Il Governo fa marcia indietro sul differimento di due anni dei termini previsti per l’attività degli enti impositori

Il Governo fa marcia indietro sul differimento di due anni dei termini previsti per l’attività degli enti impositori

Dietrofront del Governo sulla proroga di ben due anni dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’ attività degli enti impositori, permettendo loro, quindi, di accertare le imposte dirette, l’Iva e l’Irap dell’anno 2015 entro il 31 dicembre 2022 e non, invece, nel termine ordinario del 31 dicembre 2020..

Tanto è stato previsto dalle modifiche apportate dal c.d. D.L. n. 23/2020, c.d. decreto liquidità.

In un precedente articolo – http://www.salvisjuribus.it/le-disuguaglianze-tra-gli-enti-impositori-e-i-contribuenti-ai-tempi-del-coronavirus-profili-di-criticita-dei-provvedimenti-adottati – avevo già segnalato la diseguaglianza tra enti impositori e contribuenti in grado di produrre un evidente sbilanciamento a favore del fisco in relazione alla sospensione dei termini disposta dal D.L. Cura Italia.

La modifica in parola è stata, fortunatamente introdotta dall’ articolo 67, comma 4 che rinvia a quanto previsto dall’ articolo 12, comma 1, D.lgs. 159/2015, a mente del quale i termini di prescrizione e decadenza a favore dell’amministrazione sono sospesi per lo stesso tempo corrispondente alla sospensione dei termini di versamento (per eventi eccezionali) concessi al contribuente.

Il d.l. liquidità ha quindi eliminato di fatto il riferimento all’ art. 67, comma 4, del D.L. cura Italia così riportando sullo stesso piano, seppur solo per questo aspetto, il Fisco e i contribuenti.

Nonostante questo piccolo passo avanti restano tuttavia ancora molte criticità tra le quali si segnala la mancanza di qualunque previsione inerente ad una opportuna sospensione degli avvisi bonari.


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