Il regime giuridico dei balconi “aggettanti” e dei balconi “incassati”

Il regime giuridico dei balconi “aggettanti” e dei balconi “incassati”

La sentenza della Corte di Cassazione n. 7042/2020 offre lo spunto per analizzare il tema del regime giuridico dei balconi “aggettanti” e dei balconi “incassati”.

I balconi “aggettanti” e i balconi “incassati”: la differenza strutturale

I balconi “aggettanti” sono quelli che sporgono dalla facciata dell’edificio e costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono.

Tali manufatti non fungono da copertura del piano inferiore, in quanto essi, dal punto di vista strutturale, sono del tutto autonomi rispetto agli altri piani, poiché possono sussistere indipendentemente dall’esistenza di altri balconi nel piano sottostante o sovrastante.

I balconi “incassati” o terrazze a livello, invece, sono quelli che formano una rientranza nella facciata dell’edificio. Essi non sporgono dai muri perimetrali, ma rimangono incassati al loro interno, costituendo un prolungamento del solaio, con il quale condividono le medesime caratteristiche strutturali e funzionali (separazione in senso verticale, sostegno, copertura).

Il diverso regime giuridico

Le due tipologie di balconi si differenziano, oltre che per le caratteristiche strutturali sopra esposte, anche per un diverso regime giuridico.

I balconi “incassati” rientrano tra le parti di proprietà comune dei proprietari di piani sovrapposti.

Come sancito dalla Corte di Cassazione con la pronuncia n. 637/2000, invero, tali strutture possono essere considerate alla stregua dei solai, i quali costituiscono parte comune, essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, nonché destinati all’uso o al servizio di esso.

Tale equiparazione, inoltre, ad avviso della S.C., comporta l’assoggettabilità dei balconi “incassati” alla disciplina dettata dall’art. 1125 c.c.

La ratio della decisione pare potersi individuare nella medesima funzione svolta dai balconi “incassati” e dai solai: entrambe le strutture fungono da sostegno del piano superiore e copertura del piano inferiore. Con la conseguenza che i balconi “incassati” possono considerarsi di proprietà comune dei proprietari di tali piani.

Diverso è, invece, il regime dei balconi c.d. “aggettanti”, i quali appartengono, in via esclusiva, ai proprietari delle unità immobiliari da cui protendono.

La ratio della consolidata corrente giurisprudenziale sul punto (Cass. n. 7042/2020; Cass. n. 30071/2017; Cass. n. 6624/2012) consta nella funzione svolta dai balconi “aggettanti”.

Tali strutture, infatti, consistono in un mero prolungamento della corrispondente unità immobiliare e, a differenza dei balconi “incassati”, esistono indipendentemente dalla presenza di altri balconi nel piano sottostante o sovrastante. Essi, inoltre, non svolgono alcuna funzione di sostegno o di necessaria copertura del piano sottostante.

I balconi “aggettanti” non soddisfano una utilità comune a due piani e non svolgono neppure una funzione a vantaggio di un condomino diverso dal proprietario del piano. Non possono, quindi, considerarsi di proprietà comune dei proprietari di piani sovrapposti, ma rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono.

Sul punto, tuttavia, appare necessario una specificazione: non tutte le parti componenti un balcone “aggettante” possono ritenersi di proprietà esclusiva del proprietario dell’unità immobiliare a cui il balcone accede.

Vi sono, infatti, parti della struttura del balcone (come ad es. i rivestimenti della parte frontale e di quella inferiore e quelli decorativi di fioriere, balconi e parapetti, le balaustre, le viti in ottone) che costituiscono parti comuni ai sensi dell’art. 1117,, c.c..

Ciò alla luce della funzione propria di tali componenti: non strutturale e portante dell’intero edificio, ma di tipo decorativo della facciata e di accrescimento del pregio architettonico, dato che contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (cfr. Cass. n. 5014/2018; Cass. n. 30071/2017 Cass. n. 6624/2012).

Varie sono le implicazioni di disciplina che derivano dal diverso regime giuridico sopra evidenziato.

La più particolare e interessante è quella riguardante l’individuazione del soggetto competente a sostenere eventuali spese di riparazione e manutenzione dei balconi.

Come sopra evidenziato, i balconi “incassati” rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 1125 c.c.. Da ciò discende che le spese per la manutenzione e ricostruzione della struttura incassata sono a carico di entrambi i proprietari dei piani l’uno all’altro sovrastanti, nella misura del 50% ciascuno.

Tale disciplina non si applica ai balconi “aggettanti”, per i quali l’individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle spese di manutenzione e ristrutturazione dipende dalla natura dell’intervento che deve essere eseguito.

Ove l’intervento inerisca alla struttura portante del balcone oppure alla sua estetica, senza alcuna incidenza sul decoro complessivo dell’edificio, la spesa sarà di spettanza esclusiva del proprietario dell’appartamento di cui il balcone costituisce prolungamento.

Nel caso in cui, invece, l’operazione involga un elemento decorativo del fabbricato, bene comune ai sensi dell’art. 1117 c.c., il relativo costo sarà da dividere tra tutti i condomini.

Per esempio, devono ritenersi a carico del proprietario dell’appartamento le spese per la manutenzione del pavimento, così come le spese della struttura della soletta e del sottobalcone. Tuttavia, nel momento in cui su quest’ultimo vi siano componenti decorative (per es. decorazioni e stucchi) che contribuiscono a costituire l’aspetto estetico dell’edificio, allora le spese per le decorazioni saranno a carico della collettività condominiale, trattandosi di elementi rientranti tra le parti comuni[1].

Non pare possibile addivenire ad una soluzione che risolva definitivamente la questione.

L’individuazione del soggetto tenuto a sostenere le spese, infatti, non può non basarsi su un giudizio circa la natura comune delle parti dei balconi interessate dai lavori di manutenzione ed il conseguente regime giuridico di appartenenza. Tale valutazione deve essere eseguita, di volta in volta, alla luce delle circostanze del caso concreto e in base al criterio della loro funzione precipua e prevalente. Con la conseguenza che possono essere trovate soluzioni molto diverse tra loro (cfr. Cass. n. 5014/2018)[2].

Altra questione che ha formato oggetto di alcune pronunce di legittimità è l’installazione di tende (Cass. n. 587/2011; Cass. n. 15913/2007) o contatori del gas (Cass. n. 218/2011) sulla soletta del balcone sovrastante da parte del soggetto sottostante lo stesso.

Nel caso dei balconi “incassati”, il proprietario dell’appartamento sito al piano inferiore può agganciare le tende alla soletta del balcone sovrastante, senza dover necessariamente richiedere l’autorizzazione al proprietario del piano superiore. Questo in quanto trattasi di parti di proprietà comune.

Nel caso, invece, di balconi “aggettanti”, tale operazione può essere eseguita solo con il consenso del proprietario dell’appartamento sovrastante, proprietario esclusivo della soletta su cui deve essere eseguito l’agganciamento.

Ancora, la qualificazione del balcone incide sulla responsabilità verso terzi.

Un esempio in tal senso è la responsabilità per i danni derivanti da infiltrazioni d’acqua.

Nel caso di balcone “incassato”, l’infiltrazione proveniente dal piano superiore reca danno al piano inferiore perché il proprietario di questa unità immobiliare dev’essere considerato proprietario di quella parte di balcone e come tale è legittimato a chiedere l’eliminazione della causa del danno e risarcimento del medesimo.

Non è così per il caso di balcone “aggettante”: esso, infatti, è tutto di proprietà del proprietario dell’unità immobiliare della quale rappresenta un prolungamento. Le macchie che si manifestano sul sottobalcone, quindi, non rappresentano in sé causa di danno per il proprietario dell’appartamento al piano inferiore. Il danno inizierà ad esserci quando l’infiltrazione dal balcone si sposterà in una parte di proprietà esclusiva dell’unità immobiliare sottoposta.

 

 

 


[1] Si veda, in particolare, Cass. n. 7042/2020 con cui la S.C. ha stabilito la nullità della delibera assembleare che disponga in ordine al rifacimento della pavimentazione di balconi “aggettanti”, in quanto trattasi di un intervento strutturale di competenza esclusiva del proprietario dell’appartamento a cui il balcone accede.
[2] In tale prospettiva, ad esempio, si è ritenuto: che le spese di rifacimento dei frontalini sono relative a lavori eseguiti sui balconi dell’edificio, e da considerare beni comuni in quanto elementi che si inseriscono nella facciata e concorrono a costituire il decoro architettonico dell’immobile (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2008, n. 2241); il rivestimento del parapetto e della soletta possono essere beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata (Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2000, n. 637); i cementi decorativi relativi ai frontalini ed ai parapetti, svolgendo una funzione di tipo estetico rispetto all’intero edificio, del quale accrescono il pregio architettonico, costituiscono, come tali, parti comuni ai sensi dell’art. 1117, n. 3), c.c., con la conseguenza che la spesa per la relativa riparazione ricade su tutti i condomini, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2000, n. 568); i fregi ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscano, quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini, sono condominiali, se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio (Cass. civ., sez. II, 7 settembre 1996, n. 8159); deve essere riconosciuta la natura comune dei frontalini di marmo, riguardo all’esclusa loro funzione protettiva od ornamentale dei balconi ed alla rilevata efficacia decorativa dell’intero edificio nonché all’utilizzazione come gocciolatoi (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 1990, n. 7831).

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