Il Presidente di tutti. Prestazioni di unità
Riflettere sulla figura del Capo dello Stato, nonché sulla figura istituzionale più significativa, implica tempo e dedizione. Nel corso degli anni, l’intervento del Presidente della Repubblica è risultato decisivo in termini di funzionalità del sistema costituzionale, specie in quelle situazioni in cui l’organo legislativo è apparso in evidente difficoltà, in quanto circondato da maggioranze strette ed alleanze “sfuggenti”. L’emergenza sanitaria da Covid-19 si è rivelata l’occasione irrinunciabile per esaltare un aspetto peculiare: le dichiarazioni del Presidente della Repubblica assolvono la funzione di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, ed in particolare, delle forze politiche in ordine alle necessità di salvaguardare la coesione territoriale e l’equilibrio tra i poteri.
“Il Presidente di tutti” di Enrico Cuccodoro, professore di Diritto pubblico generale e Diritto costituzionale presso l’Università del Salento, intende sottolineare l’importanza che in Italia continua ad assumere una Presidenza della Repubblica super partes, che rigetta con fermezza qualsiasi lettura della figura e delle funzioni presidenziali discordante rispetto a quanto sancito nella Costituzione, in qualità di “garante” e “custode” della stessa.
La presente opera, composta da sei capitoli affrontati da esperti della materia e soggetti vicini al Quirinale, si apre proprio con il contributo dello stesso Cuccodoro. Il primo capitolo delinea i tratti caratteristici assunti dalla figura presidenziale nei diversi periodi storici, soffermandosi inizialmente sull’insorgenza del “Chief elect”, il Presidente repubblicano, modello ripreso poi d’oltreoceano e scalfito nella Costituzione di Filadelfia del 1787. L’autore pone l’accento sulla trasformazione del potere regio da “sovrano” a “neutrale” dalla quale prende vita la posizione politica del Capo dello Stato, indipendente, imparziale e super partes, in virtù del passaggio dalla forma di monarchia assoluta a quelle monarchico-rappresentative e costituzionali.
Una parte sostanziale di tale capitolo è riservata all’inquadramento costituzionale della suddetta figura. È interessante notare come l’autore tenga ad evidenziare il legame tra il Presidente della Repubblica-Capo dello Stato e l’art. 1 della Costituzione: egli, infatti, “completa l’affermazione della sovranità popolare nell’intero ordinamento, attraverso l’esercizio condiviso dei diversi poteri “nelle forme e nei limiti della Costituzione”, ponendosi con avveduto contributo al di sopra delle formazioni politiche in campo”.
In seguito, l’autore descrive in maniera accurata i poteri e le attribuzioni presidenziali, dai quali emerge la “singolarità” della figura. Maggiore considerazione merita la parte finale: si ammette come i “bruschi” cambi di scenario istituzionale del Paese “rendano evidente il “peso effettivo” e il grado di influenza diretta e di personale determinazione raggiunti dal Capo dello Stato, specie in straordinari tempi di emergenza e sofferenze”.
All’autore si riconosce il merito di aver saputo porre in luce le prestazioni di unità, chiamando in causa tutte le Presidenze repubblicane. In tale sede, per ragioni semplificative, ci si limiterà al confronto tra le due ultime Presidenze, quelle di Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella.
Il primo si contraddistingue non soltanto per essere il Presidente più longevo della storia della Repubblica, ma anche e soprattutto per giungere con maestria ad una puntuale “teoria” del ruolo presidenziale nelle delicate inversioni di sistema. Tale circostanza affiora già nel messaggio di insediamento ed è ribadita nel discorso di fine anno: egli, dopo aver posto in risalto il mancato consolidamento di un modello di rapporti politici e istituzionali, invita le forze politiche ad un dialogo dignitoso in Parlamento e nelle Assemblee elettive.
La Presidenza Mattarella, invece, è segnata da un mix perfetto di osservazione giuridica, politica e costituzionale. Come ben riportato dall’autore, nel corso della pandemia, le dichiarazioni e i comportamenti del Capo dello Stato sono risultati decisivi, sotto diversi profili. In primo luogo, per il rilievo posto alla saldezza dell’unità nazionale; in secondo luogo, per l’esortazione ad una cooperazione tra lo Stato e le autonomie locali (si è parlato di “abuso” delle ordinanze regionali emergenziali, così come di “predominio” statale); infine, per la significativa posizione assunta in tema di correttezza dei processi decisionali seguiti per fronteggiare la pandemia.
L’autore delinea una figura presidenziale lineare e puntuale: il Presidente “non è uomo di parte, ma è uomo delle istituzioni, di tutte le parti nel quadro politico come nel Paese”.
Una considerazione che trova conferma dal raffronto tra i due recenti Esecutivi: nel Governo Conte, il Presidente della Repubblica riveste un ruolo di regia esterna; al contrario, il Governo Draghi si configura come un ministero a trazione “dualista”, incentrato sul binomio Capo dello Stato-Presidente del Consiglio, appoggiato da un’ampia (e ricercata) maggioranza.
Il secondo capitolo è dedicato alle trasformazioni. Dopo una lunga e minuziosa ricostruzione storica, l’autore pone l’accento sulle manifestazioni più cruciali, quelle connesse ai momenti di “collasso” del sistema politico. A tale proposito, si segnalano due episodi emblematici ambedue verificatesi durante la Presidenza Mattarella. Nel primo, il Capo dello Stato richiede maggiore equilibrio circa la nomina al ministero dell’Economia e della Finanza di una figura sostenitrice di tesi euroscettiche (Paolo Savona), tale da minare la posizione di stabilità dell’Italia nell’UE. In tale frangente, emerge la “progressiva transizione del ruolo presidenziale verso una funzione di garanzia allargata, orientata nei confronti partnership dell’Unione europea”.
Il secondo episodio assume spessore per il momento storico di riferimento, nonché la fase acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Con le dimissioni del Governo Conte II, il Presidente si è trovato davanti ad un bivio: andare ad elezioni anticipate, o meno. Nella suddetta circostanza, l’intervento del Presidente ha ponderato rischi sanitari e sociali. La scelta del Capo dello Stato di affidare l’Esecutivo ad un “terzo”, individuato nella persona di Mario Draghi, è giustificata dalla repellente necessità di presentare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) alla Commissione Europea per l’impiego di cospicui fondi a sostegno della crescita del Paese.
La vivace dinamica degli avvenimenti consente di imputare il ruolo del Capo dello Stato ad un organo destinato ad affrontare le molteplici forme di crisi: “crisi sistemica”, crisi politica, crisi economica e crisi sociale.
Il terzo capitolo, affidato al quirinalista Luciano Ghelfi, tratta un tema di notevole interesse, quello delle c.d. esternazioni presidenziali. Esse discendono da una “gemmazione” dell’art. 87 Cost., che direttamente esplicita il tradizionale “potere di messaggio” del Presidente.
Tale prerogativa si sostanzia in due modalità diverse: da un verso, i c.d. messaggi di rinvio delle leggi, con i quali il Presidente informa il Parlamento di discordanze del testo approvato dalle Camere, rispetto al dettato e ai valori costituzionali (art. 74 Cost.); dall’altro, i c.d. messaggi liberi, in virtù dei quali egli richiama l’attenzione del legislatore su questioni sostanziali per il bene della collettività nazionale. Ghelfi evidenzia come il proposito dei nostri Costituenti non fosse quello di far sedere al Quirinale “un notaio muto della vita istituzionale” che tenesse un discorso soltanto in occasione del proprio giuramento. Vi è un appuntamento annuale, diventato ormai una tradizione irrinunciabile, che vede protagonista il Capo dello Stato: il discorso di fine anno. In aggiunta, il quirinalista segnala come taluni Presidenti (in primis Pertini e Scalfaro) abbiamo rilasciato molteplici dichiarazioni estemporanee ai giornalisti; sulle esternazioni “non codificate”, nonché sull’insindacabile possibilità del Presidente della Repubblica di esprimere liberamente il proprio pensiero, si sono accese animate discussioni nei primi 75 anni della storia repubblicana. In ultima analisi, si esalta il parallelo tra il “peso” del Capo dello Stato e i mezzi di comunicazione sussistenti (stampa, radio, social): esso rende “la voce del Quirinale” potente (“una opportunità di cui è auspicabile si sappia fare sempre buon uso”).
Il quarto capitolo è dedicato all’elezione del Capo dello Stato. Le modalità di elezione in Italia, precedute dal quadro comparativo e dalla dinamica storico-politica, risultano delineate in modo esaustivo. L’autore ricorda come esse siano state oggetto di estesa discussione durante i lavori dell’Assemblea Costituente. Due le proposte avanzate, entrambe supportate da rigorose ragioni: elezione a suffragio universale (diretto ed indiretto) ed l’elezione in Assemblea Nazionale (ossia Parlamento in seduta comune o terza Camera), integrata dai rappresentanti regionali.
L’opzione del suffragio universale fu prontamente bocciata sia in Sottocommissione (mirante ad un’integrazione del Collegio elettorale con i rappresentanti delle Regioni), sia in Assemblea Plenaria (concentrata sull’entità della maggioranza richiesta per l’elezione). Una volta relegata l’ipotesi di una elezione popolare diretta, si scelse la via dell’elezione parlamentare, integrata dai delegati delle Regioni. Una decisione dettata dalla necessità di sottolineare come il voto del Capo dello Stato non fosse appannaggio esclusivo delle formazioni politiche e del Parlamento, in ragione della presenza dei delegati dei territori regionali. Infine, l’autore sottolinea come la dinamica costituzionale del procedimento di elezione presidenziale abbia assunto caratteristiche piuttosto differenti a seconda della composizione partitica delle Camere, a sua volta associata allo scenario politico ed alla sua unione con il sistema elettorale vigente.
Significativa la scelta di dare spazio alle riflessioni di uno storico dell’arte. Il quinto capitolo si apre con una descrizione del Quirinale in chiave artistica, al fine di esaltare il Palazzo storico di Roma in relazione alle diverse epoche storiche. In tale senso, infatti, esso muta nel tempo la sua essenza e la sua funzione, fino a divenire la “Casa degli Italiani”.
Il Quirinale non è più solo un palazzo di potere politico, ma è anche “una finestra aperta sulla storia di tutti gli Italiani”. Oggi, più che mai, esso si pone come luogo di “incontro, dialogo e condivisione da vero luogo simbolo del Paese”. Al Presidente della Repubblica si riconosce il grande merito di convertito il Quirinale in un “palcoscenico” di grandi emozioni, aperto a tutti gli individui, ciascuno portatore di una propria storia.
Il sesto ed ultimo capitolo analizza e commenta le disposizioni costituzionali legate alla figura presidenziale. In tale capitolo, si ripone specifica attenzione all’istituto del “semestre bianco”, precisando di un riferimento esplicito nel testo costituzionale in ordine al divieto di rielezione del Presidente della Repubblica. Un’ipotesi però che desta allarme e preoccupazione (esclusa categoricamente da Ciampi e Pertini), che trova concretizzazione solo in presenza di instabilità politica, sociale ed economica (Napolitano). Altro punto toccante concerne il potere di grazia, la cui natura è stata oggetto di riflessione da parte della Corte costituzionale. Come precisato dagli autori, tale istituto presenta ancora zone “buie”: esso, infatti, “non risulta più espressione dell’antica “potestà clemenziale” del sovrano, bensì potere con “duplice valenza” (umanitaria e virtualmente politica)”.
In definitiva, “Il Presidente di tutti” accentua come il Capo dello Stato si sia reso figura-chiave del sistema “non solo nel c.d. quadro del costituzionalismo della crisi, ma anche nell’ordinaria nei rapporti con l’opinione pubblica e nella tutela dei legittimi valori e interessi nazionali e progressivamente sovranazionali”.
Un’opera che vede luce contestualmente all’avvio del semestre bianco. Una sorta di “bussola”, di supporto nei mesi più ardui.
Recensione a E. Cuccodoro, “Il Presidente di tutti. Prestazioni di unità” (con Raffaele Marzo, Luciano Ghelfi, Riccardo Scorza, Alessandro de Bonis, Luana Leo, Marco Colizzi), Aracne, Roma, 2021, pp. 1-136.
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Dott.ssa Luana Leo
La dottoressa Luana Leo è dottoranda di ricerca in "Teoria generale del processo" presso l'Università LUM Jean Monnet.
È cultrice di Diritto pubblico generale e Diritto costituzionale nell'Università del Salento.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso il medesimo ateneo discutendo una tesi in Diritto Processuale Civile dal titolo ”Famiglie al collasso: nuovi approcci alla gestione della crisi coniugale”.
È co-autrice dell'opera "Il Presidente di tutti".
Ha compiuto un percorso di perfezionamento in Diritto costituzionale presso l´Università di Firenze.
Ha preso parte al Congresso annuale DPCE con una relazione intitolata ”La scalata delle ordinanze sindacali ”.
Ha presentato una relazione intitolata ”La crisi del costituzionalismo italiano. Verso il tramonto?” al Global Summit ”The International Forum on the Future of Constitutionalism”.
È stata borsista del Corso di Alta Formazione in Diritto costituzionale 2020 (“Tutela dell’ambiente: diritti e politiche”) presso l´Università del Piemonte Orientale.
È autore di molteplici pubblicazioni sulle più importanti riviste scientifiche in materia.
Si occupa principalmente di tematiche legate alla sfera familiare, ai diritti fondamentali, alle dinamiche istituzionali, al meretricio, alla figura della donna e dello straniero.
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