Il negozio di accertamento di diritti reali

Il negozio di accertamento di diritti reali

Il negozio di accertamento non è disciplinato dal codice civile, ma è per lo più frutto dell’elaborazione dottrinale.

Si tratta di una figura alquanto controversa che da sempre suscita l’attenzione degli studiosi.

Attraverso tale strumento le parti mirano a rimuovere uno stato di incertezza, senza realizzare alcun effetto costitutivo, modificativo o estintivo.

La dottrina tradizionale ha sempre negato l’ammissibilità del negozio di accertamento sulla base di due principali argomenti: l’atto negoziale è per definizione atto dispositivo; in secondo luogo, la funzione di accertamento ed il potere di dare certezza sono poteri riservati all’autorità giudiziaria.

Ai privati, secondo quanto previsto dall’articolo 1321 c.c., va riconosciuto un potere essenzialmente dispositivo e non accertativo.

La giurisprudenza, invece, ammette pacificamente il negozio di accertamento dal momento che assolve ad una funzione meritevole di tutela, data la sua idoneità a concorrere alla risoluzione potenziale di conflitti tra privati.

L’ordinamento giuridico predispone spesso molteplici strumenti per assicurare la pace sociale, per prevenire e risolvere controversie, si pensi alla transazione o all’arbitrato irrituale.

Il negozio di accertamento viene studiato dalla dottrina prevalentemente al fine di metterne in luce le distinzioni con le figure affini.

L’istituto più vicino è rappresentato dal contratto di transazione disciplinato dagli articoli 1965 ss c.c.

La transazione è quel contratto con cui le parti compongono una lite potenziale o attuale; il presupposto della transazione è la presenza di un contrasto di interessi in ordine alla medesima situazione giuridica (res litigiosa).

Sia nel contratto di transazione che nel negozio di accertamento l’obiettivo è il medesimo: in entrambi i casi si mira a risolvere conflitti potenziali o attuali, senza ricorrere all’autorità giudiziaria.

Tuttavia, le diversità tra le due figuri in esame non vanno dimenticate: il negozio di accertamento non produce effetti dispositivi e non si rinvengono reciproche concessioni tra le parti: lo scopo è quello di attribuire chiarezza al rapporto giuridico, dare evidenza alla realtà.

Una particolare figura di negozio di accertamento è costituita dall’accordo volto ad eliminare l’incertezza in ordine ad un diritto reale.

Questa figura interseca due principi fondamentali dell’ordinamento: il principio di tassatività dei modi di acquisto della proprietà (art. 922 c.c.) ed il principio di tassatività degli atti soggetti a trascrizione (art. 2643 c.c.).

Tale figura, inoltre, pone il problema della sua trascrivibilità.

Se si aderisce alla tesi costitutiva, il contratto di accertamento in materia di diritti reali sarebbe trascrivibile, perché determinante un acquisto a titolo derivato.

La tesi contrapposta, invece, cd. dichiarativa non ammette la trascrivibilità di questo contratto.

Su tale dibattito è intervenuta la legge n. 98/2013 che ha novellato l’articolo 2643 con l’inserimento del n. 12 bis, che stabilisce che devono essere resi pubblici, mediante trascrizione, gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale.

Tale disposizione si occupa degli effetti della trascrizione dell’accordo conciliativo, effetti che vanno, però, distinti da quelli che si producono a seguito della trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione disciplinata dall’articolo 2651 c.c.

Tale norma attribuisce alla trascrizione valore di mera pubblicità notizia, inoltre, la sentenza di accertamento dell’usucapione radica in capo all’usucapente un nuovo diritto, che i terzi potranno far valere secondo le regole ordinarie.

L’accordo conciliativo in materia di usucapione è confinato all’interno di una vicenda che riguarda le sole parti che intervengono all’accordo, che resta inopponibile ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti.

L’usucapente ha un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei limiti dei diritti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni.

L’introduzione dell’articolo 2643 n. 12 bis ha certamente dato ulteriori argomenti alla tesi che, già prima della novella legislativa, ammetteva la trascrivibilità dei contratti di accertamento in materia di diritti reali, aventi ad oggetto l’accertamento dell’avvenuta usucapione.

L’articolo 2645 c.c. va letto in combinato disposto con l’articolo 2643 n. 12 bis c.c., per cui l’introduzione della nuova normativa comporta non solo la ricevibilità di atti che abbiano lo stesso contenuto di un accordo conciliativo accertativo, ma anche la loro trascrivibilità.


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