Il regime penitenziario: il trasferimento e le traduzioni dei detenuti e degli internati

Il regime penitenziario: il trasferimento e le traduzioni dei detenuti e degli internati

Sommario: 1. Introduzione – 2. I trasferimenti – 3. Le traduzioni – 4. I trasferimenti dei detenuti alla luce della circolare n. 3654/6104 del 20 febbraio 2014 – 5. Considerazioni finali

 

1. Introduzione

Il capo IV del titolo I della legge sull’Ordinamento Penitenziario introduce il concetto di regime penitenziario, da intendersi come il complesso di norme che regolano la vita quotidiana di un istituto di pena e che sono contenute nella medesima Legge, nel relativo Regolamento di Esecuzione e nello specifico, nel Regolamento Interno dell’istituto stesso.

Il detenuto è colui o colei che si trova in carcere o in stato di custodia cautelare o in stato di esecuzione penale.

La normativa distingue la posizione delle singole tipologie di detenuti.

La detenzione è una sfera interamente o parzialmente sottratta al controllo continuativo di un organo esterno all’amministrazione penitenziaria, è assente una figura terza, una istituzione “tra custodi e custoditi”, un’autorità alla quale rivolgersi e appellarsi per ottenere l’applicazione dei diritti riconosciuti, dei quali si resta titolari anche se reclusi.

Alcuni autori hanno ipotizzato che questa figura potesse essere il Garante delle persone private della libertà personale.

2. I trasferimenti

I Trasferimenti  dei detenuti da un istituto ad un altro possono essere disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari, possono essere disposti dietro richiesta dei detenuti o d’ufficio, contro la loro volontà; in ogni caso dev’essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie.

Gli organi competenti a disporre i trasferimenti sono (art. 85, D.P.R. 230/2000.): il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), per i trasferimenti tra istituti di diversi distretti; il Provveditore regionale (con obbligo di informativa al Ministero), per i trasferimenti, tra istituti dello stesso provveditorato.

Limitatamente ai Trasferimenti per comparizione dei detenuti imputati alle udienze dibattimentali (in questo caso, una volta soddisfatte le esigenze di giustizia, il detenuto fa rientro all’Istituto di provenienza) l’autorità giudiziaria ne fa richiesta alle direzioni degli istituti, che provvedono senza indugio, informandone il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (art. 85, comma 3, D.P.R. n. 230/2000).

Circa le modalità di esecuzione, è previsto il solo obbligo a carico dell’Amministrazione di trasferire i detenuti con il bagaglio personale e con almeno parte del loro peculi.

Prima di essere trasferito, il detenuto è sottoposto a perquisizione personale ed è visitato dal medico che ne certifica lo stato di salute e l’assenza delle condizioni che lo rendono inidoneo a sopportare il viaggio.

L’art. 42, comma 1, O.P. stabilisce, infatti, che i trasferimenti possono essere disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari. Nel disporre i trasferimenti deve essere, comunque, favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famigli.

Tale criterio non è da intendersi autonomo rispetto a quelli contenuti nel primo comma dell’art. 42 O.P. nel senso che, anche quando deve provvedersi ad un trasferimento per taluno dei motivi ivi indicati, deve essere assicurata nei limiti del possibile la prossimità alla residenza della famiglia.

Per quanto attiene, infine, ai gravi e comprovati motivi di sicurezza, questi possono riguardare situazioni di pericolo determinate dalla presenza di particolari individui o gruppi di individui.

Nel contesto dell’ordinamento vigente, l’espressione trasferimento è usata per indicare e per disciplinare l’allontanamento del detenuto o dell’internato da un istituto e la sua destinazione ad altra sede. Per traduzioni, invece, si intendono tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della libertà personale.

3. Le tradizioni

Ai sensi dell’art 42 bis O.P. le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti devono essere eseguite, nel tempo più breve possibile, dal Corpo di polizia penitenziaria, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con l’assistenza di personale femminile.

Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei servizi dei Centri per la giustizia minorile possono essere richieste ad altre forze di polizia, nelle sedi in cui non siano disponibili contingenti del Corpo di polizia penitenziaria assegnati al settore minorile.

Nelle traduzioni devono essere adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi. In particolare, per quanto attiene all’uso delle manette, il comma 5 dell’art. 42 bis O.P. distingue le traduzioni individuali da quelle collettive specificando le ragioni di sicurezza e le autorità competenti a valutarle.

Nelle traduzioni collettive è sempre obbligatorio l’uso di manette modulari multiple dei tipi definiti con decreto ministeriale, mentre è vietato l’uso di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica.

Nelle traduzioni individuali, invece, l’uso delle manette ai polsi è obbligatorio solo quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione.

Nel caso di traduzioni individuali di detenuti o internati la valutazione della pericolosità del soggetto o del pericolo di fuga è compiuta, all’atto di disporre la traduzione, dall’autorità giudiziaria o dalla direzione penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni. In tutti gli altri casi l’uso delle manette ai polsi o di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica è vietato.

Nei trasferimenti per motivi diversi da quelli di giustizia o di sicurezza, l’art. 83 regolamento di  esecuzione prevede che si tenga conto delle richieste espresse dai detenuti e dagli internati in ordine alla destinazione. Con tale previsione si è voluto rendere l’Amministrazione penitenziaria più attenta alle istanze espresse dagli interessati. Anche se non si stabilisce un obbligo di accogliere le istanze così come formulate dagli interessati, si vincola, tuttavia, l’Amministrazione a tenerne conto: si dovranno quindi seguire le indicazioni degli interessati o, in caso diverso, spiegare la decisione adottata in senso difforme.

Nel caso di trasferimenti temporanei di breve durata, le disposizioni di cui abbiamo detto sopra si applicano nella misura richiesta dalle circostanze, considerati anche i desideri dell’interessato. Nel caso di trasferimenti temporanei di breve durata, le disposizioni di cui abbiamo detto sopra si applicano nella misura richiesta dalle circostanze, considerati anche i desideri dell’interessato.

4. I trasferimenti dei detenuti alla luce della circolare n. 3654/6104 del 20 febbraio 2014

In base alla circolare «al fine di dare massima espansione al principio di territorialità della pena, deve essere assicurato, nella misura più ampia possibile, l’accoglimento delle istanze di trasferimento dei detenuti»; inoltre la condotta intramuraria tenuta dal detenuto non potrà, di per sé sola, essere di ostacolo all’accoglimento e neppure potrà, di regola, rilevare nella valutazione della medesima istanza. In tal modo, il trasferimento è disciplinato come un diritto del detenuto, a prescindere dalla meritevolezza, in armonia col principio della rieducazione della pena ex art. 27 comma 3 Cost.

L’art. 61 comma 2 del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, stabilisce che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all’allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro del contesto sociale». La lontananza, infatti, ha sempre suscitato problematiche per i detenuti e per i loro familiari, oltre a rendere impossibile un reinserimento nel tessuto sociale di appartenenza, in violazione del principio di territorialità della pena.

5. Considerazioni finali

Spesso un trasferimento sgradito incide negativamente sulla condotta del detenuto e determina reazione inconsulte per rabbia più o meno repressa, per umiliazione, frustrazione. In tal modo si possono determinare netti regressi, con un generale peggioramento della condotta del soggetto in rapporto non solo con gli operatori, ma anche con i compagni di detenzione e gli stessi familiari. Ugualmente, non ottenere un trasferimento cui il detenuto aspira, può provocare le stesse negative conseguenze.

Gli altri motivi di trasferimento sono lo studio e il lavoro, anch’essi componenti essenziali del trattamento, così come garantiti dall’art. 42 dell’ordinamento penitenziario in combinato disposto con gli artt. 34 e 35 della Costituzione. Le regole penitenziarie europee, inoltre, sanciscono che il lavoro dei detenuti deve essere assicurato dalle autorità penitenziarie e ciascun istituto «deve cercare di offrire ai detenuti l’accesso ai programmi di istruzione che siano i più completi possibili.

Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi. L’inosservanza della presente disposizione costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari.


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Avv. Emanuele Mascolo

Dal 17 gennaio 2022 Avvocato iscritto presso il COA Trani. Dall'11 dicembre 2020 Mediatore Civile e Commerciale. Nell'A.A. 2018/2019 ho frequentato il master di II Livello in Criminologia Clinica presso Unicusano - Roma. Nell'A.A. 2017/2018 ho frequentato il master di I Livello in Criminologia e sicurezza nel mondo contemporaneo presso Unicusano - Roma. il 19.04.2012 ho conseguito la Laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Foggia. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche nonchè relatore ad eventi e convegni giuridici.

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