Il rapporto tra il ricorso principale ed il ricorso incidentale cd. “escludente”. Intervento della Corte di Giustizia

Il rapporto tra il ricorso principale ed il ricorso incidentale cd. “escludente”. Intervento della Corte di Giustizia

Sommario: Premessa – 1. Le sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 11/2008, n. 4/2011, n.9/2014 e la sentenza della Corte di giustizia del 5 aprile 2016, C-689/13 – 2. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ordinanza di rimessione dell’11 maggio 2018, n. 6 – 3. Corte di Giustizia UE, Sez. X, sentenza 5 settembre 2019, C‑333/18

 

 

Premessa

La stretta connessione esistente tra il ricorso principale e quello incidentale induce ad una attenta riflessione sull’interesse sotteso ad entrambi gli istituti. L’ istituto del ricorso incidentale, così come disciplinato dall’art. 42 del Codice del Processo Amministrativo costituisce uno strumento offerto al contro-interessato per impugnare lo stesso atto, oggetto di gravame, da parte del ricorrente principale ma per motivi diversi da quelli già dedotti ovvero per impugnare un atto connesso.

Il ricorso incidentale mira a paralizzare la possibilità di accoglimento del ricorso principale introducendo una ragione ostativa alle motivazioni dedotte con quest’ultimo. Il ricorrente incidentale tenta quindi di evitare gli effetti pregiudizievoli nascenti da un eventuale accoglimento del ricorso principale lasciando inalterato l’assetto degli interessi configuratisi a seguito dell’emanazione dell’atto, oggetto di impugnazione.

Invero il ricorso incidentale si pone in una posizione accessoria rispetto al ricorso principale per cui il primo non può sopravvivere all’estinzione del secondo. L’interesse del ricorrente incidentale si fonda su due elementi fondamentali: il ricorrente non deve aver subito una lesione attuale che avrebbe determinato l’impugnazione in via ordinaria ed inoltre, il ricorso incidentale viene promosso quando ricorra una lesione “virtuale” dall’accoglimento dell’impugnazione principale.

Dunque l’interesse del ricorrente incidentale non può essere lo stesso interesse fatto valere con l’azione principale ma deve essere diverso e contrapposto. In base a quanto disposto dall’art. 100 del Codice di procedura civile, il ricorrente principale provoca l’intervento dell’organo giurisdizionale per conseguire la tutela di una certa situazione giuridica.

L’istituto del ricorso incidentale risulta inquadrato, a partire dagli anni 80, come rimedio per tutelare l’interesse di una parte rispetto a quella che propone il ricorso principale. Sulla natura giuridica dello strumento del ricorso incidentale si è aperto un notevole dibattito. L’orientamento dottrinale maggioritario colloca il ricorso incidentale nell’ambito delle eccezioni spettanti al contro-interessato per il soddisfacimento di un interesse che è sorto solo a seguito dell’impugnazione principale e da questa dipende. Ne consegue che il ricorso incidentale va articolato in un termine perentorio decorrente dalla proposizione del ricorso principale e non ha portata caducatoria in quanto tende alla conservazione del provvedimento impugnato.

Altro indirizzo giurisprudenziale inquadra il ricorso incidentale nella categoria della domanda riconvenzionale. Tale posizione poggia sulla considerazione secondo cui il ricorso incidentale  è un mezzo di difesa del convenuto consistente nella proposizione di una domanda in contraddizione con quella dell’attore principale. In definitiva il ricorso incidentale non mira solo alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale ma tende anche ad una pronuncia di annullamento dell’atto impugnato dal ricorrente principale ma per motivi diversi da quelli formulati da quest’ultimo.

Infine vi sono posizioni dottrinali che inquadrano il ricorso incidentale come mezzo di concentrazione delle impugnazioni contro lo stesso provvedimento. In particolare si è sostenuto che il ricorso incidentale si inserisce in un giudizio in corso tutelando un interesse che può essere “originario” ma in rapporto di accessorietà rispetto all’impugnazione principale. Nel processo amministrativo non può tuttavia ammettersi che la proposizione del ricorso principale riapra per gli altri destinatari del provvedimento impugnato i termini per contestare gli effetti di quell’atto.

Il ricorso incidentale non trova una immediata coincidenza con gli altri istituti ed infatti si distingue dalla impugnazione incidentale disciplinata dall’art. 333 del Codice di procedura civile che intende soddisfare il principio di concentrazione delle impugnazioni, facendo confluire tutti i gravami aventi ad oggetto lo stesso provvedimento, nel processo instaurato per primo.

Da ultimo bisogna sottolineare che il ricorso incidentale è altresì improponibile nel processo di esecuzione avendo questo  riguardo all’inottemperanza dell’amministrazione rispetto ad una situazione già definita in sede giudiziale.

La natura controversa dell’istituto del ricorso incidentale riflette la conseguente difficoltà nell’applicazione dello stesso sul piano giuridico. In tal senso appaiono ulteriormente giustificate le diverse posizioni giurisprudenziali sorte in relazione al rapporto tra ricorso principale ed incidentale.

1. Le sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 11/2008, n. 4/2011, n. 9/2014. Sentenza della Corte di giustizia del 5 aprile 2016, C-689/13.

La questione del rapporto tra ricorso principale e incidentale è stata oggetto di importanti decisioni della Adunanza Plenaria nel 2008, nel 2011 e nel 2014 e di un primo importante arresto da parte del giudice europeo nella nota sentenza Fastweb del 4 luglio 2013.

Ripercorrendo brevemente quanto affermato in tali pronunce, si rammenta che, in un primo tempo, l’Adunanza Plenaria n. 11/2008 aveva limitato l’efficacia paralizzante del ricorso incidentale su quello principale, affermando che l’esame di trattazione del ricorso (qualunque sia il primo ad essere valutato) non può precludere la fondatezza dell’altro, poiché entrambe le imprese sono titolari dell’interesse minore e strumentale all’indizione di una ulteriore gara.

Come è evidente, quello espresso nel 2008 era un orientamento che attribuiva notevole centralità alla tutela dell’interesse c.d. “strumentale”, cioè il perseguimento dell’utilità connessa alla  ripetizione della gara al fine di conseguire una rinnovata chance di aggiudicazione: in caso di fondatezza di entrambi i ricorsi, appariva all’Adunanza Plenaria più giusta una decisione che  imponesse  l’annullamento  dell’intera  procedura e  determinasse  il conseguente rinnovo della stessa.

La  decisione  del  2008,  benché  espressamente  confinata  alla fattispecie  di  gara  con  due  soli  partecipanti,  conteneva  un  principio  più generale  e  garantista  dell’interesse  dedotto  dalle parti:  sia il ricorrente principale  che  quello incidentale,  infatti,  secondo la Plenaria, avrebbero sempre mantenuto l’interesse all’esame del merito dei rispettivi ricorsi se suscettibili di caducare l’intera procedura.

La decisione del Supremo Consesso esprime un concetto molto chiaro, secondo cui il principio della parità delle parti impedisce una soccombenza anche parziale di una delle stesse, in conseguenza dei criteri logici che il giudice ha seguito nell’ordine di trattazione delle questioni.

Come osservato giustamente in dottrina, infatti, dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 11/2008 derivano importanti conseguenze di carattere teorico, che investono gli stessi concetti di legittimazione al ricorso ed interesse al ricorso. La prima conseguenza, presupposta dalla decisione in esame, è che la partecipazione alla gara, anche se avviene illegittimamente, è fonte di legittimazione al ricorso. In altre parole, l’impresa che viene ammessa a partecipare alla gara diventa, per ciò solo, titolare di una posizione differenziata rispetto al quisque de populo. L’altro corollario che si ricava dalla decisione della Plenaria, non implicito ma individuato espressamente dalla stessa, è che l’interesse strumentale alla ripetizione della gara è sufficiente per ritenere esistente l’interesse al ricorso.

Nel 2011 il Consiglio di Stato intervenne nuovamente sulla complessa questione del rapporto tra il ricorso principale ed il ricorso incidentale, rifiutando la posizione espressa dall’Adunanza Plenaria del 2008 e ritenendo di dover investire della questione giuridica, ancora una volta, la Plenaria medesima affinchè la stessa si pronunciasse in modo chiaro e definitivo.

Secondo l’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria, con decisione n.4/2011, il ricorso incidentale deve essere valutato previamente rispetto al ricorso principale in ragione di una regola, per così dire, di natura logica, indipendentemente dalla capacità del ricorrente principale di dimostrare ed allegare il proprio interesse strumentale. La scelta operata dall’Adunanza Plenaria, nel 2011, creò diverse difficoltà applicative nel momento in cui le imprese interessate al provvedimento amministrativo fossero soltanto due e di conseguenza risultava arduo negare la parità di trattamento tra le parti in causa. La giurisprudenza di primo grado è ritornata sul tema del rapporto tra ricorso principale ed incidentale nonostante la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 2011.

La decisione dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011 è stata recentemente messa in dubbio dal TAR per il Piemonte e dal TAR per il Lazio, che hanno sollevato dubbi sulla correttezza del principio enunciato dal Supremo consesso, secondo cui, come si è detto, il ricorso incidentale interdittivo andrebbe sempre esaminato in via prioritaria rispetto al ricorso principale, e la sua fondatezza comporterebbe il venir meno della legittimazione ad agire del ricorrente principale.

La diatriba giurisprudenziale sul corretto inquadramento del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale si è trascinata a lungo ed in particolare si riaccende quando il giudicante si trovi di fronte a ricorsi che appaiono entrambi fondati. Ebbene la giurisprudenza al fine di arrivare alla formulazione di un orientamento condiviso in modo unanime sul rapporto tra ricorso principale e quello incidentale ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia.

Il Tar Piemonte, con ordinanza del TAR Piemonte, Sez. II. 9 febbraio 2012, v. 208, tenta di ripristinare – attraverso la rimessione all’organo della Giustizia Comunitaria – la posizione assunta dalla precedente Adunanza n. 1/2008. Secondo i giudici del Tar Piemonte risultava arduo analizzare previamente il solo ricorso incidentale visto che tutti i partecipanti erano stati illegittimamente ammessi al bando di gara ed avvallando per assurdo una scelta arbitraria compiuta dalla P.A.

La Corte di Giustizia, partendo da un caso similare già trattato nell’ordinamento austriaco, arriva ad affermare che il ricorso incidentale e quello principale sono equiordinati e quindi devono essere opportunamente esaminati. A ben vedere la decisione della Corte si fonda sul presupposto che ciascun concorrente non deve mai essere privato della possibilità di difendere le proprie ragioni. In verità l’Adunanza Plenaria non ha mai negato con le proprie pronunce il diritto di difesa del concorrente escluso per cui la decisione della Corte di Giustizia mal si attanaglia al caso italiano.

Al contempo i giudici amministrativi del Lazio (Cfr. Tar Lazio, sentenza 10 gennaio 2012, n. 19719) hanno affermato come il principio espresso dal Supremo consesso nel 2011 non sia del tutto condivisibile, ovvero che esso non possa trovare applicazione in ogni caso, dovendo piuttosto trovare un contemperamento nella valutazione della singola vicenda controversa, così da “evitare di giungere a soluzioni illogiche ed irragionevoli dei casi concreti sottoposti all’esame del giudice amministrativo”.

Si osserva che, da ultimo, la decisione dell’Adunanza Plenaria è stata criticata dalle Sezioni Unite (Cfr. Cassazione, S.U., sentenza 21 giugno 2012, n. 10294) secondo cui “suscita perplessità l’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, nell’affermare in materia di procedure di gara il principio secondo cui il ricorso incidentale, diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale, mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere sempre esaminato “prioritariamente, finisce – al cospetto di due imprese che sollevano a vicenda la medesima questione – per sanzionare una sola impresa con l’inammissibilità del ricorso e ne favorisce l’altra con il mantenimento di un’aggiudicazione (in tesi) illegittima, denotando una crisi del sistema che, al contrario, proclama di assicurare a tutti la possibilità di ricorrere al giudice per fargli rimediare a quello che (male) ha fatto o non ha fatto l’Amministrazione”.

Tale considerazione, unitamente alle altre rinvenibili nella motivazione, non è però bastata a giustificare la cassazione della decisione dell’Adunanza Plenaria impugnata “in quanto la stessa non ha costituito la conseguenza di un aprioristico diniego di giustizia, ma del richiamo di norme e principi processuali che, peraltro, erano stati in precedenza diversamente interpretati, conducendo al risultato di ristabilire il dovuto ordine delle cose attraverso l’esame di entrambe le censure incrociate”.

Sul rapporto tra ricorso principale e quello incidentale, intervenne, una prima volta, il giudice europeo con la sentenza Fastweb del 4 luglio 2013 (Cfr. Corte di Giustizia CE – sentenza 4 luglio 2013, n. C-100/2012), con cui statuì che, quando le imprese ammesse alla procedura di gara siano soltanto due, «il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell’ipotesi in cui la legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare». Tale pronuncia limitò dunque l’esame di entrambi i ricorsi ai casi in cui si verte nella medesima fase del procedimento e i vizi lamentati dalle parti sono gli stessi.

In seguito, l’Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 7 del 2014 e soprattutto con la n. 9 del 2014, chiarì che la statuizione del giudice europeo aveva (solo) introdotto un’eccezione all’interno di un quadro unitario sostanzialmente immutato, per il resto confermando l’impianto argomentativo della pronuncia 4 del 2011.

In coerenza con i principi affermati nella sentenza Fastweb, la Plenaria n. 9 del 2014 precisò che l’obbligo di procedere all’esame contestuale delle censure prospettate in entrambi i ricorsi reciprocamente escludenti resta circoscritto alle sole ipotesi in cui: a) i vizi che affliggono le rispettive offerte attengano alla “medesima fase procedimentale” (“simmetria escludente”); b) gli operatori rimasti in gara siano solo due e abbiano tutti proposto ricorsi escludenti nei confronti degli altri.

La stessa Plenaria aveva attentamente puntualizzato il corretto ordine di esame dei ricorsi. Si era, infatti, affermato che lo scrutinio del ricorso incidentale escludente, poiché riguarda la legittimazione e l’interesse del ricorrente principale, deve sempre precedere il vaglio del ricorso principale. Tuttavia, in ossequio al superiore principio di economia processuale, il giudice può, in concreto, ritenere preferibile esaminare prioritariamente il ricorso principale, ma soltanto nel caso in cui «esso sia palesemente infondato, irricevibile, inammissibile o improcedibile, sulla scorta del paradigma sancito dagli artt. 49, comma 2, e 74 c.p.a.». In quest’ottica, in caso di riconosciuta fondatezza del ricorso incidentale escludente, il giudice deve dichiarare inammissibile il ricorso principale per carenza di interesse, senza esaminarlo nel merito.

Solo nei tassativi casi di accertata “simmetria” delle censure formulate e di proposizione di ricorsi escludenti nei confronti di tutti i concorrenti rimasti in gara, l’accoglimento del ricorso incidentale lascia intatto l’obbligo del giudice di esaminare anche il ricorso principale. In tali particolari circostanze appare, infatti, configurabile un interesse strumentale del ricorrente principale alla rinnovazione della procedura di gara, in quanto l’accoglimento contestuale dei ricorsi determinerebbe l’annullamento dell’intera procedura di gara con conseguente sua ripetizione.

Al contrario, qualora i ricorsi reciprocamente escludenti non investano la posizione di altri concorrenti utilmente collocati nella graduatoria, l’accoglimento del ricorso incidentale preclude in radice l’esame del ricorso principale. In tale eventualità poiché la stazione appaltante dovrebbe affidare l’appalto al terzo, l’operatore economico che ha proposto il ricorso principale non potrebbe far valere alcun interesse strumentale alla ripetizione della gara.

Il duplice criterio interpretativo espresso della Plenaria n. 9/2014 è stato radicalmente ripensato e modificato dalla sentenza della Corte di giustizia del 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica, che ha ampliato il principio di diritto, prima affermato nella sentenza Fastweb, e sostanzialmente stravolto quanto affermato dall’Adunanza.

La Corte di Giustizia con la sentenza Puligienica ha chiarito che i principi della sentenza Fastweb sono applicabili anche alla gara cui partecipino più di due concorrenti e che l’interesse del ricorrente principale  “non deve essere ricollegato all’iniziativa giurisdizionale, bensì all’operato della stessa amministrazione, che potrebbe agire in autotutela, annullando l’intera procedura” constatando l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare. In tale pronuncia, si è infatti ritenuto che, in presenza di una censura incidentale “escludente”, non venga mai meno la legittimazione del ricorrente principale che abbia proposto anch’egli censure “escludenti”. In tal modo, si è esteso di molto il principio espresso dalla sentenza Fastweb, al fine di tutelare al massimo l’interesse strumentale dell’operatore economico e di proteggere, in prospettiva più generale, la legalità delle procedure di affidamento degli appalti pubblici.

Di recente la Corte di Giustizia è ritornata sul tema con la sentenza Archus (Cfr. Corte di Giustizia, Sezione VIII, il 10 maggio 2017 nella causa C-131/16) in cui ha ammesso la proponibilità dell’impugnativa, riconoscendo sussistente l’interesse a ricorrere in capo al concorrente che, seppure legittimamente escluso, possa nondimeno ottenere, all’esito del ricorso, l’esclusione dalla gara dell’altro concorrente, con conseguente caducazione della gara ed avvio di una nuova procedura nel cui ambito competere con rinnovate possibilità di successo.

Il Giudice europeo ha dunque interpretato la nozione di “interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto” di cui all’art. 1, par. 3, della dir. 89/665/CE citato, in senso ampio, non riferendola soltanto alla singola procedura cui attiene il ricorso, ma anche all’utilità sostanziale che vi è sottesa, la quale può anche ricomprendere l’eventuale avvio di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. In altre parole, si è riconosciuta autonoma rilevanza all’interesse strumentale del concorrente, per la cui sussistenza è sufficiente la mera eventualità del rinnovo della gara.

La giurisprudenza nazionale (Cfr. Cassazione civile, sez. un., 29 dicembre 2017, n. 31226) ha visto in questa pronuncia ancora più esplicito l’enunciato della sentenza Fastweb essendo così “definitivamente chiarito che basta la mera eventualità del rinnovo della gara a radicare l’interesse del ricorrente a contestare l’aggiudicazione”.

Attualmente l’orientamento della giurisprudenza nazionale non è pacifico circa le conclusioni da trarre da tali pronunce, nonostante siano stati estrapolati dei punti fermi circa il rilievo attribuito al concetto di interesse strumentale alla ripetizione della procedura quali:

– Ove siano rimasti in gara solo due concorrenti e questi propongano ricorsi reciprocamente escludenti, entrambe le impugnazioni devono essere esaminate.

– L’esame dell’impugnazione principale s’impone anche nel caso di una “pluralità di contendenti rimasti in gara”, ove il ricorso principale contenga motivi che, se accolti, porterebbero alla rinnovazione della gara.

– Con il ricorso principale viene censurata la regolarità della posizione di tutti i concorrenti rimasti in gara (aggiudicatario e concorrenti collocati sia in una posizione superiore alla propria sia deteriore)

– Le censure proposte con il ricorso principale attengono alla lex specialis e ove accolte invaliderebbero l’intera procedura.

L’incertezza della giurisprudenza sussisterebbe nell’ipotesi in cui rimasti in gara una pluralità di contendenti, i ricorsi reciprocamente escludenti “non riguardino la posizione di talune ditte rimaste in gara”  talché, a seguito del loro scrutinio e della loro fondatezza, rimarrebbero comunque offerte non afflitte dai vizi denunciati ovvero (sempre considerando la medesima ipotesi iniziale) il ricorso principale non presenti censure avverso la lex specialis tese ad invalidare la procedura e dunque comportanti la sua rinnovazione, ove accolte.

La fattispecie descritta è quella che ha dato origine alla rimessione all’Adunanza Plenaria, con l’ordinanza di rimessione n. 5103/2017 della V Sez. del Consiglio di Stato, riguardante il contrasto circa la portata della sentenza Puligienica.

Le due correnti interpretative muovono dall’identica premessa secondo cui “dall’accoglimento del ricorso incidentale escludente discende l’insussistenza dell’interesse diretto e immediato del ricorrente principale riguardo all’aggiudicazione” poiché è stato accertato che lo stesso è stato indebitamente ammesso alla gara e che dunque non può ottenere l’aggiudicazione, arrivando poi a conclusioni divergenti:

– Secondo un primo orientamento (Cfr. Consiglio di Stato V Sezione, sentenza n. 3593/2017), la sentenza della Grande Sezione imporrebbe comunque l’esame del ricorso principale “non dovendosi tenere conto del numero delle imprese partecipanti – e del fatto che alcune siano rimaste estranee al giudizio – né dei vizi prospettati come motivi di ricorso principale” poiché la domanda di tutela dell’interesse legittimo al corretto svolgimento della gara “merita di essere esaminata anche se, per ipotesi, la stessa offerta del ricorrente andava esclusa dalla procedura”. Dunque, pur in presenza di altri concorrenti rimasti estranei al giudizio, si dovrebbe procedere all’esame di entrambi i ricorsi, spettando all’amministrazione, all’esito del giudizio, valutare l’opportunità di annullare l’intera procedura di aggiudicazione, ove riscontri i medesimi vizi alle restanti offerte piuttosto che procedere all’aggiudicazione a favore dell’impresa successivamente classificata. Permarrebbe quindi un interesse cd. strumentale del ricorrente alla decisone del ricorso principale, “poiché la valutazione dell’identità dei vizi sarebbe compiuta, concluso il giudizio, dalla stazione appaltante”.

– Un secondo orientamento (Cfr. Consiglio di Stato III Sez. s. n. 3708/2016) invece sostiene l’esame del ricorso principale solo se dal suo accoglimento derivi “come effetto conformativo, un vantaggio, anche mediato e strumentale, per il ricorrente principale” intendendo a tal proposito “anche quello al successivo riesame, in via di autotutela, delle offerte affette dal medesimo vizio riscontrato con la sentenza di accoglimento”. Tuttavia, nel caso di più di due imprese partecipanti alla gara delle quali solo due siano in giudizio, a tale conclusione potrebbe pervenirsi soltanto se fosse rimasto accertato che anche le offerte delle restanti imprese risultino affette dal medesimo vizio che aveva giustificato la statuizione di esclusione dalla procedura dell’offerente parte della controversia”.

In casi del genere, si è sottolineato che l’eventuale accoglimento del ricorso principale comunque lascerebbe alla P.A. la possibilità di aggiudicare ad altri il contratto pubblico, senza la necessaria preventiva riedizione della gara. Dunque l’interesse alla riedizione della gara non avrebbe i caratteri dell’attualità e concretezza e non giustificherebbe l’obbligo di esame del ricorso principale qualora venga riconosciuto fondato quello incidentale.

L’Alto Collegio non ha ritenuto esente da critiche nessuno degli orientamenti riportarti.

Il primo non terrebbe conto della natura del potere di autotutela della stazione appaltante, configurandosi questo come “una mera eventualità ipotetica”. L’interesse del ricorrente, inoltre, non sarebbe neppure giustiziabile ove la stazione appaltante decida di scorrere la graduatoria piuttosto che rinnovare l’intera procedura ed ancora, si darebbe ingresso ad una nozione di interesse scevra dai predicati di certezza ed attualità.

Il secondo orientamento sembrerebbe porsi in contrasto con le statuizioni della sentenza Puligienica; inoltre, non terrebbe conto del fatto che anche nel caso in cui dall’esame dei ricorsi emergesse che le restanti offerte in gara – di imprese non chiamate in giudizio – presentavano vizi comuni a quelli riscontrati nei ricorsi, resterebbe ferma la natura discrezionale del potere della stazione appaltante circa l’agire in autotutela piuttosto che scorrere la graduatoria, non potendo il giudice “dettare motu proprio una indicazione conformativa in tal senso”, considerando gli artt. 112 c.p.c. e 34 c.p.a.

Dal punto di vista strettamente processuale, dalla sentenza Puligienica deriverebbe che l’obbligo di esaminare il ricorso principale, indifferentemente dal vizio prospettato e dal numero di partecipanti alla gara, trovi fondamento “nella necessità di tutelare l’interesse subordinato dell’offerente ad una ripetizione delle operazioni di gara, nella eventualità di una futura azione in autotutela in tal senso da parte dell’Amministrazione”.

Tuttavia, in questi casi “l’accertamento della comunanza del vizio dedotto con il ricorso principale del quale si impone l’esame, dovrebbe pur sempre avvenire nei confronti di offerte presentate da imprese non evocate in giudizio”; dunque secondo i principi della domanda (art. 112 c.p.c.) e dell’ onere della prova (art. 2697 c.c.) spetterebbe comunque al ricorrente principale provare che i vizi ipotizzati siano comuni anche alle altre offerte rimaste in gara e che “la ripetizione della procedura sia una evenienza concretamente ipotizzabile”

Dovrebbe spettare al giudice la valutazione della concretezza alla riedizione della gara, azionatacon il ricorso principale, tramite gli istituti del c.p.a. integrando il contraddittorio con le offerenti in gara non chiamate in giudizio, rendendo così effettiva e non più ipotetica “l’evenienza della ripetizione della gara ove le censure contenute nel ricorso principale fossero reputate fondate e, soprattutto, fossero comuni alle offerenti rimaste in gara e potenziali beneficiarie dello scorrimento della graduatoria”.

2. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ordinanza dell’11 maggio 2018, n. 6

Pertanto, a seguito di quanto esposto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con ordinanza dell’11 maggio 2018, n. 6, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione se l’articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665 «possa essere interpretato nel senso che esso consente che allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state evocate in giudizio (e comunque avverso le offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione) sia rimessa al Giudice, in virtù dell’autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell’interesse dedotto con il ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell’ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell’interesse affermato (art. 2697 cc), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra le parti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 cc)».

Con l’ordinanza in esame, il Consiglio di Stato ha investito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’annosa questione, relativa al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, proposti all’interno di un giudizio di impugnazione degli atti relativi a una procedura ad evidenza pubblica, alla quale abbiano partecipato altri concorrenti le cui offerte, tuttavia, non sono siano state oggetto di impugnazione.

Come anticipato nell’incipit, l’Adunanza Plenaria ha portato all’attenzione della Corte di Giustizia l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in punto all’applicazione dei principi contenuti nella “sentenza Puligienica”, che vede discordanti le posizioni di chi, da un lato, afferma la necessità dell’esame del ricorso principale, a prescindere dal numero delle imprese partecipanti alla gara e/o al giudizio ove pure sia ritenuto fondato il ricorso incidentale. In data circostanza, infatti, non può sussumersi come conseguenza necessaria quella che vedrebbe aggiudicataria, in caso di accoglimento anche del ricorso principale, l’impresa successivamente classificatasi in graduatoria, poiché l’amministrazione potrebbe ritenere più opportuno ripetere integralmente le operazioni di gara, scongiurando il rischio che i vizi riscontrati nei provvedimenti annullati, siano comuni anche alle imprese non parti del giudizio.

Questa soluzione, tuttavia, non soppesa adeguatamente il suo stesso, contraddittorio limite, costituito dalla natura meramente facoltativa dell’annullamento in autotutela promosso dall’amministrazione, peraltro pure soggetto a limiti temporali ridotti (art. 21-nonies, L. 241/1990).

Dall’altro lato, v’è chi sostiene, in senso discorde, che l’esame del ricorso principale, in ipotesi siffatte, debba trovare seguito solo qualora l’accoglimento dello stesso, in forza di un giudizio ex ante, sia idoneo a produrre un vantaggio, anche mediato e strumentale, in capo al ricorrente principale; situazione che si concreterebbe solo qualora venisse accertato che anche le offerte delle altre imprese, comprese quelle non partecipanti al giudizio, siano affette da vizi escludenti, che comunque dovrebbero essere provati dal ricorrente principale, comuni a quelli contestati all’aggiudicatario.

Anche questa interpretazione, tuttavia, non è scevra da criticità esegetiche, sia per l’evidente contrasto con i principi sanciti dalla “sentenza Puligienica” sia per il fatto che l’accertamento dei vizi relativi alle offerte delle imprese non evocate in giudizio non costituirebbe per l’amministrazione imperativo ineludibile ad agire in autotutela, permanendo facoltativo ed eventuale l’esercizio del suo potere di determinarsi. A ciò si aggiunga che un accertamento siffatto verrebbe operato comunque in via astratta e troverebbe il suo limite anche nei principi relativi alla formazione del giudicato (art. 2909 cod. civ.), al quale non sarebbero comunque soggette le imprese estranee al giudizio.

Ciò premesso, con l’ordinanza n. 6/2018 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 c. 3 TFUE: nella fattispecie alla procedura hanno partecipato una pluralità di imprese, alcune delle quali non sono state evocate in giudizio, e dunque, collocandosi successivamente all’originario ricorrente, beneficerebbero di un eventuale scorrimento della graduatoria in virtù dell’accoglimento del ricorso principale (mirante l’esclusione della prima e della seconda classificata) qualora “all’obbligo di esaminare il ricorso principale dovesse attribuirsi portata assoluta ed incondizionata“.

La controversia verteva sul ricorso effettuato dall’impresa terza classificata di una gara d’appalto avverso l’ammissione alla procedura sia dell’aggiudicatario che del secondo classificato, la prima classificata aveva esperito ricorso incidentale escludente. Il Tar adito aveva quindi accolto il ricorso principale dichiarando per tale motivo la improcedibilità del ricorso principale per assenza di interesse ad agire. L’ impresa terza classificata sulla base della giurisprudenza europea suddetta impugna la sentenza. Il Consiglio di Stato, constatando la persistenza di dubbi esegetici, ha sospeso il procedimento, esperendo istanza alla Corte di Giustizia per la risoluzione della questione pregiudiziale.

Nell’effettuare il rinvio ex art 267 TFUE, il Consiglio di Stato ha rimarcato che la stessa giurisprudenza comunitaria riconosce il principio di autonomia processuale nella tutela delle situazioni giuridiche soggettive. Sulla base di questa premessa, il supremo organo di giustizia amministrativa ha rivendicato la prerogativa di valutare caso per caso la sussistenza della concretezza e della attualità dell’interesse ad agire.

Tuttavia, la Corte di Giustizia ha consolidato la sua precedente posizione. Infatti, con sentenza del 5 settembre 2019, la decima sezione della Corte di Giustizia ha ribadito il principio di parità processuale dei ricorsi affermato dalle sentenze Fastweb e Puligienica, anche quando nella procedura oggetto della controversia vi sono più operatori che non sono parti del procedimento volto alla reciproca esclusione e le cui offerte risultano classificate alle spalle di quelle costituenti l’oggetto di tali ricorsi. Ciò in quanto anche la mera eventualità che la P.A. decida discrezionalmente di procedere alla riedizione della gara rappresenta un presupposto sufficiente a fondare la meritevolezza del ricorso principale.

In proposito, un ostacolo a tale conclusione non potrebbe essere ravvisato nel citato principio di autonomia processuale degli Stati membri. Infatti, la possibilità per il giudice interno di valutare di volta in volta l’attualità e concretezza dell’interesse alla riedizione della gara contrasterebbe con i due tradizionali limiti posti dalla Corte di Giustizia al citato principio di autonomia processuale, ossia i limiti dell’equivalenza ed effettività della tutela.

3. Corte di Giustizia UE, Sez. X, sentenza 5 settembre 2019, C‑333/18.

Con sentenza del 5 settembre 2019, la decima sezione della Corte di Giustizia si è nuovamente pronunciata sul rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale in materia di procedure di affidamento di appalti pubblici, dichiarando la non compatibilità con l’art. 1, par. 1, 3 comma, e par. 3, della direttiva 89/665/CEE di una disposizione normativa o di una prassi giurisprudenziale nazionale che, in presenza di ricorso principale e di ricorso incidentale cd. “escludente”, prevedano l’irricevibilità del ricorso principale per sopravvenuto difetto di interesse nel caso in cui (I) il ricorso incidentale venga accolto e (II) i vizi dedotti nel ricorso principale non riguardino tutte le offerte presentate dagli altri concorrenti rimasti estranei al giudizio.

Secondo la Corte invece in presenza di ricorso principale e di ricorso incidentale cd. “escludente”, entrambi i ricorrenti hanno un interesse reale e concreto tale da giustificare un esame nel merito: da un lato l’esclusione di un concorrente potrebbe consentire all’altro di ottenere direttamente l’aggiudicazione nell’ambito della stessa procedura; dall’altro lato, in caso di accoglimento di entrambi i ricorsi (e di esclusione dei due concorrenti), la procedura (anche solo in via potenziale) potrebbe essere annullata.

Pertanto la Corte ha stabilito il seguente principio:

L’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi”.

 


Fonti
Cons. di Stato, Ad. Plenaria, 10/11/2008, n. 11;
Cons. di Stato, Ad. Plenaria, 07/04/2011, n. 4;
Ordinanza del TAR Piemonte, Sez. II. 9 febbraio 2012, v. 208;
Tar Lazio, sentenza 10 gennaio 2012, n. 19719;
Cassazione, S.U., sentenza 21 giugno 2012, n. 1029424;
Corte di Giustizia CE – sentenza 4 luglio 2013, n. C-100/2012;
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 30/01/2014 n. 7;
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 25/02/2014 n. 9;
Corte di Giustizia CE – sentenza 5 aprile 2016 C-689/13, n.C-689/13;
Consiglio di Stato, III Sez., sentenza n. 3708/2016;
Corte di giustizia europea, Sez. VIII, 10/5/2017 n. C-131/16;
Cassazione civile, sez. un., 29 dicembre 2017, n. 31226;
Consiglio di Stato, Sez. V, 6/11/2017 n. 5103 ( ordinanza di rimessione);
Consiglio di Stato V Sezione, sentenza n. 3593/2017;
Cons. di Stato, Ad. Plenaria, ordinanza dell’11 maggio 2018, n. 6;
Corte di Giustizia UE, Sez. X, sentenza 5 settembre 2019, C‑333/18;
F. Gatta, Il ricorso incidentale escludente: la CGUE risponde alla Plenaria,IUS IN ITINERE, 2019;
F. Gatta, Il ricorso incidentale escludente ancora una volta alla CGUE, IUS IN ITINERE, 2018;
Adele Berti SUMAN, Ancora dubbi sul rapporto tra ricorso principale e incidentale: il problema dei concorrenti “terzi”, Sito GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – Studi e contributi, 2018;
S. Cresta, L’ordine di trattazione del ricorso incidentale C.D. paralizzante in materia di appalti pubblici nella (variegata) lettura giurisprudenziale, 4 BUSINESSJUS, 2012.

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