Consiglio di Stato, le condizioni di ammissibilità del provvedimento amministrativo implicito
Con la sentenza n. 589/2019, la V Sezione del Consiglio di Stato è tornata a pronunciarsi su una questione già affrontata dai giudici di Palazzo Spada: la configurabilità del provvedimento amministrativo implicito e le sue condizioni di ammissibilità.
Il provvedimento amministrativo è implicito quando la volontà dell’Amministrazione non si estrinseca in un provvedimento formale, ma è ricavabile da un contegno conseguente o da un comportamento cui non possa essere ricondotto un volere diverso da quello equivalente al contenuto del provvedimento formale non adottato.
In relazione alla configurabilità del provvedimento amministrativo implicito, il C.d.S. si è soffermato sul fatto che, da molte parti, la stessa è stata ritenuta in contrasto con i principi generali sanciti dalla L. n. 241/1990:
con l’art. 2, che dispone che ogni procedimento debba essere definito con un provvedimento espresso;
con l’art. 3, che prevede l’obbligo di motivare ogni provvedimento amministrativo, ciò che difetterebbe nel caso in cui si avesse una manifestazione di volontà dell’Amministrazione tacita o per facta concludentia;
con l’art. 10-bis, che dispone, nei procedimenti ad istanza di parte, la comunicazione tempestiva all’istante, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda, al fine di consentire allo stesso di attivare il contraddittorio, i cui elementi devono essere presi in motivata considerazione dalla decisione;
con l’art. 21-septies, che prevede la nullità dell’atto amministrativo per difetto degli elementi essenziali, tra i quali, secondo i sostenitori di quest’impostazione, rientra senza dubbio la forma dichiarativa esplicita.
Nel caso di specie, i giudici hanno aderito all’orientamento consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, che non nega l’astratta ammissibilità del provvedimento implicito, anche sulla scorta della teoria negoziale, la quale afferma che vi sia parallelismo tra le forme di manifestazione dell’autonomia privata e le forme di manifestazione della volontà amministrativa in forma procedimentale.
In particolare, le censure proposte dall’orientamento contrario sarebbero così superabili:
in relazione all’art. 2, la ratio della norma sarebbe solo quella di impedire all’Amministrazione di tenere comportamenti inerti all’esito del procedimento, imponendo che la stessa assuma una definitiva determinazione, che non deve necessariamente essere esplicita;
in relazione all’art. 3, il fatto che lo stesso legittimi la motivazione per relationem autorizza a ritenere osservato l’obbligo di motivazione qualora essa possa essere ricavata da atti amministrativi sottostanti, tali da prefigurare una relazione di presupposizione con il contegno concludente;
in relazione all’art. 10-bis, la norma è interpretata nel senso che la violazione dell’obbligo di partecipazione dell’istante sia invalidante solo qualora questi alleghi fatti o elementi idonei ad inficiare le conclusioni assunte con il provvedimento impugnato;
in relazione all’art. 21-septies, la norma farebbe riferimento all’assenza delle caratteristiche esteriori necessarie alla qualificazione dell’atto, in ossequio al principio della libertà delle forme ed in coerenza con l’art. 21-octies, che esclude finanche l’annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Alla luce di tali considerazioni, ribadendo quanto già espresso fin da una risalente pronuncia (Cons. St., Sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5758), i giudici hanno affermato che, perché sia ammissibile il provvedimento implicito, occorre che sussistano una serie di presupposti che consentano di ricostruire la volontà tacita dell’Amministrazione. In particolare:
deve esistere, a monte, una manifestazione espressa di volontà dell’Amministrazione, in forma di provvedimento formale o di comportamento concludente, da cui si possa desumere il provvedimento implicito, al fine di contestualizzare lo stesso nel quadro complessivo dell’azione amministrativa;
occorre che l’atto a monte ed il provvedimento implicito provengano da un organo amministrativo competente e nell’esercizio delle sue funzioni;
per l’atto implicito la legge non deve richiedere una forma determinata a pena di nullità;
deve sussistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra l’atto implicito e l’atto presupponente, il primo dovendo costituire l’unica conseguenza possibile dell’atto a monte espresso;
Infine, come chiarito da Cons. St., Sez V, 19 febbraio 2018, n. 1034, è necessario che emergano, dall’iter procedimentale e dalle acquisizioni istruttorie, gli elementi necessari a ricostruire il potere esercitato.
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Graziana Muratore
Laureatasi in Giurisprudenza nel 2014, presso l'Università di Catania, svolge la pratica professionale occupandosi di diritto amministrativo e di diritto civile, collaborando, allo stesso testo, con riviste giuridiche on-line. Dal 2016, è funzionario amministrativo-tributario presso l'Agenzia delle Entrate. Nel 2017, consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense. Affianca all'attività lavorativa, imperniata sul diritto tributario, lo studio costante di diritto civile, amministrativo e penale, con particolare attenzione alle novità giurisprudenziali.
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