Il legatario può proseguire l’azione di invalidità del testamento iniziata dal suo dante causa

Il legatario può proseguire l’azione di invalidità del testamento iniziata dal suo dante causa

Il legatario, una volta divenuto erede di colui che, come erede legittimo del testatore, aveva agito in giudizio per fare accertare l’invalidità del testamento contenente una molteplicità di disposizioni a titolo particolare in favore di più soggetti, può proseguire l’azione intrapresa dal proprio dante causa senza trovare alcuna preclusione nel precedente conseguimento del legato. Questo è in estrema sintesi, il nuovo principio di diritto stabilito dalla II Sezione Civile della Corte di Cassazione e cristallizzato nella corposa Sentenza n° 28602/2020, depositata in Cancelleria lo scorso 15 dicembre 2020.

I fatti di causa. La Suprema Corte di Cassazione si è trovata di fronte al ricorso presentato da una cittadina italiana che in un primo momento risultava essere, insieme a diversi altri soggetti persone fisiche e giuridiche, beneficiaria di un legato da parte del testatore originario, mentre erede legittimo dello stesso risultava essere il padre del testatore. L’erede legittimo aveva proposto ricorso davanti al Tribunale di Savona per far dichiarare la nullità del testamento della figlia. Solo che, nelle more del giudizio, era deceduto anche l’erede legittimo. Di conseguenza l’odierna ricorrente, orginariamente legataria, con la scomparsa dell’erede legittimo, era diventata a sua volta erede dell’erede dell’originario testatore.

Per tale motivo aveva proseguito nell’azione intrapresa dal suo dante causa per far accertare la nullità e l’annullabilità del testamento dell’originaria testatrice. Ma sia nel primo grado di giudizio che di fronte alla Corte d’Appello di Genova, le ragioni dell’odierna ricorrente erano state disattese. Entrambi i giudici di merito, infatti, avevano dichiarato inammissibile la domanda. In primo grado, infatti, il Tribunale di Savona aveva argomentato che l’erede legittimo dell’originaria testatrice aveva prestato acquiescenza al testamento o, comunque, aveva dato volontaria esecuzione alle disposizioni testamentarie. Inoltre, il Tribunale di Savona aggiungeva che l’impugnativa del testamento era preclusa all’odierna ricorrente, in quanto priva di legittimazione attiva, essendo, nello stesso tempo erede dell’erede legittimo e legataria in base al testamento impugnato.

La Corte d’Appello di Genova confermava sostanzialmente quanto deciso in primo grado. Il giudice di secondo grado si limitava ad aggiungere che la statuizione di primo grado imponeva all’odierna ricorrente di impugnare la sentenza in relazione ad entrambi i profili. Cosa non verificatasi nel caso di specie. Di conseguenza, la cittadina italiana proponeva ricorso per Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello sostenendo che era da censurare l’interpretazione del giudice di secondo grado in base alla quale l’inammissibilità della domanda discendesse non solo dalla qualità di erede di colui che aveva convalidato il testamento, ma anche dalla sua qualità di legataria del testamento impugnato.

La decisione della Cassazione. Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il motivo di ricorso portato alla loro attenzione. La Cassazione, infatti, ha fatto notare come sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello di Genova avessero fatto propria un interpretazione, proposta da un altro legatario intervenuto nei precedenti gradi di giudizio, in base al principio d i diritto che il legatario, il quale abbia conseguito il legato, non potrebbe, una volta divenuto erede dell’onerato, far valere l’invalidità del testamento, avendone in precedenza riconosciuto la validità.

Ma la Cassazione ha affermato che tale interpretazione non rispecchia il reale contenuto della sentenza del Tribunale di Savona che, secondo il Supremo Collegio, ha un significato assai più ristretto rispetto a quello attribuitogli dai giudici dell’appello. Per la Cassazione, infatti, l’illazione che il precedente contegno della legataria le precludeva anche la prosecuzione dell’iniziativa giudiziaria avviata dal proprio dante causa contro il testamento non si ricava dalla sentenza impugnata, ma deriva da un’autonoma valutazione della corte di merito il cui assunto, secondo i giudici di legittimità è errato.

La Corte chiarisce l’erroneità dell’assunto richiamando quanto affermato dall’articolo 590 del Codice Civile, in tema di conferma ed esecuzione volontaria di disposizioni testamentarie nulle, in deroga al principio generale disposto dall’articolo 1423 dello stesso Codice, in tema di inammissibilità della convalida. L’articolo 590 consente la convalida delle disposizioni nulle sia mediante conferma espressa sia mediante volontaria esecuzione di essa da parte di chi conosca la causa della nullità. Ma tale risultato può essere realizzato solamente da chi sia investito della titolarità e del potere di disposizione del diritto e che potrebbe avvalersi di tale nullità e trarne vantaggio. Tale vantaggio, come affermato dalla stessa Cassazione nella Sentenza n° 26062/2018, si sostanzia nel riconoscimento di diritti ( o di maggiori diritti) oppure nell’accertamento dell’inesistenza di determinati obblighi testamentari. Tale legittimazione non compete al legatario con riferimento al testamento che lo gratifica, rispetto al quale egli è portatore di un interesse opposto all’invalidità del testamento stesso.

Da ciò, secondo la Cassazione, deriva come conseguenza logica che qualora il legatario sia divenuto erede dell’erede onerato, egli potrà proseguire l’impugnativa del testamento già proposta dal proprio dante causa o iniziarla autonomamente, senza trovare alcuna preclusione nel conseguimento del legato, che non può essere riguardato quale convalida del testamento.

Nel caso di specie, l’odierna ricorrente nel momento in cui, fa notare la Corte, ha proseguito l’azione volta a far accertare la nullità o l’annullabilità già proposta dal suo dante causa, non è tornata sui propri passi rispetto a quanto aveva fatto come legataria, ma ha speso la sola e originaria legittimazione acquisita una volta divenuta erede dell’onerato. Infatti, come legataria non aveva alcuna veste né per impugnare il testamento, né per convalidarlo.

Di conseguenza. la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza e l’ha rinviata alla Corte d’Appello di Genova che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “Il legatario, in quanto portatore di un interesse opposto all’invalidità del testamento contenente la disposizione a titolo particolare in suo favore, non è legittimato alla conferma del testamento stesso che sia nullo o annullabile, posto che tale legittimazione sussiste solo in capo a chi dall’accertamento giudiziale della invalidità trarrebbe un vantaggio che si sostanzia nel riconoscimento di diritti (o di maggiori diritti) oppure nell’accertamento della inesistenza di determinati obblighi testamentari. Conseguentemente il legatario, una volta divenuto erede di colui che, come erede legittimo del testatore, aveva agito in giudizio per fare accertarel’invalidità del testamento contenente una molteplicità di disposizioni a
titolo particolare in favore di più soggetti, può proseguire l’azione intrapresa dal proprio dantcausa, senza trovare alcuna preclusione nelprecedente conseguimento del legato”.


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