Il mantenimento dei figli: un obbligo per i genitori
Sommario: 1. Introduzione – 2. L’obbligo di mantenimento – 3. Spese ordinarie e spese straordinarie – 4. Spese straordinarie e superiore interesse del minore – 5. Conseguenze penali e civili a seguito del mancato versamento dell’assegno di mantenimento
1. Introduzione
Entrambi i genitori hanno il dovere di “mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”, come sancito da norme di rango costituzionale (articolo 30 Cost.[1]) e da norme codicistiche rafforzate da recenti riforme legislative[2] dirette a tutelare la prole dalle conseguenze pregiudizievoli delle crisi familiari.
Si tratta di un obbligo che sorge per effetto del rapporto di filiazione e non è limitato ai soli figli nati dal matrimonio, in quanto sussiste a carico dei genitori per il solo fatto di averli concepiti[3].
2. L’obbligo di mantenimento
Ai sensi dell’art. 147 c.c. [4], grava in capo ad entrambi i coniugi “l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”.
Preliminarmente, occorre precisare che l’assegno di mantenimento è un provvedimento economico assunto dal giudice o rimesso ad accordi liberamente sottoscritti dai coniugi, in sede di separazione tra i coniugi, e consiste nel versamento di una somma di denaro, suscettibile di revisione, al coniuge economicamente debole o ai figli fino al raggiungimento della loro indipendenza economica[5].
Infatti, ex articolo 337-ter c.c.[6], il giudice fissa “la misura e il modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli”, sulla base del principio di proporzionalità, considerando “le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche di entrambi i genitori, la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.
L’obbligo di mantenimento grava su ciascun genitore, che vi deve contribuire in proporzione alle proprie sostanze ed alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo; nel caso in cui soltanto uno dei genitori abbia integralmente adempiuto l’obbligo di mantenimento dei figli, facendosi carico anche della quota gravante sull’altro, lo stesso sarà legittimato ad agire iure proprio nei confronti di quest’ultimo per il rimborso della quota anche per il periodo anteriore alla domanda.
Inoltre, il mantenimento ordinario della prole non comprende solo il mero obbligo di garantire ai figli gli alimenti[7], ma anche l’aspetto abitativo, sportivo, sanitario, scolastico e sociale. Tale funzione è stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione, secondo cui “costituisce principio consolidato […] che in seguito alla separazione o al divorzio la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza (v. sul punto Cass. 2000 n. 15065). È altresì da considerare che il dovere di provvedere al mantenimento, istruzione ed educazione, secondo il precetto dell’art. 147 c.c., impone ai genitori, anche in caso di separazione o divorzio, di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, all’adeguata predisposizione – fin quando la loro età lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione” [8].
A mente del menzionato articolo 337-ter, IV comma, c.c., “il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico”. Nella prassi consolidata, viene disposto, a carico del genitore non collocatario, l’obbligo di versare un assegno mensile, stabilendo in quale misura percentuale il genitore non collocatario deve partecipare alle spese straordinarie per i figli, le quali non si possono ritenere comprese in modo forfettario all’interno della somma da corrispondere con l’assegno periodico e/o come mantenimento diretto. Ciò perché secondo la Suprema Corte “la soluzione di includere le spese straordinarie, in via forfettaria, nell’ammontare dell’assegno posto a carico di uno dei genitori può rivelarsi in netto contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 155 cod. civ. e con quello dell’adeguatezza del mantenimento, poiché si introduce, nell’individuazione del contributo in favore della prole, una sorta di alea incompatibile con i principi che regolano la materia”[9].
3. Spese ordinarie e spese straordinarie
Nel silenzio del legislatore in merito ai criteri per distinguere tra spese ordinarie e spese straordinarie, tale individuazione è stata rimessa alla casistica giurisprudenziale. Le “spese ordinarie” sono destinate a soddisfare i bisogni quotidiani e le normali esigenze di vita del minore, mentre le “spese straordinarie” sono gli “esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli minori fino a quel momento, o comunque spese non quantificabili e determinabili in anticipo o di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori”[10].
Quanto alle spese scolastiche ed educative, tra le “spese ordinarie” si annoverano quelle sostenute per l’acquisto di libri scolastici, di materiale di cancelleria, di abbigliamento per lo svolgimento di attività fisica a scuola, della quota d’iscrizione alle gite scolastiche. Anche le spese mensili per la frequenza scolastica con annesso semi-convitto sono considerate una “spesa ordinaria” in relazione al normale standard di vita seguito dal minore fino al momento della crisi familiare, con eventuale possibilità di aumentare l’assegno di mantenimento disposto per far fronte a tale esigenza[11]. Anche le spese concernenti la formazione universitaria sono qualificate come “spese ordinarie”, tali da giustificare una richiesta di modifica in aumento dell’assegno periodico, non trattandosi di spese di carattere saltuario ed eccezionale o imprevedibile, ma assolutamente normali e durevoli nel tempo[12]. Quanto, infine, alle spese per viaggi di studio all’estero, le ripetizioni scolastiche o gli sport, la giurisprudenza, di merito e di legittimità,[13] le colloca tra le “spese straordinarie”.
Con riferimento alle spese connesse alle esigenze sanitarie, a seconda della loro natura, talvolta sono considerate “spese ordinarie”, altre volte “spese straordinarie”. A titolo esemplificativo, infatti, la giurisprudenza di merito[14] ha stabilito che rientrano tra le prime le cc.dd. “cure ordinarie” (come le visite pediatriche, l’acquisto di medicinali da banco o di uso frequente, nonché le visite di controllo di routine) e quanto necessario a garantire cura ed assistenza al figlio disabile, essendo destinato a soddisfare i bisogni quotidiani del ragazzo in relazione alla specificità della situazione[15]. Diversamente, si qualificano come “straordinarie” le spese relative ad un imprevisto intervento chirurgico, ai trattamenti psicoterapeutici, ai cicli di fisioterapia necessari dopo un incidente stradale, nonché quanto erogato per l’acquisto di occhiali da vista per il minore o di un apparecchio ortodontico[16].
Infine, con riferimento alle spese inerente i momenti di svago del minore, sono spese straordinarie che i genitori, nei limiti delle loro possibilità economiche, devono soddisfare; si pensi, ad esempio, all’acquisto di un computer, di un motorino o anche alle somme per conseguire la patente di guida.
4. Spese straordinarie e superiore interesse del minore
Per dirimere eventuali conflitti derivanti dalle richieste di rimborso sostenute da uno dei due genitori per gli esborsi delle spese straordinarie, è necessaria una preventiva concertazione tra i coniugi nel superiore interesse del minore[17]. Infatti, ad eccezione delle spese indifferibili ed urgenti che possono essere sostenute anche senza un comune accordo e che costituiscono titolo idoneo per il conseguimento del rimborso pro quota (ad esempio: le spese per i libri scolastici o le spese sanitarie urgenti), per le altre spese straordinarie, il coniuge che ne chieda il rimborso, ai fini dell’accoglimento della domanda, ha l’onere di fornire la prova di aver consultato in via preventiva l’altro.
Più precisamente, le spese straordinarie subordinate al consenso di entrambi i genitori sono quelle scolastiche (ad esempio: le scuole private, l’università fuori sede, le ripetizioni private), sportive (ad esempio: quanto necessario per eventuali attività agonistiche) o medico sanitarie (ad esempio: un intervento chirurgico, la fisioterapia).
Sul punto, la Suprema Corte ha sostenuto che “la mancata preventiva concertazione delle spese straordinarie da sostenere nell’interesse dei figli, in caso di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del genitore che non le ha anticipate, impone la verifica giudiziale della rispondenza delle spese all’interesse del minore, mediante la valutazione, riservata al giudice di merito, della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità per il minore e della sostenibilità della stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori”[18].
Pertanto, non è configurabile a carico del coniuge affidatario o presso il quale sono residenti i figli, anche nel caso di decisioni di maggiore interesse per questi ultimi, un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro genitore circa l’effettuazione e la determinazione delle spese straordinarie che, se non adempiuto, determini la perdita del diritto al rimborso. Nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità derivante ai figli e della sostenibilità della spesa, rapportata alle condizioni economiche dei coniugi[19].
Da ultimo, la giurisprudenza di legittimità[20] ha concluso che se è vero che l’affido condiviso privilegia l’intesa tra i genitori in merito alle scelte educative che riguardano i figli, quando i genitori vivono un rapporto che non consente loro il raggiungimento di un accordo, è necessario tutelare il superiore interesse del minore; pertanto, l’opposizione di un genitore non può cristallizzare l’adozione di un’iniziativa che riguardi un figlio minorenne, specie se di rilevante interesse e neppure è necessario che tale intesa si trovi prima che l’iniziativa sia intrapresa, fermo restando che compete al giudice, ove sia richiesto, verificare se la scelta adottata corrisponde effettivamente all’interesse del minore.
5. Conseguenze penali e civili a seguito del mancato versamento dell’assegno di mantenimento
Il genitore obbligato che non adempie al pagamento dell’assegno di mantenimento per la prole e per il coniuge determina il sorgere di conseguenze di natura penale e civile. La violazione degli obblighi di assistenza familiare è sanzionata dagli articoli 570 c.p.[21] e 570-bis c.p.[22], che mirano a tutelare le esigenze economiche ed assistenziali dei familiari, venendo in rilievo i singoli rapporti tra i componenti della famiglia. Trattasi di un reato perseguibile d’ufficio, di natura permanente[23] e di reato proprio, in quanto può essere commesso solo da un membro della famiglia in capo al quale sussistono obblighi di assistenza familiare.
Pertanto, ai sensi delle menzionate disposizioni, è punito chiunque, abbandonando il domicilio domestico o adottando una condotta contraria alla morale delle famiglie, non adempie gli obblighi di assistenza relativi alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge; chi malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge; chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, che non sia legalmente separato per sua colpa, nonché il coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi economici in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
Pertanto, alla luce dell’emergenza sanitaria da Covid-19, come sancito dalla Corte di Cassazione, la prova di “un’impossibilità oggettiva, persistente ed incolpevole” [24] di soddisfare le esigenze minime di vita dei figli è necessaria per escludere la responsabilità penale del genitore obbligato inadempiente. Infatti, il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare si può considerare integrato solo se le vittime del reato sono minori; in questo caso, lo stato di bisogno di un minore è presunto, trattandosi di un soggetto non in grado di procurarsi i mezzi necessari per mantenersi autonomamente.
In conclusione, anche sotto il profilo civilistico è sanzionato il genitore inadempiente, ragion per cui l’avente diritto all’assegno di mantenimento può richiedere il c.d. “ordine di pagamento”. Invero, ex art. 156 c.c.[25], in caso di inadempimento, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni dei coniuge obbligato ed ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto.
[1] Art. 30 Cost.: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.
[2] In particolare, la legge 08 febbraio 2006, n. 54 (recante “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”), la legge 10 dicembre 2012, n. 219 (recante “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”) ed il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (recante “Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”).
[3] Cass. civ., Sez. I, 19 marzo 2002, n. 3974; Cass. civ., Sez. I, 14 luglio 2010, n. 16551; Trib. Milano, 15 aprile 2015.
[4] Art. 147 c.c. (“Doveri verso i figli”): “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire educare ed assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315 bis”.
[5] Secondo Cass. civ., Sez. I, 11 gennaio 2007, n. 407, “L’obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole dell’art. 148 c.c. al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma perdura immutato finché il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica (o sia stato avviato ad attività lavorativa con concreta prospettiva di indipendenza economica), ovvero finché non sia provato che il figlio stesso, posto nelle concrete condizioni per poter addivenire all’autosufficienza, non ne abbia, poi, tratto profitto per sua colpa” (così anche: Cass. civ., Sez. I, 11 marzo 1998, n. 2670; Cass. civ., Sez. I, 07 maggio 1998, n. 4616; Cass. civ., Sez. I, 30 agosto 1999, n. 9109; Cass. civ., Sez. I, 03 aprile 2002, n. 4765; Cass. civ., Sez. I, 07 aprile 2006, n. 8221).
[6] Art. 337-ter c.c. (“Provvedimenti riguardo ai figli”): “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.
La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà grave; detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: le attuali esigenze del figlio; il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore; le risorse economiche di entrambi i genitori; la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi”.
[7] A differenza dell’obbligo alimentare, che consiste nel dovere di fornire solo quanto necessario al soddisfacimento dei bisogni primari del beneficiario, il dovere di mantenimento comprende anche ogni altra spesa necessaria e dipende esclusivamente dalla posizione del singolo all’interno del nucleo familiare.
[8] Cass. civ., Sez. I, 22 novembre 2000, n. 15065.
[9] Cass. civ., Sez. I, 08 giugno 2012, n. 9372.
[10] Ex plurimis: Cass. civ., Sez. I, 04 novembre 2009, n. 23411; Cass. civ., 13 marzo 2009, n. 6201; Cass. civ., 19 luglio 1999, n. 7672.
In altri termini, secondo Cass. civ., 08 settembre 2014, n. 18869: “Devono intendersi spese straordinarie quelle che per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, cosicché la loro inclusione in via forfettaria nell’ammontare dell’assegno, posto a carico di uno dei genitori, può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 155 c.c. e con quello dell’adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell’assegno “cumulativo”, di cure necessarie o di altri indispensabili apporti. Pertanto, pur non trovando la distribuzione delle spese straordinarie una disciplina specifica delle norme inerenti alla fissazione dell’assegno periodico, deve ritenersi che la soluzione di stabilire in via forfettaria e aprioristica ciò che imponderabile e imprevedibile, oltre ad apparire in contrasto con il principio logico secondo cui soltanto ciò che è determinabile può essere preventivamente quantificato, introduce, nell’individuazione del contributo in favore della prole, una sorte di alea incompatibile con i principi che regolano la materia”.
[11] Tribunale per i Minorenni di Bari, 06 ottobre 2010.
[12] Cass. civ., n. 8153/2006.
[13] Per quanto riguarda i viaggi di studio all’estero: Cass. civ., Sez. I, 26 settembre 2011, n. 19607; per le ripetizioni scolastiche o gli sport: Tribunale di Roma, sentenza n. 147/2013.
[14] Trib. Catania, 04 dicembre 2008; Corte d’Appello di Catania, 29 maggio 2008; Corte d’Appello di Catania, 05 dicembre 2011.
[15] Cass. civ., Sez. I, n. 18618/2011.
[16] Trib. Perugia, n. 967/2011.
[17] Secondo Cass. civ., Sez. VI, 30 luglio 2015, n. 16175, “la mancata preventiva concertazione delle spese straordinarie da sostenere nell’interesse dei figli, in caso di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del genitore che non le ha anticipate, impone la verifica giudiziale della rispondenza delle spese all’interesse del minore, mediante la valutazione, riservata al giudice di merito, della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità per il minore e della sostenibilità della stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori”.
Questo orientamento è stato ribadito anche in una sentenza del 2016 (Cass. civ., 03 febbraio 2016, n. 2127), che ha stabilito come non sia configurabile a carico del coniuge affidatario o presso il quale sono normalmente residenti i figli, anche nel caso di decisioni di maggiore interesse per questi ultimi, un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro genitore circa l’effettuazione e la determinazione delle spese straordinarie che, se non adempiuto, comporti la perdita del diritto al rimborso. Nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore attraverso la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità derivante ai figli e della sostenibilità della spesa, rapportata alle condizioni economiche dei coniugi.
Da ultimo, la Suprema Corte (Cass. civ., Sez. VI, 15 febbraio 2017, n. 4060), richiamando i principi di cui ha ribadito che se è vero che l’affido condiviso privilegia il raccordo tra genitori circa le scelte educative che riguardano i figli, quando i genitori vivono un rapporto che non consente loro il raggiungimento di un’intesa, occorre assicurare la tutela del migliore interesse del minore, per cui l’opposizione di un genitore non può cristallizzare l’adozione di ogni iniziativa che riguardi un figlio minorenne, specie se di rilevante interesse e neppure è necessario che tale intesa si trovi prima che l’iniziativa sia intrapresa, fermo restando che compete al giudice, ove ne sia richiesto, verificare se la scelta adottata corrisponde effettivamente all’interesse del minore.
In questo senso, anche: Cass. civ., Sez. VI, 17 gennaio 2018, n. 1070.
[18] Cass. civ., Sez. VI, 30 luglio 2015, n. 16175.
[19] Cass. civ., 03 febbraio 2016, n. 2127.
[20] Cass. civ., Sez. VI, 15 febbraio 2017, n. 4060; Cass. civ., Sez. VI, 17 gennaio 2018, n. 1070.
[21] Art. 570 c.p. (“Violazione degli obblighi di assistenza familiare”): “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, alla tutela legale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”.
[22] Art. 570-bis c.p. (“Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”): “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.
[23] Cass. pen., Sez. IV, 04 settembre 2019, n. 37090.
[24] Cass. pen., Sez. VI, 20 marzo 2020, n. 10422.
[25] Art. 156 c.c. (“Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi”): “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti. Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall’articolo 155. La sentenza costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo 2818. In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto. Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti”.
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Sara Ionà
- Laurea Magistrale in Giurisprudenza (LMG/01) presso l'Università degli Studi di Roma, "RomaTre", Dipartimento di Giurisprudenza, Corso di
Laurea Magistrale, con tesi di laurea in diritto penale, "Le situazioni preclusive dei benefici penitenziari (art. 4-bis ord. penit.)".
- Praticante Avvocato Abilitata al patrocinio.
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