Il proprietario è responsabile per l’uso dell’immobile che concede in locazione
Il locatore, a fronte del pagamento del canone pattuito, presa in consegna la cosa immobile, è tenuto ad osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene, per l’uso determinato nel contratto o per qualunque altro che possa altrimenti desumersi dalle circostanze di fatto. Come nel caso definito con sentenza della Corte di Cassazione Civile n. 24188/2021, può accadere che tale diligenza non venga adottata e che, quindi, il proprietario possa essere chiamato in causa per i danni derivati da negligenza o colpa del suo inquilino a soggetti terzi.
La vicenda processuale. Alcuni condomini avevano agito, in forza degli articoli 844 e 2043 Codice Civile, per ottenere la cessazione di intollerabili immissioni ed il risarcimento dei conseguenti danni, provenienti da un immobile condotto in locazione ad uso di bar notturno con intrattenimento musicale e schiamazzi degli avventori all’esterno. In tal caso, era stata provato che l’eccedenza delle immissioni rispetto ai limiti di legge fosse imputabile anche a colpa del proprietario, per aver concesso in locazione l’immobile, con la consapevolezza di una sua destinazione ad attività molesta ai vicini non già di per sé, quanto più per le concrete modalità di esercizio dell’attività stessa, perché senza l’adozione di particolari precauzioni (mancata installazione di pannelli fonoassorbenti e simili).
La corretta chiamata in causa del proprietario dell’immobile. Di conseguenza, era stata correttamente intentata anche nei confronti del proprietario l’azione di natura reale, tramite la quale si voleva ottenere non soltanto il divieto del comportamento illecito dell’autore materiale del danno, ma ancora di più una sentenza che stabilisse un divieto definitivo delle immissioni, operante nei confronti dei proprietari attuali e futuri, nonché di tutti i loro aventi causa (ovvero anche gli attuali locatori).
E’ stato anche opportuno verificare il contenuto del regolamento condominiale: la prescrizione di non destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell’edificio a determinati usi e di rispettare determinati orari di chiusura, presupponeva che la relativa domanda di accertamento della violazione del regolamento fosse necessariamente rivolta anche nei confronti del proprietario, che aveva il preciso dovere di far rispettare il regolamento al suo inquilino.
La natura del regolamento. La costituzione di servitù che restringa i poteri e le facoltà sulle singole proprietà esclusive presuppone la sottoscrizione dell’unanimità dei partecipanti al condominio, mentre la trascrizione serve per la loro opponibilità ai terzi. Nel caso di specie, gli espressi e specifici divieti inerenti al godimento delle proprietà private erano stati introdotti a semplice maggioranza e, comunque, senza l’espresso consenso negoziale del proprietario dell’unità contrattualmente gravata da detti limiti; pertanto, la suprema Corte ne ha potuto rilevare la nullità d’ufficio.
Il risarcimento del danno è riconosciuto indipendentemente dalla sua quantificazione. Gli ermellini hanno disposto che per la condanna generica al risarcimento dei danni che siano conseguenza di immissioni superiori alla normale tollerabilità è sufficiente che il danneggiato alleghi e provi, sia pure sommariamente, la probabile portata dannosa e che il giudice l’accerti su tali basi. Con la sentenza accertativa e dichiarativa del danno, sarà, infatti successivamente possibile avanzare domanda per determinarne la quantificazione e la conseguente liquidazione.
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