Il procedimento civile arbitrale: trattamento elettivo su domanda giudiziale ex art. 216 c.p.c.
Teoria e metodo scientifici in uso alla profilassi giudiziaria avversa agli agenti patogeni extraprocessuali di natura negazionista.
Sommario: 1. Gli agenti patogeni extraprocessuali con effetto degradante sull’ applicazione dello strumento ex. art. 216 c.p.c. – 2. Metodo scientifico applicato quale profilassi a fenomeni antigiuridici negazionisti del processo civile arbitrale – 3. Affermazione processuale del Giudice civile arbitrale quale organo tipicamente giurisdizionale “statale” per la tutela di tutti i diritti disponibili
1. Gli agenti patogeni extraprocessuali con effetto degradante sull’ applicazione dello strumento ex. art. 216 c.p.c.
È quasi incredibile, o meglio, a dir poco surreale, fantascientifico ritrovarsi al giorno d’oggi a dover tornare sull’argomento oggetto di questo contributo scientifico, eppure vi è ancora traccia, nella narrativa processuale civilistica (che non possiamo definire contributi di scienza giuridica per ovvie ragioni che spiegheremo nel prosieguo dell’ articolo in parola) , all’ideologia di matrice negazionista di pseudo operatori del diritto, i quali, serbando all’istituto arbitrale una sorta di rancore recondito di ignota natura, si ostinano a vedere e raccontare il processo civile arbitrale come un qualcosa di metafisico, di immaginario, come una sorta di allucinazione giurisdizionale che annebbia i sensi del giurista distogliendolo dalla loro (tanto agognata quanto evanescente) fantascientifica idea surreale del processo arbitrale, quale procedimento privato totalmente escluso dalla giurisdizione statale.
Proprio da qui si deve iniziare a trattare l’argomento in esame, dalla sconfinata eresia giurisdizionale (basata sul presupposto che il giudice arbitrale sia un mero giudicante privato) quale agente patogeno di natura extra processuale.
Nella specie, si rivengono pubblicazioni in riviste giuridiche, manualistica di settore ecc. ,ancora pervase dal pensiero negazionista il quale contro ogni dato scientifico tratto da norme giuridiche sostanziali e processuali che esplicano chiaramente la portata giurisdizionale dell’istituto arbitrale, cerca di negare ciò che è per natura, forma e sostanza innegabile, ovvero il fenomeno arbitrale quale declinazione ordinaria del processo civile italiano.
Per ragioni di economicità espositiva, in questa sede (dati i contributi scientifici già presenti in letteratura di segno positivo sulla natura giurisdizionale dell’arbitrato) si prende in esame in modo specifico l’eresia dilagante che attiene alla negazione del processo civile arbitrale in materia di verifica delle firme su scrittura privata; tale tesi antiscientifica trae origine dalla erronea convinzione in capo agli eretici che il giudice arbitrale sia un mero soggetto privato investito di poteri giudicanti quindi non appartenente alla giurisdizione civile.
Tale eresia provoca una reazione a catena di sconfinata devastazione che può indurre il giurista neofita, ed anche e soprattutto i consociati che vogliono adire il tribunale civile arbitrale per la tutela dei diritti disponibili, compresi quelli alla base dell’istanza ex.art. 216 c.p.c. in commento, a travisare le norme vigenti in materia di arbitrato subordinandole ad una visione fantascientifica negazionista. Nella specie, ancora non sono sopite le voci negazioniste contra legem, che invocano gli istituti degli articoli 2702 -2703 c.c. quale criterio predominante per escludere l’istituto arbitrale dalla competenza nei giudizi sulle materie dell’articolo 216 c.p.c..
2. Metodo scientifico applicato quale profilassi a fenomeni antigiuridici negazionisti del processo civile arbitrale
Seguendo il metodo scientifico quale strumento di analisi della suddetta patologia extraprocessuale, ci si accorge, sic stantibus rebus, che la premessa è totalmente errata, infatti gli istituti civilistici in commento si riferiscono in modo chiaro ed univoco alla procedura di autentica della scrittura privata ad opera di un pubblico ufficiale e non al procedimento civile a norma del 216 c.p.c. che può, anzi deve essere utilizzato anche e soprattutto in sede di processo arbitrale; si è detto autentica e non “verifica” che è cosa ben diversa sul piano processuale se non altro proprio perché la prima e un istituto di parte sostanziale e la seconda è tipica della fase processuale civile.
Fatta questa prima considerazione che di per sé sarebbe aprioristicamente sufficiente e sovrabbondante a classificare come antiscientifica la tesi negazionista è di necessaria impellenza didattica, ai fini che ci occupano, dimostrare l’inconsistenza giuridica delle suddette convinzioni di matrice negazionista; se infatti volessimo assegnare un valore numerico 0 (determinato dalla incoerenza ed assoluta insostenibilità scientifica del postulato negazionista ad essi collegato) ad ognuno dei due fattori che sono indicati dagli istituti rappresentati in questa sede (proprio perché chiamati in causa dagli ambienti negazionisti)dagli artt.2702-2703 c.c., assegnati i coefficienti 0, sommando il primo al secondo, ad entrambi i fattori avremo come risultato 0+0=0 ovvero otterremo la negazione scientifica del postulato negazionista che si auto estingue a causa della sua inconsistenza proprio perché fondata su basi antiscientifiche e ragionamenti antigiuridici.
Dopo aver confutato e dimostrato in scienza e in diritto tale aberrante tentativo, teso a denigrare l’istituto arbitrale, possiamo andare avanti richiamando brevemente il contenuto delle due disposizioni di diritto civile sopra richiamate, le quali sostanzialmente ci informano che la scrittura privata fa piena prova delle dichiarazioni di colui che l’ha sottoscritta se colui contro il quale la dichiarazione è prodotta ne riconosce tale sottoscrizione oppure se questa è legalmente da considerarsi come riconosciuta tramite autentica notarile che consiste nell’attestazione che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza.
Fatta questa breve esplicazione , non v’è chi non veda che gli argomenti derivati dalla lettura degli articoli 2702-2073 non siano pertinenti alla tematica in oggetto , ovvero la verifica delle firme in sede di giudizio civile arbitrale; infatti la stessa formula di rito, ovvero l’art.216 c.p.c. non parla di autentica (attività tipica del pubblico ufficiale , di matrice extra giudiziale), ma di “verifica “ovvero quell’attività istruttoria in fase giudiziale svolta dal giudice civile (e il giudice arbitrale è pleno iure giudice civile ordinario) sia in ambito incidentale sia con azione principale finalizzata allo specifico accertamento della provenienza delle sottoscrizioni di una scrittura privata.
Come si può notare la verifica giudiziale è cosa ben diversa dall’autentica notarile, la formula processuale già di per sé segna un confine invalicabile tra le disposizioni di natura sostanziale e l’istituto processuale in commento totalmente rispondente ai requisiti di tutela arbitrale rivolta esclusivamente ai diritti disponibili.
Confutata la tesi negazionista fondata su basi antiscientifiche che metteva in relazione tra loro due istituti di matrice sostanziale con uno di matrice processuale , è necessario in questa sede specificare ancora una volta che, ai fini di un inquadramento generale delle azioni civilistiche azionabili con il processo civile arbitrale , si deve partire dall’assunto di assoluta valenza scientifica e giuridica più volte cristallizzato dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenze 376/2001,223/2013) e dalle sezioni unite del giudice di legittimità con ordinanza n. 24153/2013 che riconosce all’istituto dell’arbitrato la sua genetica appartenenza alla giurisdizione civile e quindi alla sentenza arbitrale il valore e la funzione di una sentenza emessa da un tribunale “tradizionale”.
3. Affermazione processuale del Giudice civile arbitrale quale organo tipicamente giurisdizionale “statale” per la tutela di tutti i diritti disponibili
Assodato su basi scientifiche (le formule scientifiche del codice di rito, il dlgs.40/2006 che ha novellato l’istituto arbitrale inserendolo di diritto tra le tutele giurisdizionali civilistiche, le pronunce dei detti organi di legittimità e controllo costituzionale oltre alle formule scientifiche giuridiche non lasciano dubbi o riserve al riguardo) che il processo civile arbitrale è tipicamente giurisdizionale, che il giudice arbitrale quindi è di diritto facente parte dell’autorità giudiziaria (sul punto si segnala che la stessa Corte Costituzionale definisce il giudice arbitrale quale giudice a quo e tale termine nell’ glossario costituzionale significa autorità giudiziaria alla quale è riconosciuta la facoltà di tipo remittente in ambito di dubbi di Costituzionalità di norme oggetto del processo giurisdizionale) dato che è stato assunto e dimostrato oltre ogni dubbio o riserva che il giudice arbitrale è autorità giurisdizionale.
Sulla base dei dati scientifici sin qui raccolti, si ritiene di aver dissipato ogni possibile dubbio sulla competenza arbitrale del procedimento di verifica ai sensi del 216 c.p.c., che si svolge con attività istruttoria tipica del processo civile ordinario di cognizione, svolta da un organo giurisdizionale arbitrale e quindi statale (il codice di procedura civile non fa mai riferimento a una “giurisdizione” privata, inoltre la stessa Corte di Cassazione dichiara nella suddetta ordinanza che in merito all’attribuzione di un dato procedimento all’attenzione del tribunale arbitrale o tradizionale può ricorrersi al regolamento di competenza, riconoscendo quindi l’appartenenza naturale del processo civile arbitrale rituale alla giurisdizione civile) e tale appunto è il giudice civile arbitrale (sul punto si ricorda che la natura di pubblico ufficiale non è più derivata dalla dipendenza economica dalla pubblica amministrazione del soggetto che esercita la funzione pubblica (nel caso di specie di ordine giudiziario quale è quella tipica del giudice civile arbitrale che non dipende quindi economicamente dal Ministero di Giustizia) bensì dalle funzioni oggettivamente svolte da un soggetto in ambito legislativo, giudiziario ed esecutivo) come anche previsto all’art.357 c.p., 358 c.p. (novellato del c.p. dalla l.81/1992[1] in merito alla nozione di pubblico ufficiale che si ricorda in questa sede è univoca e non è scindibile a seconda degli ambiti di competenza del soggetto che svolge la pubblica funzione ovvero, come nel caso di specie tutti i giudici civili, inclusi quindi anche quelli arbitrali, sono pubblici ufficiali , e valga il vero!) il quale è chiamato dalle norme di rito ad applicare la legge per la soluzione del caso concreto con sentenza (anche definita lodo arbitrale) nel contraddittorio delle parti.
In conclusione , appare evidente che l’unico criterio di base per la soluzione di improbabili dubbi sulla natura del processo civile arbitrale (anche in relazione al singolo caso di specie in esame) sia quello di ricordarsi e ricordare la sua genetica natura giurisdizionale statale (i legislatori ci hanno consegnato un corpus normativo sull’arbitrato perfettamente autonomo che ha il suo senso compiuto senza alcuna necessità di invocare l’emissione di norme processuali, che facoltizzino quelle attività del processo civile arbitrale, che sono già codificate nel codice di rito ed applicate all’istituto arbitrale perché esso è appunto , organo giurisdizionale) la quale include ogni funzione tipica del giudice ordinario declinata in obblighi e poteri, derivanti esclusivamente dalla legge, quali sono appunto quelli inerenti l’attività giudiziale della verifica delle firme ex art.216.c.p.c. anche e soprattutto in riferimento al processo civile arbitrale che, per scelta del legislatore, è la sede elettiva della tutela civilistica di tutti i diritti disponibili.
A conclusione dei ragionamenti sin qui proposti, possiamo affermare che su basi scientifiche e normative il processo civile arbitrale, essendo organo giurisdizionale, non necessita di alcun intervento legislativo, autorizzativo, compensativo di base legislativa, gli basta essere compreso nel Codice di procedura civile e fortunatamente lo è, il resto sono solo eresie giuridiche negazioniste, ma, per fortuna, il diritto è tutt’altra cosa.
[1] Sul punto si richiama la L.86/1990 tramite la quale il legislatore ha definitivamente esplicato il concetto di pubblico ufficiale da intendersi quindi unicamente su base oggettiva, riferita all’effettiva attività pubblicistica esercitata; quel che rileva ai fini della definizione in parola è quindi l’esercizio di pubblica funzione legislativa, giudiziaria o esecutiva. In base a quanto sin qui asserito, non possono ammettersi riserve o dubbi circa la natura giurisdizionale del giudice civile arbitrale il quale, in quanto facente parte della giurisdizione civile è pleno iure pubblico ufficiale.
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