in house è la ‘internalizzazione’ dell’attività da parte dell’Amministrazione, la quale rinuncia, pertanto, alla relativa esternalizzazione che, solitamente, avverrebbe tramite la procedura ad evidenza pubblica nella scelta del contraente. Attraverso tale modalità di gestione dei servizi pubblici l’Amministrazione affida a tali società l’esecuzione di contratti pubblici, esercitando su di esse un controllo analogo a quello sui propri servizi. Oltre a tale controllo ed all’assenza di una procedura ad evidenza pubblica, ciò che caratterizzava inizialmente le società in house era la totale partecipazione pubblica. Quest’ultimo requisito, però, non è più richiesto dalle nuove direttive appalti e concessioni. Tuttavia, dall’art. 16 del testo unico si evince che l’affidamento in house con partecipazione di capitali privati può avvenire, ma soltanto in presenza di norme di legge.

Proprio il requisito della totale partecipazione pubblica nell’affidamento in house consentiva di distinguere nettamente le società in house dalle società a partecipazione mista pubblico-privata, le quali, invece, presentanvano un quid pluris, consistente appunto nella partecipazione privata. Ebbene, venuto meno tale requisito, occorre rideterminare le differenze intercorrenti fra le due tipologie di società e per farlo è opportuno partire dall’analisi dell’art. 17 del testo unico. Tale norma disciplina le società miste e fissa la soglia minima di partecipazione del privato nella misura del 30%, affermando, altresì, che la selezione del medesimo avviene con procedure di evidenza pubblica a norma dell’art. 5, co. 9, del d.lgs. n. 50/2016. Essa, inoltre, precisa la norma, ha un duplice oggetto consistente, da un lato, nella sottoscrizione o nell’acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e, dall’altro, nell’affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell’attività della società mista.

Nel secondo comma dell’art. 17 del t.u., il legislatore ha previsto che il bando di gara deve individuare preventivamente ed in maniera determinata l’oggetto dell’affidamento, i requisiti necessari dei concorrenti, nonché infine il criterio di aggiudicazione. È altresì fondamentale tenere presente che la partecipazione del privato è limitata nel tempo, non potendo superare la durata dell’appalto o della concessione. Sebbene la possibilità della presenza di partecipazioni private anche nell’affidamento in house abbia destato confusione in ordine ai profili differenziali sussistenti fra le società in house e quelle miste, la differenziazione fra tali tipologie societarie è attuabile  sotto altri punti di vista.

In ordine alle considerazioni fin qui esposte, si può evincere che la diversità è riscontrabile, anzitutto, nel fatto che la società in house, a differenza di quella mista, agisce come un vero e proprio organo dell’Amministrazione pubblica sotto il profilo sostanziale. Difatti, la società mista, invece, presuppone la creazione di nuovo modello nel quale interessi pubblici e privati si incontrano. Altresì, occorre rilevare che in tale ultima tipologia societaria la scelta del socio avviene tramite una procedura ad evidenza pubblica, assente invece nell’in house. L’affidamento ad una società mista, inoltre, è ritenuto ammissibile a condizione che sia stata svolta un’unica gara per la scelta del socio e per l’individuazione del determinato servizio da svolgere, definito in sede di gara sia per quanto concerne il tempo che l’oggetto.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti