Il permesso di soggiorno ex art. 31 del d.lgs. n. 286/98
Il permesso di soggiorno ex art. 31 del d.lgs. n. 286/98
La lettura attraverso la consulenza legale integrata dall’attività di Servizio Sociale libero professionale
a cura di
Avvocato Grazia MAPPA – Foro di Taranto
Ordine degli Avvocati di Taranto – N. Iscr. 4125
Assistente Sociale dott. Lorenzo Scalabrino – Palermo
Ordine degli Assistenti Sociali Regione Sicilia – N. Iscr. B/7739
Nota a Decreto emesso nel proc. n. R.G.V.G.72/2021 Corte di Appello di Lecce Sezione Distaccata di Taranto – Estensore Dott.ssa C. Calabrese – Presidente Dott. P. Genoviva
La Corte di Appello in accoglimento del reclamo ad essa sottoposto così si pronunciava: “La speciale autorizzazione di cui all’art. 31 D. Lgs. 286/98 si fonda sul divieto di espulsione di cui all’art. 19 co. 2 lett. A, il rilascio della suddetta autorizzazione non può fondarsi solo ed esclusivamente su situazioni eccezionali e contingenti afferenti lo stato di salute del minore, quanto sul concetto di integrazione da valutarsi quale elemento integrativo che concorre alla formazione del giudizio prognostico circa l’accertamento del nesso causale tra l’allontanamento del genitore e gli effetti pregiudizievoli sull’equilibrio psico-fisico del minore”.
Sommario: 1. Premessa – 2. Il caso – 3. L’attività in giudizio – 4. Excursus dell’analisi integrata di servizio sociale – 5. Conclusioni
1. Premessa
Un fatto giuridico è al tempo stesso un fatto sociale ed è per questa ragione che ogni attività in giudizio, nel focus della sua decisione, dovrebbe tenere in considerazione una visione complessa, una rappresentazione frutto del contributo scientifico di più discipline.
Sebbene spesso si ritenga la Legge una dottrina poco vincolata ad altre, è bene ricordare che questa muta da sempre in relazione alle più svariate evoluzioni sociali, determinazioni umane che hanno contribuito a significativi mutamenti culturali tali da stravolgere fogge normative che si pensavano essere inalterabili.
Uno di questi fatti sociali – che da sempre influenza la radice del corpus legi della quasi totalità delle Nazioni – è il fenomeno dell’immigrazione, un fatto considerevolmente imponente tale da destrutturare i preesistenti assetti socio-politici e richiedere il ristabilire dell’equilibrio degli ordini delle società civili (e non solo di quelle ospitanti).
Il fenomeno dell’immigrazione quindi, non ha solo rimandato alla necessità di nuove norme, ma finanche ad una riorganizzazione delle molte strutture Statali e dei Servizi quali i Servizi Sociali, le Scuole, i Servizi Sanitari e la stessa Giustizia che si sono dovuti ri-adattare alle nuove realtà.
Proprio all’interno di questa cornice d’insieme, l’articolo vuole porre l’attenzione su un caso – trattato presso il Tribunale per i Minorenni di Taranto in prima istanza e dalla Corte di Appello in secondo luogo – che, sulla base di due diversi contributi scientifico-metodologici condotti in giudizio, ha consentito di apportare una differente lettura ai contorni regolamentativi dell’art. 31 del D. Lgs.286 del 98.
2. Il caso
Brevemente è necessario riportare che – nel caso in esame – il bambino, nato a Taranto da genitori di nazionalità Giorgiana regolarmente sposati e conviventi, dopo la nascita viene dimesso dall’Ospedale con diagnosi di brachicardia ed aumento degli indici di flogosi, condizione per la quale ai genitori vengono concessi i benefici ai sensi dell’art. 31 del D. Lgs. 286 del 98.
Ne consegue che al minore viene pertanto riconosciuto il diritto a permanere sul territorio dello Stato italiano a tutela del suo sviluppo psicofisico, della tutela del suo stato di salute e per il prosieguo delle dovute e necessarie cure mediche.
Nel corso del tempo, l’iniziale quadro diagnostico migliora fino al punto di permettere al minore di prendere parte alla vita sociale senza alcuna limitazione.
Così come per il bambino, anche per i suoi genitori il processo di integrazione e l’adattamento al nuovo tessuto sociale avviene fattivamente con positiva gradualità, naturalezza e spontaneità.
I coniugi dopo avere ottenuto un primo Permesso di Soggiorno, allo scadere del termine, rinnovano l’istanza al fine di continuare a garantire al loro bambino la tutela del suo benessere psicofisico ed un futuro dignitoso.
Tuttavia l’istanza viene rigettata con la prospettiva per l’intero nucleo di dovere ritornare nel Paese d’origine – o forse chissà dove – andando incontro ad un futuro incerto.
Il Tribunale per i Minorenni di Taranto, nelle sue motivazioni, sostiene che le premesse per la concessione del Permesso di Soggiorno non sussistano più e che i fatti addotti – riportati nel deposito dell’avvocato e poste in evidenza per il tramite di una relazione tecnica redatta da un Assistente Sociale nominato dai genitori del minore – attengano sostanzialmente alle aspirazioni dei genitori e non a dati di fatto che comprovino il radicamento insuperabile del minore nel tessuto sociale.
Ne consegue quindi il reclamo in Corte d’Appello che, attraverso il metodo di intervento integrato già posto in primo grado e su istanza di parte, chiede il riconoscimento delle condizioni sociali e di diritto legittimanti la permanenza sul territorio italiano del minore ai sensi dell’ex art. 31.
3. L’attività in giudizio
I richiedenti in data 11 maggio 2020, presentano – senza l’assistenza di un difensore – autonoma richiesta di autorizzazione ai sensi ex art. 31 D. Lgs. 286/98 presso il Competente Tribunale per i Minorenni che di fatto viene rigettata.
Attesa la delicatezza del caso, la famiglia nomina un legale di fiducia che, nell’espletamento dell’iter stragiudiziale e giudiziale, si avvale dall’assistenza di un consulente Assistente Sociale che svolge attività in regime di libera professione.
La scelta metodologica trova ragion d’essere nella volontà di porre – con opportuna disamina tecnica – all’attenzione dell’organo giudicante, la necessità di tutelare l’interesse primario del minore attraverso una lettura estesa della tutela del benessere psicofisico che – secondo la tesi sostenuta – non è rappresentata dalla sola presenza di uno stato di salute invalidante.
Partendo dall’analisi documentale processuale, si rilevava come la precedente pronuncia del Tribunale per i Minorenni di Taranto non ha opportunamente preso in considerazione l’intera vicenda familiare, limitandosi sostanzialmente ad un’interpretazione rigorosamente normativa.
Il ricorso depositato in data 03 settembre 2021 ed iscritto al n. di R.G.V.G. 689/2021 – correlato dall’attività tecnica di parte – ha voluto per questi motivi – dare un’interpretazione fattualmente rilevabile e concretamente applicabile alla realtà dei concetti previsti nell’anima del testo prescrittivo posti a difesa della coesione familiare e della relazione fra questa e la tutela dell’interesse superiore del minore, senza che questi venisse sradicato dal territorio ove già cresce e socializza.[1]
A conforto della tesi difensiva – oltre alle più articolate norme in materia di tutela internazionale – v’è persino la pronuncia emessa dalla Corte di Cassazione SS.UU. n. 823/10 e n. 21799/2020, la quale dichiara che: ai fini della concessione dell’autorizzazione ex art. 31 T.U., non vi devono essere necessariamente situazioni eccezionali e di urgenza strettamente collegate alla salute del minore, potendo la stessa essere subordinata a qualsiasi danno effettivo e concreto derivante al minore dallo sradicamento dal territorio nonché dall’allontanamento delle figure genitoriali.[2]
Tuttavia, pur fronte di tali considerazioni, il Tribunale per i Minorenni di Taranto rigetta la richiesta non ritenendo appropriate né l’interpretazione normativa addotta in giudizio ivi comprese le relative pronunce nazionali ed internazionali, né la valutazione di Servizio Sociale basata sulle (sole) aspirazioni dei genitori e non anche a fatti che comprovassero il radicamento del minore nel tessuto sociale.
A fronte di tale motivazione, è stato inevitabile proporre reclamo dinnanzi la Corte di Appello di Taranto che, corredato di ulteriore valutazione tecnico-specialistica, ha posto in evidenza altre ed ulteriori letture di più ampia interpretazione dei fatti e delle dinamiche socio-familiari meritevoli delle tutele di cui all’art. 31.
L’indagine integrata condotta infatti, ha voluto precipuamente e analiticamente tener conto delle peculiarità familiari e di ogni possibile variabile – età, condizioni di salute, scolarizzazione, continuità e presenza del rapporto genitoriale – influente sul benessere globale del minore, ovvero di ogni altro elemento sociale vantaggioso come norma prescrive.[3]
Attraverso tale attività si rilevare come, uno sradicamento del minore dal Territorio nel quale è cresciuto e si è stabilmente integrato rappresenta un’indubbia violazione dei diritti del minore per il quale vige il divieto di espulsione rappresentandone grave fonte di danno fisico e psicologico per l’allontanamento dai suoi genitori.[4]
La Corte di Appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto, pronunciandosi sul reclamo proposto nei termini di cui sopra, revoca quindi il decreto n. 1079/2021 emesso dal Tribunale per i Minorenni accogliendo le doglianze esposte dall’analisi legale e sociale confermando la sussistenza dei presupposti autorizzativi così come articolato in ricorso.
Puntuale la Corte di Appello aderisce e conferma l’assunto socio-giuridico secondo il quale, alla luce dell’analisi condotta sul minore e sulla famiglia da parte dell’Assistente Sociale, ritiene che, l’allontanamento coattivo degli odierni reclamanti, possa avere con elevata probabilità effetti pregiudizievoli sull’equilibrio psicofisico del minore; tenuto conto dell’età, della scolarizzazione e dell’assenza di condizioni economiche e sociali in Georgia in grado di garantirgli una esistenza degna come in Italia”[5].
Nello specifico – rispetto al primo grado di giudizio – sono definiti contorni e limiti di applicazione della norma di cui all’art. 31, dare origine ad un bilanciamento e coordinamento tra le disposizioni di carattere costituzionale e le fonti del Diritto Internazionale minorile.
Se – in primo grado – il Tribunale per i Minorenni ritiene che quanto addotto dai ricorrenti fosse inappropriato, in Secondo Grado si sottolinea la bontà delle stesse motivazioni tecnico-giuridiche “anche in deroga alle altre disposizioni della legge …, tenuto conto delle esigenze dei minori, in funzione di assistenza ai figli medesimi, per un periodo di tempo determinato, necessario al perfezionamento della procedura di ricongiungimento familiare”.
Tale disposizione non può che essere letta in combinato disposto con la Convenzione sui diritti del fanciullo, la quale garantisce la vigilanza degli Stati contraenti affinché il fanciullo non si separi dai suoi genitori.
Quanto espresso dalla Corte d’Appello appare quindi analisi interpretativa illuminata che ha trovato fitto riscontro argomentativo nella particolareggiata analisi condotta non solo sul piano giuridico ma anche sociale dei tecnici intervenuti a difesa ed assistenza della famiglia e del minore.
4. Excursus dell’analisi integrata di servizio sociale
Premesso che il minore – quale soggetto giuridico – è titolare di diritto soggettivo e non di mero interesse materiale a supporto della tesi, sia in primo grado che in Corte d’Appello, è stato necessario rilevare la sussistenza di quelle condizioni sociali e di diritto legittimanti la sua permanenza sul territorio italiano, ovvero la bontà del percorso intrapreso dai genitori a tutela del benessere psico-fisico del figlio per la concessione del successivo rilascio del Permesso di Soggiorno ai sensi dell’ex art. 31.
In ragione dell’interesse superiore del minore, si è proceduto metodologicamente per rappresentare ogni condizione imprescindibile per il proseguo del percorso (già avviato) a garanzia di quei diritti fondamentali attraverso i quali la persona può assicurare la propria libertà ed autonomia senza che – come nel caso di specie – la presenza di uno stato invalidante e/o patologico possa da solo influire sulla decisione in giudizio.
Per la prima volta si è posto in rilievo come i gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico – previsti dalla norma – non debbano essere caratterizzati dall’eccezionalità e temporaneità, quanto rimandare alla promozione ed allo sviluppo e futuro del minore.
Dall’analisi documentale – e quindi dall’esame oggettivo degli atti messi a disposizione dai genitori del minore e dal legale difensore – nonché dal riscontro dei fatti ottenuto attraverso lo strumento del colloquio conoscitivo-analitico e della valutazione socio-ambientale acquisita attraverso l’attività della visita domiciliare, è stato possibile valutare l’insieme dei dati oggettivi rappresentativi di uno stato (quello del minore) per il quale i coniugi potessero continuare a permanere sul territorio dello Stato italiano, permanenza posta a garanzia del progetto di tutela nei confronti del figlio.
L’osservazione, dapprima, si è concentrata sul periodo successivo alle dimissioni del bambino dall’ospedale e quindi sulle attenzioni che i genitori hanno posto sul suo stato di salute.
Conseguentemente è stata posta attenzione alla progettualità che i coniugi hanno pensato per il proprio bimbo e quindi sulle attività intraprese per la sua corretta integrazione sociale.
Infine, l’analisi si è concentrata sulle attività quotidiane e di integrazione sociale dell’intero nucleo familiare.
Dall’indagine emerge che la coppia – seguendo le indicazioni del personale medico-ospedaliero e del pediatra di libera scelta – è riuscita ad assicurare al proprio bambino ogni intervento terapeutico e preventivo a tutela del cagionevole stato di salute fino alla sua completa guarigione sebbene, ad oggi, non manchi un costante monitoraggio clinico.
Il minore è stato quindi regolarmente iscritto al nido mantenendo nel tempo una costante frequenza scolastica, un confacente apprendimento ed una proficua ed adeguata relazione con il gruppo dei pari e delle altre figure adulte di riferimento.
Anche i genitori hanno dimostrato continuità rispetto alla relazione con i referenti scolastici partecipando con interesse alle attività scolastiche ed extrascolastiche del figlio e riuscendo ad instaurare e mantenere una buona relazione con gli altri genitori.
La valutazione dell’idea progettuale futura per il proprio bambino permette di apprezzarne positivamente la responsabilità del ruolo genitoriale risultato, questo, adeguato e responsabile in ordine alle oggettive esigenze del minore stesso. Positivo
Il desiderio della coppia è quello di assicurare al figlio una costante istruzione e la possibilità di crescere e vivere in una società garante di quelle opportunità di buona vita sociale.
Allo stesso tempo è stato possibile osservare l’interesse posto dalla coppia nei confronti del lavoro, escludendo la possibilità di usufruire della maggior parte degli ammortizzatori sociali messi a loro disposizione.
I coniugi, sin dall’arrivo in città, grazie al supporto della rete di connazionali, sono riusciti facilmente ad integrarsi migliorando progressivamente le proprie condizioni di vita anche abitative che, nell’insieme, sono apparse adeguate e funzionali sebbene migliorabili.
Il loro processo di integrazione, ancora, è apparso edificante e propositivo non solo per la frequenza di un percorso di alfabetizzazione ed approfondimento della lingua italiana, ma anche per l’impiego profuso nella ricerca attiva del lavoro che ha permesso loro di trovare e mantenere rapporti lavorativi che – seppur non sempre regolarizzativi – hanno consentito la conduzione di una vita dignitosa.
Il nucleo – sul quale il Servizio Sociale Professionale territoriale relazionava in termini positivi e la Divisione Anticrimine riscontrava l’assenza di denunce o pregiudizi di Polizia a carico dei genitori del minore – nel corso del tempo dimostra quindi di condurre una vita rispettosa delle norme del Paese ospitante anche – e non è banale – degli impegni economici costituiti ad esempio dal pagamento delle utenze, della retta scolastica e del pagamento del canone di locazione.
Nel loro progetto futuro la coppia, per quanto verbalizzi un certo attaccamento alla realtà ospitante, non pone vincoli e/o limitazioni territoriali essendo disposti a spostarsi in altre città del Paese se questo vorrebbe significare andare incontro a migliori condizioni di vita sociale e lavorativa.
L’attività condotta – seppur di parte – sempre e soprattutto nell’interesse superiore del minore e nel rispetto della deontologia professionale si è conclusa con la redazione di una relazione tecnica che, deposita dall’avvocato difensore negli atti e nelle memorie del giudizio, ha consentito ai tribunali giudicanti non il mero elencare di fatti riscontrati, ma – nel corpo delle motivazioni – una lettura sociologica intenta a fornire una più ampia visione del concetto dello stato e di tutela del benessere psicofisico affinché non solo la presenza di una malattia potesse rappresentare elemento a sostegno dell’istanza prodotta ai sensi dell’ex art. 31 del D. Lgs. 286 del 1998.
Posto ciò è bene sottolineare che in primo grado il Tribunale nega il beneficio poiché – secondo una lettura rigorista – non ritiene sussistano più le condizioni per Legge imposte.
Ritendo la tesi valida sia i genitori che i tecnici incaricati propongono ricorso in Corte d’Appello non soltanto ribadendo tutto quanto addotto, ma ampliando ed argomentando ancora sulle motivazioni che dovrebbero garantire al minore interessato ogni tutela dovuta al di là del suo stato di salute.
5. Conclusioni
L’attività sinergica socio-giuridica si è basata su due presupposti sostanziali: l’approfondimento della legislazione di riferimento – anche in materia di tutela internazionale a beneficio di soggetti minori di anni 18 – e la relazione fra questa e la tutela del minore nella sua globalità.
Allo stesso tempo ci si è posta la domanda se una società civile organizzata e rispettosa dei diritti dell’uomo, dopo avere concesso ad un minore – per il tramite di un beneficio concesso ai genitori – la possibilità di intraprendere un percorso di vita potenzialmente favorevole, dovrebbe – ad un certo punto – negarglielo.
L’esame preventivo dei contenuti dell’art. 31 del D. Lgs. 286 del 98 è risultato fondamentale per estendere la ricerca sul significato esteso del concetto di benessere ed integrità psicofisica rappresentata – secondo la tesi sostenuta – non soltanto dall’assenza di uno stato patologico, ma dall’insieme delle condizioni oggettive non discriminanti che conferiscono al soggetto (minorenne) un’adeguata qualità della vita.
Ripercorrendo le fasi delle attività e delle motivazioni addotte in giudizio e delle contestuali analisi integrate di Servizio Sociale, è possibile sostenere che la condotta posta in essere dalla coppia e lo stesso stato di fatto del minore siano rappresentativi di tutti i presupposti per la concessione dei benefici stabiliti dall’articolo summenzionato.
Se è vero che l’impegno e l’attenzione dei genitori ha permesso al minore di raggiungere uno stato di salute ottimale per poter iniziare un percorso di vita (verso l’indipendenza) è altrettanto vero che il regolare inserimento scolastico ne rappresenta la naturale conseguenza.
Nel caso trattato l’istruzione è pertanto una (la prima in realtà) delle componenti fondamentali poste a garanzia e tutela di un soggetto fragile qual è – come nel caso trattato – un minore già attenzionato dallo Stato per problematiche di salute e figlio di genitori privi di un regolare permesso di soggiorno.
La scuola – così come la Costituzione Italiana afferma – rappresenta la prima agenzia formativa ed educativa dopo la famiglia e sin dai primi anni di vita garantisce ad ogni bambino la possibilità di costruire un futuro sociale e lavorativo dignitoso.
Nel rispetto e tutela di queste condizioni e partendo dal presupposto che nessun sistema scolastico europeo è senza alunni migranti e considerato che il numero (conseguente da questa forma di integrazione) è in continua ascesa è possibile sostenere che il minore attore principale della vicenda è parte integrante di questo sviluppo della società e delle sue politiche scolastiche d’integrazione.
Pertanto partendo da questo assunto è possibile affermare che l’integrazione scolastica – in quanto diritto universalizzabile e costituzionalmente impresso nel corpo degli artt. 33 e 34 della Costituzione Italiana – rappresenta un diritto sociale che deve essere garantito sia ai cittadini, sia agli stranieri poiché questo stesso diritto è rappresentativo – nell’insieme delle concessioni di altri benefici e Servizi garantiti da uno Stato Civile – di un benessere psicofisico che non esclude nessun aspetto della vita di ogni essere umano.[6]
Da ciò ne nasce la convinzione che un percorso di vita come quello del minore interessato – già ampiamente avviato, non può essere interrotto se non per gravissimi motivi che ledono la sicurezza dello Stato stesso.
Lo stato di tutela di simili situazioni – così prevede l’art. 30 della Costituzione – deve essere agevolato pertanto attraverso ogni misura economica e legislativa predisposta nella piena garanzia sociale dell’integrità del nucleo familiare che non può essere mai disgregato se non per gravi pregiudizi.
Se ciò mai dovesse quindi accadere, ovvero se il diritto venisse negato o ancor peggio il nucleo si dovesse trovare nella posizione di essere diviso, è proprio in questi termini che verrebbe a determinarsi un grave pregiudizio generato dallo stesso identico Stato che dovrebbe prevenirlo.
A supporto di questo convincimento la Legge afferma che al minorenne straniero che entra in Italia, anche se in modo illegale, sono riconosciuti tutti i diritti garantiti dalla Convezione di New York sui diritti del fanciullo, la quale – tra i suoi principi ispiratori – afferma che in tutte le decisioni relative al soggetto minore di anni 18 deve essere considerato prioritariamente “il suo superiore interesse”.
Ne consegue che è dovere dello Stato Italiano[7] adottare ogni provvedimento affinché lo stesso soggetto fragile venga tutelato[8]ritenendone il suo interesse superiore una considerazione preminente[9].
Non avendo nessuno il diritto di negare ad un bambino un futuro potenzialmente favorevole, ne consegue che il proseguo di condizioni di vita vantaggiose, attraverso la regolarizzazione della permanenza in Italia, rappresenti per questo minore la base per la propria realizzazione personale ed il mantenimento della sua integrità psico-fisica condizione questa che interessa il rapporto tra i fatti psichici[10] e quelli fisici[11] e/o fisiologici.
Se quindi è possibile affermare che l’integrità psicofisica è data dall’insieme delle condizioni oggettive non discriminanti che conferiscono al soggetto un’adeguata qualità della vita[12], è bene ricordare che i genitori di questo minore hanno fornito un notevole contributo affinché ciò potesse realizzarsi.
Sebbene sia innegabile che questi genitori pongano naturali aspettative[13] nei confronti del loro bimbo, in realtà hanno solamente fatto quanto nelle loro possibilità e sperato sempre nel meglio, e se poi il Tribunale di Taranto ha sostenuto che le motivazioni addotte in sede di ricorso siano rappresentate da aspirazioni dei genitori e non a dati di fatti che comprovino il radicamento insuperabile del minore nel tessuto sociale è giusto dire che il sé aspirazionale è positivo per definizione.
Nell’esercizio delle funzioni e responsabilità genitoriali la coppia, anche in assenza di oggettivi pregiudizi di Polizia, sembra poi rappresentare il contrario di quanto stabilito dal secondo capoverso dell’ex art. 31 che revocherebbe la permanenza di un minore sul territorio italiano … per attività incompatibili con esigenze del minore o con la permanenza in Italia.
Quanto al radicamento sociale, infine, l’elemento essenziale è costituito dall’apertura a qualcosa che è estraneo (nel senso di nuovo), che si coltiva nel tempo e con il tramite del tempo.
Se per questi genitori il radicamento è forse rappresentato da un riadattamento alla (nuova) realtà, per questo bimbo il radicamento è un processo naturale già avviato e che sta risolutamente iniziando a strutturare in lui una forma di appartenenza ed attaccamento.
Seppur in forma elementare – ad esempio – attraverso la quotidianità degli incontri e delle relazioni con i suoi compagni di scuola e di ogni altra opportunità di socializzazione, il minore sta sperimentando nuove forme di autonomia, sta progressivamente (socialmente e psicologicamente) aderendo al tessuto sociale che lo ospita sin dalla sua nascita e che, tra i tanti vantaggi ed opportunità, gli ha già consentito – oltre ad usufruire delle dovute cure mediche – una naturale acquisizione linguistica componente (questa) che traccia fortemente uno dei fondamentali aspetti dell’appartenenza ad un luogo avvertito e vissuto come “casa”.
In ultimo è possibile sostenere che, sulla base dell’interpretazione estensiva della norma, la Corte di Appello di Taranto ha condiviso ed accolto un’innovativa lettura del concetto di tutela del benessere psicofisico, intimamente connesso alla nozione di radicamento sul territorio e al nesso di causalità tra l’allontanamento delle figure genitoriali ed i conseguenti effetti di pregiudizio sul minore[14].
“Casa”
Per tutti la vita è un ritorno a casa … per tutti, tutti i cuori irrequieti del mondo cercano tutti la strada di casa. È difficile cosa provassi allora, immaginatevi di camminare per giorni in un turbine di neve senza neppure accorgervi di camminare in tondo, la pesantezza delle gambe nei cumuli, le vostre grida che scompaiono nel vento con la sensazione di essere piccoli e immensamente lontani da casa … Casa, il dizionario la definisce sia come un luogo di origine sia come uno scopo o una destinazione …
Tratto dal film Patch Adams, 1998
Bibliografia
NOVARA D. – BOCCALINI L. Tutti i grandi sono stati bambini. Per un uso educativo della convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, Torino, Ed. EGA, novembre 2000
AA.VV. Minori Giustizia. Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia n. 3/2011, Ed. Franco Angeli, ottobre 2011
ZANFRINI L. Sociologia della convivenza interetnica, Editori Laterza, 2004
ZANFRINI L. Sociologia delle migrazioni, Editori Laterza, 2007
[1] Cfr. T.U. D. Lgs. 286/98 il Diritto all’unità familiare (art. 28), l’Istituto del ricongiungimento familiare (Art. 29) ed il permesso di soggiorno per motivi familiari.
[2] SS.UU. 25 ottobre 2010 n. 21199. Sulla stessa scia si veda Cass. Ordinanza n. 15025/2012- Cfr. Corte Appello di Napoli, decreto n. 311 del 13 novembre 2015.
[3] La sentenza Cass. 10 settembre 2015, n. 17942, in Dir. Giust. 2015, 76, con nota di ACHILLE, Genitore straniero e diritto all’unità familiare: la Cassazione chiarisce i presupposti per l’autorizzazione a rimanere nel territorio nazionale.
[4] Cfr. Cass. SS.UU. n. 823/2010; Cass. n.21799/2020: “nel valutare I gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, bisogna guardare anche alle conseguenze derivanti da un possibile sradicamento del minore dal territorio Italiano e/o da un forzoso allontanamento dei familiari dello stesso”.
[5] Cfr. Sentenza Tribunale di Bari n. 4860/2015; Decreto Corte di Appello di Roma, Sez. Minorenni n. 51892/2016; Decreto del Tribunali per i minorenni di Catanzaro n. 5270/17.
[6] Cfr. art. 24 della Carta fondamentale dei Diritti dell’UNIONE Europea (Carta di Nizza) che individua i Diritti dei bambini nei seguenti: 1. protezione e cure necessarie per il loro benessere; 2. in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente.
[7] E quindi dei suoi Organi istituzionali operanti in nome e per conto.
[8] Art. 2 co. 2 Convenzione sui diritti del fanciullo – New York 20 novembre 1989 – ratificata in Italia con Legge 27 maggio 1991, n. 176: “Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considera- zione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo, o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza”
[9] Art. 3 co. 1 Convenzione sui diritti del fanciullo – New York 20 novembre 1989 – ratificata in Italia con Legge 27 maggio 1991, n. 176: In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo de- ve essere una considerazione preminente
[10] Il benessere psicologico ad esempio potrebbe essere serenamente attribuito ad una sana istruzione scolastica.
[11] Come dichiarato anche dall’OMS alla base del benessere fisico v’è anche un certo grado di benessere psichico. Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità.” (OMS, 1948)
[12] E ove tra queste condizioni v’è una confacente ed opportuna istruzione che per norma non può essere negata per nessuna ragione.
[13] Il Tribunale di Taranto – in sede di ricorso – afferma che la relazione (riferendosi a quella redatta dall’Assistente Sociale incaricato dai genitori del minore) contiene osservazioni che attengono sostanzialmente alle aspirazioni dei genitori.
[14] Cfr. art. 8 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (C.E.D.U.), Protocollo Addizionale sottoscritto a Parigi il 20 marzo 1952, ratificati e resi esecutivi in Italia il con L. n. 848/1955: “Diritto rispetto della vita privata familiare. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e famigliare nonché al suo domicilio. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non quando tale ingerenza sia prevista per legge quale protezione dell’ordine sociale”.
La Direttiva emessa dall’Unione Europea in data 29 luglio 2003, nella quale si attribuisce agli Stati che partecipano alla stessa U.E., fra gli altri ivi individuati, anche il compito di “assicurare la protezione della famiglia ed il mantenimento e la creazione della vita familiare”;
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