Il recesso del consumatore dal contratto telematico

Il recesso del consumatore dal contratto telematico

Sommario: 1. Caratteri generali – 2. Modalità per l’esercizio del diritto di recesso e suoi effetti – 3. Obblighi delle parti conseguenti l’esercizio del diritto di recesso

 

1 – Caratteri generali

Nell’ampio tema riguardante l’e-commerce e più nello specifico le vendite in rete è importante analizzare e comprendere quelle che sono le disposizioni relative alla conclusione di contratti online ed in maniera conseguente quelli che sono gli obblighi del professionista nei confronti del consumatore, nonché i diritti di quest’ultimo e in che modo gli stessi vengono esercitati.

L’articolo in questione pone come scopo principale quello di capire in che modo possa essere effettuato e quali siano le conseguenze del recesso da un contratto concluso per via telematica.

In generale nell’ambito dei contratti con i consumatori, dove previsto, si applica il diritto di recesso, ossia il diritto di “ripensamento” da esercitare entro un determinato lasso di tempo.

In merito, l’art. 52 del codice del consumo, dispone che il consumatore ha a disposizione 14 giorni per recedere da un contratto concluso a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali, con la specifica previsione che lo stesso non deve fornire “alcuna motivazione” e senza, normalmente, dover sostenere alcun costo per l’esercizio del diritto. Va però specificato fin dall’inizio, che questo diritto, non è assoluto, dato che l’art. 59 del codice del consumo va ad elencare una serie molto ampia di ipotesi in cui tale diritto è escluso, peraltro, in maniera apparente, senza che sia stata prevista la possibilità da parte del professionista di “concedere” tale diritto volontariamente. C’è inoltre da dire che in base a questa situazione, opera in soccorso la previsione di cui all’art. 46, co. 3 del codice del consumo, che permette, in via generale, e, quindi, per ogni questione, di poter ampliare (contrattualmente) la portata dei diritti attribuiti al consumatore.

Con riferimento invece ai costi, nel caso di diritto di ripensamento, può essere previsto che il consumatore debba sostenere il costo diretto della restituzione dei beni fatto salvo quando il professionista abbia concordato che detto costo sia a suo carico, ovvero abbia omesso di informare il consumatore che è tenuto, in caso di esercizio del diritto di recesso, a sostenere il costo “diretto” della restituzione, in base a quella che è la disposizione contenuta nell’art. 57 cod. cons..

Riguardo alla decorrenza del termine previsto per l’esercizio del recesso, i 14 giorni previsti a vantaggio del consumatore iniziano la loro decorrenza in momenti diversi a seconda di quando il consumatore è posto nella disponibilità “effettiva” dell’oggetto del contratto quando si tratta di beni. In questo caso il termine decorre dal momento in cui, dal giorno in cui, il consumatore acquisisce il possesso fisico del bene. Nel caso in questione risulta conveniente specificare che se il destinatario del bene sia un terzo designato dal consumatore, si fa riferimento al momento in cui è il terzo ad acquisire il possesso del bene acquistato, mentre con particolare riguardo al vettore, e quindi a colui che si occupa della spedizione, la consegna a quest’ultimo – se operata, come da prassi, dal professionista – non vale come consegna al consumatore (o al terzo) a meno che il vettore non sia un mandatario dello stesso consumatore. In questo specifico caso, l’avvenuta consegna al vettore si considera come se fosse stata effettuata “direttamente” nelle mani del consumatore. Quindi, la disposizione in questione, sembra escludere sempre il vettore come soggetto “titolato” a ricevere la consegna ma questo non può escludere un rapporto diretto tra consumatore e (il suo) vettore[1].

Come detto, l’esercizio del diritto, e la conseguente ricorrenza del termine varia in base alla tipologia di contratto concluso. Infatti, nel caso in cui sia stato concluso un contratto che riguardi la somministrazione di beni durante un certo periodo di tempo, attuata tramite la consegna periodica di detti beni, il termine per il recesso decorre dal giorno in cui il consumatore acquisisce il possesso fisico del primo bene. Ovviamente, in questo caso, la soluzione appare scontata, dato che si tratta della consegna, in successione, di una serie di beni, che per supposizione risultano identici, per cui il consumatore deve “contestare” la fornitura dopo aver valutato il primo bene ricevuto.

In maniera differente da quella che è la conclusione di un contratto di acquisto di beni materiali, nel caso si tratti, invece di servizi, data la difficoltà di segnare il momento preciso in cui il consumatore “accede” al determinato servizio, e quindi per non lasciare il professionista in una sostanziale situazione di incertezza, la decorrenza è fissata dal giorno della conclusione del contratto. Stesse disposizioni valgono per la fornitura di acqua, gas, elettricità (non messi in vendita in volume o quantità determinata)[2], per il teleriscaldamento e, infine, per i contenuti digitali fruiti

In base a quello che è il disposto dell’art. 53, co. 1, cod. cons., è prevista una “sanzione” qualora il professionista abbia omesso, secondo gli obblighi informativi fissati all’art. 49, co. 1, lett. h), di indicare proprio le informazioni inerenti il diritto di recesso. Con particolare riguardo ai termini per l’esercizio dello stesso, in questo caso il termine di 14 giorni che il consumatore avrebbe avuto nel momento in cui fosse stato informato, inerente fase precontrattuale, sulle modalità ed esercizio del recesso, viene ulteriormente elevato con 12 mesi aggiuntivi. Nello specifico, se entro il termine di 12 mesi dalla data in cui sarebbe decorso il diritto di recesso (di cui il consumatore non è stato informato), il professionista fornisce al consumatore le informazioni dovute, e dal giorno dopo di quello di detta comunicazione decorrono i 14 giorni per l’esercizio del diritto.

2 – Modalità per l’esercizio del diritto di recesso e suoi effetti

Riguardo alle modalità per l’esercizio del diritto di recesso, di cui all’art. 54 cod. cons., il suddetto, implica una dichiarazione – resa ovviamente prima della scadenza del termine previsto (che sia ordinario o “prorogato” dall’assenza di informazione) – per mezzo della quale il consumatore informa il professionista della sua decisione di recedere dal contratto concluso. Lo scopo della disposizione è proprio quello di sottolineare la conseguenza derivante dalla manifestazione di “pentimento” da parte del consumatore e cioè la sua “liberazione” da ogni e qualsivoglia vincolo giuridico.

Arrivando nello specifico a quella che è l’analisi dell’esercizio di tale diritto, la dichiarazione, in questo caso, può essere resa secondo alcune modalità alternative.

Innanzitutto, può essere impiegato il modello-tipo di recesso contenuto nell’Allegato I, parte B al Codice del consumo, già predisposto e da compilare con gli elementi necessari, ossia i dati del soggetto che ha effettuato l’acquisto e i dati inerenti all’ordine. Altro modo è quello di utilizzare una comunicazione in forma libera a condizione che la stessa contenga una dichiarazione esplicita della volontà di recedere dal contratto (e ovviamente tutti i necessari elementi, ossia destinatario, elementi di identificazione del contratto, etc.).

Per fare in modo di facilitare l’esercizio del diritto di recesso, il professionista può rendere disponibile sul proprio sito web, ossia il sito e-commerce per mezzo del quale va a pubblicizzare il prodotto e a concludere la vendita (o altro a condizione che sia a lui collegato) il citato modello-tipo, ovvero un “form” analogo attraverso la compilazione dei quali il consumatore avrà modo di inviare per via elettronica la sua decisione di recedere dal contratto. In questo specifico caso il professionista deve “comunicare senza indugio al consumatore una conferma di ricevimento, su un supporto durevole, del recesso esercitato”, in base a quanto disposto dall’art. 54, co. 3. Come si ha modo di capire, in maniera del tutto evidente ed in base a quelle che sono le disposizioni a livello europeo, questa possibilità è stata introdotta per avvantaggiare l’utilizzo del commercio elettronico, con la potenziale standardizzazione di modello-tipo che sia unico a livello comunitario e ovviamente con riguardo ai vari ordinamenti internazionali.

Riguardo alla dichiarazione dell’esercizio del diritto di recesso, quest’ultima deve risultare, in maniera esplicita, riconducibile al titolare del diritto ma in questo caso non risulta necessaria la sottoscrizione della comunicazione di recesso da parte di chi abbia “stipulato il contratto” (e non altri) come prevedeva la previgente disciplina. Tuttavia gran parte della giurisprudenza ha individuato come efficace la comunicazione del recesso contenuta in un telegramma dettato telefonicamente da un soggetto che, in qualità di intestatario del telefono, era diverso dall’autore del contratto. Comunque, a parziale rettifica, va detto che in merito modello-tipo è previsto che lo stesso debba essere sottoscritto dal consumatore ma solo se viene “notificato” dal professionista in forma cartacea.

Per quel che riguarda invece, la prova dell’assolvimento degli obblighi informativi, quest’ultima è posta a carico del professionista, mentre per quanto riguarda il diritto di recesso l’onere della prova di averlo esercitato in conformità dell’art. 54  del codice del consumo è posto a carico del consumatore. In base a quanto previsto dall’art. 55 cod. cons., in merito agli effetti dell’esercizio del diritto di recesso, è stabilito che con tale esercizio si pone termine agli obblighi delle parti. Gli stessi obblighi delle parti, in questo caso sono quelli derivanti dal contratto concluso, ossia l’esecuzione del contratto negoziato fuori dai locali commerciali o a distanza e quelli di concludere detti contratti quando si tratti di una offerta presentata al consumatore.

3 – Obblighi delle parti conseguenti l’esercizio del diritto di recesso

Una volta effettuato il recesso da parte del consumatore, le conseguenze dell’esercizio dello stesso diritto si distribuiscono tra i protagonisti della vicenda negoziale e si qualificano più che come “obbligazioni aggiuntive delle parti” proprio come effetti “ordinari” della conclusione (o del mancato inizio) del rapporto tra le parti, che va a sostanziarsi nel “ripristino” della precedente situazione tra le due parti in conseguenza dell’efficacia retroattiva (o interruttiva) che si è avuta con il recesso.

L’obbligo principale, che riguarda la posizione del professionista, si riferisce ovviamente alla restituzione delle somme ricevute da parte del consumatore, comprendenti, se erano previste, le spese di consegna. Da ricordare che nella previgente disciplina veniva indicato un termine per la restituzione di 30 giorni. Come anticipato, in base a quelle che sono le “nuove” regole disposte dalle varie direttive europee e dai relativi recepimenti nel nostro ordinamento, prevedono, più drasticamente, che la stessa restituzione debba avvenire “senza indebito ritardo” e, comunque, entro 14 giorni che decorrono dal giorno in cui il professionista è informato del recesso del consumatore.

In base a quella che è la nuova formulazione o per così dire la nuova disciplina, è quindi disposta una rapidità del rimborso, ed il termine, come detto, allungato a 14 giorni rispetto alla precedente disciplina, è solo indicativo ma non vuol dire che non si possa verificare se il professionista avrebbe potuto rimborsare più celermente il consumatore.

In merito al rimborso, questo deve essere eseguito con “lo stesso mezzo di pagamento usato dal consumatore per la transazione iniziale, salvo che lo stesso consumatore abbia espressamente convenuto altrimenti e a condizione che questi non debba sostenere alcun costo in conseguenza del rimborso”.

A tutela invece del professionista, l’art. 56, co. 3, cod. cons., prevede una disposizione particolare che lo va a cautelare nel caso della situazione in cui il consumatore potrebbe ottenere il rimborso trattenendo presso di sé i beni. In questo specifico caso il professionista “può trattenere il rimborso finché non abbia ricevuto i beni oppure finché il consumatore non abbia dimostrato di aver rispedito i beni, a seconda di quale situazione si verifichi per prima”.

Dall’altra parte ovviamente, sono previsti degli obblighi a carico del consumatore, il quale è, in maniera preliminare, tenuto alla restituzione dei beni. Anche in questo caso bisogna che sia preso in considerazione il diverso regime degli effetti del recesso a seconda che si receda da un contratto relativo a beni o un contratto relativo alla fornitura di servizi. Infatti, l’obbligo di restituzione sorge solo come conseguenza dello scioglimento di un contratto “riguardante la vendita di beni”, mentre nel caso di prestazione di servizi non sorge nessuna obbligazione a carico del consumatore anche nel momento in cui ci sia già stata una fruizione del servizio da parte dello stesso.

Come riportato nelle righe precedenti, la restituzione deve avvenire, senza indebito ritardo e, in ogni caso, entro 14 giorni dalla data della comunicazione al professionista del recesso dal contratto. Prima della scadenza, il consumatore può procedere direttamente alla restituzione, che deve avvenire nei confronti del professionista e quindi nella sede o nel luogo indicato nell’informazione fornita ovvero presso un terzo autorizzato dal professionista alla ricezione dei beni oggetto del recesso.

In questo caso è prevista anche l’ipotesi in cui lo stesso professionista si faccia carico direttamente della restituzione, provvedendo al ritiro beni presso il consumatore e questa risulta la regola “ordinaria” qualora si tratti “di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in cui i beni sono stati consegnati al domicilio del consumatore al momento della conclusione del contratto”. In queste specifiche ipotesi è disposto che “il professionista ritira i beni a sue spese qualora i beni, per loro natura, non possano essere normalmente restituiti a mezzo posta”.

In base a quanto disposto sia dal codice del consumo, ed anche in merito ed in riferimento a quello che è l’obbligo di restituire la merce da parte del consumatore e le relative ipotesi di responsabilità contrattuale per violazione degli obblighi di custodia, l’art. 57 non prevede più la “sostanziale integrità del bene da restituire”, quale condizione per l’esercizio del diritto di recesso, e quindi consente al consumatore anche di adoperare il bene o custodirlo senza essere particolarmente accorto. Lo stesso, infatti, non incappa in alcuna responsabilità, esclusa quella inerente la “diminuzione del valore dei beni che ovviamente risulta da una manipolazione degli stessi diversa da quella necessaria per stabilirne la natura, le caratteristiche e il funzionamento”. Inoltre lo stesso consumatore non risponde di tale diminuzione di valore qualora il professionista abbia omesso di informarlo del suo diritto di recesso a norma dell’art. 49, co. 1, lett. h). nel caso in cui sia accertata questa diminuzione di valore del bene, la stessa va ad incidere sull’entità del rimborso e, qualora questo sia insufficiente, non c’è dubbio che il consumatore debba corrispondere una indennità al professionista, quale conseguenza di un atto lecito.

In conclusione, questo breve discorso, porta a capire come siano state intensificate e riviste, innanzitutto a livello europeo, e poi a livello nazionale, in base ai relativi recepimenti, quelle che sono le norme generali in tema di contrattazione online, con particolare riguardo agli obblighi del professionista nei confronti del consumatore elencati in maniera tassativa dalla legislazione europea e conseguentemente dal codice del consumo per quanto riguarda il nostro ordinamento.

È palese come la figura del consumatore, considerato soggetto debole del rapporto, venga posta al centro da parte del legislatore comunitario, per mezzo di una revisione sia della disciplina degli obblighi informativi, che in questo caso dei diritti che scaturiscono dall’esercizio del ripensamento in merito alla conclusione del contratto.

 

 

 

 


[1] Qualora la vendita abbia ad oggetto più beni ordinati congiuntamente ma consegnati separatamente, il termine decorre da quando il consumatore acquisisca il possesso fisico dell’ultimo bene. Tipico caso di scuola è l’acquisto di una cucina componibile, composta da diversi pezzi ed elettrodomestici, rispetto ai quali la consegna è “efficace” quando tutti i beni sono posti nella disponibilità effettiva del destinatario.
[2] Per il settore dell’energia, si veda la delibera n. 266/2014/R/COM adottata dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas al fine di adeguare il codice di condotta commerciale alle disposizioni del D.Lgs. n. 21/2014.

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Giuseppe Vertucci

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