Il  nesso di causalità e la sua composizione dicotomica

Il nesso di causalità e la sua composizione dicotomica

Il pensiero umano di “causa” è stato sempre molto variabile e a volte contraddittorio, un concetto pluridisciplinare, secondo l’oggetto di studio di cultura scientifica. Un  noto filosofo statunitense Charles S. Pierce affermava che: “coloro  che sostengono che la causalità sia  uno degli elementi originari dell’ universo o una delle categorie fondamentali del pensiero ………. devono spiegare un fatto molto strano”.

Fatta  questa breve premessa circa la complessità terminologica e concettuale  che caratterizza la nozione di causa, andiamo a analizzare come è stata elaborata dalla legislazione interna.

E’ chiaro che nell’ ordinamento interno il nesso causale è affermato quale elemento costitutivo di qualsiasi fattispecie di responsabilità civile e penale seppur un elemento  fondamentale non trova  una esauriente definizione sia sul piano civilistico  sia sul piano penalistico. Nel codice penale l’art.40 .c.p. fissa l’ equivalenza fra il non fare e cagionare; il successivo art.41 .c .p. si occupa con apparente salto  logico  dell’ interruzione  del nesso di causalità, senza però definire il concetto;  nel codice civile l’art.2043.c.c. descrive  il rapporto  fra fatto doloso, colposo e danno  in termini di cagionare senza  nessuna ulteriore specificazione.

Il nesso di causalità non  è un dato unitario in quanto si atteggia diversamente in base i criteri di imputazione. I criteri di imputazione  fra il soggetto  responsabile ed evento dannoso  all’ interno dell’ ordinamento italiano sono diversi cioè dipendono: 1) dalla condotta dell’autore; 2) dalla posizione giuridica che ha il soggetto con una determinata cosa; 3) dal collegamento stabilito dalla legge a carico di un soggetto con il fatto illecito compiuto da altri.

Come sopra evidenziato il concetto di causa non è un concetto unitario  in quanto si dilata in una composizione dicotomica: di causalità materiale e casualità giuridica.

Il nesso di casualità materiale  regola secondo parametri  naturalistici l’accertamento della responsabilità in capo a  un determinato soggetto  cioè collega l’ evento al danno (l’an del risarcimento). Il nesso di causalità giuridica invece  disciplina l’ estensione  della responsabilità precedentemente accertata, collega il danno ai pregiudizi economici risarcibili (il quantum del risarcimento).

La causalità materiale si esprime negli artt. 40 e 41 del c.p., che ha accolto la teoria condizionalistica o della equivalenza delle cause  (“la condotta è causa dell’evento  se senza di esso l’ evento non si sarebbe verificato; la condotta non è causa dell’ evento se, senza di essa, si sarebbe comunque verificato”) e del giudizio controfattuale o procedimento di eliminazione mentale (perché si cancella o si aggiunge mentalmente, con atto del pensiero, la condotta che si suppone causale e ci si chiede se l’ evento si sarebbe verificato ugualmente).

La Suprema Corte ha affermato che: “i principi generali che regolano la casualità di fatto  sono anche in materia civile quelli delineati dagli  artt 40 e 41 c.p., e della regolarità  causale in assenza di altre norme nell’ ordinamento in tema di nesso eziologico ed integrando essi ed i   principi di tipo logico e conformi ad massime di esperienza” (Cass.,Sez . U.,11 gennaio 2008, n.581).

Le cause che dovranno essere prese in considerazione nella valutazione del nesso di causalità materiale, saranno quelli riconducibili ad un comportamento umano e, tra queste,  in particolare quelle caratterizzate da un coefficiente soggettivo doloso e colposo; questo rilievo risulta essere superfluo poiché la problematica  eziologica  assume caratteristiche  diverse a seconda  del tipo di elemento psicologico  in capo al responsabile oppure  a seconda del tipo di responsabilità in questione, oggettiva o per fatto altrui.

La causalità giuridica, invece, si manifesta nell’art .1223.cc., il quale prevede che devono essere risarciti solamente i danni  che sono conseguenza  “immediata e diretta”, analogicamente a quanto avviene in Francia ai sensi dell’art. 1151 code civile che, in materia di inadempimento, richiama le conseguenze immediate e dirette, principio generale delle intere obbligazioni.

Dunque, il legislatore  cerca di adeguare l’ammontare del risarcimento a quello dei danni  che effettivamente ha subito il danneggiato  in modo tale da impedire allo stesso di avere una locupletazione. La giurisprudenza, nell’ interpretazione  l’art. 1223 c.c., ha elaborato una serie di regole utili nella selezione  dell’area del “danno risarcibile” individuando i criteri di normalità e prevedibilità, cosi accogliendo una interpretazione elastica  della predetta disposizione  volta a comprendere nel risarcimento anche i danni i indiretti e mediati, purché effetto normale dell’ evento lesivo aquiliano, in applicazione della teoria di causalità adeguata sono da escludersi i danni verificati per intervento di cause  e circostanze estranee al comportamento dell’ obbligato (Cass. civ. 24 aprile 2012)

Delimitazione dell’area del danno giuridicamente risarcibile si riviene nell’art 1227.c.c..

Il primo comma disciplina il concorso di colpa del danneggiato nella produzione del fatto dannoso e pertanto rileva sotto il profilo dell’accertamento materiale della responsabilità ,ovvero regolando l’ipotesi in cui il fatto colposo del danneggiato interviene a spezzare il  collegamento tra il comportamento del soggetto agente ed evento.

La giurisprudenza delle S .U  ha statuito che l’art.1227.c.c. non è espressione del principio di autoresponsabilità, ravvisandosi piuttosto un corollario del principio di causalità, per cui il danneggiante non può farsi carico di quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile. Pertanto la colpa, cui fa riferimento l’articolo 1227 c.c., viene intesa  non nel senso di criterio di imputazione del fatto  ma  come requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato (Cass., Sez. U.,21 novembre 2011, n.24406).

Il secondo comma invece rileva ai fini della determinazione del danno risarcibile quale regola a tale fine prevista sancisce che: “il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto  evitare usando l’ordinaria diligenza”.

Secondo la giurisprudenza  di legittimità  il comma 2 dell’ art 1227.c.c., presuppone che sia già prodotto l’evento dannoso  e riflette l’ipotesi  di conseguenze ulteriori dalla lesione iniziale, e quindi rapportabili ad unica causa efficiente ma evitabile dal creditore danneggiato: tale previsione introduce il criterio di evitabilità (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 576, cit.; Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21619).

Il nesso di causalità rimane uno degli argomenti più discussi è meno definiti in ambito giurisprudenziale.


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