Il Fisco non può riqualificare una cessione di edificio in una di terreno edificabile, i nuovi principi della Cassazione

Il Fisco non può riqualificare una cessione di edificio in una di terreno edificabile, i nuovi principi della Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla portata applicativa dell’articolo 67comma 1lettere a) b) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. La norma citata disciplina la tassazione da applicare ai c.d. “Redditi diversi”. In particolare le lettere a) e b) qualificano come redditi diversi “le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici: le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante”.

La VI Sezione Civile della Suprema Corte, con l’Ordinanza n° 3006, depositata in Cancelleria lo scorso 08/02/2021 ha enunciato diversi nuovi principi di diritto relativamente alla norma sopra citata. In particolare, tra gli altri, gli Ermellini hanno stabilito che la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste.

La vicenda processuale. Gli Ermellini si sono trovati di fronte al ricorso dell’Agenzia delle Entrate proposto contro la decisione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che, accogliendo le ragioni dei contribuenti, rigettava l’appello dell’amministrazione finanziaria.

Quest’ultima, infatti, aveva emesso due avvisi di accertamento nei confronti di due contribuenti, tra loro comproprietari, per diverse quote, di un vetusto edificio e del relativo lotto di terreno su cui insisteva, sito nel Comune di Bergamo.

Tale edificio (e il connesso terreno) nel 2010 era stato oggetto di una cessione a titolo oneroso a favore di una società immobiliare.

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso gli avvisi di accertamento riqualificando l’atto come cessione di terreno edificabile, sia perché come tale individuava la concreta volontà delle parti di estrarre la massima potenzialità edificatoria del terreno, sia perché era chiara la previsione pattizia di abbattere l’edificio.

I contribuenti presentavano opposizione agli avvisi di accertamento sostenendo che ci si trovava di fronte non a una cessione di terreno edificabile ma, piuttosto, ad una cessione di fabbricato. Di conseguenza, chiedevano al giudice adito l’annullamento degli atti impositivi e delle relative sanzioni. La CTR della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, accoglieva le ragioni dei contribuenti. A questo punto l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione.

Le motivazioni del ricorso dell’AdE. Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, n° 3.

In pratica, l’Agenzia delle Entrate si doleva del fatto che la CTR avesse ritenuto irrilevante l’inequivoca volontà di demolire il fabbricato e di sfruttare il terreno per nuovi fini edificatori. La plusvalenza regolata dall’art. 67, infatti, presuppone che il terreno ceduto non sia ancora edificato.

La decisione della Cassazione. Il Supremo Collegio, preliminarmente, procede ad identificare correttamente la questione. E questa, fanno notare i giudici di legittimità, riguarda la corretta portata dell’art. 67, comma 1, lett. b), secondo periodo, del Tuir. Oltre, ovviamente, al potere dell’Amministrazione finanziaria di interpretare il contratto a mente degli artt. 1362 e ss c.c., guardando alla comune intenzione delle parti, anche dedotta dal comportamento successivo alla stipula.

A questo proposito, la VI Sezione ricorda come la Cassazione abbia più volte affermato un consolidato orientamento.

Infatti, ancorché in materia di imposta di registro, la Cassazione ha inizialmente ritenuto che, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell’atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce.

Per contro, a tale indirizzo ne ha fatto seguito un altro affermando che in materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore letterale degli artt. 67 e 16, comma 1, lett. g) bis del Tuir sono soggette a tassazione separata, quali redditi diversi, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili  di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche quelli di terreni già edificati.

La stessa Cassazione, in altra occasione, ha chiarito che la ratio dell’art. 67 Tuir è volta ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che scaturisce non in virtù di un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni.

Pertanto, risultando oggetto dell’atto un fabbricato, e, quindi, un terreno già edificato ,tale entità sostanziale non poteva essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione è futura, rispetto all’atto oggetto di tassazione, eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso, l’acquirente, da quello interessato dall’imposizione fiscale.

Infine, la S.C. richiama quanto da affermato nella sua pronuncia n° 7853/2016.

In quel caso, infatti, l’Agenzia delle Entrate chiedeva alla S.C. di dire se, in relazione alla determinazione della plusvalenza conseguente a cessione di beni suscettibili di utilizzazione edificatoria, nell’ipotesi in cui nel contratto le parti abbiano dichiarato che oggetto della compravendita sono alcuni fabbricati e loro pertinenze e che al contrario l’Agenzia, verificando la reale intenzione delle parti ex art. 1362 c.c., abbia affermato che l’effettivo oggetto della compravedita erano i terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria sui quali i fabbricati insistevano, sia possibile per il giudice tributario limitarsi ad affermare che oggetto della compravendita era quello indicato dalle parti e negare qualunque plusvalenza tassabile.

O se, al contrario, l’Agenzia sia investita del potere-dovere di verificare in concreto la reale intenzione delle parti in base ai canoni ermeneutici. Con la conseguenza che se in base a tale verifica risulti che oggetto del contratto non sono i fabbricati, ma i terreni, e su questa base emani avviso di accertamento, erra il giudice che annulli tale avviso affermando che i fabbricati oggetto di cessione non rientrano in alcuna delle previsioni di cui al citato art. 67.

In altri termini, chiarisce la Cassazione, la questione proposta dalla controversia è, essenzialmente, se la vendita di area già edificata possa rientrare, a fronte di una riqualificazione operata dall’Ufficio sulla scorta di elementi presuntivi, nelle ipotesi, sicuramente tassative, previste dall’art.67 del Tuir.

E a tale quesito, ribadisce la VI Sezione Civile, la Corte ha fornito soluzione negativa.

Infatti, dalla stessa lettera del citato art.67 del Tuir possono rientrare le cessioni aventi ad oggetto solo un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, ma non un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato.

Ciò che rileva, dunque, ai fini dell’applicabilità della norma in esame, è la destinazione edificatoria originariamente conferita ad area non edificata, in sede di pianificazione urbanistica e non quella ripristinata, conseguentemente ad intervento, su area già edificata, operato dal cedente o dal cessionario.

Da ciò deriva che ratio dell’art.67 Tuir è colpire le manifestazioni di ricchezza che esulano dal reddito in senso stretto, prevedendo forme separate di tassazione per i terreni edificabili.

Scopo della norma è colpire la plusvalenza connessa alla cessione di un terreno che ha avuto attribuita, in sede di pianificazione, una capacità edificatoria tale da renderlo più appetibile di prima, nel meccanismo della domanda ed offerta.

Trattasi, dunque, secondo la S.C., di norma impositiva, di natura speciale, che si occupa di attrarre a tassazione le altre forme di ricchezza, diverse dal reddito derivante dalla propria attività d’industria, commercio o professione, ovvero da lavoro dipendente. Ed in quanto tale, è norma eccezionale che non ammette interpretazione analogica ex art. 12 delle preleggi.

Facendo applicazione dei principi sopra richiamati al caso di specie posto alla sua attenzione, la S.C, chiarisce che non è possibile accedere all’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, poiché intende equiparare al terreno da edificare il terreno già edificato che venga edificato nuovamente, previa demolizione e ricostruzione, pur se anche con un aumento di volumetria.

Non è ,quindi, possibile porre a carico del venditore dell’edificio sorto su un terreno già edificabile una solo affermata plusvalenza anche solo commisurata all’ulteriore capacità edificatoria non ancora sviluppata, perché si tratterebbe di porre su un soggetto diverso, il venditore, una tassazione che il Legislatore ha fissato già in capo al compratore.

Né, continua la S.C., si deve pensare che in tal modo il venditore si sottragga ai propri obblighi fiscali: infatti nel prezzo di cessione dell’edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa.

Diversamente opinando sarebbero da considerare soggette a plusvalenza da cessioni di terreno edificabile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialità edficatoria del lotto su cui insistono, poiché potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall’intenzione delle parti.

Di conseguenza, conclude la Cassazione, in relazione all’art.67,comma 1, lett.b) possono enunciarsi i seguenti principi di diritto: “A) La distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus; B) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste; C) nella cessione di edificio, la pattuizione della parti di demolire e ricostruire anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile;D) il potere generale dell’Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del Legislatore, ove, nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascenda i limiti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost, ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale.


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