Il nuovo art. 4 dello Statuto dei Lavoratori
L’articolo 4 della L. n. 300/70 ( Statuto Lavoratori) è stato anch’esso oggetto di modifiche (art. 23 del decreto legislativo n. 151/2015, in vigore dal 24 settembre 2015 ) da parte del pacchetto di riforma noto alla totalità della platea come Jobs Act, il quale ha introdotto importanti modifiche in riferimento al potere del datore di lavoro di operare un controllo sull’attività lavorativa svolta dai propri dipendenti. Prima della riforma (e, quindi, del 24 settembre 2015), vigeva un divieto assoluto di utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Tale divieto veniva meno solo nei casi in cui il datore, per esigenze organizzative, produttive ovvero di sicurezza del lavoro, intendesse installare nuove apparecchiature dalle quali potesse derivare un controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti: in tal caso, era necessario , anche nel rispetto delle relazioni industriali, un accordo con le OO. SS .o, in mancanza, l’autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro, ovvero del Ministero del Lavoro. Attualmente il testo della norma non prevede più un esplicito divieto di controllo del lavoratore , fondando l’essenza del suo contenuto principalmente su due aspetti fondamentali; da una parte, l’utilizzo di strumenti, ovvero impianti audiovisivi da destinare al controllo a distanza dell’attività produttiva ( ad es. la videosorveglianza);dall’altra, invece, l’utilizzo di strumenti che il datore mette a disposizione dei propri dipendenti ( ad es. telefoni, tablet, etc…) nonché di quelli necessari alla rilevazione di presenza o all’accesso nelle aree produttive.
Il nuovo art.4 sui controlli a distanza. Lo statuto dei lavoratori dopo il Jobs Act Copertina flessibile – 31 mag 2016
I primi possono ancora essere utilizzati dal datore solamente per esigenze organizzative e produttive, ai fini della tutela del patrimonio aziendale nonché in materia di tutela della salute e sicurezza. La legittimità della loro installazione si fonda sul raggiungimento di un accordo sindacale circa le loro modalità di utilizzo (accordo che , ricordiamo, deve essere stipulato con le RSA o RSU costituite nell’azienda, ovvero con I sindacati maggiormente rappresentativi a livello territoriale o nazionale). In assenza di tale accordo, a seconda delle dimensioni dell’impresa, il datore di lavoro deve ottenere la relativa autorizzazione dalla competente Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero del Lavoro. Peraltro, tali Organismi non esauriscono la loro azione con il rilascio della suddetta autorizzazione, poiché sono legittimati anche al controllo del regolare utilizzo di tali apparecchiature Per l’utilizzo dei secondi, invece, l’attuale norma ha previsto la possibilità di un controllo (c.d. diretto) In questo caso, infatti, il datore di lavoro è esonerato dall’obbligatorietà di raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali, ovvero di ottenere l’autorizzazione ministeriale; dunque, il controllo non necessita più dell’esigenza organizzativa o produttiva. Orbene, è di primaria importanza sapere che , di fatto, il datore può utilizzare le informazioni reperite attraverso la “fase di controllo” per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro. Il tutto però può avvenire solo qualora vengano rispettate obbligatoriamente alcune condizioni quali:
Corretta e chiara informazione ai dipendenti circa le modalità d’uso degli apparecchi, nonché di quelle con le quali verrà esercitato il controllo;
Obbligatorietà del rispetto della normativa in materia di privacy ( D.lgs n. 196/2003).
Qualora si ravvisi, di fatto, l’inosservanza di una delle condizioni ivi indicate, l’utilizzo delle informazioni reperite attraverso i sistemi in oggetto sarà ritenuto illegittimo e , di conseguenza , illegittimo qualsiasi provvedimento adottato nei confronti del lavoratore ai fini, ad esempio, di un licenziamento, ovvero di un provvedimento disciplinare.
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Andrea Pagnotta
Praticante e collaboratore presso studio legale in Roma