Il porto di armi da taglio
Il presente scritto persegue l’obiettivo di spiegare, attraverso l’utilizzo di un linguaggio semplice e non strettamente tecnico, quando è possibile portare con sé un’arma da taglio, senza incorrere nel rischio di subire un procedimento penale.
È da sfatare, infatti, la comune convinzione relativa alla possibilità di portare con sé un coltello con lama lunga “fino a quattro dita”. La lunghezza della lama è irrilevante, stante l’intervenuta abrogazione dell’art. 80 del T.u.l.p.s. che collegava la liceità del porto alle misure delle lame[1].
Le norme cui fare riferimento sono l’art. 699 c. p., che disciplina il porto abusivo di armi, e l’art. 4 della l. n. 110/1975, che disciplina il porto di armi od oggetti atti ad offendere. Più nello specifico, l’art. 699 c. p. punisce con l’arresto fino a diciotto mesi “chiunque, senza la licenza dell’Autorità, quando la licenza è richiesta, porta un’arma fuori dalla propria abitazione o delle appartenenze di essa”[2] e con l’arresto da diciotto mesi a tre anni “chi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, porta un’arma per cui non è ammessa licenza”[3]. L’art. 4 della l. n. 110/1975 stabilisce che “senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere” e punisce il trasgressore con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da € 1.000 a € 10.000[4].
Il legislatore con il termine “arma” fa riferimento ad ogni strumento in grado di consentire all’uomo di aumentare la propria naturale capacità di offesa. Si tratta di una nozione molto ampia, che prende in considerazione non solo le armi da taglio, ma anche le armi da fuoco, da sparo e da avancarica e, quindi, per capire meglio quando è lecito portare con sé un’arma può essere utile operare la distinzione tra armi proprie e armi improprie. Le armi proprie sono tutti quegli strumenti la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona. Per quanto riguarda le armi da taglio, che qui ci interessano, comunemente si parla di armi bianche (così definite da alcuni perché non provocano rumore), cioè di armi non da sparo ma che si utilizzano mediante l’energia e l’abilità dell’uomo e che provocano ferite per mezzo di punte o lame di metallo[5]. Le armi improprie, invece, sono tutti quegli oggetti la cui funzione primaria non è l’offesa alla persona e che, pur avendo una diversa e specifica destinazione d’uso (come strumenti di lavoro oppure di uso domestico, agricolo, scientifico, industriale o simile), possono occasionalmente servire, per caratteristiche strutturali o in riferimento a determinate circostanze di tempo e di luogo, all’offesa della persona[6].
Ai fini della qualificazione del “coltello” quale arma propria o arma impropria, deve farsi riferimento, rispettivamente, alla presenza o all’assenza della punta acuta e della lama a due tagli, mentre sono irrilevanti le particolarità di costruzione dello strumento[7]. Il porto di “un’arma bianca”, in quanto arma propria, è vietato in modo assoluto dall’art. 669, secondo comma, c. p.; invece, il porto di un’arma impropria è vietato ai sensi dell’art. 4 l. n. 110/75, a meno che non se ne dimostri il possesso per un “giustificato motivo”. A titolo esemplificativo si rammenta che il porto di un coltello a scatto (cd. molletta) integra il reato di cui all’art. 699, secondo comma, c. p., trattandosi di arma “bianca” propria di cui è vietato il porto in modo assoluto, non essendo ammessa licenza da parte delle leggi di pubblica sicurezza[8], in quanto la sua lama, a seguito dell’apertura, resta fissata nel manico, sì da assumere la caratteristica propria di un pugnale[9]; invece, rientra in quella degli strumenti da punta e da taglio atti ad offendere il coltello a serramanico non a scatto, il cui porto fuori dalla propria abitazione dev’essere sorretto da giustificato motivo[10]. Non esiste una definizione univoca di giustificato motivo; in generale può dirsi che esso ricorre allorquando si è in grado di offrire una spiegazione seria e credibile circa il suo possesso, coerente con la natura e la normale funzione dell’oggetto, con il luogo dell’accadimento e con le condizioni soggettive del portatore[11]. Molta attenzione, pertanto, deve essere prestata alle dichiarazioni rese al momento in cui viene accertato e contestato il fatto, cioè quando gli agenti di p. g. rinvengono il “coltello” e contestano il porto dello stesso senza giustificato motivo, sottoponendolo a sequestro.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, è possibile affermare che, per evitare di subire un procedimento penale, bisogna ricordare che il porto di un’arma propria è sempre vietato, di converso, il porto di un’arma impropria è lecito solo in presenza di un giustificato motivo, perché ciò che conta per il legislatore non è la dimensione del “coltello” o la lunghezza della lama, ma l’attitudine dello strumento all’offesa della persona umana.
[1] Cass. Penale, Sez. IV, sent. n. 1482/2018.
[2] Art. 699, comma 1, c.p.
[3] Art. 699, comma 2, c.p.
[4] Pena edittale così modificata, rispetto a quella originariamente stabilita, con il d. lgs. n. 204/2010.
[5] Al riguardo si rimanda al sito www.wikipedia.org, sotto la voce “Arma bianca”.
[6] Cass. Penale, Sez. II, sent. n. 5537/2014.
[7] Cass. Penale, Sez. I, sent. n. 10979/2014.
[8] Cass. Penale, Sez. I, sent. n. 45548/2015.
[9] Tribunale di Perugia, sent. n. 163/2015.
[10] Cass. Penale, Sez. I, sent. n. 392/2000.
[11] Cass. Penale, Sez. IV, sent. n. 49769/2019.
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Dott.ssa Lucia Sessa
Dottoressa in Giurisprudenza iscritta all'albo dei Praticanti Avvocati Abilitati presso l'Ordine degli Avvocati di Salerno e attualmente impegnata nello svolgimento della pratica forense.
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