Il riconoscimento del figlio naturale
La natura giuridica dell’atto di riconoscimento del figlio naturale suscita da sempre un vivace dibattito in ambito dottrinale e giurisprudenziale.
Il riconoscimento può essere definito come l’atto formale e spontaneo di accertamento del rapporto di filiazione con cui un soggetto dichiara di essere il genitore del proprio figlio naturale, nato o concepito.
Esso viene fatto o al momento dell’atto di nascita, oppure attraverso una dichiarazione successiva alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico in un testamento.
La natura giuridica risulta controversa già in epoca antecedente alla riforma del diritto di famiglia avvenuta nel 1975.
Prima della riforma, infatti, il riconoscimento del figlio naturale era considerato come un atto di concessione dello status di filiazione.
All’indomani della riforma del diritto di famiglia, in dottrina sono sorte ricostruzioni eterogenee: secondi taluni si tratterebbe di un atto negoziale autonomo, più precisamente un negozio giuridico unilaterale di accertamento; secondo altri, invece, il riconoscimento consisterebbe in una dichiarazione di scienza.
Nel Manuale di diritto privato di Rescigno, il riconoscimento viene inquadrato nell’ambito della categoria dei negozi giuridici unilaterali e personalissimi con cui il genitore dà certezza al fatto della procreazione, regolamentando interessi di natura non patrimoniale.
Secondo questo orientamento, inoltre, si tratterebbe di un actuslegitimus che non tollera l’apposizione di termini o di condizioni.
L’articolo 256 c.c. stabilisce che il riconoscimento è irrevocabile e, se contenuto in un testamento, ha effetto con la morte del de cuius anche se il testamento è stato revocato.
La tesi ora esposta, ritenuta dai più come ormai superata, presenta un punto debole in quanto si deve evidenziare come la volontà sia un elemento necessario, ma non sufficiente per ottenere il riconoscimento, dal momento che è necessario il fatto naturale della procreazione.
L’opinione prevalente in dottrina considera il riconoscimento del figlio naturale come una dichiarazione di scienza, priva del carattere negoziale.
Attraverso il riconoscimento, il genitore dà atto di una situazione già verificatasi, subendo le conseguenze stabilite dalla legge.
Questa tesi appare la più aderente alle caratteristiche della fattispecie, è evidente, infatti, come la volontà non sia capace di orientare gli effetti, ma può venire in considerazione solo come un presupposto necessario dello stesso.
Tale dichiarazione rileva al momento della scelta del suo compimento, ma l’effetto non può mai essere condizionato o modellato e si produce anche se l’intento del genitore era diverso o lo stesso ignorava le conseguenze previste dalla legge.
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Michela Falcone
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