Il limite temporale alla erogazione della pensione di invalidità: la posizione della Cassazione

Il limite temporale alla erogazione della pensione di invalidità: la posizione della Cassazione

Corte di Cassazione, ord. 3011/2023

Con un recentissimo pronunciamento, la Corte di Cassazione ha precisato, nuovamente, che la pensione di invalidità non può essere erogata raggiunta l’età pensionabile, accogliendo con questo la posizione dell’Ente erogatore, ovvero l’INPS.

La pensione di invalidità civile è quella forma di provvidenza economica, erogata dall’INPS a tutti quei soggetti, tra i 18 ed i 67 anni,  riconosciuti invalidi civili, per cui sia stata riconosciuta una totale inabilità al lavoro ovvero sia stata riconosciuta una invalidità totale del 100%.

Questo strumento, è importante precisarlo, ha carattere assistenziale e non previdenziale poiché non deve essere considerato come correlato alla presenza di un preesistente rapporto contributivo tra il beneficiario e l’ente erogatore.

Proprio in ragione di questo è importante osservare l’ultima posizione assunta dalla Cassazione che ha avuto modo di precisare come non sia possibile riconoscere il beneficio in parola a coloro che abbiano compiuto i 65 anni di età e il cui stato di invalidità si perfezioni proprio trascorsi i 65 anni di età.

Si tratta di un orientamento che la giurisprudenza di merito aveva già avuto modo di adottare e che ha trovato conferma, dunque, proprio in questo pronunciamento della Cassazione.

La Corte, a fondamento della sua decisione, ha precisato come il beneficio non possa essere riconosciuto ad una persona che ha superato i 65 anni di età in ragione della sua natura assistenziale tenuto conto che per le persone che hanno superato quell’età e che non hanno una posizione contributiva, l’ordinamento prevede l’erogazione dell’assegno sociale.

La decisione della Cassazione si basa sulla lettura e l’applicazione del decreto legislativo 50 del 1988 che prevede proprio il limite di età di 65 anni per la concessione della pensione di invalidità. Questo significa che il riconoscimento dei requisiti per essere dichiarati invalidi deve avvenire prima del compimento dei sessanta cinque anni di età ed, ovviamente, non comporta la decadenza dal beneficio laddove lo stesso sia stato acquisito prima.

In particolare abbiamo che l’articolo 8 del citato decreto prevede che la pensione di inabilità e la pensione non reversibile di cui all’articolo 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni, siano concesse, rispettivamente, ai mutilati ed invalidi civili ed ai sordomuti di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno, fermi restando i requisiti e le condizioni previste dalla legislazione vigente.

Il richiamo alla norma in parola e, quindi, al tema della legislazione vigente, apre, però, un ulteriore scenario interpretativo che ricollega il requisito dell’età all’adeguamento della normativa pensionistica che, al 2023, prevedere come età per andare in pensione i 67 anni.

Sostanzialmente l’ordinanza in parola non sembra aver messo la parola fine al dibattito in parola che, indubbiamente, tornerà ad essere al centro delle dispute interpretative che cercheranno di comprendere se prevalga la stretta lettura della norma di cui al decreto legislativo 50/1988 , invocato dalla Cassazione, o se debba prevalere, al suo interno, il richiamo a quella che è la legislazione vigente che, come tale, è costantemente mutevole soprattutto in materia previdenziale.


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