Il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti è legittimo
Di recente la Cassazione, con sentenza n. 43465, 21 settembre 2017 si è soffermata sulla rilevanza penale della condotta di coltivazione di sostanze stupefacenti, ribadendo ancora una volta la legittimità costituzionale della sanzione penale nel caso in cui lo stupefacente sia coltivato per esclusivo uso personale.
La condotta di coltivazione di piante di cui all’art. 26 del d.p.r. 309/1990, sanzionata dall’art. 73 del d.p.r. n. 309/1990, non è stata oggetto del referendum abrogativo del 1993, che ha comportato l’abrogazione delle norme relative al procacciamento e la detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti.
La norma in discorso, da sempre, ha posto problemi di frizione col principio di offensività, nella parte in cui prevede l’illiceità della penale della condotta indipendentemente dalla quantità di principio attivo contenuto nel prodotto di coltivazione. La giurisprudenza, tuttavia, si è mostrata granitica nel sostenere la legittimità costituzionale della fattispecie di coltivazione.
Corte Cost. n. 360/1995, per prima, ha dichiarato infondata la questione di illegittimità costituzionale, osservando come l’incriminazione della condotta di coltivazione risponda all’esigenza di presidiare il bene della salute, esposto a pericolo per effetto di condotte che implicano la produzione di nuove sostanze stupefacenti. Peraltro, la Consulta ha rilevato l’intrinseca pericolosità della condotta di coltivazione nell’impossibilità di determinare a priori il prodotto stupefacente ricavabile e la sua potenzialità diffusiva. La Corte, quanto all’offensività, sostiene che l’accertamento circa l’assoluta inidoneità della coltivazione a mettere in pericolo il bene giuridico tutelato spetta al giudice di merito, dovendo, in tal caso, ritenere la condotta non punibile (si pensi al caso della coltivazione di una sola pianta da cui possa estrarsi un esiguo quantitativo di principio attivo).
Sul tema sono intervenute, successivamente, le Sezioni unite con le sentenze nn. 28605 e 28606/2008, alle quali era stata rimessa la questione relativa alla rilevanza penale della condotta di coltivazione realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale. Richiamando Corte Cost. n. 360/1995, le Sezioni unite hanno evidenziato che la condotta di coltivazione ha sempre rilevanza penale, indipendentemente dalle caratteristiche della coltivazione e dal quantitativo di principio attivo ricavabile dalle piante stupefacenti. Chiarito ciò, le Sezioni unite ribadiscono che spetta al giudice verificare se la condotta sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto, risultando in concreto inoffensiva. Segnatamente, la condotta è inoffensiva quando il bene tutelato non è stato leso o messo in pericolo, ancorché in grado minimo.
L’offensività della condotta di coltivazione di sostanza stupefacente destinata ad uso personale è stata nuovamente messa in discussione da Corte d’Appello di Brescia, 10 marzo 2015. Tuttavia, Corte Cost. n. 109/2016 ha disatteso le censure mosse dai giudici bresciani, precisando ulteriorimente che l’accertamento del giudice circa l’offensività in concreto della condotta deve avere riguardo non all’attitudine della pianta coltivata a produrre la sostanza stupefacente utilizzabile per il consumo, bensì alla effettiva capacità drogante della sostanza estratta o estraibile (che qualora sia minima, determina l’inoffensività della condotta).
Da ultimo, come osservato in apertura, la Cassazione ha di recente ribadito la legittimità costituzionale della sanzione penale nel caso in cui lo stupefacente sia coltivato per esclusivo uso personale, uniformandosi all’ormai granitico orientamento giurisprudenziale in materia. Di qui la massima:
In tema di reati riguardanti le sostanze stupefacenti, la condotta di coltivazione costituisce di per sé reato, a prescindere dalla finalità cui è preordinata; ne consegue che deve dichiararsi manifestamente infondata la questione di costituzionalità fondata sull’uso esclusivamente personale dello stupefacente coltivato, ciò in quanto, nel caso della coltivazione, manca il nesso di immediatezza con l’uso personale e ciò giustifica un atteggiamento di maggior rigore, rientrando nella discrezionalità del legislatore anche la scelta di non agevolare comportamenti propedeutici all’approvvigionamento di sostanze stupefacenti, per uso personale (Cass. Pen., sentenza n. 43465, 21 settembre 2017).
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.
Dott. ssa Michela Nieddu
Latest posts by Dott. ssa Michela Nieddu (see all)
- Per le Sezioni Unite può configurarsi l’accesso abusivo ad un sistema informatico attraverso lo sviamento di potere - 10 October 2017
- La Cassazione torna sui confini tra i reati di estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni - 6 October 2017
- Il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti è legittimo - 4 October 2017